mercoledì 2 marzo 2011

GIUSTE LE PROTESTE, MA FUORI DALLA SCUOLA

Comprensibilmente risentiti per il recente giudizio di Berlusconi sulla scuola pubblica (vedi nota del 27 febbraio), alcuni colleghi hanno espresso in vario modo il loro dissenso sul luogo di lavoro: in diverse scuole è stato scelto il minuto di silenzio in classe proposto da un’insegnante di Andria; a Lamezia Terme i docenti sono usciti in giardino con lo striscione “Io amo la scuola pubblica che non educa al bunga bunga”; a Roma, qua e là si sono visti professori-sandwich nelle aule, mentre una maestra di San Giuliano milanese non ha trovato di meglio che fare lezione facendo accovacciare i bambini nel corridoio.
Evidentemente a nessuno di questi colleghi è venuto in mente che una manifestazione politica a scuola è - letteralmente - fuori luogo e che purtroppo nel caso specifico simili iniziative portano acqua, senza volere, al mulino di chi accusa gli insegnanti proprio di utilizzare la cattedra per fare propaganda di parte. Del resto, basta porsi una domanda per rendersi conto dell’errore: non avrebbero nulla da dire questi docenti se dei loro colleghi facessero lo stesso a parti rovesciate, schierandosi cioè a favore del premier di fronte ai bambini?
L’istituzione scuola la si difende solo tenendo ferma la sua neutralità ideologica e politica, facendo cioè in modo che chiunque, senza nessuna eccezione - insegnante, allievo o genitore che sia - si possa sentire sempre e comunque a casa propria. E il ruolo e la credibilità degli insegnanti li si afferma dimostrando di saper far crescere ogni giorno nei propri allievi, con la forza del proprio esempio e del proprio lavoro, la conoscenza, lo spirito critico, il rispetto degli altri, senza scorciatoie che sviliscono, al di là delle intenzioni, la funzione che la collettività ci affida.
Certo che un insegnante ha le sue idee e non è affatto detto che non le possa anche manifestare, ma lo deve eventualmente fare in un contesto di dialogo e di confronto, e dando agli altri, soprattutto ai suoi studenti, pari possibilità di esprimersi e pari dignità di interlocutori, fossero anche (e lo sono a quanto pare non pochi italiani) sostenitori di Berlusconi.

"La Repubblica"
"Il Giornale"

5 commenti:

Cirano ha detto...

se si educa lo si fa con un metodo, quindi scegliendo una parte....quella del torto, contro ogni governo e potere.

valerio ha detto...

Se si educa lo si fa con timore, timidezza, rispetto e passione, scegliendo il meno possibile da che parte stare, perché le scelte le devono fare, da soli, gli allievi come meglio essi credono e come meglio pensano. Penseranno in modo migliore se i loro maestri non penseranno al posto loro.

Francesco Ademollo ha detto...

Mi sembra che si debba distinguere tra una presa di posizione politica e una sindacale, o comunque puramente a difesa del valore educativo della scuola pubblica. In classe non mi sono mai pronunciato sulle vicende giudiziarie di Berlusconi, né tantomeno sul suo stile di vita; ma l'altro giorno ho trovato del tutto coerente dire ai miei studenti che speravo fossero consapevoli che - a dispetto dell'opinione espressa dal presidente del consiglio - la scuola pubblica è (quasi sempre) un luogo dove si formano coscienze libere e non un luogo di indottrinamento.

Andrea Ragazzini ha detto...

Quello che scrive Francesco Ademollo mi pare in piena sintonia con quanto abbiamo affermato nella chiusa del nostro post. Ha espresso con chiarezza la sua opinione e lo ha fatto, lo desumiamo dallo stile dei suoi interventi, motivandola con pacatezza. In questo modo ha lasciato ai suoi studenti la possibilità di esprimere le loro idee, eventualmente anche diverse dalla sua. Altri insegnanti hanno invece portato nelle aule cartelloni e slogan, senza rendersi conto che in definitiva facevano gli imbonitori, sia pure in nome della Verità.

Luca M. cini ha detto...

Qualche anno fa, nella scuola Elementare scusate, ma io continuo a chiamarla così) del mio paese, Pitigliano, una maestra, del colore politico di quelli che hanno sempre ragione, chiese ai bambini di seconda (7 anni) di portare, il giorno successivo, 5 euro per acquistare una bandiera arcobaleno (che i soliti noti continuano a chiamare, chissà perché, "della pace"). Ciò per protestare contro un intervento militare americano in qualche parte del mondo. Tuttavia, analoga richiesta non è stata fatta, ad esempio, dopo la spedizione russa in Cecenia. Servono commenti a tale esercizio della più sfacciata ipocrisia?
Luca Maria Cini