lunedì 27 dicembre 2010

VALUTAZIONE, DEMERITO E IRRESPONSABILITÀ

Sugli orientamenti ministeriali in fatto di valutazione delle scuole e dei docenti ci siamo espressi anche lo scorso settembre a commento di un intervento sul “Corriere della Sera” di Ròger Abràvanel, consulente di Mariastella Gelmini per la qualità e il merito. La successiva presentazione del progetto del Ministro, anche se solo nelle linee generali, ci ha confermato nella convinzione – ma è semplice buonsenso - che non si tratta solo di decidere se valutare o no, come semplicisticamente vanno affermando alcuni improvvisati esperti di scuola, ma di come farlo, tanto per evitare che il rimedio sia peggiore del male. Torna su questo tema Giorgio Israel sul “Giornale”, ragionevolmente scettico sull’attendibilità e la validità dei test e favorevole invece a un sistema di ispezioni.
Peraltro, uno dei punti dolenti dell'intera questione è che né a destra né a sinistra ci si decide ad affrontare, come logica priorità, il problema dell’esistenza di un certo numero di dirigenti e di docenti che sono semplicemente inadeguati al loro compito. Che sia per incapacità (il caso umanamente più delicato) o per totale assenza di etica professionale, cambia poco. Si sa che non si è mai abbastanza circostanziati quando si tocca un tabù; quindi ripetiamo che la maggior parte degli insegnanti e (forse) anche dei dirigenti si merita almeno la sufficienza (ma spesso molto di più). E tuttavia il problema esiste, mentre gli strumenti per evitare che i suddetti continuino a fare danni sono ben pochi. Lo sanno benissimo i prèsidi seri, quasi sempre costretti a issare bandiera bianca dopo aver sbattuto la testa contro la muraglia di normative e di sentenze costruita in questi ultimi decenni a difesa anche degli indifendibili e ai danni della credibilità e della qualità della scuola.
Un altro aspetto del problema è l’endemica fuga dalle responsabilità che si verifica praticamente in tutti i settori della società. In altre parole, anche quando esistono poteri e strumenti adeguati, ci si sottrae in ogni modo ai propri doveri (e, com’è noto, anche molti genitori sono infettati da qualcuno dei molteplici virus che spingono all’indulgenza e alla deresponsabilizzazione). Va senz’altro letto in proposito l’editoriale di Tullio Gregory sul “Corriere della Sera”, Il responsabile che non c’è mai, che nell’interno è intitolato Il valore perduto della responsabilità.

martedì 21 dicembre 2010

LA TIGRE E LA NEVE

di Valerio Vagnoli


La neve di questi giorni, come sempre accade, ha trasformato la città. Libera dal traffico e immersa nel silenzio, essa paradossalmente è tornata a vivere. In giro poche persone, ma quasi tutte allegre, di quella allegria che nessuno meglio di Leopardi ha saputo spiegare, e che è destinata purtroppo a svanire insieme allo sciogliersi della prima neve fresca. Leggi tutto.

venerdì 17 dicembre 2010

CERCANSI ADULTI PER SERIO CONFRONTO CON NUOVE GENERAZIONI

Gennaro Lubrano Di Diego, docente napoletano di filosofia e attivo blogger sui problemi della scuola, analizza il rapporto tra "giovani manifestanti"e (molti) adulti. Di questi ultimi mette in evidenza l'inerzia o addirittura il compiacimento intonato a un nostalgico "come eravamo". Leggi.

Sulla tendenza di non pochi educatori a fare gli amici o i fratelli maggiori dei figli, è da leggere l'efficace "Buongiorno" di Massimo Gramellini sulla "Stampa" di oggi.

venerdì 10 dicembre 2010

QUEI PASSATISTI DI SHANGHAI IN TESTA ALLE CLASSIFICHE OCSE-PISA

Quando nel marzo 2008 fu presentato l’appello bipartisan “Scuola: un partito del merito e della responsabilità”, promotori e firmatari[1] furono bollati come “laudatores temporis acti” dall’ex ministro Berlinguer, mentre Andrea Ranieri, allora responsabile scuola del PD, dichiarò: “Ben vengano gli appelli al merito e alla responsabilità, purché non fatti con la testa rivolta all’indietro” (peccato, però, che quelli voltati dalla parte giusta non ne avessero mai fatto parola). Anche se negli ultimi anni le ragioni di una scuola più seria e rigorosa hanno indubbiamente avuto più ascolto nell’opinione pubblica, è ancora forte - e abbastanza trasversale - l’idea che tutto si risolva con una didattica più “moderna” e coinvolgente, largamente “laboratoriale”, che si ricordi di avere di fronte dei “nativi digitali” e via discorrendo. Contro gli ormai numerosi e documentati richiami degli psicologi ai danni arrecati dalla mancanza di fermezza (a casa e a scuola, ma anche nella società nel suo insieme), si continua a vedere l’ombra dell’autoritarismo perfino nel richiamo al rispetto delle regole; e non parliamo del sistematico rifiuto della sanzione in nome del “dialogo”.
Tuttavia i dati dell’indagine Ocse-Pisa del 2009 sembrano smentire ogni facile ricetta pedagogica e confermare invece la necessità di una scuola più esigente sia sul piano dell’impegno e dei risultati che su quello del comportamento. Nel novero delle nazioni più virtuose figurano infatti Cina (Shanghai e Hong Kong), Corea, Giappone, Singapore. E non solo perché dedicano da anni grandi risorse all’istruzione, ma anche perché nelle aule di quei paesi, come scrive Federico Rampini in uno dei suoi libri, “regnano la disciplina, il rigore, il rispetto dell'autorità, la venerazione del sapere”[2].
Il “Corriere della Sera” di ieri dedica un servizio al “primo della classe”, il sistema scolastico di Shanghai, sottolineando la perdurante influenza del confucianesimo. Forse si tratta di un “Made in China” che conviene, se non importare pari pari, quanto meno studiare attentamente.
Sullo stesso quotidiano, Giovanni Belardelli avverte che proprio in molti “moderni” studenti “digitali” si sta atrofizzando la capacità di ragionare.

GR

[1] In ordine di adesione: Mario PIRANI, Giovanni BELARDELLI, Giulio FERRONI, Ernesto GALLI DELLA LOGGIA, Giorgio ISRAEL, Lucio RUSSO, Sergio GIVONE, Salvatore VECA, Sebastiano VASSALLI, Giorgio DE RIENZO, Aldo SCHIAVONE, Gian Luigi BECCARIA, Giovanni SARTORI, Remo BODEI, Piero CRAVERI, Giorgio ALLULLI.

[2] da Centomila punture di spillo di Federico Rampini e Carlo De Benedetti