“La Repubblica” dedica quattro articoli, nell’edizione di Firenze, al dibattito sui voti inferiori a 4 di cui alla nostra precedente nota. Uno di questi riferisce il parere di una studentessa del Liceo classico “Michelangiolo”, che tra l’altro dice: “Se sapessi che non mi si dà meno di 4 per non umiliarmi, allora mi sentirei umiliata due volte, perché vorrebbe dire che non so fare una versione e che non ho nemmeno la maturità per incassare il colpo”. Equilibrata la posizione della psicologa Roberta Giommi. Leggi.
mercoledì 11 aprile 2012
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45 commenti:
la ragazza è senz'altro una secchiona, arrivista, sprezzante nei confronti dei compagni, probabilmente è figlia di ricchi, ma comunque insensibile, incapace di immedesimarsi in chi vive il brutto voto come una umiliazione destinata a non risanarsi per tutta la vita....
Sarà più secchiona, figlia di papàe rampante carrierista, sicuramente ha più sale nella zucca di tanti dirigenti e docenti che fanno i soloni della didattica, vedi il dirigente Dogliani della Scuola Pestalozzi di Firenze,che in nome del dialogo e della comprensione negano nei fatti il loro ruolo di educatori e sono i primi a mettere in crisi i loro allievi, non responsabilizzandoli con giusti voti( i 3 come i 9) nel loro apprendimento e di conseguenza nelle loro scelte di studio e di vita
pistolozzi alla pestalozzi senza però scendere sotto il cinque, magari con il professore che lo batte sul palmo della mano dell'allievo per rendergli meno traumatico il trauma dell'insufficienza. Grandi democratici quelli della pistolozzi; nell'insufficienza tutti uguali, senza alcuna distinzione, di razza, di sesso di impegno, di intelligenza( sempre da reprimere perché per i buoni l'intelligenza è sempre qualcosa di cui sospettare).
Se non sbaglio alla Pestalozzi si scelgono i docenti mentre nelle altre scuole pubbliche a chi la tocca la tocca e che nessuno si provi a mettervi bocca, soprattutto la Lombardia che vorrebbe almeno far confermare alle scuole i(migliori) supplenti annuali per garantire la continuità didattica agli studenti. Già, nella scuola esistono anche gli studenti.
Un'altra finezza della Pestalozzi è che fanno l'appello e segnano le assenze per nome e non per cognome. Forse mantenere le giuste distanze e confermare le gerarchie è poco commendevole?
il consumismo della democrazia scolastica: una pacca sulla spalla, un bel voto a tutti in nome dell'uguaglianza, non arrabbiarsi con i discepoli, chiamarli per nome per non traumatizzarli, battere con loro cinque, come scrive pippo,parlarci molto anche e soprattutto dei loro problemi, più ne hanno e più ci sollevano dai nostri, essere sempre comprensivi e altre spassose amenità del genere, fare molte riunioni, lavorare sulla didattica perché è sempre colpa sua, sentirsi sempre migliori e più avanti degli altri che sono rimasti al passato, far esprimere sempre agli studenti il loro pensiero su tutto, rifiutare il dogma e la tradizione per cui Piumini viene prima, molto prima di Collodi, bandire le tabelline a memoria, fare laboratorio su tutto, anche sulla divina commedia...
La dabbenaggine di certi dirigenti farebbe venir voglia di diventar reazionarie. Che qualcuno faccia loro presente che la scuola pubblica non può entrare in competizione con le modalità dei corsi di catechismo.
Nelle Scuole Europee la frode (copiare) è punito con zero. In Italia si dà in genere 2, che è già una piccola promozione a continuare... Adesso i furbi smascherati avranno 4? A quando 6?
'punita', pardon.
Leggendo le risposte di alcuni presidi non si sa se piangere o ridere. Mia nonna è solita dirmi che quando tali stimoli entrano in conflitto significa essere sull'orlo del baratro. A parer mio il baratro è già iniziato ma qualcuno è rimasto evidentemente ancora alla farsa.
Anch'io dalla scuola avrei voluto docenti e presidi adulti e purtroppo neanche all'università mi capita d'incontrare gente che mi prenda sul serio e mi tratti, come diceva Pasolini, da adulta e da responsabile. Purtroppo non ci sarà un'altra volta e anziché pena certa gente mi fa solo rabbia perché inadeguata, perché più piccola di me.
