mercoledì 18 luglio 2012
DRAMMATICAMENTE URGENTE UNA SVOLTA A FAVORE DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
Ogni anno in questo periodo i giornali tornano ad occuparsi della
formazione professionale in virtù dei dati che annualmente la CGIA di Mestre
(associazione degli artigiani e delle piccole imprese) rende pubblici e che
confermano una volta di più che decine e decine di migliaia di posti di lavoro
non potranno essere coperti perché mancano giovani preparati a farlo. Continua a leggere.
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46 commenti:
Troppe richieste all'alberghiero e i 34 bocciati costretti a cambiare scuola
Onore al preside di Taggia.
AMARCORD. Pensiamo al dopo Gelmini: e se li abolissimo, i licei? (2011)
di Vincenzo Pascuzzi
«Ma perché tutti i ragazzi italiani, finita la terza media, si iscrivono al liceo? Cos’è questa smania a tutti i costi di frequentare una scuola nella quale viene fornita, da che mondo è mondo, una formazione umanistica e prevalentemente teorica?...» (1) si domanda la prof Silvana La Porta, su La Sicilia del 24 marzo scorso, con riferimento a Paola Mastrocola e al suo recente libro “Togliamo il disturbo”.
Iscrivere i figli al liceo è diventata una moda, uno status symbol? Proprio così e a ragione. Famiglie, studenti e docenti hanno instaurato un circolo virtuoso: i migliori vanno alle scuole migliori e queste risultano migliori proprio perché attraggono i migliori, sia prof e che studenti! Il fatto che “i livelli dell’istruzione liceale sono vertiginosamente crollati” non modifica il giudizio in termini relativi. Per quanto svalutati, i licei risultano ancora più validi e attrattivi rispetto a tecnici e professionali. La fama o la nomea si auto realizzano, continuano il circolo virtuoso. Virtuoso? Sì, relativamente e per chi ne fa parte. Complessivamente (per tutta la scuola e per la nazione) il circolo risulta invece vizioso, negativo e svantaggioso.
La realtà è che tecnici e professionali non sono (o non sono considerati, che poi in pratica è – o diventa - lo stesso) istituti di serie A. Così li ha sempre considerati anche il ministero e non ha mai fatto nulla per emanciparli veramente e dar loro pari dignità. Ultimamente ha anche ridotto le ore laboratoriali. Poi i laboratori costano e perciò risultano, in molti casi, non adeguatamente attrezzati o aggiornati.
Da ciò deriva la “massificazione dei licei” - come scrive Silvana La Porta - che danneggia (ma non è la sola causa) sia i licei stessi che l’istruzione tecnica e professionale.
A questo punto si potrebbe avanzare l’ipotesi (o la provocazione) di abolire del tutto i licei o almeno il liceo classico. Quest’ultimo in particolare è responsabile, in bene e in male, della polarizzazione prevalentemente umanistica e teorica di tutta la scuola italiana e della situazione distorta segnalata da La Porta. Il liceo classico ha mantenuto la sua unicità per oltre un sessantennio (1859-1923) (2) e la sua prevalenza per oltre un secolo (fino al 1962) (3), solo recentemente è passato in minoranza numerica (i nuovi iscritti sono nel rapporto di circa 1 a 3) rispetto al liceo scientifico. L’impronta classica prevalente però permane nella scuola italiana attraverso gli insegnanti e i politici. Fra i quali prevale e viene vantata la maturità classica e le lauree umanistiche o simili (lettere, filosofia, legge, anche medicina). In particolare, chi si occupa di gestire la scuola (i presidi in particolare) e deve riformarla ha, in prevalenza, un’impronta classica. È perciò chiaro che abbiamo e continueremo ad avere tecnici e professionali con un’impronta classica evidente o latente.
