di Giorgio Ragazzini, ilSussidiario.net, 5 marzo 2024
Come funziona questo metodo? I membri
del gruppo si siedono in cerchio e prima di cominciare si impegnano a osservare
alcune regole:
– rispettare il turno di parola, non
interrompere, non parlare mentre parlano gli altri;
– non giudicare quello che dicono i
compagni, né svalutarlo in alcun modo (per esempio ridendo o facendo dei
gesti);
– dopo l’incontro, non riferire ad altri
quanto è stato detto dai compagni, in modo da facilitare, con la garanzia della
riservatezza, l’espressione di sé.
Il conduttore ha soprattutto il compito
di facilitare la comunicazione tra i partecipanti, incoraggiando a intervenire
i più timidi e facendo in modo che la discussione si mantenga nell’ambito
stabilito.
Come insegnante ho utilizzato ogni tanto
il metodo del cerchio per affrontare problemi relazionali tra compagni di
classe (scherzi ripetuti, incomprensioni, offese) o per approfondire argomenti
importanti per i ragazzi. In una terza, per esempio, in vista del possibile
acquisto del motorino, lo adottammo per parlare del “rischio accettabile”, cioè
ridotto consapevolmente al minimo (ne tratta ampiamente un libro di Daniele
Biondo che si intitola appunto Educazione stradale e rischio
accettabile). In questa occasione furono le ragazze ad assumere un ruolo
quasi “genitoriale”, rivolgendosi ai compagni con osservazioni sui
comportamenti rischiosi. Osservazioni che, non venendo da un adulto, sembravano
risultare più accettabili dai maschi, notoriamente attratti, a quell’età, dalla
velocità e dalla spericolatezza.
Il metodo si può adottare anche quando si tratta di
decidere a quale scuola superiore iscriversi, soprattutto nella fase in
cui, dopo aver avuto sufficienti informazioni
e acquistato una certa consapevolezza delle proprie attitudini e dei propri
interessi, restano a volte da sciogliere le difficoltà e i blocchi di carattere
affettivo (la paura di sbagliare, di perdere le amicizie, di deludere i
genitori); tutte cose che spesso hanno un’importanza decisiva nelle scelte,
soprattutto in quelle che si rivelano sbagliate. A volte a questa età quello
che dicono i familiari e anche gli insegnanti non sempre viene preso in grande
considerazione, mentre le stesse cose, dette dai compagni, vengono accettate
più facilmente.
Il confronto guidato con i pari può
essere molto produttivo. Molto utile si è rivelato decidere di ricorrere,
previo aggiornamento della seduta, all’esperienza di fratelli, sorelle e amici
che già frequentavano le superiori. È stato il caso di Gianna, tormentata
dall’indecisione tra il liceo scientifico – che preferiva – e il liceo
classico, scelto dalla sua migliore amica. Il risultato della consultazione di
cui sopra fu che le amicizie veramente importanti rimangono e che se ne fanno
di nuove altrettanto belle. Fu così che nel primo pomeriggio ricevetti questo
messaggio dalla mamma di Gianna: “È tornata a casa raggiante e ha esclamato: Ho
deciso, vado allo scientifico!”.
Infine, un esempio che viene dalla
primaria. A una collega che si accingeva a insegnare come si salta con la
corda, i maschi risposero compatti che non volevano farlo perché era “una cosa
da femmine”. Dopo avere invitato gli alunni a sedersi in cerchio, la maestra si
mise a interrogarli su quali sport conoscevano, fino a che (la faccio breve) fu
citato il pugilato. Allora chiese se si trattava o no di uno sport adatto ai
maschi, ottenendo un corale “Siiiii!”. Fu a questo punto che rivelò agli
stupefatti alunni che per i pugili è fondamentale allenarsi ogni giorno nel
salto con la corda, sia sul posto che in movimento per migliorare la
coordinazione e la rapidità dei movimenti. In un attimo, i renitenti
diventarono appassionati praticanti di questo attrezzo, gareggiando tra di loro
in resistenza e velocità.