Ho quasi 37 anni, mi sono diplomato nel 1994 a Genova in una scuola molto selettiva.
Ricordo sicuramente di aver visto molti 2, ma credo di non sbagliare nel dire che alcuni docenti davano anche degli zero. Molte volte è stato affrontato con i docenti il tema della votazione: ognuno, all'italiana, faceva come voleva.
Al di là delle sue considerazioni pedagogiche, con le quali concordo, c'è anche il rovescio della medaglia. Purtroppo, a fianco di alcuni buoni e pochi ottimi docenti, ho anche trovato persone che nel mondo del lavoro vero non sarebbero durate 3 minuti. Ignoranza, arroganza ed autoreferenzialità come minimo, per non dire di peggio. Alla fine il concetto era: io sono docente, ho il potere di fare ciò che voglio, se non ti va bene puoi cambiare.
A proposito del sistema di votazione, ricordo che a una mia obiezione non ho mai ricevuto risposte convincenti: riguardava il fatto che legalmente valeva la media matematica e che ci volevamo almeno due voti registrati per poter avere un voto finale sul trimestre/quadrimestre, quindi il range avrebbe dovuto obbligatoriamente comprendere un voto minimo e massimo la cui media matematica sia 6, altrimenti il gioco è falsato nelle regole. Questo vuol dire che il voto 1 e il voto 2 devono essere, ad esempio, 4 e 8 oppure 3 e 9 o anche 2 e 10. Altrimenti, se il range fosse ad esempio da 2 a 8, con il voto minimo 2 matematicamente non sarebbe possibile recuperare per arrivare alla sufficienza con il voto massimo 8.
Mi permetto di dire a Daniele che anche il nostro lavoro di insegnanti è un lavoro "vero", anzi, uno dei più veri, se per "vero" si intende l'utilità sociale di tale professione. Sono d'accordo sul fatto che non ci siano adeguati controlli (ma questo dipende anche dal dirigente, quelli veri sanno come stanare gli insegnanti arroganti e buoni a nulla), e questo è in generale un problema di tutto il pubblico impiego: livellamento e scarso riconoscimento della qualità del lavoro. Ma, sebbene di tipologia diversa e in minor numero, io gli imboscati nullafacenti (e pure arroganti) li ho visti anche quando lavoravo nelle aziende private, e spesso erano quelli che avevano le posizioni contrattualmente più sicure. Io credo che il problema della valutazione e delle promozioni facili si possa risolvere imponendo adeguati controlli sull'operato degli insegnanti e abolendo il voto di consiglio. In questo modo un alunno potrà essere bocciato, come avveniva una volta, anche per una sola materia, purchè l'insegnante si prenda l'onere di dimostrare in vari modi e in maniera dettagliata che l'alunno si è rifiutato di studiare nonostante l'operato dell'insegnante, i contatti con la famiglia, gli interventi di recupero ecc...I voti devono essere usati tutti, da 0 a 10. Credo che con questo sistema la scuola riacquisterebbe credibilità, poichè solo gli insegnanti bravi e coscienziosi sarebbero in grado di dimostrare tutte le prove del mancato impegno dell'alunno assumendosi la responsabilità della bocciatura; e di bravi insegnanti ce ne sono ancora, sebbene siano sempre di più quelli che si stufano di combattere scegliendo la linea di minore resistenza all'andazzo imperante. Anche io mi sono diplomata nel '94 ed ho avuto alcuni insegnanti pessimi e severissimi. Oggi i ruoli si sono invertiti: la maggior parte dei pessimi insegnanti promuove con facilità e assegna voti alti per dimostrare l'efficacia di una azione didattica nei fatti inesistente.Tanto nessuno li controlla e agli alunni (e alle loro famiglie) va bene così. Oggi se si mette un due o un tre in pagella ci si mette contro tutti: preside, molti colleghi, alunni, genitori. Solo gli insegnanti che ancora credono in questo lavoro si sobbarcano questa fatica: quella di assegnare i voti reali.
Fate come vi pare ma il quadro che ne esce è desolante
non c'entra con l'argomento del post ma vi segnalo il seguente articolo: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=190769
A Teresa direi: "i voti vanno usati tutti, da 1 a 10". "0" non è un voto e non può essere assegnato in alcun caso. Ma sul concetto sono d'accordo, purtroppo molti colleghi usano mantenere i voti bassi come strumento di controllo della classe. Il che, a mio parere, non è professionalmente corretto. Come non è corretto dire che non si deve dare meno di 4, finché la scala di valutazione vigente è quella attuale.