Roma, 30 marzo 2011
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(1) http://www.aetnascuola.it/categorie/66-voci-dalla-scuola/5358-qricreazioneq-il-liceo-dellobbligo
(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Liceo_classico
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Liceo_scientifico
Come dire: siccome ci sono pochi iscritti alle scuola di atletica perché i bambini sognano di fare i calciatori, aboliamo il calcio. O: siccome gli studenti di flicorno al Conservatorio sono pochi in proporzione a quelli di pianoforte, mentre ci sarebbero tanti flicorni da suonare, distruggiamo tutti i pianoforti.
Come provocazione, può essere efficace; ma sul piano concreto sarebbe bene pensare a qualcos'altro. Ad esempio, pensare a cosa di potrebbe fare per rimuovere dall'opinione diffusa l'idea che nel lavoro manuale ci sia di per sé qualcosa di meno dignitoso o gratificante rispetto al lavoro intellettuale.
Invece le ultime riforme si sono basate appunto su questa idea.
Non credo che gli studenti che uscivano da uno degli Istituti d'Arte soppressi dalla Gelmini e trovavano subito e facilmente lavoro (ad esempio quelli dell'Istituto d'Arte per la ceramica di Faenza, come ha attestato qualche tempo fa un servizio di Daverio su Rai3) si sentiranno maggiormente gratificati perché assoggettati a una formazione di liceo artistico, considerando anche che di Cattelan ce n'è uno per ogni mille o diecimila decoratori (e gli altri che faranno?)
Dubito che ciò sia avvenuto perché i responsabili delle riforme si sono macchiati, trenta o quaranta anni fa, della colpa imperdonabile di aver studiato Senofonte o letto Catullo.
Credo piuttosto che la causa sia in ben precisi orientamenti ideologici che in quegli anni hanno dominato e che ancora fanno sentire il loro potente influsso, non soltanto sui politici, ma soprattutto su quella parte dei tecnici degli amministrativi e dei consulenti che permane da una gestione politica all'altra.
A scuola mia ci sono dei colleghi che si vergognano d'insegnare al professionale. Vi sembra normale?
Si vergognano, ma poi non fanno niente per rendere il professionale un autentico professionale: prendere contatti con le aziende, farli lavorare, legare gli stage ai crediti scolastici, non fare progetti inutili, dividerli in piccoli gruppi con il supporto di ITP e insegnanti di sostegno per fronteggiare i problemi disciplinari, dare le sanzioni al momento opportuno (all'inizio dell'anno senza aspettare che la situazione degeneri), contattare di continuo le famiglie, fronteggiare compatti il DS che non vuole "perdere tempo" in certe cose o non vuole fare i consigli disciplinari per paura che danneggino l'immagine della scuola e per non avere rogne con le famiglie.
E' importante prendere contatti con le aziende del territorio, subito. Una mia amica che insegnava al professionale da precaria si è accollata questo compito ma è stata snobbata da colleghi e DS.
Fare tutte queste cose impegna tempo ed energia (e spirito di gruppo). La maggior parte dei colleghi non ha voglia, salvo lamentarsi dell'indisciplina e vergognarsi di lavorare in scuole così. La verità è che i professionali potrebbero diventare dei fiori all'occhiello se solo la scuola lo volesse.
Considero il periodo nel quale ho insegnato in un professionale come il migliore della mia carriera, sotto il triplice profilo del rapporto con gli alunni, del rapporto con i colleghi e della qualità umana, preparazione e impegno di questi ultimi. Me ne sono andato perché la mia classe di concorso aveva soltanto i primi tre anni di corso e questo comportava di non avere mai alunni adulti e nel momento di raccogliere il frutto del loro lavoro, e inoltre perché le attività di laboratorio, date le strutture che avevamo a disposizione, si svolgevano per forza di cose in costante violazione delle normative di sicurezza, con i rischi conseguenti sotto il profilo delle responsabilità civili e penali.
E' stata una fortuna che me ne sia andato, perché la riforma Gelmini ha poi soppresso quell'indirizzo; ciò non mi impedisce di ripensare talvolta a quel periodo con un certo rimpianto.
