sabato 5 giugno 2010

LA MORTE DEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI

Un lettore ci segnala l'appello di un insegnante e di alcuni allievi di un istituto professionale, in notevole consonanza con l'intervento di Valerio Vagnoli e con le nostre idee in questa materia. Leggi

25 commenti:

Morpy ha detto...

Mi dispiace contraddire il collega. Nel 1969 avevo 14 anni e ho conosciuto quelli che assemblavano autoradio a Roma: schiavi di cacciaviti senza cultura letteraria e giuridica. Don Milani non la pensava così! Ora è pur vero che chi si iscrive ai professionali non ha voglia di studiare, MA lì sta la sfida! Non è oggi minimamente tollerabile l'idea di formare degli automi che non sappiano dire questa poesia è bella o questo quadro non mi piace.

Anonimo ha detto...

Mi dispiace che lei non ha colto questa parte del discorso, che ora le riporto volentieri.

"Questa riforma vuole invalidare tutto questo e indirizzare i ragazzi verso l’apprendistato e corsi regionali. Non è così, la scuola deve farsi carico di questi ragazzi, perché non si può acquisire un mestiere senza la cultura scolastica e la conoscenza tecnologica! !"

Anonimo ha detto...

In Italia si boccia tantissimo, soprattutto negli istituti tecnici e professionali

Giorgio Ragazzini ha detto...

Il punto del testo citato dal primo Anonimo (o è lo stesso? Non si potrebbe usare uno pseudonimo?) è in effetti, dal nostro punto di vista, l'unico non condivisibile. I "corsi regionali", cioè la formazione professionale, non impediscono affatto l’acquisizione di una “cultura scolastica”, cioè di sufficienti basi di cultura generale. Tutte le esperienze che conosciamo di fp comprendono un adeguato - e a volte anche notevole - numero di ore di italiano, storia, lingua straniera, matematica e altro ancora. Questi corsi, quindi, al contrario di quanto si pensa comunemente, sono “scuola” a tutti gli effetti.
Per esempio, i corsi Enaip lombardi di istruzione e formazione professionale prevedono per il primo anno, su 1050 ore, 480 ore fra area linguistica e delle scienze umane e area matematico scientifica, 451 di area tecnico-professionale (Discipline di settore, Laboratorio, Tecnologia / Processi) e 159 di “personalizzazione” (orientamento, capacità personali, abilità espressive e motorie, recupero). Nel secondo e nel terzo anno compaiono rispettivamente 210 e 350 ore di stage di vario tipo, mentre diminuiscono le ore nelle prime due aree.
Nel Trentino l’area culturale nel corso del triennio passa da ben 540 ore l’anno (su 1100) a 440 e infine a 380. Se qualcuno ne vuole di più, tanto vale che si dichiari d’accordo con l’assetto attuale dei professionali.
Le riserve sull’apprendistato a 15 anni sono invece ragionevoli, però nel dare una valutazione non si possono trascurare due elementi. Il primo è che si tratta in realtà di alternanza scuola-lavoro, quindi con un congruo numero di ore di formazione teorica; il secondo è che la proposta è attualmente rivolta ai ragazzi che sono usciti dal circuito dell’istruzione, per i quali nuove motivazioni verso l’impegno formativo passano soltanto attraverso un contatto diretto con il mondo del lavoro.
Perfettamente in linea con quello che ripetutamente abbiamo detto è invece la seguente affermazione del professor Rendine: “I primi tre anni di qualifica si basavano principalmente sulle materie tecnico-pratiche mentre il 4° e 5° anno si basavano sulle materie teoriche. Era strutturata in modo perfetto, perché nei primi tre anni di qualifica, ai ragazzi (che non erano troppo portati per lo studio teorico) si insegnava una professione e contemporaneamente si abituavano anche allo studio teorico, e la maggior parte di loro conseguiva la maturità professionale”. Così si dovrebbe fare in generale anche nella formazione professionale, anche se le norme sull’obbligo scolastico impongono di raggiungere delle “competenze” di cultura generale, con il rischio di allontanare i ragazzi divenuti più allergici allo studio, i quali dal ritrovare il gusto per un percorso formativo potrebbero trarre nuove motivazioni anche in direzione “scolastica”, per usare questa poco sensata distinzione.

