mercoledì 19 dicembre 2018

DOPO IL SOTTOSEGRETARIO CHE ELOGIAVA LE OCCUPAZIONI DELLE SCUOLE, SIAMO AL MINISTRO DELL’INTERNO CHE SDOGANA SCIOPERI E AUTOGESTIONI


Ai dotati di un solo briciolo di buonsenso già era sembrato stupefacente che il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Davide Faraone esaltasse il ruolo formativo delle occupazioni studentesche, nel silenzio opportunistico o connivente dei colleghi di governo e della maggioranza di allora. Ora abbiamo il titolare del Ministero dell’Interno, di cui tutti conosciamo la funzione, che spensieratamente legittima scioperi e autogestioni. Tutte e due le iniziative compromettono lo svolgimento delle lezioni (e stendiamo un velo sull’uso improprio del termine “sciopero”), ma soprattutto le seconde sono, nella maggioranza dei casi, delle occupazioni mascherate, estorte ai presidi che le concedono (comprensibile errore) per potere almeno conservare il controllo della scuola; e si risolvono quasi sempre in un festival di banalità. Il bello è che contestualmente Salvini ribadisce, ignaro della contraddizione, che dall’anno prossimo ci saranno 33 ore di educazione civica (e speriamo che nei nuovi programmi non si forniscano i rudimenti per le attività care a lui e a Faraone).
Si conferma così la trasversalità della deplorevole ricerca del consenso giovanile al più basso livello; e colpisce il ricorso di tutti e due ai propri trascorsi giovanili a supporto di queste esternazioni: “Io ho maturato la mia voglia di fare politica proprio durante un’occupazione”, disse tra l’altro il sottosegretario. “A 15 anni ho fatto tante autogestioni, ho fatto scioperi per la Palestina e per l’Afghanistan. Tutti a 15 anni hanno voglia di esprimersi, basta che non facciano vandalismi, qualche giorno di autogestione non fa male a nessuno”, dichiara Salvini (che poi, nella stessa giornata, ha rincarato la dose facendosi fotografare in rapporti cordiali con alcuni dei peggiori esponenti della curva milanista, pluricondannati per spaccio e violenze e dei quali conosce di sicuro le imprese).
Ma diventare anagraficamente adulti e continuare a strizzare l’occhio al ribellismo giovanile significa tradire la propria funzione di guida delle nuove generazioni, che hanno bisogno sì di comprensione (e a questo può servire la propria esperienza personale), ma anche di chiarezza di giudizio e di fermezza nell’indicare i comportamenti sbagliati.
Giorgio Ragazzini
“Corriere Fiorentino” 19 dicembre 2018

mercoledì 12 dicembre 2018

MA IL 75% DEGLI ITALIANI DICE CHE I COMPITI A CASA SONO UTILI


Si annuncia una circolare del ministro Bussetti per “sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie”. L’italiano non è ineccepibile e il messaggio a genitori e studenti non è certo nuovo: “Sono dalla vostra parte”. Ma perché si parla di “diminuire” i compiti dando per scontato che sarebbero troppi? In base a quali dati il ministro Bussetti (come diversi suoi predecessori) teme che tanti bambini e ragazzi, per colpa dei troppi compiti, debbano sacrificare i «piaceri della vita familiare e degli amici» e rinunciare a “fare movimento, dedicarsi ai propri hobby e andare a vedere delle mostre”?
Naturalmente in questi casi i giornali tornano a sentire il nemico giurato dei compiti a casa, quel preside Parodi che li vorrebbe abolire totalmente, perché “suscitano odio e repulsione per la cultura”, e che ha “già” raccolto quasi 32 mila adesioni: in 4 anni e un mese, su una platea di milioni di genitori e di studenti (rarissimi i docenti). Del resto un sondaggio da noi commissionato un anno fa all’istituto demoscopico “Eumetra” abbia detto una parola chiarissima in proposito: solo 22 italiani su cento sostengono che “sono inutili, meglio abolirli”, mentre il 75%  pensa, con  molto buon senso, che “sono utili, se non sono troppi”. Lo stesso buon senso che fa auspicare una scuola “più esigente”: nel valutare  sia la preparazione (59%), che il comportamento (67%); e il 68% giudica sbagliata l’abolizione del voto di condotta. Sono dati di cui l’attuale ministro dovrebbe far tesoro, senza preoccuparsi oltre di quella minoranza di genitori che sanno sempre meglio degli insegnanti cosa è utile ai figli e cosa no, e che in certi casi sono pronti a spiegarglielo a suon di botte.
Giorgio Ragazzini