E' normale che ci siano colleghi che si vergognano di insegnare al professionale? Certamente sì, nel senso che in ogni gruppo di persone è inevitabile la presenza di una certa percentuale di cretini.
un grande interesse perché non funzionino ce l'hanno anche quei docenti tecnico-pratici che fanno il doppio lavoro. Sono in molti a farlo e più si riposano a scuola più fanno i loro interessi. Nel mio alberghiero a Roma vi sono colleghi che arrivano( quando arrivano) a scuola con due o tre ore di sonno alle spalle. Che impegno volete che mettano durante la mattina? Fulvia
Lidia ha scritto...
In alcuni tecnici professionali dei docenti con il doppio lavoro dichiaravano (adesso stanno zitti ma è lo stesso) candidamente ai propri alunni: " Non vi facciamo fare vera scuola e vere ore laboratoriali perchè, se no fin da ora, e non solo dopo il diploma, ci farete concorrenza".
Tali docenti passano il tempo con i ragazzi non facendo assolutamente nulla e avendo il loro affetto, la loro stima ed amicizia. Se vi sono precari che vogliono fare il loro lavoro vengono bullizzati dai ragazzi e non presi sul serio da tali colleghi.
Evidentemente al dirigente non importa assolutamente nulla se non avere assicurati i guadagni dei vari progetti PON, POR e similari.
Oggi ho letto sul web che una proposta per trovare fondi per i docenti inidonei è quello di tagliare quelli per le funzioni strumentali.
Quanti soldi potrebbero essere recuperati, per l'edilizia e laboratori in ore didattiche curriculari, se venissero soppressi gran parte degli finanziamenti per i progetti! O anche come sarebbe funzionale controllarli per vedere come e per cosa vengono organizzati e portati avanti e sapere oggettivamente la loro effettiva ricaduta culturale!
Ho letto di fondi europei bloccati per la Regione Sicilia perchè non in regola non so per cosa. Chissà quanti POR E PON verrebbero bloccati se si facesse un'ispezione seria!
Ripeto ancora come un mantra che abolire il valore del titolo di studio E' CRIMINALE (anzi è meglio rendere difficile il suo conseguimento per merito) perchè resterebbero tali deprecabili situazioni e anzi peggiorrebbero.
Servono gli ispettori!
Il problema è che i docenti hanno un doppio lavoro oppure che non svolgono il lavoro che sono pagati per fare a scuola? il discorso "non te lo insegno perché se no mi fai concorrenza" l'ho sentito varie volte, anche da docenti universitari, ed è tipico dei mediocri, cioè di quelli che comunque hanno ben poco da insegnare e dovrebbero essere rimossi dal posto che occupano. Chi è veramente bravo nel suo settore è prodigo di insegnamenti perché la concorrenza non la teme.
Ciò detto, da studente universitario (di architettura) evitavo accuratamente - a parte poche materie a sfondo teorico - ogni docente che non svolgesse anche la libera professione perché ritenevo (anche sulla base dell'esperienza nei corsi dei primi anni) che avesse ben poco da insegnarmi. E se avessi un figlio dotato per la musica non vorrei certo mandarlo a lezione da un insegnante che non ha mai tenuto un concerto.
Personalmente, doppio lavoro non ne svolgo, ma questo è in un certo senso il mio cruccio, perché ritengo che un buon insegnante di materie artistiche e professionali debba preferenzialmente esercitare l'attività che insegna. Oppure debba trovare altri modi per mantenersi al corrente con la pratica professionale nel suo settore (è quello che cerco di fare, per quanto mi riesce).
Personalmente ritengo che un professionista andrebbe valutato per quello che fa e non per quello che non fa. Se uno non svolge correttamente il lavoro di insegnante, andrebbe cacciato dal posto di insegnante. Doppio lavoro o meno.