Valerio Vagnoli ha detto...

Ho iniziato ad insegnare giovanissimo nel carcere minorile di Firenze con il sogno, ancora del tutto vivo, di mettercela tutta per appassionare alla lettura, alla musica, alla riflessione storica e sociale i ragazzi che non avevano e che non hanno goduto dei vantaggi di chi vive in precisi contesti fortemente motivati ai valori della cultura, anche scolastica.
Da quella esperienza( decennale) ho maturato la convinzione, per averne avuta costantemente riprova, che la formazione professionale può rappresentare l'occasione unica e irripetibile per motivare i ragazzi ad un tipo di apprendimento indispensabile, poi, per allacciare i rapporti con una cultura per loro più ostile e difficile, e pertanto più adatta ad essere affrontata in un secondo momento. A distanza di trent'anni da quella esperienza, mi accorgo, dirigendo in Istituto professionale, che gran parte dei ragazzi destinati a perdersi sarebbero recuperati, e facilmente, se dessimo più spazio, proprio in prima, alle attività professionali: esattamente come facevamo, con successo, nel minorile fiorentino. Vedesse caro Professore quanta immedesimazione, anche da parte dei miei allievi di oggi, in quello che fanno durante le poche ore in cui sono impegnati nei laboratori! Il rientro in classe, anche di fronte a docenti esperti e ben organizzati sul piano della didattica laboratoriale, per molti di loro ( solitamente la metà) è vissuto come una sorta di sofferto tentativo di ammaestramento( al pari dell'assemblaggio di radioline negli anni '60). Quello che voglio dire a chi a priori rifiuta l'idea di avviare i ragazzi fin dalla prima classe delle superiori verso la formazione professionale, è che in nome dei buoni princìpi talvolta si fanno delle vere e proprie nefandezze. Piuttosto che all'appagamento del nostro principio di piacere( culturale, umano e, mi si lasci dire, talvolta ideologico) si dovrebbe lasciar serenamente posto anche al principio di realtà. Se in nome di una scuola uguale per tutti, almeno fino ai sedici anni, si finisce per perdere per strada una miriade di ragazze e ragazzi, non è forse il caso di far tesoro delle strategie didattiche e formative che abbiamo a disposizione per recuperare il maggior numero possibile di ragazzi affinché si impossessino degli strumenti culturali indispensabili per essere e sentirsi cittadini a tutti gli effetti? Io sono convinto che la formazione professionale possa rappresentare una seria, spesso per molti ragazzi, ultima occasione, per avvicinarsi, o riavvicinarsi, ai percorsi formativi tradizionali.
Lo sa che nella mia scuola, malgrado il lavoro solitamente STRAORDINARIO dei docenti, i tassi di ripetenza e di dispersione, se sommati, oltrepassano nel biennio abbondantemente il sessanta per cento?
Di fronte a questi dati, per me, ma sono certo anche per lei, drammatici, si può rimanere insensibili rispetto a quelle regioni e province autonome italiane che grazie alla valorizzazione della Formazione professionale hanno percentuali bassissime di evasione scolastica e di bocciature?
Il dibattito ovviamente rimane aperto nella speranza che tutti quanti si contribuisca ad eliminare, o perlomeno attutire sensibilmente, la sorte di quei ragazzi che finiscono con l’escludersi da tutto.

Anonimo ha detto...

la scuola continua ad amplificare purtroppo ed acuire le differenze sociali.La scuola non sa fare il proprio mestiere, non funziona il sistema delle passerelle,l'orientamento,spesso si tira a campare, il merito non emerge e non viene valorizzato.

Anonimo ha detto...

con la scusa dei ragazzi difficili gli insegnanti tecnico pratici si arricchiscono, quelli di latino e greco fanno la fame.

Anonimo ha detto...

ma non l'avete capito che rendere tutto più difficile serve a far fare quattrini a una marea di gente sulla pelle degli studenti? Scrive Vagnoli che i buoni possono fare, malgrado loro e proprio per questo, danni incalcolabili. Ma i finti buoni ne fanno ancora di più, guadagnandoci poi quattrini a palate.

