domenica 13 aprile 2008

È IL BLOCCO SINDACAL- PEDAGOGISTA A STRANGOLARE LA SCUOLA, di Giorgio Israel

(da http://www.loccidentale.it/)
"Sono solo capaci di seminare odio, contrapposizione e passato" ha detto Veltroni dei suoi “avversari” politici, ovvero del centro destra. Ma è facile constatare chi sono i veri seminatori di odio e contrapposizioni, abili nel porre il divieto di parlare del passato soltanto quando esso riguarda i propri errori. Un esempio?
È bastato un appello bipartisan, che evocava soltanto due temi, il “merito” e la “responsabilità” – due soltanto, per non alimentare divisioni entrando troppo nello specifico e a costo di restare sul generico – per scatenare un’ondata di odio e di contrapposizioni inimmaginabili.
Giova ricordare che questo appello alla “scuola del merito e delle responsabilità” è stato promosso da un gruppo di docenti fiorentini (Gruppo di Firenze); firmato (in ordine alfabetico) da Giorgio Allulli, Gian Luigi Beccaria, Giovanni Belardelli, Remo Bodei, Piero Craveri, Giorgio De Rienzo, Giulio Ferroni, Ernesto Galli Della Loggia, Sergio Givone, Giorgio Israel, Mario Pirani, Lucio Russo, Giovanni Sartori, Aldo Schiavone, Sebastiano Vassalli, Salvatore Veca; e presentato con una conferenza stampa al Liceo romano Visconti.
La prima ondata di odio incontenibile è venuta nel corso di un’assemblea sindacale. Il segretario della Cisl scuola ha chiesto come potessero "perorare la causa del merito un gruppetto di docenti universitari ed editorialisti - fuori dal sistema scolastico da 30 anni e che percepiscono 800 euro ad articolo - se prima non ci spiegano come hanno raggiunto il loro status professionale"… Non intendiamo soffermarci ulteriormente su questa vicenda perché è stata già commentata benissimo su L’Occidentale da Gaetano Quagliariello (“Pure Fioroni ha svenduto la scuola ai sindacati”)
Rifletta soltanto il lettore a questa anomalia tutta italiana, per cui mentre si strombazza da mane a sera la “cultura della valutazione”, un burocrate sindacale, invece di rendere conto lui di quali titoli possieda per pontificare e fare piani sulla scuola, chiede a studiosi come quelli succitati di render conto di come sono andati in cattedra.
E non si dica che questa faccenda non riguarda il centro sinistra perché davanti al sindacalista padrone sedeva il ministro Fioroni che non ha fatto una piega nonché il professor Silvano Tagliagambe, consigliere dell’ex-ministro Berlinguer e di certo non “berlusconiano”.
Ma non è bastato. In un articolo pubblicato su L’Unità il 2 aprile 2008, Andrea Ranieri, responsabile scuola del Pd, ha apprezzato i vari appelli bipartisan sulla scuola, meno uno, guarda caso il nostro. Ha ripetuto la solita tiritera e cioè che «ben vengano gli appelli al merito e alla responsabilità, purché non fatti con la testa rivolta all’indietro». Al che va risposto che soltanto i cocciuti se finiscono sul ciglio di un burrone non tornano indietro, e che le persone libere di mente guardano dappertutto, davanti, indietro, a destra, a sinistra, sopra e sotto ed evitano la consunta quanto vacua retorica del “Terzo Millennio”. Siamo stati gratificati del titolo di «laudatori del bel tempo passato, cui evidentemente la scuola è andata bene, tanto è vero che scrivono sui libri e sui giornali». A parte il fatto che almeno io – ma penso anche gli altri firmatari dell’appello – scrivo libri e non scrivo “sui” libri, questa faccenda che scriviamo sui giornali (oltre che sui libri) deve essere un tormentone per questi signori. Non ci vuole uno psicanalista a capire che sarebbero felici che la stampa ci chiudesse le porte. Tutti con questa storia dei giornali: prima il segretario Cisl, che addirittura fissa una tariffa astronomica di prestazioni, poi Ranieri, e infine, a quanto raccontano, anche l’ex-ministro Berlinguer.
Difatti, a quanto viene riferito, nel corso di un’iniziativa elettorale del PD sulla scuola (il 7 aprile a Roma, con la partecipazione dello stesso Ranieri, di Maria Coscia, Silvia Costa ed altri, e l’intermezzo musicale di un gruppo rock) pare che egli abbia duramente attaccato i firmatari dell’appello per la scuola del merito e della responsabilità definendoli (ma che coincidenza) “laudatores temporis acti”, relitti del passato capaci soltanto di pontificare sui giornali, ma per il resto spazzati via dalla storia. Pare che egli abbia lamentato che l’Italia sia l’unico posto al mondo in cui esiste ancora una simile cultura “morta”, “deduttivistica” e “selettiva” ed ha accusato i suoi decrepiti fautori di essere responsabili del fatto che gli insegnanti proseguono nel loro sciagurato attaccamento alla didattica ex-cathedra. Insomma, è esploso un incontenibile fastidio per questi maledetti insegnanti che non si adeguano ai precetti del pedagogismo progressista. Berlinguer avrebbe anche parlato di una rivoluzione epistemologica in atto, sostenendo che la scuola deve fondarsi su una riconciliazione tra emisfero destro e sinistro (quelli del cervello) che, secondo rigorosissimi studi cognitivi-pedagogici-psicometrici, sarebbe l’unico possibile fondamento di un apprendimento che promuove e include anziché selezionare ed escludere. E avrebbe proclamato che è ora di abbattere definitivamente la cattedra per realizzare la scuola-servizio.
