lunedì 10 aprile 2017

LA CATTIVA EDUCAZIONE. MENÙ SCOLASTICI E MAMME DEL NO

Dietologhe, assessori, dietisti, chef, psicologi, docenti, assaggiatori e commissioni di ogni genere da anni sono tutti quanti impegnati a trovare la maniera di accontentare tutte, ma proprio tutte, le mamme dei nostri bambini fiorentini che usufruiscono della mensa scolastica. Mensa che assicura, al pari delle altre mense scolastiche nazionali, menu diversificati in base alle religioni, alle istanze vegetariane e naturalmente alle esigenze di carattere sanitario. Alla fine sembra che sia rimasto sulle barricate, a contestare senza tregua, un drappello di un paio di centinaia di madri che proprio non ce la fanno ad accettare che i loro figli si adattino a consumare, vuoi per un motivo vuoi per un altro, dei pasti non del tutto graditi. E quando si vuol contestare qualcosa a prescindere, le motivazioni non mancano, soprattutto se si è convinti che pagando un servizio si dovrebbe avere il diritto di venir ad ogni modo accontentati.
Senza alcuna preoccupazione dei sani principi educativi e alimentari secondo i quali, come diceva mia madre, ci si deve abituare a mangiar di tutto, senza «tanti fichi, perché non si sa mai come ci si può trovare nella vita». Dove il tutto naturalmente sta per alimenti sani e controllati che da sempre trovano per il sottoscritto il loro apice nella fetta di pane con la mortadella o ancor più semplicemente con pomodoro, olio e sale. Confesso che con me questo sanissimo principio per fortuna ha funzionato benissimo, grazie appunto ai miei genitori, ma anche al più vasto contesto sociale ed educativo in cui sono cresciuti quelli della mia generazione.
Dico per fortuna in quanto in qualsiasi situazione mi sia trovato, mensa militare compresa, ho sempre avuto la possibilità di soddisfare comunque il mio appetito. Anche all’estero trovo grandi stimoli nell’andare a cercare piatti del luogo rifuggendo i ristoranti e le pizzerie italiane; e anche quando non li trovo di mio gradimento, avverto tuttavia la soddisfazione di aver provato qualcosa di culturalmente diverso rispetto ai soliti piatti, uscendo comunque sempre arricchito da queste esperienze. Alla stessa maniera, quando mi capita di mangiare in mensa con i bambini delle elementari o con studenti più grandi, trovo sempre un grande interesse nel misurarmi con un cibo che innanzitutto condivido con molti altri e che sicuramente non mi è abituale.
Talvolta vedo rimandare indietro piatti entro i quali le pietanze non sono state neanche toccate; quasi sempre si tratta di bambini poco avvezzi — rendo omaggio ancora una volta a mia madre — a stare bene con gli altri, perché probabilmente non stanno e non staranno bene neanche con se stessi. E di questo, soprattutto di questo, si dovrebbero preoccupare i genitori. Per il vero bene dei loro figli.
Valerio Vagnoli
("Corriere Fiorentino", 7 aprile 2017)