Concordo pienamente con Papik.f. Il problema non è mai stato quello che gli insegnanti fanno al di fuori dell'orario scolastico, in particolare se si tratta di una professione, che anzi per certe materie è certamente un vantaggio in termini di esperienza e di conoscenze applicate. Il problema vero, come tante volte si è scritto e commentato su questo blog, è quello che gli insegnanti fanno o non fanno nelle ore di lezione. Sappiamo bene che ben pochi dirigenti esercitano una seria attività di controllo (sostanziale, non formale) sul rispetto dei doveri professionali da parte dei docenti e che quei pochi che lo fanno hanno purtroppo strumenti molto limitati per sanzionare casi anche clamorosi di inadempienza o di inadeguatezza
Lidia ha scritto...
Ha scritto giusto A. Ragazzini sui cosiddetti pochi poteri sanzionatori dei dirigenti verso i docenti inadempienti, ma non ne sono molto sicura se sia completamente vero.
Ho potuto assistere, nel corso degli ultimi anni, al comportamento vessatorio di un dirigente nei confronti di un docente che chiedeva trasparenza e la pubblicazione della contrattazione integrativa d'istituto nell'albo sindacale (mai esistito e al massimo coabitante con la bacheca d'istituto) e di lode e di copertura verso altri docenti che in classe facevano poco e nulla, arrivavano in ritardo e si assentavano con frequenza, ma che partecipavano ai corsi POR e PON.
Speriamo che con le nuove leggi sulla traparenza possa cambiare qualcosa, ma credo che senza controlli rigidi e ispettivi nulla potrà cambiare nella mentalità e nel panorama sociale e scolastico italiano.
Con la mentalità attuale le buone scuole professionali, e non, possono solo avere vita grama o abortire sul nascere.
Ho apprezzato e considerato un venticello di rinnovamento (speriamo che si trasformi in bora!) quello che è successo nell'alberghiero in cui coraggiosamente si è scelto la strada della moralità costringendo i bocciati del primo anno a cambiare scuola per far posto ad altri.
Non solo per i docenti, ma anche per i dirigenti sono necessari continui controlli ispettivi.
Lidia ha scritto...
Dalle mie parti si dice che "il pesce fa puzza dalla testa" per cui se si vogliono buoni docenti e buone scuole si devono soprattutto avere buoni dirigenti.
Allo Stato il compito di fare buone leggi e dare buoni ispettori per controllare l'operato di dirigenti e docenti.
Una scuola che si occupa della formazione professionale deve per forza essere molto più organizzata rispetto, alle altre, sia per quanto riguarda i formatori che per l'organizzazione didattica, i programmi e la presenza di laboratori e attrezzature. Questo, purtroppo, tanti non sono giunti a pensarlo: restano nella teoria.
Non sono però i dirigenti ad assumere i docenti. Purtroppo negli anni ho visto decadere notevolmente la qualità di molti nostri colleghi e solo per qualcuno di loro mi sento di sostenere quanto scrive Paprik.
@Fulvia. Se ti riferisci al post del 24 luglio, ho solo esposto la mia esperienza personale che non è affatto detto debba valere anche per altri.
Intanto a Firenze muore uno straordinario artigiano della scarpa, ovviamente straniero, e si scopre che i suoi soli allievi erano tre giapponesi, ma harakiri lo fanno i politici toscani che trattano il futuro del nostro artigianato come solo degli irrsponsabili possono fare.
BOCCIATI SENZA SCUOLA: QUANDO LO STUDIO NON E’ UN DIRITTO
Ci penserà la crisi a far recuperare dignità al lavoro manuale.
sempre comodo percorrere la scorciatoia e prendersela con le vittime anziché con i responsabili della crisi (e dei mancati rimedi ad essa)!!
senza analisi, senza spiegazioni e restando anonimi!!
è un po' come tifare per il ladro o lo scippatore e deridere il derubato o lo scippato che magari è caduto a terra!!
