…Pinocchio, con il suo Abbecedario nuovo sotto il braccio prese la strada e strada facendo discorreva tra sé: “Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere; domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare di conto…” Collodi, Le Avventure di Pinocchio
Carlo Lorenzini in una caricatura
di Angiolo Tricca del 1875
“A S.E. il Ministro Coppino… È appunto
per questi e per molti altri motivi, che sarebbe bene gridare fin d’ora:
rispettiamo gli analfabeti! L’analfabeta, con una splendida similitudine, venne
paragonato a un candido foglio, vergine e puro da ogni macchia d’inchiostro e
da ogni lettera dell’alfabeto: sicché dunque, a conti fatti, l’Italia può
vantarsi presentemente di possedere diciassette milioni di fogli candidi come
la neve. Signor Ministro! Un po’ di carità per tutte queste risme di carta
bianca!” Così scriveva Carlo Lorenzini, detto Collodi,
nell’ottobre1877 in una lettera di protesta al ministro della Pubblica
Istruzione Michele Coppino, reo di aver promosso la legge,
approvata dalla Camera il 15 luglio 1877, con cui l’istruzione elementare
diventò obbligatoria e gratuita dai 6 ai 9 anni.
La lettera rivela lo spirito irriverente e goliardico di uno scrittore noto per i suoi trascorsi libertari e bohémien nella Firenze dei Lorena, pur avendo studiato nel prestigioso liceo religioso degli Scolopi insieme a Giosuè Carducci, Diego Martelli e Telemaco Signorini; e che da patriota aveva combattuto a Curtatone e Montanara nel 1848 e poi partecipato alla seconda guerra d’Indipendenza del 1859.
Michele Coppino
Per capire quel momento storico va però ricordata l’urgenza per
il giovane stato italiano, formatosi nel 1861, di creare un’identità nazionale
tramite una lingua, una cultura, un’educazione per un popolo di ben 17 milioni
di analfabeti, come ricordava lo stesso Collodi. La legge Coppino rispondeva
a questa esigenza. Si creò, conseguentemente una grande domanda di libri di
testo, che gli editori italiani cominciarono a soddisfare. E proprio in quegli
anni Collodi, contraddicendo le sue provocatorie affermazioni contro la
scolarizzazione di massa, iniziò a dedicarsi alla letteratura per infanzia e in
particolare scrisse dei racconti con finalità pedagogiche, creando la figura di
Giannettino, che spiegava ai bambini l’Abbaco, la Geografia e nozioni di
economia e scienza della nuova Italia. Se negli anni del Risorgimento il
laico Lorenzini aveva fatto, sia pure in forma ironica da par suo, sorprendenti
affermazioni elitarie sull’alfabetizzazione di massa, era scontato invece che
la Chiesa cattolica, che fino ad allora aveva avuto il monopolio
dell’istruzione per i più abbienti, facesse inizialmente resistenza alla
nascita di una scuola elementare pubblica e gratuita per tutti, dove imparare a
leggere, scrivere e far di conto.
Dalla legge Coppino in poi, durante la Monarchia e poi con la
Repubblica, si è sviluppato invece un processo virtuoso di riforme scolastiche,
che ha promosso l’alfabetizzazione del popolo italiano, portando l’obbligo
scolastico progressivamente ai gradi superiori dell’istruzione, di modo che la
scuola potesse così garantire la formazione di tutti e la selezione dei
migliori nell’ambito di un sistema didattico in cui avessero pari valore le
lezioni e le verifiche dell’apprendimento. Questo processo di riforme nel
suo cammino ha incontrato resistenze e difficoltà nella sua attuazione, senza
però che alcun politico o intellettuale, e tantomeno la Chiesa, ponessero in
discussione il valore fondante dell’istruzione pubblica italiana, almeno fino
alla riforma della media unica nel 1962.
Con il Sessantotto i giovani contestatori nell’università e
nelle medie superiori videro nella scuola, in un’ottica radicale e ideologica,
uno strumento di selezione di classe. Furono quindi criticati i canoni
tradizionali della cultura e della pratica didattica, anche attraverso
l’organizzazione di corsi alternativi e spesso con la promozione generalizzata
attraverso i voti “politici”. Anche se poi il movimento di contestazione ebbe
termine, nella sua parte più politicizzata rimasero vivi anche negli anni
successivi alcuni principi e valori nel campo della didattica, rafforzati dall’arrivo
di nuove concezioni pedagogiche nella scuola italiana. Le quali sostenevano (e
sostengono) che il compito della scuola non è tanto quello di trasmettere
conoscenze o mere nozioni, ma di far sì che gli studenti acquisiscano
“competenze trasversali”, utili anche orientarsi nel mondo del lavoro, a
scapito degli insegnamenti disciplinari, di cui si riducono ore e contenuti; e
soprattutto non devono subire mortificazioni psicologiche con voti negativi e
bocciature.
Questo ha comportato che gli studenti
conoscano sempre meno la loro lingua madre, che cioè non sappiano più né
leggere né scrivere correttamente, al punto che attualmente le università sono
costrette a istituire corsi recupero di italiano. Paradossalmente lo conferma
il testo zoppicante di una petizione che ha raggiunto le 40.000 firme, in cui
“gli studenti maturandi chiedono l’eliminazione delle prove scritte agli esami
di maturità del 2022, poiché trovano ingiusto e infruttuoso andare a sostenere
degli esami scritti in quanto pleonastici, i professori curricolari nei cinque
anni trascorsi, hanno avuto modo di toccare con mano e saggiare le loro capacità”. Se
pure si possono capire, dato il clima buonista che vige nella scuola
attualmente e la permanenza di residui sessantottini, la protesta e
l’irresponsabilità dei giovani firmatari (che per inciso costituiscono una
piccola minoranza), non è giustificabile l’indulgenza nei loro confronti da
parte dei rappresentanti delle istituzioni scolastiche, in primis il ministro
in carica Patrizio Bianchi, immemore dei comportamenti seri e
responsabili dei suoi predecessori.
Nicola Coppino, Gaetano De Sanctis, Giovanni Gentile, Aldo Moro, citando alcuni ministri della Pubblica Istruzione in tempi
diversi nella storia del Nostro Paese, avevano svolto con spirito di servizio
il loro compito di rappresentanti dello Stato, in quanto erano consapevoli che
la nazione affida alla scuola il mandato sociale di formare buoni cittadini,
dotati di competenze culturali e professionali, che sappiano leggere e scrivere
bene, siano rispettosi delle leggi dello Stato e abbiano un forte senso di
appartenenza alla comunità nazionale.
Sergio Casprini
(Editoriale pubblicato
sul sito del “Comitato Fiorentino” per il Risorgimento il 1° dicembre 2021)
1 commento:
"Dalla legge Coppino in poi, durante la Monarchia e poi con la Repubblica, si è sviluppato invece un processo virtuoso di riforme scolastiche" che "nel suo cammino ha incontrato resistenze e difficoltà nella sua attuazione, senza però che alcun politico o intellettuale, e tantomeno la Chiesa, ponessero in discussione il valore fondante dell’istruzione pubblica italiana, almeno fino alla riforma della media unica nel 1962".
Per l'appunto. Quindi la parte virtuosa di questo cammino si colloca tutta nel periodo monarchico, mentre le riforme attuate in età repubblicana sono state tutte peggiorative. Pertanto dalla prima parte della citazione le parole "e poi con la Repubblica" sarebbero da espungersi.
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