sabato 24 ottobre 2020

DISOBBEDIENZA E SANZIONI: I GIOVANI E LO STATO CHE TEME LA FERMEZZA

 Il laissez faire educativo è all’origine di tanti assembramenti di giovani e ha molto a che vedere con l’incapacità dello Stato di far rispettare la legge

“ilSussidiario.net”, 24 ottobre 2020


Quanti controlli sono stati fatti sulle spiagge spensieratamente stipate di cui abbiamo visto le immagini per tutta l’estate? A quanti assembramenti hanno messo fine le forze dell’ordine nelle strade e nelle piazze della movida? Quanti ragazzi sono stati almeno rimproverati e invitati a mantenere le debite distanze all’uscita delle scuole?

Sappiamo bene che quasi nulla è stato fatto per far rispettare regole appena stabilite, di cui a parole il governo ha continuamente ribadito l’importanza. È, del resto, la più nota e rovinosa tara della nostra cultura istituzionale quella di trasformare obblighi e divieti in esortazioni. Così facendo si evita di ricorrere a una virtù essenziale in democrazia, la fermezza, cioè la capacità di far rispettare la legge nell’interesse della comunità, anche quando questo può essere politicamente costoso – e costoso psicologicamente per chi in concreto deve operare sul campo. Fra parentesi: non è certo un caso che i sindaci (o i presidi…) che cercano di andare contro questa corrente vengano subito soprannominati “sceriffi”; come se lo sceriffo non avesse rappresentato l’unica alternativa alla legge del più forte, il tentativo di far vivere un minimo di legalità nella comunità a lui affidata. 

Su cosa conta allora lo Stato che tralascia la frequenza e la severità dei controlli, al di là dei richiami al “senso di responsabilità” dei cittadini? Sull’aumento delle sanzioni. Che di recente sono salite, per il mancato uso delle mascherine, da un minimo di 400 fino a un massimo di 1000 euro. È una classica grida manzoniana, cioè il completo ribaltamento di quanto raccomandava Beccaria: non è tanto l’entità, ma la certezza della pena a scoraggiare i comportamenti vietati. Qualcuna di queste multe verrà fatta, ma c’è da scommettere che in genere l’importo eccessivo servirà solo ai tutori dell’ordine per giustificare ai propri occhi la loro indulgenza di certo già raccomandata ad abundantiam dalle alte sfere della pubblica sicurezza.

Le conseguenze si leggono nei dati sempre più preoccupanti di questi giorni sull’ascesa dei “positivi”, in particolare quelli relativi a Milano, la città più colpita a causa del numero dei suoi abitanti, di quello delle imprese (306 mila) e dei visitatori, in altre parole dell’ampiezza delle relazioni sociali. Tra gli altri colpisce in particolare il 17% dei contagiati tra i 20 e i 29 anni, cioè quei giovani che abbiamo ampiamente incoraggiato a sentirsi intoccabili dal virus, lasciando che si intruppassero nella movida; a conferma, un altro 17% ha tra i 30 e i 39. Dobbiamo per questo ringraziare chi ha anteposto il “diritto a divertirsi” a quello – senza virgolette – alla tranquillità e alla salute dei residenti e all’imperativo di combattere una malattia che ha già ucciso oltre 36mila nostri concittadini.

Sappiamo infine che il laissez faire laissez passer che contraddistingue – come ha scritto Ernesto Galli della Loggia – “una popolazione tra le più ineducate del continente, con una scarsa propensione alla civile convivenza […] e con un’ancora più scarsa attitudine ad obbedire alle regole e ai comandi dell’autorità” è in sintonia con le concezioni educative diffuse da decenni nelle famiglie e nella scuola. Fra l’una e le altre c’è naturalmente uno scambio di influenze negative che indeboliscono sempre di più la convivenza civile. Ma l’idea che le sanzioni siano l’opposto dell’educazione e vadano quindi evitate non ha nessun fondamento psicopedagogico e serve solo, purtroppo, per sentirsi buoni a buon mercato.

