Lo scorso 16 maggio si è tenuto a Firenze un seminario sul Liceo Artistico, promosso dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Nell’intervento introduttivo, ora pubblicato sul sito della Fondazione, Andrea Ragazzini dà un giudizio positivo sull’identità del nuovo Liceo, nato dalla fusione con l’Istituto d’arte e in cui viene meno la separazione tra “arti maggiori” e “arti applicate”, che caratterizzava l’istruzione artistica tradizionale. Ma sottolinea anche che, con la scomparsa dell’Istituto d’arte come percorso di formazione tecnico-professionale, sempre più mancheranno delle figure di tecnici esperti nei diversi settori della produzione o della conservazione e restauro di manufatti artistici: sarti, mosaicisti, ceramisti ecc. Così come mancherà, per tantissimi ragazzi, la possibilità di valorizzare il proprio talento in una scuola fortemente centrata sui laboratori, diversa dal Liceo, ma altrettanto importante e formativa. Leggi.
(GdF)
martedì 19 luglio 2011
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1 commento:
Sono perfettamente d'accordo sulle considerazioni espresse nell'intervento sulla formazione nei Licei artistici e aggiungo in proposito, a conferma, una citazione dal "Senso dell'ordine" di Gombrich:
“L’uomo può essere creativo unicamente in relazione a problemi che si sforzi di risolvere. L’idea dell’artista come essere divino che trasforma il caos in una specie qualsiasi di ordine, in libero dispiegamento della sua creatività, è un mito romantico. Persino un Beethoven era un “com-positore”, lavorava all’interno di un medium fissato e all’interno di una salda tradizione, com-ponendo le sue opere in meravigliosi pattern nuovi che sono, ovviamente, modificazioni di altri da lui appresi e studiati”.
Per quanto riguarda la soppressione degli Istituti d’arte (e di molti indirizzi dei Professionali come, ad esempio, quelli per la grafica o l’editoria), però, ritengo necessario esprimerla con parole ancora più forti, perché si è così improvvidamente spezzata una millenaria tradizione operativa, rafforzata e rinnovata nell'Italia postunitaria sul modello delle Arts&Crafts Schools e dei Musei industriali (tipo il Victoria & Albert di Londra): esperienze europee che sono state alla radice dello stesso Bauhaus. Alla casistica accennata dal’autore si potrebbero aggiungere tanti altri esempi, dal direttore di una fabbrica di Faenza che alcune settimane fa in una trasmissione di Daverio diceva che presto non avrebbe più potuto trovare operai dei quali c’era sempre continua necessità, all’amico scultore che mi parla di una secolare fonderia veneta che ha commissioni da tutto il mondo ed è in procinto di chiudere per totale mancanza di personale qualificato. Per non parlare delle numerose professionalità indispensabili nel settore della conservazione del patrimonio culturale.
Sono veramente deluso dal fatto che il disprezzo per il lavoro manuale, tipico di una certa cultura dominante per decenni nel nostro Paese, abbia così fortemente influenzato la riforma di un governo che se non altro, qualunque cosa se ne voglia pensare in linea generale, a tale cultura avrebbe dovuto essere del tutto estraneo.
L’istituzione di percorsi professionali di artigianato artistico secondo la proposta contenuta nella relazione, dunque, sarebbe non solo opportuna e centrata, ma soprattutto dovrebbe essere attuata con urgenza, prima che i danni siano irreparabili per la perdita della continuità operativa. Ma ci sono speranze che ciò avvenga davvero?
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