martedì 6 aprile 2010

LA SCUOLA, IL "MADE IN ITALY" E I MESTIERI DA SALVARE

Nel post del 1 febbraio riportavamo una dichiarazione della stilista Raffaella Curiel ("Abbiamo centinaia di stilisti, ma non riusciamo più a trovare un sarto"), che ben sintetizzava i guasti provocati da molti lustri di svalutazione culturale e sociale dei mestieri e dei relativi percorsi di formazione e di studio. In un articolo del 26 marzo scorso sul Corriere della Sera, "Il made in Italy a caccia di artigiani", leggiamo che nel 2009 le aziende artigiane non sono riuscite a trovare personale qualificato per più di 23.000 posti di lavoro, in particolare nel settore calzaturiero, tessile, dell'arredamento, che sono tra i settori produttivi che più hanno contribuito al prestigio del "Made in Italy" nel mondo.
Sul Corriere di oggi Dario di Vico torna sul tema con un commento intitolato "Le scuole d'arte e i mestieri da salvare". C'è bisogno di un intenso lavoro di rivalutazione culturale e di comunicazione perché i giovani smettano di considerare preferibile un lavoro mal pagato in un call center all'esercizio di professioni magari più faticose da conquistare, ma che possono essere infinitamente più gratificanti. E soprattutto c'è bisogno di ridisegnare la formazione professionale nei suoi diversi livelli, prima di tutto quella che riguarda i ragazzi dai 14 ai 18 anni, ma anche la formazione post-secondaria. (AR)

Il commento di Valerio Vagnoli

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L'TALIANO E IL LATINO NEI PROGRAMMI LICEALI

I criteri che hanno guidato la loro stesura (ancora non definitiva) in un articolo di Luca Serianni su "ilsussidiario.net". Leggi.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

più di 23.000 posti di lavoro, in particolare nel settore calzaturiero, tessile, dell'arredamento

il settore calzaturiero è in crisi nera da anni (da prima della .... crisi!). moltissime aziende hanno dovuto chiudere per la concorrenza degli asiatici. non c'è più richiesta di personale.

Andrea Ragazzini ha detto...

Nell'articolo del Corriere il titolare della Rossetti dice il contrario.

Anonimo ha detto...

So per certo che manca personale ai laboratori di scarpe e borse di buona e ottima fattura. Di personale in grado di fare concorrenza agli asiatici non ce n'è bisogno da molto tempo. Ma il made in Italy è un'altra cosa e, da quel che mi risulta, il settore legato alla produzione di qualità non ha conosciuto la crisi profonda che ha colpito la produzione di basso profilo.

Anonimo ha detto...

Lucca 19 ottobre 09 (sei mesi fa)

La crisi del settore calzaturiero

Anonimo ha detto...

giovedì 14 gennaio 2010

ANCI. ancora lenta la ripresa nel settore calzaturiero

Anonimo ha detto...

23 marzo 2010


I macchinari dell'industria toscana
finiscono sui mercati dell'Est


Dalle maglierie alle filandre, dai set per orafi alle lastre di marmo, vanno all´asta per effetto della crisi. E gli acquirenti sono stranieri

Anonimo ha detto...

A proposito della qualità.....
ANCI. ancora lenta la ripresa nel settore calzaturiero


"Il segnale positivo proviene dal mercato Giapponese – ha concluso Vito Artioli - dodicesimo paese cliente: dopo diverse stagioni difficili i dati dell'export ci dicono che nei primi nove mesi le vendite di prodotti italiani sono cresciute del 6,1%, e i dati riferiti agli ordinativi evidenziano una raccolta del quarto trimestre in crescita (+5,5%). Si tratta di un’indicazione positiva perché il consumatore giapponese è molto attento alla qualità e al valore del prodotto, elementi che costituiscono vantaggi competitivi importanti per la nostra produzione e che possono rappresentare le leve strategiche su cui operare per rilanciarci su alcuni mercati da anni in difficoltà".

Valerio Vagnoli ha detto...

Mi intrometto nel dialogo tra "anonimi" sul reale o meno fabbisogno di personale nel settore della pelletteria. L'occasione mi è data dallo sfogliare, per puro caso e per vizio antico di rispetto per qualunque organo di stampa si rivolga ai cittadini, il mensile fiorentino Reporter che da tempo, anche se in maniera un po' troppo desultoria, si occupa dei problemi legati all'occupazione a Firenze e nel territorio fiorentino. A pagina 10 si può leggere un bell'articolo che già nel titolo condensa l'anima stessa del contenuto: " Quando a mancare sono i lavoratori". Tra le altre cose,a proposito delle professioni in via d'estinzione, si può leggere anche la seguente affermazione, ma sarebbe meglio dire, constatazione: "...Secondo la Confartigianato i più introvabili sono i falegnami, seguiti dai pellettieri, vetrai, meccanici ed autoriparatori, carpentieri, parrucchieri ed estetisti, sarti e modellisti, panettieri e pastai, idraulici e orafi. E Firenze sta peggio della media italiana. Un vero esercito di apprendisti mancati, perché i giovani preferiscono un lavoro subito più redditizio, come il call-center, ma che poi non dà sbocchi futuri che le professiioni artigiane, invece, permettono".
All'inizio del Novecento la piccola borghesia, vergognandosi della sua provenienza proletaria, ebbe in disgusto tutto ciò che le ricordava le proprie radici, anche quando queste si nobilitavano nella provenienza artigianale e contadina. Come sappiamo, non ce la fece a diventare borghesia e sfogò le proprie frustrazioni dando sostegno al fascismo che le riconobbe una identità e un ruolo ben precisi. Oggi nessun paragone regge a quanto socialmente accadde all'inizio del secolo scorso, ma diffondere il disprezzo per il lavoro manuale, prima ancora che una grande stupidaggine, è un atto criminale, perché servirà a marcare sempre di più il solco tra le classi sociali. Alla fine, a dedicarsi ai lavoro manuali saranno gli estracomunitari e i ragazzi falliti nel percorso scolastico, ai quali si chiederà poco in fatto di competenze e, ovviamente, si darà poco in fatto di garanzie economiche e sociali.

Anonimo ha detto...

Ma che succede in Toscana?

Anonimo ha detto...

Valerio Vagnoli ha detto...

diffondere il disprezzo per il lavoro manuale, prima ancora che una grande stupidaggine, è un atto criminale, perché servirà a marcare sempre di più il solco tra le classi sociali.

chi è che diffonde? non esiste forse una gerarchia calcificata di pregio decrescente fra licei, tecnici e professionali? i politici, il governo, il miur non hanno le loro responsabilità per errori ed omissioni? l'attuale sbandierata "riforma" non sta già avendo effetti peggiorativi su un scuola già malmessa?

palesemente il governo non ha una strategia per la scuola come non l'ha per il lavoro e l'economia.