giovedì 11 luglio 2019

LODI A PIOGGIA, FU VERA GLORIA?


Non c’è che dire, nella gran parte delle scuole fiorentine i primi risultati degli esami di Stato sono davvero molto buoni. Il numero dei 100 e perfino dei 100 e lode forse non ha eguali rispetto agli scorsi anni e ancora di più se si fa il confronto con gli anni precedenti. Tutto ciò non può che far piacere, innanzitutto alle ragazze e ai ragazzi che si sono meritati questi voti e ai docenti che li hanno preparati.
A dire il vero un po’ c’era da aspettarselo. Nella nuova formula, l’ennesima negli ultimi dieci anni, il punteggio di ammissione, quello che valuta l’andamento del candidato negli ultimi tre anni, è stato portato non a caso da 25 a ben 40 punti. Possono aver influito positivamente anche le nuove modalità di svolgimento della prova orale, ideate a quanto pare dal Ministro in persona: lo studente sceglie una fra tre buste chiuse, da cui può venire fuori la fotografia di un piatto futurista, un proverbio, un verso di Montale. Da lì sono partiti i candidati, che, se abbastanza loquaci, hanno potuto andare avanti senza essere interrotti, come hanno raccomandato diversi presidenti di commissione, benché le istruzioni ministeriali non facessero parola di questa facilitazione. Sembra infatti che in generale sia spesso mancata proprio per questo ai commissari la possibilità di approfondire i contenuti via via proposti dagli studenti o di affrontare anche altri argomenti, oltre quelli legati alla traccia «pescata» nella busta.
Malgrado ancora non siano disponibili i risultati nazionali, c’è da scommettere che saranno anch’essi i migliori di sempre; e forse anche quest’anno certe scuole potranno vantare percentuali a due cifre di cento e lode e a gioire saranno, oltre ai ragazzi e alle loro famiglie, anche i responsabili di questa nuova impostazione. Come ogni anno, in mancanza di strumenti che consentano di comparare i risultati, non si può che ripetere il manzoniano “fu vera gloria?” Solo che neppure i posteri avranno gli elementi per rispondere. Certo è che i mali della scuola superiore rimangono tutti, soprattutto quello di essere in molti casi poco esigente sul piano della preparazione e su quello del comportamento, due aspetti tutt’altro che reciprocamente ininfluenti.
Non si tratta di tifare per la scuola che boccia e tantomeno per quella, come l'attuale, che perde per strada ogni anno migliaia e migliaia di ragazzi. Vorremmo una scuola più efficace e credibile, il che significa anche meno timorosa di esami frequenti e impegnativi (ne sono rimasti solo due), appuntamenti per mettersi alla prova e dare il meglio di se stessi. Del resto non molto tempo fa proprio su questo giornale si è discusso di una scuola basata, invece che sul tradizionale succedersi delle classi, su corsi disciplinari al termine dei quali si dovrebbe sostenere un esame per passare al corso successivo.  
Ma si apprezzerebbe anche qualche piccola accortezza in più da parte del Ministero, per esempio quella di formare adeguatamente e per tempo i docenti quando si cambiano le formule degli esami. In mancanza di ciò, c’è da aspettarsi anche dei risultati molto disomogenei tra le varie commissioni all'interno della medesima scuola. E vorremmo inoltre che chi formula dal ministero le griglie di correzione delle prove scritte sapesse usare la lingua italiana, in modo da fornire istruzioni di senso compiuto. L'improvvisazione in questo settore non ci piace affatto. Ci piacciono invece i bei risultati, purché veritieri, frutto cioè della volontà e della capacità di valutare i ragazzi per quello che sanno e sanno fare.
Valerio Vagnoli (“Corriere Fiorentino” 10 luglio 2019)

martedì 2 luglio 2019

PER ESSERE UN BUON CITTADINO ITALIANO ED EUROPEO BISOGNA CONOSCERE LA STORIA


In questi giorni si stanno svolgendo gli esami di Stato previsti al termine delle scuole superiori. Sono state apportate diverse modifiche rispetto all’anno precedente. Quella che ha suscitato più critiche è stata la cancellazione, tra le prove scritte, del tema di Storia. E infatti quando se ne venne a conoscenza ci furono diverse proteste, compresa una raccolta di firme in calce a un manifesto promosso dal quotidiano “La Repubblica”, sottoscritto tra gli altri dalla senatrice Segre, da Andrea Camilleri e da altri cinquantamila cittadini.
Per il Ministero della Pubblica Istruzione il motivo di tale decisione è stato lo scarsissimo appeal che la prova aveva dimostrato presso i maturandi (solo l’1 per cento svolgeva quel tema) e l’improponibilità di temi astrusi e lontanissimi dalla sensibilità moderna dei giovani, poco inclini a interessarsi dei problemi del confine orientale d’Italia tra il 1945 e il 1954, del Patto di Londra del 1914 o della costruzione del muro di Berlino nel 1961.
Al termine della prova di Italiano i difensori della scelta ministeriale hanno risposto alle critiche, facendo notare che la storia era praticamente presente in tutte le tracce: direttamente in quelle sull’eredità del Novecento e sul nesso tra sport e storia; affiorava in quella su una poesia di Giuseppe Ungaretti, in un brano di Leonardo Sciascia e in quello tratto da un libro di Tomaso Montanari; si poteva commentare un passo del libro di Sloman e Fernbach L’illusione della conoscenza a partire da un episodio della Guerra Fredda; e perfino nella traccia sul Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa si poteva azzardare qualche riferimento storiografico.
La domanda più importante da porsi però è quale peso hanno le discipline storiche nella formazione culturale delle giovani generazioni durante l’intero corso di studi, al di là del loro momento conclusivo (e per inciso si può notare che nessuna delle tracce di quest’anno riguarda periodi di storia del nostro Paese o dell’Occidente anteriori al Novecento). Non è soltanto un problema di quantità, di numero di ore curricolari, ma soprattutto di qualità, cioè di conoscenza soprattutto dei principali processi storici che hanno portato all’Italia e all’Europa di oggi. Personaggi, guerre, lotte per il potere hanno contrassegnato per secoli l’esistenza dell’umanità. Vanno studiati nella loro concretezza, senza pregiudizi ideologici o moralistici, nella consapevolezza che solo con la piena conoscenza del passato si può provare a capire il presente.
Se nella scuola attuale era forse giusto abbandonare la triplice ripetizione dell’intero percorso storico (prima alle elementari, poi alle medie e infine alle superiori, in maniera ovviamente diversa), oggi abbiamo un eccesso di valorizzazione del contemporaneo, a scapito della memoria del passato e della storia mondiale rispetto a quella italiana ed europea. Questo non garantisce agli studenti una sicura formazione culturale e rischia anzi di farne una facile preda delle fallaci e spesso manipolatorie informazioni dei social network.
Riaffermare la centralità della Storia non è dunque questione di un’ora in più o di un tema “astruso” che può comparire nelle buste d’esame. Significa semmai riaffermare il fondamento epistemologico di una disciplina con i suoi specifici contenuti; e in cui sia presente anche il confronto fra le più accreditate interpretazioni degli studiosi sui principali temi storiografici. Una disciplina, infine, che in tempi di una necessaria educazione alla cittadinanza contribuisca alla costruzione dell’identità dei nostri giovani, con la consapevolezza del loro essere in un tempo e in un luogo della storia umana. 

Sergio Casprini

Già pubblicato come editoriale sul sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento (http://www.risorgimentofirenze.it/)