mercoledì 2 giugno 2010

LE ABERRAZIONI DEL PEDAGOGICAMENTE CORRETTO

Nelle scuole dilagano le “griglie”, in genere caratterizzate dalla fatica, dalla noia e dal senso di inutilità che procurano al lettore ragionevole. Ci sono quelle che cercano di stabilire una minuziosa corrispondenza tra mancanze disciplinari e sanzioni (vedi un esempio tra i tanti), in risposta a una nota ministeriale del 2008 che raccomandava “uno sforzo di tipizzazione dei comportamenti generali cui ricollegare le sanzioni”; quelle che illustrano le cosiddette competenze (vedi esempio); quelle (ultime venute) che ci spiegano che cosa significhi avere 10 in una materia, che cosa significhi avere 6, che cosa 5 (esempio 1, esempio 2).
Diversi sono i fattori che concorrono alla fortuna delle griglie. Certamente la pigrizia mentale e la rassegnazione che affliggono una buona parte dei docenti di fronte a ciò che arriva dall’alto o viene messo in giro da qualche pedagogista, con il conseguente abbandono di ogni spirito critico; la pavidità di molti dirigenti, timorosi di incorrere in chissà quali censure, quando, oltretutto, è evidente che al momento non si vede purtroppo traccia di una seria valutazione del loro operato. Ma l’incomprensibile prestigio di cui godono le griglie di valutazione deve molto, a mio avviso, a due idee: la ricerca della scientificità (o oggettività) e il dovere della trasparenza (o rendicontazione). In poche parole, ci si illude di poter eliminare ogni traccia di soggettività (sinonimo di arbitrio e di pregiudizio) quando si valuta un compito o l’andamento complessivo di un allievo in storia o in matematica; e si ritiene che si debbano esplicitare fin nei particolari i criteri e le procedure che si adottano nella pratica didattica. E uno degli scopi “sottotraccia” di questa vera e propria ossessione è certamente quello di legare le mani ai docenti, considerati inaffidabili e a volte sadici, mettendoli in condizione di non nuocere. L’insegnante dovrà allora essere avvolto da una nube di imperscrutabilità? Certamente no, ma nelle sue valutazioni, nonostante ogni sforzo, resterà per forza un margine di sensibilità soggettiva, nutrita dall’esperienza e magari dal confronto con i colleghi, ma irriducibile a qualcosa di misurabile scientificamente. Lo dimostrano proprio i confronti fra colleghi che correggano lo stesso tema o lo stesso compito di matematica. E anche gli stessi “test oggettivi” contengono inevitabilmente una componente di scelta, e quindi di arbitrarietà. Si vedano quelli dell’Invalsi a risposta chiusa per l’esame di terza media: perché dovrebbe essere così “oggettivo”, per esempio, assegnare il massimo punteggio (100) a tutti gli allievi che hanno dato da 37 a 40 risposte, quando è evidente che chi non ha fatto errori non può stare allo stesso livello di chi ne ha fatti quattro?
Oltretutto, l’esperienza dimostra che questa mania esplicativa crea un circolo vizioso: più i docenti spiegano, più molti studenti e genitori pretendono cavillosamente spiegazioni.
Infine, solo una diffusa ipocrisia impedisce di ammettere che questi strumenti sono in molti casi inapplicabili. Nella mia scuola media, ad esempio, ci è stata distribuita, in vista degli scrutini, una griglia di valutazione delle discipline che era stata approvata all’inizio dell’anno. A ogni valutazione numerica (= voto), si fanno corrispondere varie precisazioni sull’ aspetto cognitivo e su quello comportamentale. Cosa significherebbe, per esempio, un 8? Vediamo:

ASPETTO COGNITIVO

Conoscenze: ha acquisito i concetti trattati, collegando le conoscenze, e li utilizza in contesti assegnati.
Logica e procedura: rielabora in modo critico e personale. Dimostra abilità logiche e procedurali.
Comunicazione ed esposizione: è corretto e sicuro nell’esposizione orale, grafica, scritta.
Comunica con proprietà di linguaggio ed in modo logico, utilizzando adeguatamente i linguaggi specifici.
Uso di strumenti e progettualità: sa usare vari strumenti e materiali in situazioni e contesti diversi, finalizzandoli al raggiungimento di uno scopo o alla risoluzione di un problema

ASPETTO COMPORTAMENTALE

Impegno: costante
Organizzazione del lavoro: autonoma e accurata.
Cura del materiale: puntuale ed accurata.
Partecipazione: collaborativa e proficua.
Interesse: costante vivace in modo

Ma cosa fa nella realtà l’insegnante alla fine del quadrimestre? Guarda il registro, fa una media delle valutazioni e eventualmente la arrotonda verso l’alto o verso il basso, tenendo magari conto di un andamento in progresso o in regresso. Quindi, a cosa mai gli può servire una griglia del genere? E il genitore ne ricava indicazioni precise sul significato di un voto? No, perché è impossibile una perfetta corrispondenza tra il livello raggiunto da ciascuno e uno schema astratto. Potrebbe aver raggiunto le conoscenze descritte anche senza un impegno costante; oppure essendo disordinato o avendo lavorato senza grande interesse, ma con volonterosa applicazione; la padronanza di alcune conoscenze potrebbe essere da 10, di altre da 6; e via combinando i vari elementi.
Insomma, il tentativo di mettere le brache alla realtà fallisce come sempre. Con buona pace della correttezza politico-pedagogica.