Giorgio Ragazzini

venerdì 23 ottobre 2020

LETTERA ALLA MINISTRA AZZOLINA: BENE I CONCORSI, MA NON BASTANO PER GARANTIRE LA QUALITÀ DEI DOCENTI

                                                                                                  Firenze, 22 ottobre 2020

Gentile Ministra Azzolina,

desideriamo manifestarle il nostro convinto apprezzamento per la fermezza con cui si è opposta alla pressante richiesta di un’ennesima sanatoria ope legis da parte dei sindacati e di numerose forze politiche, confermando il concorso ordinario quale strumento per la selezione del personale docente. Accogliere tali richieste avrebbe rappresentato l’ennesimo tradimento del dettato costituzionale e soprattutto un pessimo servizio al mondo della scuola, in nome di interessi, tanto dei sindacati che della politica, che nulla hanno a che fare con l’obiettivo di rendere l’istruzione pubblica realmente democratica e credibile, in quanto capace di far sì che tutti gli studenti, specialmente quelli che partono svantaggiati, abbiano le migliori chances di riuscita. Ma perché questo sia possibile la modalità concorsuale non può da sola costituire una garanzia: è indispensabile che la selezione del personale docente e il percorso formativo siano estremamente rigorosi (come Lei sa, nel sistema scolastico finlandese, considerato tra i migliori del mondo, solo un candidato su nove viene abilitato all’insegnamento). A prescindere dall’imminente concorso che necessariamente, data la situazione attuale, si svolgerà in una forma molto semplificata, ci pare essenziale che un aspirante docente debba misurarsi con tipologie di prove realmente atte a verificarne le attitudini e le capacità. Dovrebbe essere da tutti condivisa l’idea che qualsiasi ulteriore riforma della scuola non troverà alcuna realizzazione se non verrà affidata a insegnanti motivati, preparati nelle loro discipline, autorevoli, esigenti, competenti nella didattica, nella comunicazione e dotati delle necessarie attitudini relazionali e affettive.

Ringraziandola per la Sua attenzione le facciamo i nostri più sinceri auguri di buon lavoro.

Gruppo di Firenze  per la scuola del merito e della responsabilità

Andrea Ragazzini, Valerio Vagnoli, Sergio Casprini, Giorgio Ragazzini

domenica 11 ottobre 2020

BANCHI A ROTELLE, CONCORSI, SINDACATI: VINCE SOLO IL “PARTICULARE”


Ne abbiamo viste di tutti i colori in questo travagliatissimo inizio di anno scolastico, a partire dalla promessa che entro il 14 di settembre sarebbero certamente arrivati tutti i banchi, con o senza rotelle (queste ultime assenti anche nelle teste di molti addetti ai lavori), per finire alle arrabbiate proteste sindacali di queste settimane: non ultima quella contro il prossimo concorso per assegnare finalmente 35mila cattedre. Quasi che i sindacati volessero fare tabula rasa di quel residuo di credibilità che ancora il sistema scolastico riesce ad avere, spingendo per l’ennesima immissione in ruolo di migliaia di insegnanti senza il filtro di un concorso, come da Costituzione. Ha scritto di recente Sabino Cassese: “Solo con il concorso (con un concorso fatto perbene) si può misurare il merito, cioè qualità, esperienza, capacità, abilità. Solo il concorso dà eguali possibilità a tutti: senza concorso, potrà avere il posto quello che è più vicino al politico di turno, o al dirigente amministrativo, perché la scelta è discrezionale, non competitiva, non operata da una commissione imparziale. Insomma, prevarranno affiliazioni, familismo, talora corruzione”. Contro l’unica procedura corretta non si è invece rinunciato a proclamare scioperi a ripetizione, malgrado quasi tutti gli istituti fossero già stati penalizzati perché sede dei seggi elettorali.