Si, è vero, ho scritto 0 ma volevo dire 1. Purtroppo/per fortuna nella valutazione c'è anche un elemento soggettivo inevitabile, sopratttutto nelle materie letterarie. Io per avere un 8 in storia a fine anno studiavo a più non posso, probabilmente un altro insegnante mi avrebbe assegnato un 9. Ma alla fin fine il sistema va a compensazione: sapevo benissimo che il mio 9 in chimica era gonfiato, anche perchè la mia professoressa di chimica sapeva poco e poco pretendeva, pur essendo una insegnante coscienziosa e onesta (nei licei un insegnante di scienze dovrebbe padroneggiare ben 4 materie: biologia, geologia, geografia astronomica, chimica: impossibile!). Tuttavia, nonostante questa componente individuale ineliminabile della valutazione, mediamente i voti non assumono valori molto diversi cambiando l'insegnante; lo dico per esperienza: è capitato più volte che, da precaria, abbia insegnato a delle classi che negli anni precedenti avevano avuto come insegnanti nella stessa materia alcune mie colleghe (sempre precarie perciò di anno in anno in dierse scuole). Ogni volta che mi è capitato di scambiare due chiacchiere con loro sugli alunni comuni, a primo quadrimestre o ad anno scolastico terminato, ebbene, i nostri giudizi globali su ogni alunno coincidevano nonostante non ne avessimo parlato a inizio anno, così come, grosso modo, i voti (tranne alcune eccezioni, s'intende, d'altra parte è perfettamente normale che uno studente peggiori o migliori anche di molto nel corso degli anni, anche se la tendenza è quella di assestarsi, ahimè, sempre sullo stesso livello nel tempo). Continua ...
Ciò che voglio dire è che non siamo macchine, non possiamo stare nella testa di un alunno, e pur raccogliendo molto elementi la valutazione resta qualcosa che non vale in assoluto. Tuttavia sono convinta che un insegnante preparato e attento difficilmente assegnerà voti che si discostano molto da quello che è la reale valutazione degli studenti, e la coincidenza delle valutazioni mie e delle mie colleghe lo dimostra. Abbiamo assegnato gli stessi voti pur partendo da una conoscenza nulla dell'allievo, non avendo l'abitudine di consultare i risultati dell'anno precedente per non essere condizionate nei giudizi. Gli studenti, poi, devono almeno sforzarsi un minimo di comprendere la specificità di ogni insegnante: c'è quello pignolo che assegna voti un pò più bassi per spronarti a migliorare, oppure quello che fa all'occorrenza valutazioni di carattere psicologico: "se ora a tizio, studente sveglio,intelligente, e molto sicuro di sè - metto un 7 al primo quadrimestre come si merita è probabile che studi sempre meno pensando di campare di rendita, meglio un 6, per ora, e magari premiarlo con un 8 a fine anno se continua a impegnarsi"; oppure: "caio è partito da 3 ed è arrivato a un 5 abbondante con enormi sforzi, è un ragazzo fragile, forse è meglio premiarlo con un 6 al primo quadrimestre facendogli capire che è un segnale di riconoscimento del suo lavoro, ma spronandolo a impegnarsi per mantenere il sei fino a fine anno e magari per superarlo". Insomma, nella valutazione c'è, per fortuna, una grossa componente umana che deve essere usata al meglio: quella della responsabilità dell'insegnante, che tiene conto dell'atteggiamento e dei supposti limiti dell'allievo, al di là di ciò che sa o non sa. Il fascino e la difficoltà del nostro lavoro sta anche in questo, quello di usare i numeri dando loro un volto umano, sapendo che nessun test, nessuna valutazione automatizzata e impersonale conta quanto quella conferita dal docente che ama la sua disciplina e vuole far progredire gli allievi nella conoscenza di questa. In quest'ottica partire dal 4 è un segnale di scarsa fiducia e nell'insegnante e nell'allievo; il primo viene privato della sua libertà, il secondo viene preso in giro.Idem per le valutazioni troppo basse. Per concludere, quando c'è una autentica professionalità dell'insegnante basta un pò di buon senso da parte sua. Quando l'insegnante non è professionale, il problema della valutazione è solo uno dei tanti problemi; qui si entra nel problema più vasto del controllo iniziale e periodico dell'operato, problema che la politica non vuole affrontare.