Anonimo ha detto...

Anonimo ha detto...

con la scusa dei ragazzi difficili gli insegnanti tecnico pratici si arricchiscono, quelli di latino e greco fanno la fame.

07 giugno 2010 15.39


la scusa??!!

vogliamo insegnare latino e greco nei professionali??!!

Anonimo ha detto...

Anonimo ha detto...
ma non l'avete capito che rendere tutto più difficile serve a far fare quattrini a una marea di gente sulla pelle degli studenti? Scrive Vagnoli che i buoni possono fare, malgrado loro e proprio per questo, danni incalcolabili. Ma i finti buoni ne fanno ancora di più, guadagnandoci poi quattrini a palate.

07 giugno 2010 17.49


puah!! replica senza contenuto alcuno!!

Anonimo ha detto...

Forse non ci siamo capiti,vorrei solo che i ragazzi difficili, come gli anziani , i diversamente abili non diventassero un business per alcuni.Non mi fido di tanti insegnanti buonisti,cattocomunisti.UNO che insegna greco.

Anonimo ha detto...

Non insegno il greco ma in una scuola media. Per tanti ragazzi l'indirizzo migliore è quello professionale o tecnico piuttosto che quello liceale a causa della criminale organizzazione scolastica di primo grado definita correttamente da qualche utente come di stampo “cattocomunista”.
Tale organizzazione cattocomunista incoraggia, tramite il buonismo, all'ignavia e al non impegno, con relativa messa in berlina dei migliori che diventano i nuovi emarginati perchè non messi nelle condizioni di poter studiare in modo decente.
Una scuola dell'obbligo che (come quelle superiori)è più interessata alla “pappatoia” dei vari progetti Pon, Pqm (per far cassa e speculazione sulle spalle degli alunni) piuttosto che alla corretta e vigilata organizzazione didattica e gestionale interna non può che produrre il mostro dell'alunno ignorante e teppista e del docente scansafatiche e cinico. Esempi negativi non sono solo i familiari, ma anche certi docenti il cui interesse non è quello di insegnare, ma piuttosto di incamerare soldi dai progetti, di non impegnarsi nelle lezioni curriculari, di leggere il giornale in classe, di non far niente di fronte la deriva degli alunni che si sentono autorizzati a far quello che gli pare (tanto poi sono promossi), mentre il docente “lascia perdere” sia da un punto di vista educativo che didattico. Vi è lo squallido successo di strombazzati “Progetti” riusciti sulla carta e sui titoli dei quotidiani mentre nel reale quotidiano alunni non solo non sono scolarizzati, ma non sanno neanche leggere, scrivere e far di conto. A tale massa di poveri infelici, cosa resta se non il professionale o il tecnico dove non si chiede loro altro che di maneggiare decentemente almeno il cacciavite?

Anonimo ha detto...

Continuando il discorso di prima aggiungo che causa di tale cancrena sono anche i vecchi e i nuovi dirigenti ignoranti su cosa è scuola, cinici e affaristi ai quali il governo addirittura vuole affidare la scelta dei docenti della scuola. Il professor Israel parla correttamente delle bestialità matematiche insegnate a scuola, ma ancora non si è soffermato sulle bestialità dell'organizzazione scolastica e della mentalità di chi vi opera.

Mario ha detto...

E non ha idea di cosa accade in certe aree del Sud, in quelle scuole dove i "gruppi dirigenti" hanno perso la testa dietro ai progetti con la scusa dei ragazzi difficili! Orribile il taglio ai gradoni, ma orribili, in tempo di magra, anche gli sperperi dei progettifici....quousque tandem abutere...
Mario

Anonimo ha detto...

Anonimo ha detto...

la scuola continua ad amplificare purtroppo ed acuire le differenze sociali.La scuola non sa fare il proprio mestiere, non funziona il sistema delle passerelle,l'orientamento,spesso si tira a campare, il merito non emerge e non viene valorizzato.

