giovedì 20 febbraio 2020

ISCRIZIONI E ORARI: UNA RIFLESSIONE


Saranno 32.110 i ragazzi toscani che nel prossimo anno scolastico cominceranno a frequentare le scuole superiori secondo i dati dell’Ufficio scolastico regionale. Non c’è molto di nuovo rispetto al passato. Si spera solo che i prossimi rilevamenti sugli insuccessi e sui «pentimenti» indichino che qualcosa in merito all’orientamento nella scuola media cominci a funzionare. Fra i licei continua a primeggiare quello Scientifico, scelto da quasi 45 su 100. Guadagna quasi un punto il liceo delle Scienze Umane, ne perde circa due quello Linguistico. Il liceo Artistico sfiora l’11%. Generalmente buona e costante la tenuta dei tecnici, in particolare nell’indirizzo «Amministrazione, finanza e marketing» mentre, salvo per i soliti Alberghieri, calano i professionali. I quali, tuttavia, hanno da pochi anni un «concorrente» assai interessante nei percorsi triennali di formazione professionale a cui ci si può iscrivere fin dal primo anno della scuola superiore e che ora sono gestiti finalmente, oltre che dagli istituti professionali statali, anche dalle agenzie formative accreditate dalla Regione. Tutto ciò è anche il frutto di un percorso decennale di revisione degli orientamenti della Regione Toscana, che in precedenza aveva considerato la formazione professionale un canale ghettizzante da riservare come extrema ratio ai ragazzi particolarmente demotivati e solo dopo ripetute bocciature o abbandono scolastico. Non è un caso che a questo risultato finale si sia arrivati con l’assessore Cristina Grieco: nel 2010 fu infatti tra gli 85 presidi firmatari della lettera-appello promossa dal Gruppo di Firenze che chiedeva alla Regione di permettere l’assolvimento dell’obbligo scolastico anche nei percorsi di formazione professionale. Una coerenza che deriva dalla consapevolezza di quanto sia fondamentale recuperare il valore educativo della formazione professionale a vantaggio di ragazzi del tutto simili ai loro compagni iscritti in altri percorsi, ma destinati a sentirsi prigionieri di una scuola non in grado di valorizzare i talenti legati alla concretezza e al desiderio di entrare quanto prima nel mondo del lavoro. Cosa che non è e non deve essere motivo di vergogna. A vergognarsi dovrebbero casomai essere quelli che con le loro fermezze «pedagogiche» hanno purtroppo contribuito a raggiungere percentuali enormi di insuccesso, di abbandono della scuola e di Neet: non a caso questi ultimi in Toscana da qualche anno in confortante calo.
Infine, una riflessione sulla scelta di molti istituti tecnici, professionali e perfino degli indirizzi liceali che hanno molte ore, di comprimere in cinque giorni le lezioni in modo che, anche se non sempre lo si dice chiaramente, studenti, docenti e il personale non insegnante abbiano il sabato libero. Purtroppo gli orari di certe scuole sono pesantissimi, mentre le ripetute richieste di diminuire il numero delle ore e delle materie sono per ora cadute nel vuoto. Ciò comporta per i ragazzi rimanere a scuola anche per sette-otto ore: un tempo a cui si aggiunge quello del viaggio di andata e di ritorno per i molti che abitano in provincia.
I pedagogisti seri, quelli che sanno quali siano i tempi appropriati a un reale apprendimento, dovrebbero pur dire qualcosa su questa trasformazione degli studenti in polli da imbeccare.
Valerio Vagnoli
“Corriere Fiorentino”, 20 febbraio 2020

sabato 1 febbraio 2020

MAGLIE PIÙ STRETTE PER ENTRARE NELLA SCUOLA


Un’aula scolastica non può diventare una piazzetta di mercato dove, incontrandosi casualmente, le persone si possono lasciare andare alle affermazioni più qualunquiste e grossolane. Invece sembra che sia accaduto proprio questo in una seconda media della scuola Mazzanti di Firenze. A quell’età i ragazzi sono pronti a darsi completamente a insegnanti appassionati e preparati, ma spesso sono anche capaci di iniziare a prendere le distanze rispetto a chi venisse meno agli aspetti più elementari della propria deontologia professionale. E se è abbastanza facile protestare se un docente li offende o arriva a prendere qualcuno a schiaffi, più difficile, molto più difficile è che lo facciano se un insegnante esprime beceri giudizi personali su personalità, come la senatrice Liliana Segre, che vivono per ricordare e testimoniare ai giovani le atrocità dell’antisemitismo nazista e fascista. Non si sa con certezza se la docente abbia inneggiato o meno al duce, ma sarebbe sufficiente il livore gratuito trasmesso agli studenti verso una donna così degna di rispetto per chiedersi se una persona del genere sia consapevole delle responsabilità che il suo ruolo le richiede. E bravi invece i ragazzi che, malgrado la raccomandazione della professoressa, molto vicina alla minaccia, di non andare a riferire le sue parole ai genitori — «Non andate a casa a dire ai vostri genitori che sono nazista e antisemita» — lo hanno invece giustamente fatto; e altrettanto giustamente è scoppiato lo scandalo. Segno evidente che ancora resiste nelle nostre famiglie e perfino nei ragazzini la capacità di indignarsi. Merito anche di tanti insegnanti i quali, al contrario della docente in questione, hanno trasmesso ai loro allievi la capacità di distinguere ciò che è giusto da simili livorose idiozie, che restano tali anche se dette da persone che agli occhi dei loro allievi ricoprono o dovrebbero ricoprire un ruolo importantissimo. È un segno che per fortuna gli anticorpi contro il razzismo sono diffusi. Si spera che i responsabili dell’istruzione comincino finalmente a prendere atto che in nessun modo persone del genere dovrebbero entrare dentro un’aula scolastica. Anche una supplente, e non è detto che la docente in questione lo sia, dovrebbe darci garanzie assolute sulla sua preparazione e sulla sua capacità di trasmettere con onestà ed equilibrio ciò che nella vita dei popoli e delle persone è giusto o riprovevole.
Si restringano quindi finalmente le maglie spesso larghissime con cui si reclutano i docenti e si eviti che vi possa passare qualcuno che non conosce neanche i fondamentali di quello che esige il proprio ruolo.
Valerio Vagnoli
“Corriere Fiorentino”, 1° febbraio 2020