Per rispondere a Teresa, quando parlavo di lavoro vero intendevo per quel tipo di docenti incapaci, parassitari e dannosi che lavoro poco e male e sono ampiamente protetti dal sistema. Ti posso assicurare che durerebbero molto poco in ambienti meno protetti.
Per quanto riguarda il range di voti, mi spiace constatare che anche tu utilizzi senza giustificare quello che ho riportato nel mio intervento: il range di voti del docente è arbitrario senza che debba spiegarne il motivo. Al di là della semplice questione matematica da me spiegata, c'è un fatto etico, forse ancora piu importante: quando il docente passa dall'autorevolezza all'autoritarismo inizia a perdere il suo ruolo. Per questo sono da sempre convinto che i docenti dovrebbero essere pagati molto meglio, lavorare di piu ed essere selezionati MOLTO di piu. Prendi decisioni e valuti gli altri ? Ottimo, sarai a tua volta controllato ed eventualmente sanzionato severamente. Altrimenti è troppo semplice e come sappiamo ne va dalla reputazione della categoria.
Non mi pare di aver parlato di arbitrarietà, al contrario. Credo però, pur con i dovuti limiti, esista una componente umana ineliminabile del processo di valutazione che tenga conto dei progressi di un allievo e delle difficoltà di partenza che ha eventualmente superato. Questo non deve portare assolutamente a giudizi arbitrari, ma a voti che, sebbene non si debbano discostare molto dal dato nudo e crudo, valutino la persona nella sua globalità. Questo non implica dare un 7 anzichè un 4 o viceversa; semplicemente implica degli "aggiustamenti" in funzione del fatto che stiamo valutando una persona e non le prestazioni di una macchina. Non è un discorso a favore della severità eccessiva nè del buonismo, ma a favore di una obiettività che, per quanto sia difficile, tenga LIMITATAMENTE conto di fattori non esattamente quantificabili e che dipendono dalla costruzione del rapporto insegnante-allievo.
P.S.: ovviamente sto parlando del voto che si mette a fine anno o al primo quadrimestre, non di quello assegnato alle singole prove scritte o orali (anche se per queste ultime la tensione alla maggiore obiettività possibile si fa più complicato). Nelle singole prove si devono assegnare i voti prescindendo da valutazioni globali, è nella valutazione finale che si deve tenere conto di altri fattori, il che non significa arbitrarietà. Il punto è che chi fa questo lavoro si rende subito conto che la valutazione è un processo complesso, non riducibile alla semplice media aritmetica. Chi guarda da fuori credo non riesca a rendersene conto. D'altra parte, ognuno è esperto nella professione che svolge.
Abolire le bocciature? Si può fare...
La nostra scuola inclinata come la Costa Concordia
Discutere di voti non equivale a discutere di bocciature
Non sono d'accordo con l'abolizione della bocciatura, sono per una didattica responsabile e per la responsabilizzazione dello studente. Una bocciatura può essere un modo per riflettere sulle proprie inclinazioni, impegnarsi maggiormente, cambiare rotta. Perchè un alunno dovrebbe sentirsi "marchiato" dalla bocciatura quando ha bighellonato tutto l'anno? Certo che occorrono altre considerazioni oltre il puro risultato di una verifica (come cercavo di spiegare prima) ma questo non deve assolutamente esimere l'allievo dall'assunzione delle proprie responsabilità. L'abolizione della bocciatura suona davvero ridicola come proposta proprio oggi, che ci si deve impegnare per essere bocciati più che per essere promossi. Quando frequentavo le superiori c'erano prof che si divertivano a perseguitarci interrogandoci due volte di fila o imponendo verifiche scritte a sorpresa. Oggi si è all'eccesso opposto: ho visto colleghi implorare allievi per farsi interrogare elemosinando la possibilità di una interrogazione che consentisse al docente di poter assegnare una sufficienza almeno in parte motivata a fine anno. Scene che quando ero studentessa suonavano come fantascienza.
Continua ...
