Il "Patto
di corresponsabilità educativa fra scuola e famiglia" varato da Fioroni ha
dieci anni e non è servito a nulla. Da dove ricominciare e come.
Giorgio Ragazzini (Gruppo di Firenze) - "ilsussidiario.net", 24.4. 2018
Nel 2007 fu introdotto dal ministro Fioroni il
"Patto scuola-famiglia di corresponsabilità educativa", che doveva
sancire un'alleanza in grado di garantire l'indispensabile clima di correttezza
e di rispetto reciproco nelle aule scolastiche. In parole povere, la scuola si
impegnava a fare di tutto per fornire un buon servizio; i genitori a leggere il
regolamento di istituto e a farlo rispettare ai figli. Nelle superiori in
genere si chiede anche agli studenti di condividerlo. Ebbene: in cosa si è
risolta l'iniziativa nella grande maggioranza dei casi? In una frettolosa
sottoscrizione del documento, previa frettolosa lettura, all'atto dell'iscrizione
alla scuola.
Già il termine
"patto" è sbagliato. Va bene a conclusione di una trattativa, in cui
ciascuno ha concesso e ottenuto qualcosa. Ma qui si tratta, com'è ovvio, di una
semplice presa d'atto delle regole che solo la scuola è legittimata dalla legge
a stabilire e di cui deve assumersi tutta la responsabilità. Del resto il
consiglio d'istituto, che ha il compito di approvare i regolamenti interni,
comprende anche una rappresentanza dei genitori e, nelle superiori, degli
studenti; ed è qui che può esserci il confronto tra le diverse
componenti.
Chiamarlo
"patto", però, serve a coltivare l'illusione che una firma sia
sufficiente a vincolare al rispetto di quello che c'è scritto. Serve anche a
non parlare di sanzioni, perché altrimenti ce ne dovrebbero essere per tutti i
contraenti, inclusa la scuola. Ma più ancora l'omissione è frutto di una
pedagogia che ha espulso la punizione dal suo discorso, facendo intendere che
sia l'opposto dell'educazione, negandogli cioè il carattere di strumento educativo
fra gli altri, come l'esempio, l'esercizio, il richiamo.
Quanto sia servito
il patto educativo introdotto dal ministro Fioroni (che ha comunque alcuni
meriti in direzione della scuola seria) lo dicono i fatti; e non solo quelli
clamorosi di questi giorni e dei mesi scorsi, ma la lunga storia di fatica e di
avvilimento, solo in minima parte raccontata, che tanti bravi insegnanti hanno
vissuto negli ultimi decenni, privi del sostegno delle istituzioni (a
cominciare spesso da quella più vicina, il dirigente) in una quotidiana
battaglia per il rispetto delle regole.
L'alleanza fra
scuola e famiglia è importantissima, ma non serve certo, come ora si propone,
una nuova edizione del "Patto". Va ricostruita — senza il minimo
equivoco sulla distinzione dei ruoli — a partire dalla fermezza nell'esigere e
nell'assicurare il massimo rispetto delle regole. Bisogna ripensare la
comunicazione con i genitori a cominciare dai colloqui individuali, anche
facendone oggetto di un aggiornamento dei docenti; promuovere incontri di
formazione e di dialogo sulle difficoltà dei ruoli educativi; far emergere il
pensiero degli studenti corretti danneggiati dall'indisciplina di alcuni
compagni e quello delle famiglie che non gridano, non protestano e sono al
fianco degli insegnanti, ma in silenzio. Ricordo che un sondaggio commissionato dal
Gruppo di Firenze ha rilevato che due italiani su tre giudicano
la scuola troppo poco severa riguardo al comportamento e considerano sbagliata
la recente abolizione della bocciatura per l'insufficienza in condotta.
Detto questo, nella situazione
della scuola descritta in questi giorni dai mezzi di comunicazione, sarebbe un
sollievo sentire un responsabile politico, magari un ministro dell'Istruzione,
dire "abbiamo sbagliato" — a fare della disciplina un tabù; a
tollerare e persino a lodare le occupazioni; a non fare nulla per evitare che
agli esami si copi a mani basse; a non criticare sanzioni risibili come la
sospensione con obbligo di frequenza; a promuovere l'uso del cellulare a
scuola; ad abolire il 5 di condotta come segno che esistono limiti
insuperabili. Speriamo che almeno di fronte agli episodi degli ultimi mesi
qualcuno venga assalito dalla realtà.