giovedì 30 luglio 2009

È PIÙ CLASSISTA LA SCUOLA MINATA NELLA SUA "AUCTORITAS"

Nel suo articolo di ieri sulla "Stampa" (L'anno in cui nelle scuole morì l'autorità), Mario Vargas Llosa giunge alle stesse conclusioni di Luca Ricolfi una settimana prima: l'egualitarismo e il discredito del ruolo di insegnante, propugnati in chiave di libertà dall'oppressione, finiscono per cristallizzare le differenze nelle condizioni di partenza.

mercoledì 29 luglio 2009

ANCORA SUI PRESIDI DAL SUD

"La Stampa" torna sulla questione dei prèsidi meridionali sollevata dall'amministrazione provinciale di Vicenza. Saranno 647 i nuovi dirigenti in servizio dal 1° settembre. "Quasi tutti meridionali", dice l'articolo. Per la verità, gli addendi che dovrebbero portare a questa cifra, elencati più sotto con la specificazione della regione di provenienza, darebbero come somma 719. La sostanza, comunque, non cambia.
Intanto Giovanni Belardelli critica severamente chi ha gridato allo scandalo per l'ordine del giorno vicentino: Lo spauracchio del razzismo per allontanare la verità.

LA SCUOLA CHE MENTE E INGANNA SÉ STESSA

Il collega Vincenzo Pascuzzi ci invia un lungo testo intitolato
Merito, rigore, scrutini finali e voto di consiglio. Quando la scuola mente e inganna se stessa, in cui esamina (peraltro dopo aver premesso di non credere alla "terapia del rigore") "uno snodo, temporale e decisionale, di importanza fondamentale nella vita della scuola: gli scrutini finali di giugno", descrivendo, con riferimento alla propria esperienza nelle scuole superiori, "come essi vengono preparati, gestiti, quali sono gli attori, le parti che recitano sulla scena e dietro le quinte". Pubblichiamo le parti essenziali di questa che potremmo anche chiamare "fenomenologia della valutazione finale".

In genere e in quasi tutte le scuole, gli scrutini intermedi, che avvengono a gennaio-febbraio (se sono quadrimestrali), hanno uno svolgimento semplice e tranquillo: ogni docente mette i suoi voti, si discute della classe, dei singoli alunni, dei programmi e di qualche episodio o situazione particolari, si fanno alcuni confronti all’interno della classe e anche complessivi. [...] Ci sono poi dei colleghi o colleghe che, già all’inizio dell’anno, spontaneamente ti confidano la loro disperazione in relazione ai non-apprendimenti nella loro disciplina. Più o meno: “Non sanno niente, non stanno attenti, non seguono, non fanno i compiti, non portano libri e quaderni, … Ma quest’anno non sarà come l’anno scorso, eh, no! Non mi faccio più fregare, eh, eh, quest’anno boccio, boccio!”. Ciò avviene verso ottobre-novembre, magari in occasione del 1° pagellino. Effettivamente questi colleghi o colleghe arrivano al primo quadrimestre con votacci a chi merita. Poi, già verso marzo-aprile, sfuggono, evitano di parlarti e anche di salutarti e poi – quasi per miracolo - te li ritrovi allo scrutinio finale con quasi tutte le loro insufficienze sanate! [...]
Ma veniamo agli scrutini finali di giugno che decidono su promozioni, bocciature, sospensioni di giudizio. A volte il/la preside inizia i lavori esordendo: “nell’altra classe, appena scrutinata, non abbiamo bocciato nessuno!” oppure “solo uno che però non veniva mai, ritirato di fatto”. Chiunque capisce che questo è un robusto … aperitivo del cosiddetto “buonismo”. Poi lo scrutinio prosegue col definire le situazioni individuali che hanno numerose e gravi insufficienze: oltre sei o sette insufficienze – in genere ma non sempre - non c’è scampo, gli alunni vengono bocciati. Intorno alle cinque o sei insufficienze, indipendentemente dalla loro gravità, si comincia a discutere a confrontarsi. Non si parte dalle indicazioni del Collegio ma dall’opportunità di bocciare l’alunno con riferimento (in genere sotto traccia) alla consistenza numerica della classe. I riferimenti, gli appigli possono essere i più vari: dalle capacità e potenzialità possedute ma non espresse, alla situazione familiare disastrata, all’ipotesi dell’eventuale abbandono della scuola, a minimi miglioramenti di profitto o comportamentali,… insomma non è affatto raro (anzi!) che di sei o cinque insufficienze, due o tre vengano tranquillamente condonate e le altre diventino debito per settembre. Debito formale cioè con esito positivo in genere scontato (al 95%). Così in una classe, in cui la metà doveva essere sicuramente bocciata, solo due o tre alunni vengono respinti. Di conseguenza, si manda rinforzato un chiarissimo messaggio per l’anno scolastico successivo: non serve studiare! Da decenni, la scuola (alunni, docenti, presidi) e le scuole sono come prigioniere di un “vortice” perverso senza speranza e possibilità di poterne uscire! Ogni anno si raccolgono i frutti indigesti o velenosi dell’anno prima e si seminano quelli per l’anno dopo! Al di fuori delle scuole (cioè USP, USR, Miur ma anche partiti, sindacati, associazioni, media) questa situazione o non è percepita o non interessa (oppure fa comodo?). Nello svolgimento degli scrutini, lo strumento che, che viene usato in modo improprio e perverso, che mantiene e alimenta il “vortice” detto è il voto di Consiglio. Questo – a mio giudizio – trova la sua ragion d’essere o nei confronti di singoli (o rari) alunni con difficoltà vere e per loro insormontabili in qualche disciplina o per rimediare l’eccessiva severità di singoli (o rari) docenti. Invece l’uso del voto di Consiglio è adesso massiccio, eccessivo, generalizzato, è diventato un abuso. Le scuole ne sono diventate dipendenti come se fosse una droga! Anzi spesso il voto di Consiglio non viene nemmeno formalizzato. Per fare prima si chiede, si impone ai docenti di modificare direttamente loro le valutazioni insufficienti inizialmente proposte come se le avessero messe con leggerezza, per capriccio, dispetto, errore. Nulla compare nei verbali! È la scuola che mente e inganna se stessa!