Purtroppo la valutazione non è scienza esatta, è un gioco di equilibri che però non deve mai perdere in rigore.E' un processo difficile e una abilità che l'insegnante affina con il tempo; se si trattasse di una semplice media matematica tutti ne sarebbero capaci, anzi, facciamo insegnare ai robot, che ci riuscirebbero meglio.
Riporto un esempio di come gli sforzi di un insegnante nel cosiderare più variabili possono essere totalmente vanificati: qualche anno fa ho assegnato 1 (!) al primo quadrimestre ad alcuni studenti di quinta che erano sfuggiti con ogni mezzo ad ogni forma di verifica scritta ed avevano fatto scena muta alle interrogazioni, oltre ad effettuare numerose assenze. Un altro allievo era invece sempre stato presente alle lezioni, ma lasciava puntualmente il compito in bianco ed era totalmente bloccato nell'esposizione orale. Eppure mi pareva riuscisse a seguire le lezioni, come ho captato da alcuni - seppur timidi - segnali. Ho scoperto che si recava periodicamente dallo psicologo e soffriva di una sorta di blocco dovuto in parte ad una forte carenza di autostima. A quell'allievo ho assegnato 3 anzichè 1. Eppure, eccetto la frequenza delle lezioni, niente lo distingueva dagli altri che avevano preso 1; questi ultimi appena hanno visto 1 in pagella si sono fatti una risata (altro che trauma, ero più preoccupata io di loro per come l'avrebbero presa, ma volevo dare un segnale forte). Con l'altro allievo ho parlato a fondo prima di assegnare il tre; questo nel corso del secondo quadrimestre è migliorato fino a raggiungere un 5 effettivo, si è sentito capito e incoraggiato. Gli altri hanno continuato a non fare nulla, e li ho portati a fine anno con tre giusto per tenere conto di alcuni sprazzi di partecipazione durante le lezioni e alla (irritante) volontà di recuperare a fine anno facendosi interrogare (con scarsi risultati). Arriviamo all'ammissione agli esami; tenendo conto del forte sforzo effettuato dall'alunno che era arrivato al 5, il consiglio ha deciso di assegnargli la sufficienza, cosa che è stata fatta anche per quelli che avevano preso tre (in altre due materie oltre la mia!!!!). A questo punto ci si chiede cosa è successo agli esami di stato: i ragazzi che avevano preso 1 al primo quadrimestre, più furbi nel copiare, hanno preso una punteggio più alto di quello che invece ha faticato tutto l'anno per arrivare a un 5 con onestà. Morale della favola: se non ci fosse stato il voto di consiglio quei nullafacenti non sarebbero mai stati ammessi agli esami. All'alunno che invece si è impegnato avrei dato la possibilità di affrontare l'esame; se quest'ultimo fosse gestito in maniera diversa, sarebbe l'esame finale a valutare le effettive conoscenze di un allievo al di là della fiducia, pur necessaria, accordatagli dall'insegnante. E pazienza in caso di bocciatura: bisognava dargli una opportunità, se l'è meritata. Purtroppo l'esame di stato è ormai una farsa, tanto che il punteggio non conta assolutamente nulla nell'ingresso ai corsi di laurea a numero chiuso. E' come se già da tempo il diploma, per l'università, non avesse valore legale. E invece occorre renderlo un esame serio, e il messaggio del docente ai propri alunni deve essere: sinora vi ho valutato sulla base di quanto avete prodotto nelle verifiche, ma a anche considerandovi nella vostra globalità; mi sarà sicuramente capitato di sbagliare, ma l'errore è inevitabile nel valutare un altro essere umano. Però mi sono impegnato al massimo nell'accompagnarvi nel vostro cammino. Ora che siete vicini alla meta dovete fare affidamento sulle vostre forze e mostrare a dei perfetti estranei quanto effettivamente valete.
Questo per dire che all'esame di stato la valutazione deve essere il più possibile oggettiva, anche se basata in parte sul curriculum dello studente e non sulle sole prove d'esame. Ma per raggiungere questo obiettivo la commissione deve ritornare ad essere TOTALMENTE ESTERNA eccetto un componente, e i commissari esterni non devono provenire dalla stessa provincia in cui si conoscono tutti. Gli ingredienti sono: valutazione oggettiva di ogni prova, valutazione del percorso dell'allievo considerandone il punto di partenza, sensibilità dell'insegnante unita a un grande rigore, equità e correttezza assoluta durante le prove finali con commissari esterni. E' una utopia?
