sabato 4 dicembre 2021

L' EDUCAZIONE FISICA DIVENTI POMERIDIANA PER DARE FORZA ALLO SPORT

 

Gentile Direttore,

ho letto con molto interesse l’articolo del dottor Sarti e la risposta del consigliere del Coni Sanzo a proposito della pratica sportiva dei ragazzi. Due diversi punti di osservazione, quello del pediatra/educatore e quello dell’uomo di sport. Le preoccupazioni di Paolo Sarti sono senza dubbio fondate, non solo sulla sua esperienza professionale, ma anche sulle numerosissime testimonianze che parlano di genitori tifosi scatenati dei propri figli dei quali, del tutto immemori delle proprie responsabilità educative, alimentano ambizioni il più delle volte irragionevoli e nocive per il loro equilibrio psicologico. Tuttavia è vero che una seria pratica sportiva può essere una grande risorsa per i ragazzi, in particolare per gli adolescenti, anche, come scrive lo stesso Sanzo, sul piano educativo: imparare il rispetto di regole e avversari; coltivare una passione e comprendere che per raggiungere dei traguardi, grandi o piccoli, servono impegno e fatica; imparare a fare i conti con i propri limiti. Tutte acquisizioni fondamentali anche per gli altri ambiti di vita dei giovani, inclusa la scuola. Che potrebbe essere a sua volta il luogo più appropriato per guidare tutti i ragazzi (in particolare quelli delle superiori) a una pratica dello sport il meno possibile esposta ai rischi di cui scrive Sarti. Le due ore di Educazione fisica hanno però da questo punto di vista degli evidenti limiti. A Firenze come in tante città italiane, molti istituti con sede in centro spesso non dispongono neppure di una palestra degna di questo nome e sono costretti a trasferirsi in altre sedi. Le ore sono incastonate nell’orario mattutino e si può immaginare quanto tempo possa essere realmente dedicato all’esercizio sportivo. La possibilità di fare una doccia, salvo eccezioni, è inesistente. Per di più, negli ultimi anni agli insegnanti di Educazione fisica sono state spesso affidate varie altre «educazioni», dalla lotta alle droghe al patentino, assai poco pertinenti al loro specifico ambito disciplinare, a discapito della vera e propria attività sportiva. Io credo quindi che si dovrebbe valutare la possibilità che l’Educazione fisica diventi, almeno nelle superiori, un' attività curricolare pomeridiana, anche con un maggior numero di ore per la pratica sportiva, pur riservandone alcune ad aspetti teorici. Si tratterebbe certamente di un cambiamento di non poco conto, con vari problemi da affrontare come la disponibilità di attrezzature sportive (ma potrebbe essere l’occasione per realizzarne di nuove), o le difficoltà per gli studenti fuori sede. Ma si potrebbe iniziare con delle sperimentazioni.

 Andrea Ragazzini   -   “Corriere Fiorentino”, 4 dicembre 2021

 

LETTERA APERTA AL MINISTRO BIANCHI SUGLI ESAMI DI MATURITÀ


   Gentile Ministro Bianchi,

a quanto abbiamo letto, Lei sarebbe orientato a riproporre un esame di maturità senza gli scritti come lo scorso anno, quando molti degli stessi studenti, interpellati dai giornali, l’hanno giudicato più o meno una burletta.  

Nonostante i problemi causati dalla pandemia, per far svolgere gli scritti in sicurezza a fine anno molte aule sono libere per ospitare piccoli gruppi di candidati. E che l'esame debba essere una verifica seria e impegnativa è nell’interesse di tutti. In quello dei ragazzi – per cui deve costituire anche una porta di ingresso nell’età adulta – perché li spinge a esercitarsi e a studiare, anche affrontando quel tanto di ansia che conferma l’importanza di questo passaggio. Solo così potranno uscirne con soddisfazione. È nell’interesse della collettività, alla quale è doveroso garantire che alla promozione corrisponda una reale preparazione. Infine la scuola, che delle promozioni si assume la responsabilità, riacquisterebbe un po’ di quella credibilità che ha perso proprio scegliendo la via dell’indulgenza a compenso della sua frequente inadeguatezza nel formare culturalmente e umanamente le nuove generazioni.

Non si tratta quindi solo della reintroduzione delle prove scritte, per molte ragioni indispensabile (insieme alla garanzia che non si copi e non si faccia copiare, come accade massicciamente ogni anno); ma di trasmettere agli studenti il messaggio di serietà e di autorevolezza che in fondo si aspettano da parte degli adulti.  

Grazie per la Sua attenzione. 