Giorgio Ragazzini

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"LE ABERRAZIONI DEL PEDAGOGICAMENTE CORRETTO"

In poche parole, ci si illude di poter eliminare ogni traccia di soggettività (sinonimo di arbitrio e di pregiudizio) quando si valuta un compito o l’andamento complessivo di un allievo in storia o in matematica; e si ritiene che si debbano esplicitare fin nei particolari i criteri e le procedure che si adottano nella pratica didattica. E uno degli scopi “sottotraccia” di questa vera e propria ossessione è certamente quello di legare le mani ai docenti, considerati inaffidabili e a volte sadici, mettendoli in condizione di non nuocere.


ben detto!!

Valerio Vagnoli ha detto...

Fin da ragazzo mi porto dietro una strana malattia della pelle che periodicamente si fa viva. Non è grave e non capisco da dove tragga origine. Da alcuni decenni, per cercare di venirne a capo (non è grave, ripeto, ma è assai fastidiosa), ho frequentato più di uno studio medico e mai, ripeto, mai, che una delle diagnosi fattami abbia trovato una conferma in un altro dei tanti medici interpellati! Ciascuno ha sempre dato una sua risposta e una sua cura: alla fine mi trovo a convivere con la mia malattia e con un sempre minor fiducia nei medici. Salvo, beninteso, il mio medico di base che crede fermamente che a tutto non ci sia sempre una risposta definitiva. Questa, invece, la si esige dai docenti tenuti a certificare, oggettivamente, qualsiasi sorta di esame debbano svolgere ad un qualsiasi allievo in qualsiasi fase della sua esperienza scolastica. I genitori, gli ispettori, i dirigenti e perfino i giudici e gli avvocati di parte pretendono che la forma sia perfetta, pronta a garantire la profonda analisi scientificamente obiettiva a cui deve sottostare un qualsiasi voto. Ovviamente che tutto ciò sia una fandonia è ampiamente dimostrato dalla bella sintesi di Giorgio Ragazzini alla quale mi permetto di aggiungere un paio di riflessioni.
La destrutturazione finale e definitiva dei docenti si è conclusa proprio facendo credere un po' a tutti, compresi gli stessi docenti e questo è il vero dramma, che neanche nel dare giudizi essi garantivano una vera deontologia affidandosi invece al caso, alle simpatie o alla più sbrigativa neghittosità. Se si dà giustamente per acquisito, che anche di fronte ad una malattia o ad una sentenza penale e civile vi possano essere pareri ed esiti del tutto opposti, rispetto ad un voto scolastico si pretendono garanzie giuridiche e didattiche inoppugnabili, almeno formalmente.
Che dietro a tanta scellerata superficialità si celi la volontà di irregimentare il lavoro dei docenti mi sembra fuori discussione. Che dietro a tutto ciò vi siano inoltre anche interessi legati alle fabbriche dell'aggiornamento( si badi bene, io credo che nella scuola vi sia necessità di aggiornamento ma articolato secondo istanze ben diverse rispetto a quelle dei cosiddetti professionisti della didattica)è altrettanto vero. E vero è che togliendo ai docenti la libertà di poter verificare i propri allievi senza dover ricorrere alla rendicontazione con crocette apposte su indicatori tra i più strampalati per dimostrare d'essere giusti e trasparenti, si è finiti per dare un colpo ulteriore al già precario assestamento della scuola pubblica. Si è voluto certificare, in qualche modo, che dei docenti non ci si può fidare. Immaginiamoci, peraltro, cosa tutto ciò ha significato e significa anche ai fini dell'apprendimento degli allievi nel momento in cui è stata loro indotta la consapevolezza che dei propri professori non c'è poi tanto da fidarsi!
Quando una risposta chiara, definitiva e oggettiva non ce la danno scienziati o laboratori di analisi di qualsiasi tipo ai quali ci siamo rivolti per i più svariati e fastidiosi problemi, ci premuriamo poi in modo del tutto naturale di trovare comparazioni e approfondimenti anche rivolgendosi ad altri laboratori o ad altri scienziati. Solo dalla scuola pretendiamo che il risultato sia senza discussioni, come si addice appunto ad una scuola che si vuole a tutti i costi amorfa, formale e, appunto, senza discussioni.

GR ha detto...

Aggiungo che la smania classificatoria e docimologica è fonte inesauribile di paradossi: se si legge la spiegazione dell'8 che ho riportato nel testo in assenza di una corrispondente sintesi numerica, è impossibile capire se il livello descritto è quello più alto (come potrebbe benissimo essere), quello immediatamente inferiore o quello ancora più basso (come in questo caso). Nate per far comprendere il significato di un voto, hanno in realtà bisogno di un voto per essere comprese.