@Teresa: non è un'utopia in senso proprio, cioè irrealizzabile in linea di principio. Tanto è vero che l'impostazione gentiliana era proprio di questo tenore e per alcuni decenni venne, più o meno, mantenuta. Ma mi sembra del tutto fuori dal mondo nella situazione economica attuale.
Credo che la scuola statale così come è stata concepita, sul modello francese, dall'Unità d'Italia per circa un secolo, sia oggi improponibile per i costi elevatissimi a carico di un contribuente che è sempre più dissanguato.
Ne consegue il probabile passaggio a un modello misto di istruzione pubblica non più integralmente a carico dello Stato. Con la conseguente, necessaria soppressione del valore legale del titolo di studio, pena lo spuntare di diplomifici come funghi.
Tutto ciò può piacere o meno, ma temo che non sia evitabile. La mia opinione personale, per quello che conta, è che non è tanto importante il modello che si segue - francese o anglosassone - quanto come lo si applica. E qui, sempre secondo me, sta il vero pericolo: perché molte recenti esperienze (frequenze radiotelevisive, telecomunicazioni, carburanti, ...) hanno visto l'Italia riuscire a conseguire il peggio accoppiando gli aspetti negativi del modello liberista agli aspetti negativi del modello dirigista, evitando accuratamente i lati positivi di entrambi.
Quindi occorrerebbe assecondare l'onda? Io invece penso che l'istruzione, specialmente quella di base, sia un diritto-dovere, e come tale deve essere garantita dallo Stato, che sa perfettamente l'esistenza dei diplomifici e non muove un dito. La scuola così com'è sicuramente non va, ma credo che andare nella direzione che tu dici non farebbe altro che farci precipitare definitivamente nel baratro. L'istruzione è unn bene pubblico, come l'acqua. Privatizzarla in un Paese come il nostro sarebbe deleterio.
Fine dei voti bassi e delle bocciature, ecco che scrivono i lettori
Può non piacere, anche a me piace poco, ma credo anch'io che il futuro della scuola sia quello prospettato da Papik con l'aggravante, come egli scrive, di vedere accoppiati "gli aspetti negativi del modello liberista agli aspetti negativi del modello dirigista, evitando accuratamente i lati positivi di entrambi".
D'altra parte non possiamo fare a meno di notare che troppo spesso la scuola ha guardato alle necessità occupazionali rispetto a quelle meramente didattiche. In particolare si trattava, e ancora si tratta, di fornire occupazione a masse intere di laureati senza altra prospettiva e senza altre competenze se non quelle di andare dietro una cattedra ad inventarsi un mestiere tra i più delicati e difficili del mondo.
Credo sia difficile che si possa continuare a creare orari scolastici infarciti di discipline senza alcun senso per particolari indirizzi, oppure distribuire le materie in modo del tutto frammentato, svuotandole così di qualsiasi statuto disciplinare di riferimento e di qualsiasi senso educativo e formativo.
D'altra parte, come ha scritto qualcuno nei post precedenti, siamo ancora a discutere se è giusto o meno valutare con serietà e severità i nostri studenti! La baracca non può reggersi soltanto sulle credenziali che le vengono fornite dai docenti bravi perché appassionati e preparati. Chi l'ha quasi demolita( sindacati, apparati ministeriali, politici votati al clientelismo, baronie universitarie, intellettuali assolutamente disinteressati ai problemi della scuola e pertanto, in generale, ai temi civili, genitori, docenti e dirigenti calati nel loro ruolo impiegatizio piuttosto che in quello di educatori etc etc )ricopre ancora un ruolo determinante nella vita scolastica italiana. Pensare che la scuola possa essere rinnovata al suo interno è pura follia. Purtroppo ci si illuderà di ricostruirla con l'ingresso degli esterni e dei privati( legati tuttavia, lo si toccherà con mano entro poco tempo, alle regioni e agli enti locali) ma sarà un tentativo inutile perché andrà come Papik prospetta.
Così sta svanendo il sogno di una scuola pubblica in grado di dare almeno ai migliori, strumenti per essere cittadini consapevoli, preparati, liberi e quanto più possibilmente felici. Qui, all'interno della nostra fortezza Bastiani, aspettiamo senza venir meno ai nostri compiti che il peggio possa accadere. L'importante è non farsi trovare impreparati e all'occorrenza non venir meno al nostro imperativo categorico di denunciare quello che non va e resistere, resistere, resistere in modo, almeno, da non apparire ed essere complici degli approfittatori di ogni risma e di ogni colore. Questo almeno, ai nostri studenti, lo dobbiamo davvero.