Roberta De Monticelli, già Professore ordinario di Filosofia della Persona, Università Vita Salute San Raffaele

Adriano Prosperi, Professore Emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale di Pisa

Alberto Giovanni Biuso, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica, Università di Catania

Alessandro Barbero, Docente Ordinario di Storia medievale, Università del Piemonte Orientale

Anna Oliverio Ferraris, Psicologa e psicoterapeuta, già Docente di Psicologia dello sviluppo, Università La Sapienza

Carla Bagnoli, Professore di Filosofia teoretica all’Università di Modena e Reggio Emilia

Carlo Cottarelli, Economista, dirige l'Osservatorio sui Conti Pubblici della Cattolica di Milano

Carlo Fusaro, Già Ordinario di Diritto pubblico comparato Università di Firenze

Chiara Frugoni, già Docente di Storia Medievale e della Chiesa presso l’Università di Pisa

Donatella Di Cesare, Docente Ordinario di Filosofia teoretica, Università di Roma La Sapienza

Elsa Fornero, Docente di Economia  Università di Torino,  Ministro del Lavoro nel Governo Monti

Enrica Lisciani-Petrini, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica, Università di Salerno

Ferdinando Luigi Marcolungo, Docente Ordinario di Filosofia teoretica, Università di Verona

Francesco Perfetti, Già Docente ordinario di Storia contemporanea, Università LUISS Guido Carli di Roma

Fulco Lanchester, Docente ordinario di Diritto Costituzionale e Comparato, Università La Sapienza, Roma

Giacomo Poggi, Professore Onorario di Fisica generale, Università di Firenze

Giovanni Belardelli,  Professore Ordinario di Storia delle dottrine politiche Università di Perugia

Giovanni Orsina, Docente Associato di Storia Comparata dei Sistemi Politici Europe, Università LUISS di Roma

Giulio Ferroni, Professore Emerito di Letteratura italiana Università di Roma La Sapienza -

Giuseppe Nicoletti, Docente Ordinario di Letteratura Italiana, Università di Firenze

Gustavo Zagrebelsky, Giurista e accademico, Presidente Emerito della Corte Costituzionale

Lorenzo Strik Lievers, Già Docente di Didattica della Storia presso l’Università di Milano Bicocca

Marco Santambrogio, Docente di Sistemi di Elaborazione dell’Informazione presso il Politecnico di Milano

Maria Cristina Grisolia, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale, Università di Firenze

Maurizio Dardano, Accademico della Crusca e docente emerito di Storia della lingua, Università Roma Tre

Nicla Vassallo, Professore ordinario di Filosofia teoretica nell’Università di Genova

Paolo Crepet, Psichiatra, sociologo e saggista

Renato Mannheimer, Sociologo e Accademico, Esperto di sondaggi demoscopici, partener di Eumetra Monterosa

Renza Bertuzzi, Docente nelle scuole superiori, dirige “Professione Docente”, organo della Gilda degli Insegnanti

Rino Di Meglio, Coordinatore Nazionale della Gilda degli Insegnanti

Roberta Lanfredini, Professore Ordinario di Filosofia teoretica nell’Università di Firenze

Roberto Tripodi, Responsabile Formazione dell’Associazione Scuole Autonome della Sicilia

Stefano Poggi, Docente Ordinario di Storia della Filosofia presso l'Università di Firenze

giovedì 2 dicembre 2021

UN BUON CITTADINO DEVE SAPER LEGGERE E SCRIVERE

 …Pinocchio, con il suo Abbecedario nuovo sotto il braccio prese la strada e strada facendo discorreva tra sé: “Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere; domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare di conto…”               Collodi, Le Avventure di Pinocchio  

Carlo Lorenzini in una caricatura di Angiolo Tricca del 1875

 A S.E. il Ministro Coppino… È appunto per questi e per molti altri motivi, che sarebbe bene gridare fin d’ora: rispettiamo gli analfabeti! L’analfabeta, con una splendida similitudine, venne paragonato a un candido foglio, vergine e puro da ogni macchia d’inchiostro e da ogni lettera dell’alfabeto: sicché dunque, a conti fatti, l’Italia può vantarsi presentemente di possedere diciassette milioni di fogli candidi come la neve. Signor Ministro! Un po’ di carità per tutte queste risme di carta bianca!” Così scriveva Carlo Lorenzini, detto Collodi, nell’ottobre1877 in una lettera di protesta al ministro della Pubblica Istruzione Michele Coppino, reo di aver promosso la legge, approvata dalla Camera il 15 luglio 1877, con cui l’istruzione elementare diventò obbligatoria e gratuita dai 6 ai 9 anni.

La lettera rivela lo spirito irriverente e goliardico di uno scrittore noto per i suoi trascorsi libertari e bohémien nella Firenze dei Lorena, pur avendo studiato nel prestigioso liceo religioso degli Scolopi insieme a Giosuè Carducci, Diego Martelli e Telemaco Signorini; e che da patriota aveva combattuto a Curtatone e Montanara nel 1848 e poi partecipato alla seconda guerra d’Indipendenza del 1859.