Si poteva dunque fare di più e meglio. Per esempio, sarebbe stato fondamentale bloccare per un anno le graduatorie per evitare la confusione che si sta creando in moltissime scuole, che devono controllare la veridicità di quanto hanno dichiarato i docenti riguardo alle loro competenze nelle domande di incarico. Può infatti capitare, e sta accadendo, che da una prima verifica dei fascicoli si debba poi procedere all’annullamento degli incarichi per poi dover nuovamente “scalare” le graduatorie e passare ad altre nomine.

Onestamente sarebbe stato opportuno che tutti, ma proprio tutti, gli addetti ai lavori avessero preso contezza della situazione che la scuola si sarebbe trovata ad affrontare in questo inizio d’anno. Una situazione che infatti si sta complicando sia per problemi ormai storici, sia per le difficoltà create dalla attuale emergenza; e a pagare il prezzo maggiore saranno le scuole più problematiche. Tanto per intenderci, quelle di periferia e di frontiera, che da sempre sono costrette a subire organici assai differenziati tra quelli di fatto e quelli di diritto e che proprio quest’anno avrebbero avuto maggiore necessità di iniziare in condizioni, almeno da questo punto di vista, più sicure e serene.

Un esempio di scarsa consapevolezza della situazione in cui si trova la scuola viene da una media di Firenze. Alcuni genitori hanno costretto per protesta i loro figli a restare a casa, in quanto ancora privi del docente di matematica: quello appena nominato era stato giustamente assegnato dalla dirigente a una classe priva anche della gran parte degli altri docenti. È un segnale che preoccupa in quanto, al pari di ciò che accade in molti altri diffusi comportamenti sociali, anche nella scuola sembra farsi strada l’attaccamento al “particulare”, alla cura del proprio giardino senza alcuna attenzione per chi è costretto a subire condizioni molto più penalizzanti. Un segnale, appunto, che tuttavia sembra confermare come sia sempre più difficile da parte della scuola educare i ragazzi alla solidarietà e alla comprensione di chi vive in condizioni peggiori delle nostre, se le famiglie costringono poi i loro figli a crescere nei “valori” dell’egoismo e della prepotenza.

Valerio Vagnoli

“ilSussidiario.net”, 9 ottobre 2020

  

giovedì 1 ottobre 2020

GLI ITALIANI DURANTE LA PANDEMIA TRA RISPETTO DELLA LEGGE ED ANARCHIA

 

“Il capo supremo deve essere giusto per se stesso e tuttavia essere un uomo. Da un legno storto com’è quello di cui l’uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto”   (Kant, Scritti politici).

Appena pochi mesi fa, in tempi di rigido confinamento, gli italiani, pur reclusi nelle loro case, avevano reagito positivamente, esorcizzando apprensioni e paure con video ironici e irridenti sui Social, manifestando sui balconi con canti e musica, con tricolori sulle ringhiere, con inni patriottici, da quello di Mameli a Bella Ciao; in poche parole, dimostrando una forte coesione sociale e nazionale. Una serietà di comportamento civico che il presidente Mattarella ha infatti recentemente rivendicato a fronte delle ingiustificate insinuazioni di minore abitudine alla libertà provenienti dal premier britannico. 

Quando però si è allentata la morsa tragica del Covid ed è venuta meno la necessità di un rigoroso lockdown (ma non il rispetto di alcune regole di cautela sanitaria) il comportamento virtuoso degli italiani, soprattutto tra i giovani elettrizzati dalla ritrovata libertà di movimento, è in buona misura sparito. Così abbiamo avuto gli spensierati addensamenti di bagnanti in quasi tutte le spiagge, i viaggi in paesi esteri a rischio di contagio, l’ovvia perdita di distanziamento tra gli eccitati frequentatori delle discoteche sciaguratamente riaperte e infine gli assembramenti (e gli schiamazzi) della movida selvaggia fino a tarda notte.

