martedì 11 agosto 2009

COPIÒPOLI: URGE UN'ETICA PROFESSIONALE PER I DOCENTI ITALIANI. E PIÙ CONTROLLI

A quanto pare, la "cortese richiesta" (sic) di non aiutare gli allievi durante le prove Invalsi per l'esame di terza media non ha prodotto grandi effetti e si è dovuto ricorrere a complicate procedure correttive per avere un quadro verosimile dei risultati. Gli aiutini hanno imperversato nel meridione, ma non si può dire che ne sia immune il resto della penisola (leggi). I colleghi hanno qualche attenuante. Non è stato certo un caso che nei decenni passati nessuno abbia mai parlato agli insegnanti (né durante la loro formazione, né dopo) di etica professionale. Il rigore non è mai stato ben visto dalla cultura buonista che ha guidato la scuola dagli anni '70. Sui principi e sulle regole si può chiudere un occhio, complice l'endemico mammismo mediterraneo, quando si tratta di "aiutare" un povero ragazzo. Con questo allenamento pregresso, si arriva alle prove Invalsi, dalle quali si teme che la propria scuola possa venire, se non proprio penalizzata, quanto meno messa in cattiva luce.
In molti Stati occidentali, invece, esistono da tempo i codici deontologici, che elencano gli impegni fondamentali di ogni docente verso gli studenti e le loro famiglie, verso i colleghi e verso la professione. Sarebbe ora che anche da noi se ne cominciasse almeno a discutere, dando modo al mondo della scuola di rendersi meglio conto di quali siano veramente "il bene dei ragazzi" e l'interesse della collettività; e che comportamenti del genere tolgono qualsiasi credibilità al sistema istruzione, comunque riformato e attrezzato, e gli impediscono di funzionare. Per ora prendiamo atto che alla vicenda viene dato un certo risalto sui giornali, anche se nessuno sembra essersi scandalizzato. Solo il presidente di TreeLLLe Attilio Oliva parla apertamente di "etica", oltre che della necessità di controlli e di sanzioni. In altri commenti prevale ancora un linguaggio fra l'eufemistico e l'indulgente. Per esempio, chi fa copiare o suggerisce ha "atteggiamenti opportunistici". E poi, spiega una rappresentante dell'Invalsi, "non si vuole colpevolizzare nessuno. I dati non sono un'accusa nei confronti di ragazzi e docenti: sono un tentativo di innescare comportamenti virtuosi". E infine il Presidente dell'Istituto: " È comprensibile che ci siano insegnanti che cercano di aiutare gli studenti che hanno seguito per tre anni".

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