domenica 26 luglio 2009

IL VERO SCANDALO DI VICENZA

di Valerio Vagnoli

La mozione pressoché unanime del Consiglio Provinciale di Vicenza, che invita ad escludere i presidi di altre regioni (ma in realtà, e capiremo perché, solo quelli meridionali) dai posti di dirigente vacanti in quella provincia, è pienamente condivisibile; e non si tratta, analizzati i fatti, di uno scandaloso comportamento razzista. Lo scandalo c’è, eccome, ed è di una sconcertante gravità; ma a darlo sono stati ben altri soggetti che non i consiglieri vicentini, che evidentemente non si arrendono al travolgimento della legge che perdura senza rispetto in questo Paese.
Alla base della loro decisione, come ha spiegato con molta chiarezza su vari organi d’informazione l’assessore alla Pubblica Istruzione di quella provincia, vi è lo sdegno per come si sono comportate diverse commissioni d’esame in occasione dell’ultimo concorso per dirigenti scolastici (indetto nel 2004 e completato esattamente due anni fa) e per come sono andate successivamente le cose. Oltre ad essere a carattere regionale, il bando prevedeva in modo preciso e prescrittivo che in ogni regione si rendesse idoneo un numero di concorrenti pari al numero dei posti a disposizione più una riserva del dieci per cento, in modo da poter coprire eventuali nuove sedi resesi libere, sempre a livello regionale, nei due anni successivi. Se in molte regioni italiane le Commissioni d’esame hanno rispettato la legge, procedendo tra l’altro ad una selezione senza precedenti, in altre regioni (spiace dirlo, ma esclusivamente del Sud), le commissioni hanno fatto superare l’esame, oltre al numero previsto per legge, anche ad altre centinaia e centinaia di concorrenti, dichiarati idonei, ma con poche speranze d’essere nominati nei due anni successivi al concorso. Niente paura, però; grazie anche alla sponsorizzazione dei sindacati, in testa l’Associazione Nazionale Presidi, si è trovato il modo di far approvare dal governo Prodi una leggina che permette ora a queste centinaia di persone di poter essere nominate sull’intero territorio nazionale, quando nelle regioni in cui la legge è stata rispettata si siano esaurite le graduatorie. L’ingiustizia è evidente e quindi la protesta pienamente fondata: non c’entra nulla l’essere meridionali, c’entra l’essere stati indebitamente favoriti. Una deroga al numero di idonei previsto dal bando di concorso avrebbe dovuto essere eventualmente autorizzata in ugual misura in tutte le regioni, in modo da non creare una così grave discriminazione. Non per nulla molto probabilmente in Sicilia il concorso venga annullato per le gravissime e palesi irregolarità.
Che i sindacati si siano dati tanto da fare per sponsorizzare tanta nefandezza è, dal loro punto di vista, più che spiegabile: centinaia di nuove tessere sindacali hanno un valore enorme, perché possono essere determinanti, per esempio, nella contrattazione nazionale relativa ai contratti dei presidi e di quant’altro che li riguardi. Altro che il merito!
Meno comprensibile, invece, che politici e commentatori anche autorevoli, come ad esempio Miriam Mafai, parlino, a proposito della posizione presa dalla provincia di Vicenza, di razzismo e apartheid nella scuola. Evidentemente non si sono informati in proposito. Certo, un titolo come Scuola, in Veneto presidi della nostra terra, lanciato in prima pagina dalla “Padania”, cavalca strumentalmente la faccenda in chiave etnica. Ma qui si tratta di stato di diritto, non di etnia e tanto meno di apartheid. E sarà bene che il governo e il parlamento ristabiliscano in questa vicenda un minimo di equità, se non si vuole fomentare proprio quell’intolleranza che tanto si stigmatizza a parole.