Caro VP, a proposito di spiegazioni, ci può spiegare con chi ce l'ha e perché? Non le piace quello che scrive l'Anonimo? E il derubato in questione chi sarebbe?
mi sembra che ci siano in italia un po' di disoccupati, o no? sono al 10%. buona parte sono operai = lavoro manuale, o no? loro sono la conseguenza e le vittime, non la causa della crisi, oppure non lavorano per la non-dignità del lavoro proposto?
la battuta dell'anonimo non è del tutto chiara; l'ho interpretata come se intendesse dire che qualcuno non lavora perché schizzinoso e perciò peggio per lui.
i derubati sono quelli che hanno perso il lavoro e non lo trovano, manuale o non manuale che sia.
i non-derubati sono coloro che viaggiano con retribuzioni - fisse e sicure - da nababbo (sopra i 100, 150.000 euro/anno e oltre) e che perciò la crisi non la sentono.
Lidia ha scritto...
Sicuramente VP ha ragione ad avercela con i non derubati e nababbi colpevoli della crisi e a difendere chi, da operaio, è vittima.
E' da decenni che ci si è convinti che un lavoro da artigiano o da operaio non è chic mentre fare l'impiegato di enti pubblici anche in mansioni non qualificate, con la licenza liceale e con la mentalità di fare il meno possibile nel lavoro, sì. Non sto assolutamente andando addosso ai dipendenti pubblici e soprattutto quelli meridionali e siciliani, ma la mentalità è stata, fino ad adesso, di giungere al posto pubblico dopo aver preso un diploma, licenza liceale o laurea con il minor dispendio di energie possibili e la raccomandazione e poi sul posto di lavoro sfruttando i volenterosi onesti e magari dileggiando qualcuno dicendogli: "lavora il meno possibile. Ma chi te lo fa fare?". I lavori manuali sono stati considerati troppo "faticosi" e umilianti per essere presi in considerazione e in tale modo si è inteso anche educare ed instradare i propri figli.
Ma adesso che il posto sicuro statale non è più tale e si è in fase di licenziamenti massicci nel pubblico impiego e pensioni da fame e studiare è diventato troppo oneroso per la famiglia, certamente si consiglierà di più un figlio/a a intraprendere la formazione professionale (e comunque anche costringerlo ad impegnarsi invece di difenderlo a spada tratta) se si vede che proprio non è un genio e sicuramente finalmente ci sarà posto per un altro rinascimento del lavoro manuale perchè tanti potranno (dovranno) impegnarsi in qualcosa di utile e pratico e farlo al meglio possibile (e senza essere scansafatiche, pretenziosi e superbi) per se e per la comunità. Io interpreto così l'intervento dell'anonimo.
Lidia ha scritto...
gli operai come i pubblici dipendenti che rischiano il licenziamento ed i precari sono sicuramente vittime. Ma chiediamoci...COSA HANNO FATTO TANTI DI LORO? CHI HANNO VOTATO? COME SI SONO COMPORTATI NEL POSTO DI LAVORO E A SCUOLA? COME HANNO EDUCATO I FIGLI? Perche' si ribellano proprio ora e non quando il sistema faceva loro comodo e sapevano che era sbagliato? Perchè sono stati complici?
Non dico che siamo alla nemesi, ma alla resa dei conti e ad un cambio di mentalità, sì!
Lidia ha scritto...
E se vi sono tanti nababbi con stipendi da capogiro la responsabilità è stata pure di quell'elettore- precario, o elettore-operaio o elettore-dipendente pubblico che ha votato ed è stato colluso con i politici che hanno creato questo sistema. Attualmente credo che tali elettori/vittime siano pronti ancora una volta a non fare assolutamente nulla per prendersela con i potenti e a rivotare gli stessi. Al massimo tanti preferiscono i suicidi alla vera protesta che è di dire no, non solo politicamente ma moralmente.
