sabato 21 giugno 2008

I MAESTRI DI “SCUOLA” DELLA SINISTRA di Valerio Vagnoli

Bene ha fatto il ministro Gelmini a citare, a proposito del tema della scuola, uno dei padri storici della sinistra italiana, dimostrando così che si può cominciare ad uscire dagli schemi rigidi e oppositivi che tanto hanno penalizzato la storia politica, e non solo, dell’Italia dalla sua unità ad oggi. Quello che stupisce è che esponenti politici della sinistra, sullo stesso tema, non hanno mai fatto il minimo sforzo per indicare in qualche esponente della cultura di destra un punto di riferimento interessante e sul quale poter operare qualche seria riflessione. Eppure non mancano eminenti personalità appartenenti a quella cultura politica che hanno scritto sulla scuola pagine ancora attuali e assai stimolanti anche per chi si riconosce in ben altri orizzonti culturali e politici: un nome per tutti è quello di Luigi Einaudi. Non solo ciò non è avvenuto e ahimé difficilmente avverrà, ma da decenni gli intellettuali di sinistra che si occupano di scuola, salvo rarissimi casi, hanno perfino cancellato dai loro interessi gli scritti sulla scuola di personalità che non poco hanno contribuito a creare, pur nelle loro diversità, una coscienza nazionale, laica e progressista anche in virtù del loro contributo diretto e indiretto dato al tema della formazione e dell’istruzione. Alcuni nomi: Gramsci, appunto, e poi Salvemini, Concetto Marchesi, Ernesto Rossi, Tristano Codignola.
Invece citatissimo in questi decenni, sia dai politici che s’interessano direttamente di scuola che dai sindacalisti che sulla scuola hanno un potere che deborda dalle loro competenze, sia da parte della quasi totalità del “partito” dei pedagogisti, è il nome di don Milani, affiancato a onor del vero negli ultimissimi anni a quello di Edgar Morin e, negli ultimi mesi con una certa revanscistica insistenza, anche dal redivivo Berlinguer (Luigi).
Lasciando da parte quest’ultimo ed Edgar Morin, i cui contributi si condensano spesso in qualche slogan consolatorio e ad “effetto”, quello che non finisce di stupire è stato l’ostinato appiattirsi, da parte della sinistra, sulla personalissima e irripetibile esperienza del sacerdote fiorentino. L’appiattimento nasce essenzialmente dall’ostinazione con la quale si è voluto santificare don Milani. Santificarlo e, nello stesso tempo, snaturarlo rispetto a quello che fu il suo “messaggio” pedagogico unico e irripetibile come lo è ogni esperienza legata ad un solo individuo, che finisce spesso col consumarsi nella storia e nei contesti a cui essa fa riferimento. L’averlo tolto da quel contesto, l’averne data una visione frequentemente edulcorata e snaturata rispetto alla complessità del personaggio, ha finito col tradire il personaggio stesso e col dimenticare od emarginare altri pensatori che rappresentano pur sempre, questi sì, una parte essenziale delle radici della sinistra. Ma a quanto pare la sinistra in fatto di scuola le proprie radici le sta andando sempre più a trovare anche in Berlinguer (Luigi) e c’è da scommettere che, grazie alla sua (in realtà pessima) proposta del cosiddetto “concorsaccio”, alla fine gli verrà riconosciuta la primogenitura della riscoperta del valore del merito e della serietà negli studi e nella scuola in generale: altro che Gramsci e Salvemini!

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