[La notizia dell'ordine del giorno della provincia di Vicenza è stata data da "Repubblica" giovedì 23 luglio ed è poi stata ampiamente ripresa e commentata nei giorni seguenti su altri quotidiani]

giovedì 23 luglio 2009

RISPETTO DEI FATTI E LUOGHI COMUNI

“La Stampa” pubblicava ieri in prima pagina un intervento di Umberto Veronesi (Ma io boccio la scuola che boccia), il quale, spiace dirlo, ha pensato di spendere la sua grande autorevolezza in un campo in cui autorevole non è, come mostrano le cose che scrive. Pur dicendo di apprezzare diversi aspetti dell’analisi di Marco Rossi Doria sulle stesse colonne (questa sì autorevole, perché fondata sulla profonda conoscenza delle cose di cui tratta), non sembra averne colto soprattutto il rigoroso riferimento ai fatti. L’articolo di Veronesi mette insieme molti degli slogan e dei luoghi comuni prodotti nelle ultime settimane dal dibattito sulle bocciature (il fallimento della scuola, l’autoritarismo obsoleto, la cultura nozionistica, la bocciatura come punizione), suggerendo che “la scuola dovrebbe essere in grado di stimolare la curiosità e la creatività”, un po’ come consigliare a un chirurgo l’uso del bisturi.
Sempre sul quotidiano torinese, quasi come in risposta a Veronesi, si può leggere oggi un editoriale di Luca Ricolfi (La scuola ha smesso di insegnare). Anche Ricolfi, come Rossi Doria, invita a partire dalla realtà dei fatti, anche se risulta politicamente scorretto, e conclude la sua analisi affermando che “la scuola facile si è ritorta innanzitutto contro coloro cui doveva servire: un sottile razzismo di classe deve avere fatto pensare a tanti intellettuali e politici che le «masse popolari» non fossero all’altezza di una formazione vera, senza rendersi conto che la scuola senza qualità che i loro pregiudizi hanno contribuito ad edificare avrebbe punito innanzitutto i più deboli, coloro per i quali una scuola che fa sul serio è una delle poche chance di promozione sociale.”

sabato 18 luglio 2009

NON FA MALE RIPETERE UN ANNO

Con questo titolo, la stampa pubblica oggi in prima pagina un intervento di Marco Rossi Doria, insegnante a lungo impegnato come "maestro di strada" contro l'abbandono scolastico, che tra l'altro è stato uno dei principali consulenti del ministro Fioroni. L'autore si schiera dalla parte di coloro che giudicano come un fatto sostanzialmente positivo l'aumento delle bocciature, prendendo le mosse dalla constatazione che praticamente tutte hanno origine in gravi carenze e mancanza di impegno o in comportamenti inaccettabili, come del resto avevamo sottolineato nei giorni scorsi. Giustamente Rossi Doria sostiene che si tratta soprattutto di riprendere a educare all'esercizio della responsabilità.
A questo proposito, sulle pagine dei giornali di oggi va anche segnalato il bel discorso del presidente Obama ai neri d'America, in cui li esorta ad assumersi per l'appunto la responsabilità del proprio destino e in particolare a puntare sull'impegno nello studio per riscattarsi dalla loro condizione: "Crescere in quartieri poveri non è una giustificazione per prendere brutti voti a scuola, nessuno ha già scritto il vostro destino per voi". Sarebbe importante che lo spirito di questo discorso fosse fatto proprio con convinzione anche dal mondo della scuola italiana.
Giorgio Israel sul "Messaggero" ripropone la necessità di valorizzare il merito nella scuola anche attraverso la competizione e rivendica il ruolo del buon senso, seguendo il quale un modesto aumento delle bocciature non è il fallimento della scuola, ma un segno che quest'ultima non è defunta e reagisce.
Infine va segnalato anche, a completare il quadro di chi vede una svolta positiva nel maggior rigore delle valutazioni, l'intervento di Enrico Musso sul "Secolo XIX": Chi ha paura della scuola fondata sul merito.

