Per una volta abbiamo deciso di pubblicare sul nostro Blog un intervento che non riguarda la scuola, una lettera di Pietro Ichino al “Corriere della Sera” sulla vicenda Alitalia, il cui senso è efficacemente riassunto dal titolo. Come per la questione dei “fannulloni”, Ichino denuncia con lucidità e coraggio, nel generale silenzio degli organi di informazione, un altro aspetto di quello che è stato definito “il caso Italia”, il caso cioè di un paese che da un lato ha scarsa attitudine, a tutti i livelli, al rispetto delle regole, dall’altro nelle sue leggi di tutela del lavoro ha non di rado mirato più alla creazione e alla difesa di privilegi, che a garantire equità e diritti.
Di fronte ad una simile vicenda i ragazzi non sono certo incoraggiati a ispirare i loro comportamenti ai princìpi di responsabilità e merito e viene da chiedersi cosa possono pensare di leggi e contratti che rendono conveniente per i dipendenti di Alitalia far fallire l’Azienda in cui lavorano. E che hanno garantito agli stessi per decenni inattaccabili condizioni di privilegio, del tutto sganciate da logiche di merito, mentre per i giovani l’ingresso nel mondo del lavoro rimane problematico e spesso privo delle più elementari garanzie.
domenica 21 settembre 2008
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1 commento:
La somma di privilegi non porta verso l'equità. Questo è il salto culturale che ancora il Paese non ha fatto. Un mezzo privilegio non bilancia mai veramente un altrio mezzo privilegio di un'altra categoria o nicchia, perché la realtà concreta è complessa e genera di per sé stratificazioni che portano a disparità e differenze crescenti. Occorre dunque ragionare ed agire per quadri coerenti e complessivi. Non creare parentesi e d eccezioni normative caso per caso. Sulle differenziazioni cerscono poi altre differenziazioni: normative, economiche, culturali (le norme cambiano, le memorie si confondono, i processi decisionali si disperdono di fatto in mille rivoli...).
L'esperienza (ed il calcolo delle probabilità)ci dicono che la giustapposizione di privilegi porta inevitabilmente verso una serie di bizzarrie che si accumulano e rendono difficile ogni strategia razionale, verso costi crescenti nell'organizzazione sociale, verso disparità crescenti e "caotiche" nelle opportunità e nella circolazione delle informazioni, verso opacità crescenti nelle selezioni delle classi dirigenti.
In questo quadro confuso, al contempo stagnante nella sua sostanza ed instabile nelle norme provvisorie, naturalmente possono nuotare meglio e godono di un vantaggio incomparabile i detentori di relazioni, giacché i criteri di merito vengono meno e facilmente prevalgono le logiche relazionali.
Naturalmente, i detentori di relazioni più fitte e più influenti sono i ceti già dominanti, gli insider. Non certo gli esclusi. Ecco dunque che questa selva di privilegi che è la società italiana (che solo standoci troppo immersi può dissimulare la sua reale fisionomia, ma appena si allontani un attimo in punto di osservazione la rivela chiaramente) genera intrenseca arretratezza, iniquità, scarsa permeabilità al cambiamento e all'ascesa degli strati subalterni (se non per meccanismi aleatori o relazionali, il che a sua volta non induce un esempio virtuoso di emulazione che porta a una crescita complessiva ... tutt'altro).
Ossia, riassumendo: la perpetuazione delle disuguaglianze viene globalmente agevolata proprio dalla difesa locale di questo o quel privilegio o, a seconda di chi si esprime, "diritto" (la terminologia ha subito un certo slittamento in proposito, che spesso diviene slittamento di percezione della realtà).
Il paradosso è dunque (per schematizzare un po') che momentanee azioni illusoriamente "di sinistra" conducono nel loro insieme alla società più "di destra" dell'intera Europa. In chi sia un po' pratico degli esempi classici della teoria dei giochi tutto questo non crea alcuno stupore. Il problema è che l'arretratezza, direi l'inadeguatezza, della nostra classe dirigente è tale da farci perseverare in una strada culturalmente, palesemente, senza sbocco, malgrado che i nodi stiano ormai venendo al pettine.
Queste considerazioni hanno a che fare (eccome) con la vicenda dell'istruzione in Italia.
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