07 giugno 2010 02.31


la scuola, la scuola, la scuola, sempre la scuola in modo generico!

specifichiamo, di volta in volta, se è il sistema scuola nel suo insieme (e ciò significa nulla se si vuol intervenire), se è questo o è stato quell'altro governo, se è il ministro, se sono i presidi, le strutture inadeguate, le attrezzature carenti, le procedure fasulle, se mancano i soldi.

però in conclusione: 2 anni di gelmini non hanno risolto niente, anzi hanno peggiorato.

consideriamo poi che 7 degli ultimi 9 anni hanno visto ministre moratti e la stessa gelmini.

lasciamo perdere il '68, i catto-comunisti, entriamo nello specifico e nel reale.

consideriamo i precari schiavizzati ed espulsi, gli altri portati in giro (chi ci ha creduto ovviamente) con la promessa - da cannibali - di premiazione del merito.

consideriamo le "riforme" emesse dall'alto (quasi novelle tavole della legge) senza consenso e coinvolgimento.

aspettiamoci che la stessa destra, anch'essa disperata, cacci la gelmini (già si vocifera: sindaco a milano dopo moratti! promoveatur ...)

l. ha detto...

Punto primo- Ragazzi difficili: quando ricorderemo, parlando di loro, la storia della volpe e la cicogna? Per quanto tempo ancora vorremo sadicamente sfidarli ad una partita a basket per poter scommettere sulla sconfitta certa, ben consapevoli che loro sono bravi a calcio? Nascono svantaggiati, poveri e da famiglie ingoranti (quando una famiglia ce l'hanno e ciò non comporta guai aggiuntivi). Vogliamo infliggere loro anche l'umiliazione di non essere bravi nell'esposizione scritta come i figli di papà? Perché non dar loro qualche possibilità di riuscire in qualcosa, prima che, incoraggiati da qualche successo, accettino di misurarsi con ciò che la vita non ha loro donato con la stessa generosità che ad altri?
Forse che ciò significa rinunciare ad un loro riscatto culturale? Dipende da noi.
Punto secondo- Lascerei la classe politica (se a quella nazionale non si può proprio rinunciare, che almeno si disarmi quella locale!) fuori dal campo dell'educazione/istruzione. Basta vedere quello che sta combinando, di riforma in riforma.

Mario ha detto...

"I" ha perfettamente ragione; non avete idea in molte scuole della periferia delle grandi città del sud cosa non accada. I ragazzi difficili marinano spesso la scuola e quando sono presenti scorrazzano liberi nei corridoi impuniti e demotivati. Colpa dei docenti o dei contenuti? ma fatemi il piacere!colpa della demagogia.

Anonimo ha detto...

Apprezzo e in parte condivido la posizione del gruppo di firenze,docenti che sento intellettualmente onesti ma spesso chi tanto li acclama chiama Bestie i ragazzi di cui parliamo e questo getta delle grosse ombre su tutta la questione.

V.P. ha detto...

SEGNALO:


Scuola/Perina: non è vero che il ’68 l’ha distrutta

Giorgio Ragazzini ha detto...

"Apprezzo e in parte condivido la posizione del gruppo di firenze,docenti che sento intellettualmente onesti, ma spesso chi tanto li acclama chiama Bestie i ragazzi di cui parliamo e questo getta delle grosse ombre su tutta la questione."

Ringrazio per la stima questo Anonimo (ci sono ben 12 commenti su 20 così firmati), però non mi è chiaro a chi si riferisce quando parla di chi "chiama Bestie i ragazzi"

Mario ha detto...

Ho scoperto che sono tornate le qualifiche triennali gestite direttamente dalle scuole per quelle regioni che non hanno un sistema di formazione professionale al cui interno si completi l'obbligo d'istruzione. Questo la dice lunga su quale interesse vi sia per la formazione professionale!

Anonimo ha detto...

riordino degli istituti tecnici e professionali

Anonimo ha detto...

LA SEVERITA' ....TAROCCATA

Anonimo ha detto...

linee guida per gli Istituti Tecnici


linee guida per gli Istituti Professionali

Anonimo ha detto...

