lunedì 31 marzo 2008

CATASTROFE SCOLASTICA E CECITÀ POLITICA, di Mario Pirani

Ha avuto un successo di stampa l´iniziativa di un gruppo di insegnanti fiorentini (sostenuti da un manifesto firmato da noti docenti universitari e commentatori) che avevano invitato al liceo Visconti di Roma i rappresentanti dei vari partiti perché s´impegnassero a portare avanti «l´inversione di tendenza impressa dal ministro uscente dopo decenni di lassismo... per una scuola più esigente sul piano dei risultati e del comportamento, ispirata ai criteri di merito e di responsabilità». I partiti, però, nessuno escluso, hanno brillato per la totale assenza. Non c´è da stupirsene, vista la marginalità del tema nei programmi elettorali del PdL e del Pd, che sembrano non percepire neppure il grado di catastrofe in cui versa la scuola italiana. Eppure basta purtroppo a comprovarlo l´onta della ricerca Ocse che attesta come il 50,9% dei ragazzi italiani non sia in grado di capire neppure un minimo del brano di lettura sottopostogli. Questo l´esito di un ventennio di riforme ispirate dalla demagogica sostituzione del principio sacrosanto del diritto allo studio con il diritto al "successo" nello studio, che ha impedito fino a ieri di rimandare o bocciare anche chi riportava tre o quattro insufficienze gravi o aveva trasformato le aule in palestra di bullismo. Ora, per la prima volta dal 1995 quando, con voto unanime, il Parlamento approvò l´abolizione degli esami di riparazione proposta dal primo governo Berlusconi, si è avuta, nell´ultimo biennio, una inversione di rotta ad opera del duo Fioroni-Bastico. Nei programmi dei due partiti maggiori non se ne fa cenno né si prende atto dello sfascio e delle sue cause. Berlusconi nel suo rutilante messaggio affastella un florilegio di banalità culminante nella riproposizione delle tre "I" (inglese, impresa, informatica), accompagnata dalla promessa di «un sostegno alle famiglie per la libertà di scelta tra scuola pubblica e privata», il che, tradotto in italiano, significa più soldi ai preti per i «diplomifici». Incomparabilmente più serio e articolato il programma Pd, suddiviso in 10 pilastri (cioè, i principi generali) e in 12 «azioni di governo». Fra i primi spicca l´affermazione secondo cui «l´educazione è il principale ascensore sociale», un ascensore, peraltro, da tempo fermo, proprio perché la scuola «riformata», adeguandosi al livello d´ignoranza degli ultimi, ha finito per privilegiare i figli delle famiglie colte e benestanti, in grado persino di perfezionare i loro studi all´estero. La stesura delle «azioni di governo» per la scuola risente, purtroppo, della mano dei pedagogisti che avevano ispirato le passate quanto rovinose riforme: al primo punto si proclama di nuovo l´obbligo di «assicurare il successo educativo a tutti i ragazzi fino ai 16 anni»; si prosegue poi nell´esaltazione della autonomia dei singoli istituti scolastici, e nella devoluzione a questi ultimi della «piena responsabilità nel definire gli specifici contenuti dell´insegnamento», aggiungendo che «le scuole dell´autonomia devono essere più libere, condizione essenziale per essere valutate». Dietro queste frasi si perpetua la concezione che ha portato ad abrogare il ruolo della scuola come matrice dell´unità nazionale, attraverso una formazione eguale e paritaria delle giovani generazioni, imperniata sui programmi unici nazionali. Com´era ai tempi quando l´Italia tentava, almeno, di essere «una di lingua» se non più, «d´arme e d´altare». Per contro le riforme hanno abolito i programmi nazionali, ribattezzati con perfido scivolamento semantico come "centralistici", esaltando, per contro, il localismo scolastico. Ne è seguito lo scardinamento di ogni criterio di valutazione oggettiva. Come comparare, infatti, istituti con insegnamenti del tutto diversificati e che presentano risultati addirittura paradossali? Vedi, ad esempio, quel giudizio di "ottimo" in matematica attribuito, in base al voto, al 20% dei quindicenni del Sud, contro il 13% del Nord, quando le rilevazioni internazionali su quegli stessi studenti, a parità di voto, risultano nettamente rovesciate, con un divario di 70 punti a sfavore dei ragazzi del Sud, un arretramento pari a 2 anni di frequenza! Per porre un freno alle assurdità della "devolution" scolastica Fioroni al limite del suo mandato ha deciso che il 17 giugno, al termine della terza media, tutti i ragazzi torneranno ad essere sottoposti ad un esame scritto di italiano e matematica, attraverso una prova a carattere nazionale, eguale per tutti. Ma supererà le elezioni il coraggioso tentativo di riportare la serietà, il merito e l´eguaglianza nelle scuole italiane?
(La "Repubblica", lunedì 31 marzo 2008)

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