Un padre che consiglia il figlio di darsi da fare e di scegliere il percorso migliore per sè, è un cittadino morale, per esempio. Un padre che consiglia il figlio (e ne dà l'esempio) di comportarsi educatamente, con impegno e di rispettare le norme civili della propria comunità, è un cittadino morale.
Quello che a noi italiani manca in ambito scolastico e sociale è una cultura direi protestante calvinista, cioè di impegno e fatica per avere successo e soddisfazione. Ne abbiamo un'altra di tipo becerocattocomunista che invoca il buonismo e "chi te lo fa fare?"
Io vedo l'attenzione alla formazione professionale, con il giusto peso e la giusta eguaglianza rispetto a quella liceale, come la rivoluzione copernicana della nostra scuola e la speranza per un futuro migliore grazie ad alunni futuri cittadini educati ed istruiti in modo diverso rispetto al passato.
Lidia ha scritto...
e comunque...le scuole per la formazione professionale devono essere organizzate in modo tale da dare possibilità a tutti di imparare, ma devono prevedere un titolo di studio con validità legale da raggiungere con esami, orali e pratici, seri.
Io sono sicura che la maggior parte degli alunni bocciati all'alberghiero, di cui stiamo parlando in questo post, intraprenderanno gli studi altrove con maggior impegno e attenzione, visto che saranno sottoposti a maggiori sacrifici sia loro che i familiari: dopo le proteste apprezzeranno di più quello che possono avere tramite la scuola, saranno orgogliosi di quello di cui saranno capaci grazie al loro impegno e avranno un cambio di mentalità.
Questo è l'augurio che faccio loro.
Nelle fattorie del Chianti, dove sono in vacanza, e nei ristoranti della zona i lavori manuali li fanno i lavoratori stranieri. Volevo semplicemente dire che questi lavori cominceranno a far gola anche agli italiani. Che male c'è? Se ci sono milioni di extracomunitari ci sarà pure una ragione, mica sono qui per il clima? Perché VP si arrabbia tanto?
Tommaso
x tommaso:
non sono arrabiato; ho detto solo quello che pensavo!
mi sembra - anche con riferimento ai post di lidia - che i problemi siano più di uno, fra loro collegati variamente (ma non in semplice relazione causa-effetto).
1) gli effetti della crisi che colpiscono sia gli impiegati statali che gli operai;
2) le scelte scolastiche che - a posteriori - risultano errate (però ci sono altre voci dicono che con la laurea è più facile trovare lavoro);
3) la qualità delle scuole non-licei che è indubbiamente più scadente anche per carenza di laboratori adeguati e - bisogna pur dirlo - del permanere di una forte impronta liceale-teorica nei contenuti e nei docenti;
4) "milioni di extracomunitari ci sarà pure una ragione", almeno in alcuni casi, potrebbe essere la condizione di irregolarità più vantaggiosa per il "padrone" e il salario non contrattuale e più basso (o l'orario più gravoso) per chi sta peggio di noi però poi (dopo mesi o anni) torna a casa; sono tutti in regola i lavoratori delle fattorie del chianti? ci sono aziende che, anche per gli italiani, pretendono 8 ore invece delle sei pattuite [così, gioni fa, un mio ex alunno incontrato per puro caso].
Lidia ha scritto...
In riferimento a quello che ha scritto V.P a proposito del fatto che chi ha la laurea trova lavoro prima, dalle informazioni in mio possesso mi risulta che invece abbiano le stesse difficoltà degli altri se non di più. So per certo che per esempio in liguria è meglio nascondere il fatto che si è laureati se si vuole trovare un qualsiasi lavoro: da quello più alto a quello umile.
Qualcuno mi sa spiegare il perchè?
