Qualche
giorno fa il “Corriere della Sera” riportava un’idea del sottosegretario
all’Istruzione Marco Rossi Doria, già collaboratore di Fioroni e maestro di
strada a Napoli: la
sospensione “in stile hockey”. Niente allontanamento da scuola (perché “non
serve a niente”), ma “lavori socialmente utili”: cancellare una scritta,
carteggiare una panchina... Poi il punito torna a fare lezione, ma separato dai
suoi compagni; non è chiaro cosa significhi, ma è probabile che abbia degli
insegnanti tutti per sé, il che suscita la giusta censura di Paola Mastrocola. Molto negativo verso il sottosegretario
“tecno-buonista” il commento
di Giorgio Israel, oltretutto contrario a che un governo tecnico si spinga fino
dare indirizzi “a fortissima valenza culturale”.
Quella
dei “lavori utili” può essere un’alternativa alla sospensione, purché venga
applicata con il dovuto rigore e non sia un modo per minimizzare la sanzione; e
non a caso è cara a tutti coloro che rifiutano l’idea stessa di punizione, come
la psicologa citata nell’articolo: “mettiamo al ragazzo un’etichetta che non si
toglierà più di dosso”.
Fu
il berlingueriano Statuto degli Studenti a introdurre questa innovazione nel
1998. A proposito delle sanzioni vi si stabiliva infatti che “allo
studente è sempre offerta la possibilità di convertirle in attività in favore
della comunità scolastica”. Con quel "sempre" commettendo in un sol colpo un errore pratico e un duplice
errore educativo. Pratico, perché costringe le scuole a trovare per forza qualcosa
di sensato da fare e a impegnare un insegnante per seguire il ragazzo.
Educativo, perché impedisce alla scuola
di scegliere quale punizione sia più adatta al caso specifico e perché non dice
nulla sulla quantificazione di queste “attività”, aprendo la strada ai più
generosi condoni.
È positivo, infine, il fatto che per la prima volta si sia
tenuto un convegno o corso di aggiornamento sul "tenere la classe",
cioè sulla condotta; ma rispunta sistematicamente l’idea che soltanto con una
didattica alternativa possano risolversi i problemi disciplinari. (GR)
4 commenti:
Berlinguer varò l'autonomia e a seguire una serie di misure tese a frenarla o a delegittimarla. Un esempio fu proprio lo Statuto, almeno in alcune sue parti.
Bastaaa!!! Non se ne può più di questa esasperata "centralità dell'alunno"! Non basta che i ragazzi sono coccolati in famiglia, ci si mette anche la scuola! E quando cresceranno questi "bamboccioni", indolenti, oziosi e buoni a nulla? La scuola deve educare con rigore e coerenza, ci vogliono regole alle quali tutti devono soggiacere, altro che!....
Alcuni interessanti considerazioni nell'editoriale odierno di Sartori.
http://www.corriere.it/editoriali/11_dicembre_19/merito-e-selezione-per-salvarci-tutti-giovanni-sartori_1623b268-2a08-11e1-88bd-433b1e8e4c01.shtml
Sui sessantottini e sugli esiti del post-sessantotto (tra i quali va certamente annoverato lo "Statuto" berlingueriano)la penso esattamente come lui.
Peraltro, l'idea dei lavori utili come possibile alternativa alla sospensione, di per sé, non è sbagliata; è l'idea di volerla imporre dall'alto, con tutto il datato fardello ideologico donmilanista e politically correct, che appare insopportabile.
L'incapacità della nostra società a punire i colpevoli è alla base della decadenza della democrazia. Tutti pensano a Caino e nessuno garantisce Abele.
Roberto Tripodi
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