Gentilissima Ministra Madìa,
complimenti per
le misure che sta prendendo per tutelare la Pubblica amministrazione dai
disonesti che purtroppo non mancano, anche perché da sempre protetti da una
cultura politica e sindacale improntata all’assenza di senso dello Stato e del
bene pubblico. E grazie per aver ricordato che la stragrande maggioranza di
coloro che sono al servizio della comunità fa il proprio dovere, spesso al di
là dei propri compiti e del proprio stipendio. Certo, quelli che hanno dato il
cattivo esempio, essendo per fortuna una minoranza, avrebbero dovuto già da
tempo essere identificati e cacciati dalla Pubblica amministrazione. Invece le
cose sono andate diversamente e anche questo ha contribuito a consolidarne il
senso di impunità. Nella mia esperienza personale di insegnante non mancano
esempi di funzionari e docenti che si vantavano del loro pessimo comportamento,
da loro considerato espressione di furbizia e cinica abilità nell’aggirare le
leggi, che sarebbero solo per i poveri fessi.
Quello che fa più
indignare è l'aver constatato, in oltre quarant'anni di servizio nella scuola, che
mai o quasi vengono ricordati con chiarezza i diritti e i doveri del personale
scolastico, in particolare di quello docente. Di fronte a gravi inadeguatezze
sia sul piano della correttezza che delle capacità professionali, quasi sempre
il massimo che si possa ottenere con grande fatica è il trasferimento da una
scuola all’altra. E non si tratta ovviamente di una soluzione. Per quanto
riguarda la puntualità, che è collegata ai doveri di sorveglianza, i docenti
non hanno neanche l'obbligo di timbrare il cartellino, che può essere attivato
solo se le RSU interne si dichiarano d'accordo. Da quel che mi risulta ciò
avviene in casi del tutto sporadici. Da insegnante ho sempre preteso di
utilizzare il badge sia per rispetto del personale Ata obbligato ad usarlo, sia
per facilitare il compito del dirigente di controllare la puntualità mia e dei
miei colleghi. L’argomento che viene opposto in proposito da molti docenti e
soprattutto dai sindacati è che testimoni della loro presenza sono i ragazzi
stessi e che infine spetta al dirigente sorvegliare e scoprire i neghittosi. Ma
in una scuola che è sempre più complessa e generalmente composta da centinaia
di dipendenti spesso distribuiti su tre o quattro sedi, un controllo effettivo
da parte del preside è pressoché impossibile.
Naturalmente una
diffusa indulgenza verso i cattivi comportamenti, quando non è connivenza,
permette che questi si incancreniscano e solo in casi eclatanti può avvenire
che siano gli studenti, vincendo le loro paure di ritorsioni, a segnalare gli
abusi. Inoltre, per esperienza diretta, stavolta da dirigente, posso
certificare l’esistenza di una mentalità che mira a considerare autoritario o
prepotente il preside che interviene con i mezzi (scarsi) a sua disposizione.
Per molti benpensanti, infatti, dovrebbe essere in grado, se è davvero un bravo
leader, di impedire i comportamenti sbagliati grazie al suo prestigio e alle
sue capacità. D’altra parte non mancano miei colleghi che si guardano bene
dall'intervenire; in certi casi per quieto vivere, in altri perché sanno che si
imbarcherebbero in conflitti per cui sono necessarie competenze legali almeno
pari a quelle degli avvocati che tutelano chi è sottoposto a provvedimenti
disciplinari.
Lei capisce che in
una situazione di questo tipo è ben difficile che venga trasmessa la
consapevolezza di una responsabilità personale dalla quale non si può né si
deve prescindere. E questo dovrebbe valere in ciascun campo lavorativo,
figuriamoci poi se questo campo è al servizio della comunità tutta.
Infine, per
rendere più evidente quanto lavoro ci sia ancora da fare, come dirigente mi
preme di farLe presente che l’Amministrazione scolastica non si è mai
preoccupata di formarci in materia di problemi disciplinari e di conflitti col
personale né in occasione di un concorso serio e selettivo, come quello con cui
sono stato assunto, né in sede di aggiornamento. Possiamo sperare,
nell’interesse della scuola, che cambi qualcosa?
Con sentiti
auguri di buon proseguimento del suo lavoro.
Valerio Vagnoli
(da “Orizzonte Scuola”)