lunedì 29 marzo 2010

ALBERONI:RICOSTRUIAMO UNA PEDAGOGIA DELLE REGOLE

Nella sua rubrica "Pubblico&Privato", il sociologo torna ancora una volta sui danni delle parole d'ordine antiautoritarie e antinozionistiche, seguendo le quali "in cinquant'anni siamo passati dall'autoritarismo più cieco all'anarchia più totale, dalla società più rigida a quella più sbriciolata, liquefatta".
Nelle pagine interne del "Corriere della Sera", un servizio riferisce dei positivi risultati nel profitto e nel comportamento ottenuti da una scuola di Manchester che ha adottato la didattica montessoriana (La ricetta antibullismo per i ragazzi delle scuole: riscoprire la Montessori).
Resta il fatto che in Italia, specialmente in tema di scuola, imperano le opinioni apodittiche e scarseggiano gli studi seri su cosa funziona veramente in tema di apprendimento e di acquisizione dell'autodisciplina e delle regole morali. E alla condotta non ci risulta che sia mai stato dedicato, almeno per impulso istituzionale, un solo corso di aggiornamento. Ma forse c'è un qualche collegamento tra la deprecata illegalità diffusa a tutti i livelli e la perdurante crisi dei ruoli educativi... (GR)

7 commenti:

Paolo ha detto...

In realtà corsi di aggiornamentoo sui problemi disciplinari ne sono stati fatti a migliaia e migliaia e quasi tutti tesi a colpevolizzare i docenti. E' risaputo da tempo che l'educazione non è più una garanzia.Molti italiani si sentono, infatti, gratificati dall'ostentare maleducazione e strafottenza e pensano che tramandare ai figli queste "doti" li renda più decisi e sicuri. Si protesta, giustamente, per la pessima qualità e il pessimo esempio della televisione, ma se si pretendesse una scuola rigorosa nel comportamento e nella didattica chissà cosa accadrebbe anche tra gli stessi addetti ai lavori! Per esempio, io stesso ho dovuto abdicare rinunciando a far presente ai miei allievi che non sono un profe bensì un professore. Nessun collega della mia scuola condivide la mia posizione" troppo sorpassata". Riesco ancora a far alzare in piedi i ragazzi quando entro in classe e quando esco: sono tra i pochissimi a pretenderlo. Cosa volete! oramai quasi tutti i miei colleghi e le mie colleghe bevono in classe a bottiglia come i nostri studenti e il sentirsi chiamare "profe", a volte, mi sembra li faccia sentire più felici e realizzati.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Condivido quasi tutto e in particolare la colpevolizzazione come tratto distintivo dell'aggiornamento in genere. Ma in trentacinque anni non ricordo un solo corso dedicato espressamente al comportamento (a parte uno che ho organizzato io), ma naturalmente non conosco tutte le realtà.

Anonimo ha detto...

E' vero, espressamente sul comportamento non se ne sono fatti se non quello da lei, così afferma e non ho motivo di dubitarne, organizzato. Se ne sono fatti, invece, a migliaia su altre tematiche ove tuttavia il problema del comportamento era centrale. Salvo non affrontarlo e dare per scontato che, se esisteva, era senz'altro colpa del singolo docente. Ed era così assodato che la colpa fosse questione di inettitudine, che quasi mai i singoli docenti, in questi corsi, avevano il coraggio di proporre i loro problemi o si misuravano, appunto, sulla condotta. La condotta? ma se per decenni è stato addirittura "vietato" parlarne?
Insomma, aggiornamenti su tutto: disadattamento, ragazzi difficili, stranieri, diversamente alibi, demotivati, peer education,organizzazione del CIC, didattiche di tutti i tipi, perché miracolosamente con tutto ciò sarebbero stati sanati e pianificati i problemi di tutti e tutti sarebbero stati miracolosamente motivati. Ovviamente, ripeto, della disciplina non si parlava. La si sottointendeva come vergogna e colpa esclusiva della scuola:guai a dire che l'educazione, almeno quella, è dovuta anche agli insegnanti asini o poco energici.

Paolo ha detto...

