giovedì 22 settembre 2016

LOTTA DI CLASSE CONTRO IL MERITO

È proprio di ieri la notizia che il Ministero della pubblica istruzione toglierà di mezzo i voti alle elementari e alle medie, sostituendoli (grande novità) con le lettere, e che verranno resi più facili gli esami finali di terza media e di maturità. Sarà inoltre vietato bocciare nella primaria e reso eccezionalissimo alle medie. La notizia girava da tempo tra gli addetti ai lavori, a conferma che ad ogni cambio di governo nella scuola si deve sempre cambiare qualcosa nel senso di scoraggiare la serietà. Certi mutamenti vengono anche da lontano, da certo egualitarismo sessantottino, che da noi, al contrario di altri Paesi, è eterno e sempre verde.
Questa ideologia è ben sintetizzata in un articolo apparso a firma di Giuseppe Caliceti sul “Manifesto” di ieri e nel quale l'autore, sotto forma di dialogo con la propria figlia, si lascia andare a una inesorabile requisitoria contro il merito, visto come trionfo dell'ingiustizia perché privilegio delle classi sociali più avvantaggiate e perché coltivare il merito a scuola significherebbe addirittura riconoscersi in una visione della società simile a quella nazista e fascista. Per questo giornalista-insegnante, il concetto di merito si traduce sempre in quello di meritocrazia in senso negativo, che per lui ha sempre “la funzione principale e strategica di stroncare sul nascere ogni tipo di naturale invidia e rivincita sociale...”. Ove l'invidia per Caliceti è naturalmente “un'aspirazione sana e naturale” come, mi verrebbe da dire, ci insegnavano certi film muti sovietici degli anni Venti del secolo scorso.
Purtroppo da decenni la parola merito trova sempre minor considerazione proprio nel luogo deputato a farlo trionfare: la scuola, appunto. Svillaneggiato e ritenuto diseducativo, per non dire demonizzato, sta facendo proprio per questo sprofondare, non solo nei test invalsi, il ruolo essenziale della nostra scuola. Che non è più quello degli anni cinquanta e sessanta che era  finalizzato a creare e a selezionare una classe dirigente destinata a perpetuarsi poiché i capaci e i meritevoli di famiglie povere erano tutelati solo a parole in qualche principio della nostra Costituzione ben lontano dall’essere attuato: se volevano studiare, per loro non c'era che il seminario o qualche triste collegio. Da quando la scuola si è finalmente aperta a classi sociali fino ad allora escluse e destinate a replicare la loro bassa condizione economica e culturale, si è innestato una sorta di cancro pedagogico che bandisce istanze come merito e responsabilità, senza peraltro curarsi troppo della qualità culturale della scuola; e finisce proprio per privilegiare la trasmissione dei poteri, delle professioni, delle cadreghe a livello familistico, nel senso mafioso del termine. Mai come in questi anni a scuola è stata così timida nel mettere i suoi studenti in condizione di trarre fuori il meglio di loro stessi, delle loro attese, delle loro curiosità e delle loro vocazioni. Inoltre, davvero non c’è nessuna differenza tra chi fa il proprio dovere e chi no, tra chi studia e chi non lo fa, tra chi copia e chi imbroglia, tra chi rispetta i compagni e chi fa il bullo? Ora che la gran parte dei nostri ragazzi, per fortuna, potrebbe veramente aspirare a una mobilità sociale e culturale un tempo impossibile, mettere al bando il merito, l'impegno e la serietà negli studi serve invece a garantire il trionfo dei più furbi, dei più potenti e infine proprio dei privilegiati. (“Corriere Fiorentino, 21 settembre 2016)

Valerio Vagnoli

giovedì 15 settembre 2016

PANINO LIBERO E RUOLO DEI GENITORI *

È recentissima una sentenza del Tribunale di Torino che permette agli alunni della primaria e della media di fare il pranzo a scuola con un panino o altro cibo portato da casa, invece che con quello della mensa scolastica. Una questioncella, si dirà, rispetto ai gravi problemi di questo inizio di anno scolastico. In realtà la sentenza che accoglie le richieste dei genitori contrari alla mensa “uguale per tutti” conferma una visione del mondo da parte di molti adulti assai refrattaria a educare i loro figli alla necessità di misurarsi con la realtà. Forse c’è qualche speranza di venire a capo del caos degli organici, delle “reggenze” che appaiono e scompaiono lasciando sbigottiti centinaia e centinaia di docenti che nel giro di pochi giorni si trovano a misurarsi con due o tre dirigenti diversi o il balletto dei docenti che vanno e vengono con i loro bagagli da una regione all'altra; minori speranze le nutriamo sulle conseguenze negative che la sentenza torinese avrà su molti genitori, sempre più disponibili ad accontentare, come diceva mia madre, le voglie dei loro figli.
L'apparente libertà di poter mangiare a scuola ciò che mamma o babbo preparano a casa, rappresenta a mio parere la conferma di quanto sia profondamente radicata la convinzione che per nostri figli nessun sacrificio è ammissibile e sostenibile, come quello di potersi sfamare con quanto propongono le mense scolastiche. Che generalmente non fanno concorrenza ai migliori ristoranti, ma cucinano con le attenzioni dovute a bambini che hanno esigenze particolari, sia per motivi religiosi che di salute, e sono sottoposte peraltro a controlli igienico-sanitari puntuali e approfonditi. È naturale che ogni mensa scolastica sia sempre migliorabile e che non si dovranno assolutamente negare i pasti a coloro che non hanno soldi per poterli pagare. Ma i genitori che hanno sostenuto il lungo iter giuridico torinese non appartengono a quest'ultima realtà, e credo non occorra spiegarne i motivi. Sono probabilmente espressione di una visione del mondo che nessuna riforma scolastica, nessuna buona scuola, nessun avvio dell'anno scolastico finalmente privo di problemi potrà mai accontentare. Rappresentano a mio parere una categoria, purtroppo sempre più numerosa, convinta che non ci debba essere nessun attrito tra i loro figlioli e la realtà che li circonda e che non si debba chiedere loro un pur minimo sacrificio: in questo caso quello di mangiare lo stesso cibo dei loro compagni, dei loro docenti e spesso dei loro stessi dirigenti scolastici. Si perde oltre a tutto un’occasione per esplorare altri sapori e profumi rispetto a quelli domestici, con il rischio di ingabbiare i bambini in scelte ripetitive e anche troppo rassicuranti. Anche questo è parte dell’educazione. Insomma, nessun avvio dell'anno scolastico potrà mai essere un buon inizio, se non cominciamo a misurarci anche con questi problemi affrontandoli a partire dalle sedi opportune. Prima fra queste quella ministeriale, che da decenni invece rifiuta perfino di parlare di quello che dovrebbe essere il ruolo dei genitori anche all'interno delle scuole, così come si rifiuta perfino di accennare a tematiche che dovrebbero rappresentare le fondamenta di qualsiasi sistema educativo: rispetto delle regole, lealtà nel non copiare, impegno nello studio, premio del merito, quest'ultimo assolutamente fondamentale per poter permettere a coloro che partono da situazioni socialmente svantaggiate di potersi elevare nella vita senza ricorrere ad altri sistemi che sono purtroppo diffusi in un paese in cui, per dirla con Oriana Fallaci, non governano purtroppo le leggi ma le persone!
Valerio Vagnoli

*Pubblicato oggi sul “Corriere Fiorentino”