giovedì 16 luglio 2009

E IL PRESIDE DISSE: MA PROFESSORESSA, COPIARE NON È UN REATO...

La collega Rossana Cetta ci ha segnalato un suo testo intitolato Rigore, etica, responsabilità: assenti nella scuola. Vi si riferisce tra l’altro il seguente episodio.

Mi è capitato di essere contestata dagli alunni di una classe perché durante i compiti in classe facevo una sorveglianza troppo attenta, impedendo loro il rituale passaggio di biglietti e sbirciatine sui libri di testo e sui temari. In quell'occasione fui richiamata dal preside il quale tenne a precisarmi che non è un reato copiare il compito da un compagno più bravo e che dovevo instaurare un clima di collaborazione e di maggiore distensione durante le prove di verifica”.

Ogni commento - come suol dirsi - è superfluo. O forse no.

Leggi tutto il testo.

martedì 14 luglio 2009

ACCADE ANCHE IN ITALIA: LA LEGGE È LEGGE

Era bravissima, era da cento e lode, ma durante la prova di matematica aveva un telefonino in mano e lo guardava. Tanto è bastato per essere allontanata dall'esame di maturità; di conseguenza dovrà ripetere l'anno. Stranamente è successo in Italia. Complimenti agli esaminatori che hanno mantenuto questa difficile, ma giusta decisione. Chissà, forse la studentessa dalle sue precedenti esperienze e osservazioni aveva avuto più di un motivo per concludere che nella scuola e nella società italiane le regole in genere sono considerate al più dei consigli, degli orientamenti di massima che non hanno quasi mai serie conseguenze. Leggi

venerdì 3 luglio 2009

LA BOCCIATURA: "UN SADISMO INUTILE"?

È l'opinione di Sandro Lagomarsini, parroco alla Don Milani di Cassego nel Comune di Varese Ligure, sulle montagne di La Spezia, collaboratore di "Avvenire" e autore del libro Ultimo banco. Per una scuola che non produca scarti (Libreria editrice fiorentina). Convinto che ripetere l'anno non serve mai a nulla (basta sentire "un insegnante di buona esperienza"), con le nuove norme di valutazione della Gelmini prevede il trionfo dei "bocciatori irrudicibili", degli "insegnanti sadici, tipo quelli che in questi giorni pretendevano di metter 'uno' e 'due' nelle schede dei ragazzi respinti". Leggi l'articolo.

mercoledì 1 luglio 2009

MA QUANTO CI COSTA PROMUOVERE CHI NON LO MERITA?

“ItaliaOggi” dedica un articolo alla ricaduta economica dell’aumento dei ripetenti nel prossimo anno scolastico, con le prevedibili conseguenze sul numero dei docenti e del personale ata (Boom di asini: costeranno 500 milioni in più). Il maggior rigore delle valutazioni si ritorcerebbe quindi contro il rigore finanziario.
Ma quanto sono costati al paese decenni di lassismo, cioè di svalutazione del merito, dell’impegno, della serietà? Quali danni hanno inferto all’economia, al livello dei servizi e delle professioni, non meno che all’etica pubblica? Quanto, infine, hanno occultato le insufficienze della scuola?

Intanto anche su “Sussidiario.net”, il quotidiano on line vicino alla Compagnia delle Opere, si discute sull’aumento delle bocciature. Sul numero di oggi (martedì 30 giugno, anche se questa nota viene pubblicata dopo mezzanotte) Giancarlo Tettamanti (Essere bocciati è un male per i ragazzi? Peggio il buonismo…) risponde a Giovanni Cominelli (Bocciare: a cosa serve?) ricordando che nessuna riforma delle scuola e della didattica potrà mai azzerare le responsabilità di un ragazzo riguardo ai suoi risultati scolastici.