Teresa ha detto: "Non sono d'accordo con l'abolizione della bocciatura, sono per una didattica responsabile e per la responsabilizzazione dello studente. Una bocciatura può essere un modo per riflettere sulle proprie inclinazioni, impegnarsi maggiormente, cambiare rotta".
Ma la bocciatura può anche essere una bella occasione per assimilare conoscenze e competenze altrimenti destinate ad essere per sempre perse.
Una mia amica ha pubblicato sul facebook una bella serie di sue foto sulle fioriture primaverili, intitolandole "Bocci e sbocci". Diversamente inteso, il titolo si adatta benissimo a una serie di testimonianze sull'effetto positivo di una ripetenza, oltre che dei "votacci" meritati in passato (naturalmente, al di là della battuta, sarebbe sciocco sostenere che bocciare è sempre risolutivo). Colgo l'occasione per sottolineare che moltissimi colleghi nelle valutazioni partono da un evidente presupposto implicito, se mi consentite l'ossimoro: che, nel dare un voto alto o uno basso e soprattutto nell'ammettere o meno all'anno successivo o a un esame, non esistano paletti che limitino eventuali motivi di opportunità (è stato malato, è straniero, ha problemi familiari, almeno ora fa i compiti benché sbagliati...). In altre parole, sembrano non considerare affatto né le esigenze di equità nei confronti degli altri allievi, né quelle della collettività che stabilisce criteri, per quanto elastici, per passare o bocciare. Tutto ciò non viene percepito come falsificazione (e magari come falso in atto pubblico), ma come attenta e coscienziosa considerazione del singolo caso.
Solo una mentalità tipicamente itagliana può pensare che zero non sia un voto, un giudizio. Sancisce la nullità di un compito copiato o consegnato in bianco. Lo zero non ha senso solo se qualcosa si è scritto, a prescindere. Nella Scuola europea è teoricamente ammesso (ma non usato)anche lo 0,5: la valutazione è in una scala di mezzi punti (0-10), che, in pratica, equivale a un sistema in ventesimi.
LA SCUOLA COME STATUS E LA SETTIMANA DI LETTURA
Il prof Ragazzini ha scritto:
"Tutto ciò non viene percepito come falsificazione (e magari come falso in atto pubblico), ma come attenta e coscienziosa considerazione del singolo caso."
Purtroppo è vero. L'elasticità ammessa in virtù di fattori esterni deve sempre essere limitata benchè presente, e non dovrebbe mai permettere la promozione di un allievo con gravi lacune. Sebbene non sia facile districarsi fra la dovuta correttezza e quel minimo di elasticità necessaria per i motivi di cui ho scritto sopra, è anche vero che secondo me la stragrande maggioranza dei colleghi che usa le vicende personali degli studenti per promuoverli immeritatamente sa benissimo che sta commettendo falso in atto pubblico; e sa anche che non solo questo non viene punito, ma che si traduce in una immagine positiva del docente, umano e comprensivo. Da qui ad accusare di eccessiva rigidità chi vuole semplicemente fare bene il proprio lavoro il passo è breve.
Cara Teresa, credevo di avere espresso chiaramente il mio pensiero, che non c'entra niente con il seguire l'onda. La scelta del sistema scolastico è una decisione politica che spetta ai politici e ciascuno di noi ha voce in capitolo in quanto cittadino ed elettore, ma come pubblico funzionario deve cercare di fare il proprio meglio nelle situazioni e nelle condizioni che detta la politica. Almeno questa è la mia opinione di soggetto assolutamente refrattario, da sempre, a qualunque tipo di manifestazione pro o contro alcunché.
Per quanto riguarda lo specifico, quello che penso è che, piaccia o non piaccia, l'Italia di oggi non possa più permettersi un sistema scolastico esclusivamente statale e centralizzato e che le condizioni nelle quali operiamo quotidianamente, unite alla lettura di qualsiasi quotidiano, lo dimostrino. E se una cosa non è possibile non è possibile, anche se sarebbe bello che lo fosse.