 

Michele Coppino

Per capire quel momento storico va però ricordata l’urgenza per il giovane stato italiano, formatosi nel 1861, di creare un’identità nazionale tramite una lingua, una cultura, un’educazione per un popolo di ben 17 milioni di analfabeti, come ricordava lo stesso Collodi. La legge Coppino rispondeva a questa esigenza. Si creò, conseguentemente una grande domanda di libri di testo, che gli editori italiani cominciarono a soddisfare. E proprio in quegli anni Collodi, contraddicendo le sue provocatorie affermazioni contro la scolarizzazione di massa, iniziò a dedicarsi alla letteratura per infanzia e in particolare scrisse dei racconti con finalità pedagogiche, creando la figura di Giannettino, che spiegava ai bambini l’Abbaco, la Geografia e nozioni di economia e scienza della nuova Italia. Se negli anni del Risorgimento il laico Lorenzini aveva fatto, sia pure in forma ironica da par suo, sorprendenti affermazioni elitarie sull’alfabetizzazione di massa, era scontato invece che la Chiesa cattolica, che fino ad allora aveva avuto il monopolio dell’istruzione per i più abbienti, facesse inizialmente resistenza alla nascita di una scuola elementare pubblica e gratuita per tutti, dove imparare a leggere, scrivere e far di conto.

Dalla legge Coppino in poi, durante la Monarchia e poi con la Repubblica, si è sviluppato invece un processo virtuoso di riforme scolastiche, che ha promosso l’alfabetizzazione del popolo italiano, portando l’obbligo scolastico progressivamente ai gradi superiori dell’istruzione, di modo che la scuola potesse così garantire la formazione di tutti e la selezione dei migliori nell’ambito di un sistema didattico in cui avessero pari valore le lezioni e le verifiche dell’apprendimento. Questo processo di riforme nel suo cammino ha incontrato resistenze e difficoltà nella sua attuazione, senza però che alcun politico o intellettuale, e tantomeno la Chiesa, ponessero in discussione il valore fondante dell’istruzione pubblica italiana, almeno fino alla riforma della media unica nel 1962.

Con il Sessantotto i giovani contestatori nell’università e nelle medie superiori videro nella scuola, in un’ottica radicale e ideologica, uno strumento di selezione di classe. Furono quindi criticati i canoni tradizionali della cultura e della pratica didattica, anche attraverso l’organizzazione di corsi alternativi e spesso con la promozione generalizzata attraverso i voti “politici”. Anche se poi il movimento di contestazione ebbe termine, nella sua parte più politicizzata rimasero vivi anche negli anni successivi alcuni principi e valori nel campo della didattica, rafforzati dall’arrivo di nuove concezioni pedagogiche nella scuola italiana. Le quali sostenevano (e sostengono) che il compito della scuola non è tanto quello di trasmettere conoscenze o mere nozioni, ma di far sì che gli studenti acquisiscano “competenze trasversali”, utili anche orientarsi nel mondo del lavoro, a scapito degli insegnamenti disciplinari, di cui si riducono ore e contenuti; e soprattutto non devono subire mortificazioni psicologiche con voti negativi e bocciature.

Questo ha comportato che gli studenti conoscano sempre meno la loro lingua madre, che cioè non sappiano più né leggere né scrivere correttamente, al punto che attualmente le università sono costrette a istituire corsi recupero di italiano. Paradossalmente lo conferma il testo zoppicante di una petizione che ha raggiunto le 40.000 firme, in cui “gli studenti maturandi chiedono l’eliminazione delle prove scritte agli esami di maturità del 2022, poiché trovano ingiusto e infruttuoso andare a sostenere degli esami scritti in quanto pleonastici, i professori curricolari nei cinque anni trascorsi, hanno avuto modo di toccare con mano e saggiare le loro capacità”. Se pure si possono capire, dato il clima buonista che vige nella scuola attualmente e la permanenza di residui sessantottini, la protesta e l’irresponsabilità dei giovani firmatari (che per inciso costituiscono una piccola minoranza), non è giustificabile l’indulgenza nei loro confronti da parte dei rappresentanti delle istituzioni scolastiche, in primis il ministro in carica Patrizio Bianchi, immemore dei comportamenti seri e responsabili dei suoi predecessori.

Nicola Coppino, Gaetano De Sanctis, Giovanni Gentile, Aldo Moro, citando alcuni ministri della Pubblica Istruzione in tempi diversi nella storia del Nostro Paese, avevano svolto con spirito di servizio il loro compito di rappresentanti dello Stato, in quanto erano consapevoli che la nazione affida alla scuola il mandato sociale di formare buoni cittadini, dotati di competenze culturali e professionali, che sappiano leggere e scrivere bene, siano rispettosi delle leggi dello Stato e abbiano un forte senso di appartenenza alla comunità nazionale.

Sergio Casprini 

(Editoriale pubblicato sul sito del “Comitato Fiorentino” per il Risorgimento il 1° dicembre 2021)