Prof. Rendine Agrippino
Vorrei ringraziare il gruppo di Firenze, e in particolar modo,il giornalista,Signor Giorgio Ragazzini, per la pubblicazione dell’articolo.
Voglio fare alcune precisazioni riguardo l’articolo:
Per prima cosa voglio dare l’esatta definizione delle esercitazioni pratiche ,a qualche lettore che non ha conoscenze dell’istruzione professionale.
L’esercitazione pratica è la verifica finale dello studio di materie teoriche,(DISEGNO, TECNOLOGIA,MECCANICA,MATEMATICA ,FISICA,ECC),nel settore meccanico.
I ragazzi senza queste conoscenze non possono operare,né sulle macchine utensili tradizionali, né su quelle a controllo numerico.
Si passa dalla progettazione, alla realizzazione pratica.
Questo vale anche per gli altri indirizzi.
Oltre alle materie citate studiano anche:
Inglese,diritto, scienza della terra, italiano (5 ore),storia (2ore).
Con questo voglio dire, che i ragazzi del professionale non sono affatto sprovvisti di conoscenze teoriche,come vogliono far passare certi opinionisti.
Prima del progetto 92, alcune di queste materie teoriche, venivano approfondite al 4°e 5° anno.
i primi tre anni si dava più spazio alle materie tecno- pratiche.
Questa era una delle strategie per combattere la dispersione scolastica.
Insegnavo a Pescia (PT)in un istituto professionale A. Pacinotti succursale di Pistoia, dal 1985 al 1990, in un corso di qualifica di congegnatori meccanici.
Il profilo del corso era :
operatore sulle macchine utensili,tradizionali, e controllo numerico
(torni, fresatrice,trapano,rettifica,ecc) conoscenza di saldatura,e Pneumatica.
Alla fine del corso di qualifica i ragazzi sapevano operare sulle macchine utensili: tradizionali ,e a controllo numerico.
Avevano acquisito una preparazione pratica e teorica.
Una buona parte entrò subito nel mondo del lavoro,(la richiesta di lavoro, era di più rispetto ai ragazzi qualificati)altri proseguirono gli studi con successo.
I ragazzi qualificati dell’istituto Pacinotti di Pistoia, non avevano bisogno nè di alternanza scuola lavoro,nè di ore di terza area professionalizzante, nè di stage aziendale ,la preparazione pratica l’acquisivano a scuola.
C’erano insegnanti esperti, e ragazzi motivati.
Vi voglio raccontare un episodio : un ragazzo appena qualificato fu assunto presso una azienda
Meccanica, il papà lavorava come infermiere presso l’ospedale di Pescia, un giorno venne a scuola
per Ringraziarci, perché il ragazzo al primo stipendio aveva preso più soldi di lui.
Gli anni trascorsi con quei ragazzi rimangono i più belli della mia vita.
Riuscii a trasmettergli tutta la mia esperienza.
Ho fatto questa testimonianza per ribadire che l’Istruzione professionale prima del progetto 92funzionava,bastava aggiornare i programmi in base alle nuove tecnologie.
Sono passati quasi vent’ anni e mi sveglio sempre con la solita domanda:
<>
Perché queste riforme vogliono distruggere gli istituti tecnici e professionale?
Queste persone si rendono conto che questi istituti sono il supporto del lavoro e dell’economia del nostro paese?
Perché l’istruzione professionale deve passare alle regioni?
Forse deve essere gestita dalla politica, come negli anni 70 che assumevano gli insegnanti senza le graduatorie.
Oppure la scuola pubblica si vergogna dell’istruzione professionale facendola diventare dei licei.
C’è troppa discriminazione, tra il lavoro intellettuale,e il lavoro manuale.
Nei nuovi programmi per capire il profilo professionale,di un indirizzo, è un mistero.
Si parla di esercitazione virtuali,queste persone prima di fare i programmi, hanno visto qualche film di fantascienza.
Non parliamo delle classi di concorso,hanno fatto un miscuglio generale.
Questa riforma serve solo a distruggere l’ istruzione professionale, e a buttare fuori gli insegnanti aumentando l’esercito dei disoccupati.
Primo passo verso la scuola privata.