mercoledì 19 maggio 2010

FORMAZIONE PROFESSIONALE: IN TOSCANA SI CAMBIA

Nel pomeriggio di ieri, una delegazione dei promotori e dei firmatari della Lettera aperta sulla formazione professionale è stata ricevuta dalla vicepresidente della Regione Toscana Stella Targetti, che ha anche la delega per l’istruzione. Con l'Assessore c'erano i funzionari dell'assessorato, compreso il direttore generale Satti.
Abbiamo articolato e argomentato i punti essenziali del nostro documento, facendo presente tra l'altro che molte classi degli istituti professionali sono letteralmente ingestibili, nonostante la presenza di molti bravissimi docenti.
Abbiamo preso atto che il modello ad oggi seguito dalla Regione (e appena entrato a regime) sarà abbandonato, mentre saranno avviati, come peraltro previsto dal recente accordo Stato-Regioni, percorsi triennali sperimentali di istruzione e formazione professionale, da collocare all'interno degli istituti professionali.
Abbiamo sottolineato quanto sia importante dare finalmente la possibilità ai ragazzi che finiscono le medie di frequentare fin dal primo anno percorsi con una decisa caratterizzazione operativa e professionalizzante, attivando, cioè, sezioni con un piano didattico in parte diverso rispetto al percorso d'istruzione professionale, lasciando comunque ai ragazzi la possibilità di rientrarvi, se lo desiderano.
Abbiamo sostenuto la necessità di articolare i percorsi sperimentali in modo tale da partire fin dall'inizio della prima classe con molte ore di laboratorio, in modo da motivare o meglio rimotivare gli studenti, che in seguito potranno più facilmente riavvicinarsi per questa strada anche a materie di carattere più astratto.
L'Assessore Targetti ha mostrato di condividere largamente le tesi della lettera aperta, ma ha fatto presente che attualmente ci sono due grossi vincoli che limitano in modo preoccupante l'azione del nuovo governo regionale: l'esiguità dei finanziamenti e la nuova fisionomia degli istituti professionali riformati, che prevede un'ulteriore diminuzione delle ore di laboratorio.
È da vedere in quale misura si potranno compensare questi handicap di partenza con le risorse dell'autonomia e della flessibilità curricolare. Sarà certamente importante, in questo senso, anche il contributo di idee e di esperienze che potrebbe venire dalle scuole.
Ci è stato anche chiesto quali ruoli, nella nostra prospettiva, potevano assumere le agenzie formative. Abbiamo sostenuto che il loro ruolo è importante (saranno ovviamente le scuole a scegliere quelle più in grado di garantire vera e motivata professionalità), sia nel raccordare le esperienze col mondo del lavoro e delle professioni, che per quanto concerne la gestione amministrativa e organizzativa dei percorsi, diciamo così, extrascolastici.
Anche da questo incontro, oltre che da altri contatti, abbiamo tratto la convinzione che "il documento degli 85 prèsidi" abbia esercitato un peso notevole nel ri-orientare la politica scolastica e formativa della Regione. I problemi da cui è nato sono tutt'altro che risolti, ma si stanno facendo importanti passi in una nuova e migliore direzione.
Il 10 maggio scorso un’analoga delegazione era stata ricevuta nella sede del Consiglio regionale dal neoconsigliere regionale del PdL Nicola Nascosti e dalla consigliera provinciale Erica Franchi, che ci avevano chiesto un incontro informativo. Durante l'incontro, dopo aver illustrato i motivi e gli obbiettivi della lettera aperta, abbiamo avanzato l'ipotesi di un'indagine conoscitiva sulla formazione professionale che coinvolga le commissioni competenti. Il consigliere Nascosti si è detto molto interessato e porterà la proposta al suo gruppo. Naturalmente ci auguriamo di poter avere contatti nelle prossime settimane anche con gli altri gruppi consiliari.

GdF

2 commenti:

Maria Giovanna Ragionieri ha detto...

Cari amici del Gruppo di Firenze,
oggi ho tempo e voglia di rispondere alla vostra lettera (che comunque leggo sempre più o meno attentamente), sia a proposito della formazione professionale che della libertà di insegnamento.
Comincio da quest’ultima. Sono pienamente d'accordo con le considerazioni di Giorgio Ragazzini sulla libertà di insegnamento. Ricordo sempre a questo proposito che mio padre, dirigente del PCI, diceva sempre che non avrebbe mai mandato i suoi figli in una scuola organizzata dal suo partito, per garantirci la possibilità di conoscere compagni di ogni estrazione ideologica e religiosa. Per dirla tutta, mio padre aveva scartato anche l'idea di iscriverci alla Pestalozzi (che pure rientra nell'istruzione pubblica) perché frequentata in gran parte da figli di intellettuali di sinistra. C'è anche una bella considerazione di Elias Canetti sull'importanza, per lui, di aver conosciuto docenti di opinioni differenti, ma adesso non posso ricercarla.
Per quanto riguarda la formazione professionale, è vero che ci sono ragazzi che stanno male a scuola, ma questo avviene anche al Liceo artistico. La vostra proposta sarebbe valida se non esistessero famiglie con gli occhi foderati di prosciutto che si ostinano a mandare i figli in indirizzi di studi non adatti a loro, perché non accettano l'evidenza e pretendono una formazione liceale per i loro rampolli, i cui limiti vengono troppo spesso addebitati a noi docenti. Così la scelta avviene soprattutto in base alle aspirazioni dei genitori o alla conservazione di uno status sociale acquisito.
Non mancano neppure quelli che attribuiscono maggiore importanza formativa alle attività extrascolastiche piuttosto che a quelle scolastiche. Inutile dire che sono stata educata in modo assolutamente opposto. Vi leggo comunque con interesse e approfitto per inviarvi un saluto.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Grazie Giovanna per i tuoi commenti e in modo particolare per la testimonianza su tuo padre [lo storico e dirigente del Pci Ernesto Ragionieri, NdR].
E' vero che l'insuccesso scolastico è elevato anche nei licei artistici, ed è anche vero che una parte degli insuccessi è probabilmente da addebitare ai genitori per i motivi che tu elenchi, ma non credo proprio che il problema sia tutto qui, tanto più che molto spesso si tratta in realtà di scelte dei ragazzi, non sempre pronti a seguire i consigli del babbo e della mamma (e neppure quelli dei docenti). La nostra convinzione è che spesso l'indirizzo "adatto a loro" non sia disponibile. Allargando il ventaglio delle offerte si può restringere la percentuale degli insuccessi, perché un numero maggiore di ragazzi trova quello che (più o meno confusamente) cerca.