Buongiorno, per mia sbadataggine non ho firmato il comunicato precedente, ma sono sempre io, Paolo da Milano a scusarmi per non aver messo il nome, anche se sapere che mi chiamo Paolo e che insegno a Milano serve a poco. Quello che mi preme, invece, aggiungere al mio precedente comunicato, a conferma di certo clima "omertoso" che si respira nelle scuole per quanto concerne la condotta e il comportamento degli studenti, è la seguente notizia. Questa estate il Questore di Milano ha pubblicamente denunciato la palese reticenza da parte dei presidi milanesi a denunciare la diffusione crescente, nelle scuole, delle droghe. Si nega l'evidenza ma si organizzano progetti sulle droghe e sulle educazioni alle varie cittadinanze. Insomma! una miriade di convegni e progetti relativi al comportamento degli studenti, salvo, appunto, non affrontare seriamente i problemi. Buone vacanze, Paolo

Anonimo ha detto...

il Questore di Milano ha pubblicamente denunciato la palese reticenza da parte dei presidi milanesi

succede non solo a Milano ma dappertutto!
la maggioranza dei presidi è reticente o omertosa sulla droga, su atti di bullismo che andrebbero denunciati, su indiscipline che porterebbero votacci in condotta, sui brutti voti in profitto che porterebbero alla bocciatura, sui guasti della riforma Gelmini.
insomma i presidi hanno le loro buone responsabilità sulla situazione disastrosa della scuola!

Anonimo ha detto...


La burocrazia scolastica uccide i buoni maestri
.

di Francesco Alberoni

Ci sono giovani che hanno grandi capacità, straordinari talenti. Ma sono pure potenzialità che, per manifestarsi, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a riconoscerli, a coltivarli, a metterli a frutto. Ho conosciuto giovani che avevano l'intelligenza e l'autodisciplina sufficienti per riuscire in qualsiasi scuola. Sarebbe bastato che i genitori potessero mandarli in un buon liceo, e poi nella facoltà che volevano. Ne ho conosciuti invece altri che, in quella terribile età che va dai quattordici ai venti anni, erano troppo ribelli, irrequieti, non volevano studiare. Occorreva qualcuno che offrisse loro un lavoro adatto, li inserisse in un gruppo. La nostra vita dipende, come fosse sospesa a un filo, dalle occasioni che ci sono offerte e dalle persone che incontriamo: un insegnante, un amico, colui di cui ci siamo innamorati. Basta un nulla e può prendere una direzione o quella opposta. Per questo occorre fornire a tutti la possibilità di studiare, ma poi ai più dotati bisogna dare qualcosa di più, un ambiente, una comunità, una scuola. Ma non pensiamo alla scuola burocratica, alla università dei crediti e dei test.
L'educazione vera parte sempre da un maestro, sia esso un filosofo, uno scienziato, un musicista, un grande artigiano, che raccoglie attorno a sé dei giovani che ardono dal desiderio di imparare, di fare. Li seleziona, li stimola, li guida. Pensiamo alle scuole di Platone e di Aristotele, alle prime università europee, alla bottega del Verrocchio, all'istituto di Enrico Fermi. Il cuore dell'insegnamento è sempre una relazione diretta fra allievo e maestro, ed è sempre anche una comunità in cui gli allievi vivono, studiano, lavorano, ricercano, creano insieme ai maestri. Un luogo dove si combinano la libertà e il metodo, la fantasia e la disciplina, l'innovazione e l'autorità. E i giovani, quando si offre loro questa opportunità, reagiscono entusiasticamente perché è quello che tendono spontaneamente a fare: stare insieme, scambiarsi le esperienze, conoscere, creare qualcosa. Ma come è difficile realizzare questo tipo di scuola! Perché cozza contro il coacervo di regole burocratiche costruite per gestire la mediocrità, contro la pigrizia amministrativa, contro l'ignoranza dei politici preoccupati solo dei risultati immediati. Così il tipo di educazione più vera, più importante, resta ancor oggi affidata quasi solo all'iniziativa dei singoli, alla loro fede, al loro coraggio, alla loro testardaggine.

23 luglio 2007

Anonimo ha detto...

I buoni maestri secondo Alberoni