Il peggio, come ho già detto, a mio parere non sta tanto nel sistema in sé ma nella capacità, dimostrata in altre simili occasioni, di combinare sempre il peggio in ogni occasione. Per ora non c'è stata liberalizzazione attuata in Italia, che a mio parere non abbia fatto rimpiangere la situazione precedente. Il che non vuol dire che i principi liberali e mercatisti siano in sé errati (certo lo diventano se si trasformano in ideologia) ma semplicemente che la pressione delle varie lobbies riesce sempre a guastare tutto.
Per quanto riguarda Edoardo (che sempre più mi convinco di aver conosciuto personalmente anni or sono), semplicemente non sono d'accordo, per questioni di logica e non di "itaglianità", come tu dici: secondo me, attribuire a una prestazione il valore "0" è concepibile solo se quella prestazione è completamente nulla (come può essere il caso di un compito completamente in bianco, ma non di uno copiato). Ma una prestazione nulla, non esistendo, non può essere valutata, quindi ritengo che si debba piuttosto ricorrere all'indicazione "non svolta" o "non valutabile". Comunque, mi sembra piuttosto una questione di sofismi e a fini pratici ritengo ci siano problemi ben più seri.
Teresa ha detto: «L'elasticità ammessa in virtù di fattori esterni deve sempre essere limitata (1) benché presente, e non dovrebbe mai permettere la promozione di un allievo con gravi lacune (2). Sebbene non sia facile districarsi fra la dovuta correttezza e quel minimo di elasticità necessaria per i motivi di cui ho scritto sopra, è anche vero che secondo me la stragrande maggioranza dei colleghi che usa le vicende personali degli studenti per promuoverli immeritatamente sa benissimo che sta commettendo falso in atto pubblico (3); e sa anche che non solo questo non viene punito, ma che si traduce in una immagine positiva del docente, umano e comprensivo. Da qui ad accusare di eccessiva rigidità chi vuole semplicemente fare bene il proprio lavoro il passo è breve.(4)» 14 aprile 2012 15:21
(1) a volte, le eccezioni sono numericamente sovrabbondanti rispetto alle situazioni trattate con il rispetto della regola;
(2) invece vengono promossi, sia pure con alcuni debiti, allievi con gravi lacune in numerose materie;
(3) però il fatto di commetterlo in molti, in maggioranza (quasi sempre con il/la preside in prima linea e magari con precedenti azioni di “frollatura” e simulazione di scrutini …. ), per molti allievi e per molte classi, quasi annulla la percezione del fatto;
(4) brevissimo e lascia l’amaro in bocca, frustrazione e rabbia nel cuore, disagio nel cervello!
@ Papik: ho compreso cosa volevi dire, sono io che mi sono espressa male. Sarà anche un processo inevitabile, ma è davvero triste sentirsi impotenti.
Mi sono ricordato di una professoressa di scienze che nei compiti in classe di chimica ci dava da -10 a +10. Credo fosse tutt'altro che corretto, generava un'ansia spaventosa, ma la chimica la imparavamo eccome (in un corso post-laurea, dopo non aver frequentato la materia per un decennio, capivo tutto al volo). Questo tanto per confermare che simili formalismi contano poco rispetto alla concreta operatività didattica.
il fine giustifica i mazzi e i mezzi
Come ha giustamente osservato Papik.f, spesso si capisce che i giudizi sulla scuola dipendono un po' troppo dal passato di studente di chi li emette. Come sembra dimostrare quello di Monica Mosca, che dirige "Gente".
Senza parole
Purtroppo non è una Mosca bianca.
Caro Pippo, a me un commento simile è stato fatto da una ragazza in fascia di profitto medio-bassa, con una ripetenza alle spalle. Evidentemente, sa la differenza tra un due e un quattro...
VV aveva messo in guardia sulle ingerenze degli Enti locali nella "politica"delle singole scuole. Puntuale la Regione Lombardia conferma
da Italiascuola: "...i ‘ponti’ non potranno più essere decisi dai singoli istituti: dall'anno prossimo saranno Comuni e Province a stabilire quando le scuole potranno aggiungere giorni di vacanza a quelli già stabiliti dalla Regione. In ogni caso le scuole non potranno discostarsi dal calendario stabilito per più di tre giorni, e l'approvazione sarà vincolata all'approvazione degli enti locali".
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