Non c’è quindi da meravigliarsi se nelle ultime settimane, come d’altronde previsto da epidemiologi e virologi, la curva del contagio da Covid ha ricominciato a salire. Se pure non raggiungeremo i numeri dello scorso inverno, il virus sarà debellato definitivamente solo con la messa a punto e la somministrazione del vaccino.

Intanto da metà settembre c’è stata la tanto auspicata riapertura in sicurezza delle scuole, pur tra polemiche per la mancanza degli insegnanti, dei banchi, degli spazi alternativi ad aule troppo piccole e l’indegno scaricabarile tra amministrazioni locali e governo centrale sulle linee da seguire.

Gli studenti e gli insegnanti, salvo rare eccezioni, hanno accettato le restrizioni imposte da ragioni sanitarie con forte senso responsabilità, consapevoli che il diritto allo studio va garantito nel rispetto delle regole, anche le più rigide, in casi eccezionali come quelli che stiamo vivendo.

Nei fatti, ancor prima di studiarla su testi scolastici, in questo primo scorcio dell’anno scolastico gli allievi hanno messo in pratica i contenuti della nuova disciplina in vigore in tutte le scuole di ogni ordine e grado, l’Educazione Civica, per cui le leggi e le regole della convivenza a scuola e fuori vanno rispettate, pena la sanzione amministrativa o penale.

Un comportamento civico che invece i giovani (e non solo) non tengono nelle notti fiorentine della malamovida, in particolare in piazza Santo Spirito e dintorni, come viene riportato dalla testimonianza di un residente:

Sono le 10.30 di sabato sera, da qualche giorno l’estate sembra essersi fatta da parte per dar spazio a un inverno forse troppo anticipato, è sabato, un fine settimana qualunque per la Movida che qui in Santo Spirito non conosce stagioni, dalle finestre di casa mia si sente già l’arrivo di masse fuori controllo, urla, bottigliate, stereo a tutto volume, l’immaginazione vola, mi sembrano eserciti di barbari che si stanno preparando alla battaglia, l’assedio ha inizio, come sempre qui, terra di nessuno, le invasioni barbariche della notte si apprestano a conquistare la piazza, ne vedremo delle belle penso, la serata è appena all’inizio...

Eppure nella piazza quella sera c’erano sia la polizia che i vigli urbani, che, a fronte delle rimostranze dei residenti, per non intervenire hanno accampato la giustificazione di non poter malmenare dei minorenni oppure di non disporre del reparto mobile, impiegato invece in gran numero e in tenuta anti-sommossa per le partite allo stadio o per le manifestazioni politiche. Come se si fosse ancora ai tempi del generale Bava Beccaris che cannoneggiò sul popolo affamato e in rivolta nelle strade della Milano del 1898 oppure si dovessero ripetere i violenti pestaggi dei manifestanti alla caserma Diaz di Genova nel 2001.

D’altronde in una situazione così grave di degrado sociale e civico per colpa di una minoranza sia pure esigua di fiorentini non è il momento di fare analisi più o meno profonde sui comportamenti giovanili nella società consumistica di massa o deprecare in maniera ideologica la perdita di identità dei centri storici. Ora più che mai, in tempi di emergenza sanitaria, va salvaguardato il diritto costituzionale alla salute e alla quiete non solo con misure amministrative, quali gli orari degli esercizi commerciali, il consumo di alcool, gli eccessi di suoni e di rumori e soprattutto lo spostamento della movida fuori dai centri abitati, ma anche con l’uso responsabile della forza che ogni stato democratico veramente autorevole deve esercitare.

Non può una minoranza di incivili imporre in maniera irridente e arrogante il suo comportamento illegale ad altri cittadini e restare impunita; e il nostro governo cittadino e quello nazionale non possono restare inerti a fronte di comportamenti barbari che gettano discredito su Firenze e l’Italia, per cui molti italiani hanno dato gli anni della loro giovinezza con generosità, impegno costante e talora sacrificando la loro vita.

Sergio Casprini

(Dal sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento, 1° ottobre 2020)