Nell’ambito di tutte queste manifestazioni è stata puntualmente riproposta l’ideologia del metodologismo pedagogico secondo cui quel che conta è “come si fa” e non “quel che si fa”, non le discipline ma le competenze, non i contenuti ma le tecniche di apprendimento, l’ideologia dell’autoapprendimento, dell’insegnante come “facilitatore”, come “guida”, come “accompagnatore”. «Meglio una testa ben fatta che una testa piena» ha proclamato Tagliagambe davanti a sua maestà il sindacalista Cisl e a Fioroni (rinvio al commento che ne ho fatto su Il Messaggero, vedi anche gisrael.blogspot.com ). E Berlinguer – presentando i risultati della sua commissione ministeriale – ha riproposto il solito mantra dell’approccio “laboratoriale” alla scienza; analogo al principio secondo cui la musica si studia suonando e senza apprendere il solfeggio e il nuoto entrando in acqua. (È soltanto nei film di John Wayne che i bambini, lanciati in acqua senza apprendere loro come stare a galla, sopravvivono). Di passaggio, è bene notare che, se l’Italia è un paese pieno di “laudatores temporis acti”, di certo è l’unico in cui un giurista presiede al contempo una commissione per la cultura scientifica tecnologica ed una per la musica. Ma di che stupirsi? Da noi, chi ha testa nel Terzo Millennio sa le conoscenze non contano nulla, contano soltanto le metodologie.
Altro quindi che clima tranquillo. Basta pronunziare le parole “merito” e “responsabilità” per scatenare la reazione virulenta della triade che da un trentennio almeno tiene la scuola sotto il suo tallone: sindacati, settori della burocrazia ministeriale ad essi strettamente collegati e i “consulenti” pedagogisti, questi sì personaggi eminentemente trasversali, capaci di migrare in ogni contesto politico pur di conservare il loro influsso. Non è certamente un caso che costoro reagiscano al malcontento che sentono montare in modo duplice: picchiando duro contro coloro che osano mettere in discussione il loro modello (definiti lodatori del passato, decrepiti relitti della storia, ormai spazzati via: ma allora perché prendersela tanto?); e, d’altra parte, proponendo un gestione bipartisan, o addirittura un “inciucio” che però – guarda caso – dovrebbe preservare soltanto i punti che interessano a loro, inclusa la continuità del loro potere, e non quelli che interessano agli altri. Corrispondentemente, mentre cavalcano i rapporti Ocse-Pisa come pretesto per riproporre le loro disastrose ricette, sono costretti a dire che poi le cose non vanno tanto male. Come potrebbero evitare questa contraddizione, visto che sono loro i padroni del sistema dell’istruzione da decenni?
Di qui il carattere falsamente bipartisan dell’appello “Patto per la scuola” di cui gli autori principali sono tra i massimi interpreti dell’ideologia berlingueriana: esso rappresenta il tentativo di riproporla sotto (neanche tanto) mentite spoglie. Questo appello ha raccolto firme di quasi tutte organiche a quell’ideologia nonché quelle dei soliti pedagogisti la cui unica preoccupazione è di veder applicate – non importa quale forza politica lo conceda – le loro bizzarre teorie, come quella dell’apprendimento olistico che dovrebbe sostituire quello disciplinare.
La consapevolezza della natura del nodo scorsoio che strangola la scuola – l’intreccio sindacal-burocratico-pedagogista – è sempre più diffusa e l’impopolarità di questi attori è crescente in modo vistoso. Sarebbe bene rendersene conto, soprattutto a livello politico. Se nessuno se la sentirà di tagliare questo nodo scorsoio, se non si smetterà una buona volta di parlare sempre di metodologie, di tecniche, di ingegnerie gestionali invece che guardare a fondo a quel che si sta insegnando – perché è qui che si annida il germe della catastrofe – allora non vi sarà possibilità di arrestare il declino della scuola italiana. Questa sarebbe l’unica intesa bipartisan sensata e possibile.

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