"nascondere il fatto che si è laureati"
ipotesi: chi propone un lavoro per non laureati forse teme che il laureato accetta in mancanza d'altro e poi lascia se trova di meglio.
molte notizie sull'argomento. bisognrebbe approfondire:
http://www.google.it/search?q=lavoro+pi%C3%B9+facile+laureati&rls=com.microsoft:it:IE-SearchBox&ie=UTF-8&oe=UTF-8&sourceid=ie7&rlz=1I7GGLL_it&redir_esc=&ei=GQwZUILxL6fU4QSovoCADg
Lidia ha scritto...
Grazie.
Tutti questi test, prove, valutazioni etc.. servono semplicemente, detto fuori dai denti, a far scivolare una certa quantità di denaro nelle tasche di chi ha gli appoggi “giusti”.
E non solo in questo campo, ovviamente: i “corsifici” sono ormai dilaganti in tutto il tessuto economico italiano.
Venendo alla Scuola, una volta il più probante test attitudinale veniva “somministrato” dagli stessi alunni.
Anni ’80.
Un Amico si laurea qualche anno dopo di me e mi chiede come fare per avere qualche supplenza temporanea.
Domanda alle Scuole, viene chiamato per sostituire un Collega in malattia.
Il Preside lo accoglie, gli consegna il Registro e lo spedisce in Classe.
Dopo un’ora, al suono della campana, il giovane neolaureato si ripresenta dal Preside e gli riconsegna il Registro.
“Non è una carriera adatta a me.....” esclama uscendo frettolosamente dall’edificio scolastico.
Non ci è più rientrato.....
Antonello ha detto... "Tutti questi test, prove, valutazioni etc.. servono semplicemente,...."
possiamo chiamarla moda, test-mania, quizzeria e non ha finalità così, o solo, semplicistiche e banali. è un'operazione vasta, pervasiva, intende delegittimare le valutazioni dei docenti, mettere o mantenere questi in situazione di inferiorità e disagio rispetto a d.s., alunni e famiglie, miur, opinione pubblica, depotenziarli professionalmente e sindacalmente; miur, governo e politici la utilizzano come scudo e arma; tutta la scuola ne risulta stravolta: invece di insegnare e di apprendere, ci si impegna per avere buone valutazioni a prescindere; la forma e l'apparenza invece della sostanza e della realtà.
Cambierebbe, forse, il destino degli studenti dei professionali se valutati con quiz e test? I problemi si risolvono alla radice e non con le formulette scopiazzate qua e là.
Volevo dire che si risolvono facendo nascere una vera formazione professionale che non esiste neanche nel Lazio
fulvia
Un laureato su due diventa impiegato e guadagna meno di mille euro al mese
Profumo leggerà in vacanza don Milani. Che lo illumini e lo spinga a rinunciare ad assumere nei prossimi due anni circa 20.000 docenti di religione. Infatti, a partir da quella data, tutti i docenti di religione dovranno essere laureati in teologia impedendo così a migliaia di maestre d'insegnarla! Amen.
"w" ha scritto
"Intanto a Firenze muore uno straordinario artigiano della scarpa, ovviamente straniero, e si scopre che i suoi soli allievi erano tre giapponesi,
Se è quello che penso io (e ci sono rimasta malissimo perché, per quanto superficialmente, lo conoscevo da più di vent'anni, da quando aveva la botteguccia invisibile di tre metri quadri, e non faceva ancora i pregiatissimi pezzi unici su misura, ma si arrangiava facendo le riparazioni di tacchi consumati per scarpe comuni), devo precisare che non era affatto straniero.
Aveva un cognome di lontana origine austriaca, ma risalente ai nonni o ai bisnonni... lui era cresciuto a Greve in Chianti, ed era del tutto toscano.
L'unica cosa che mi fa specie è che gli abbiano fatto il funerale in chiesa, dopo che era stato notoriamente, per tutta la vita, un militante radicale e un sostenitore della laicità... ma ovviamente non posso entrare nel merito delle scelte più intime sue e dei suoi familiari.
Lisa
Artigiani, morto il calzolaio Bemer: era il mito dei grandi di Hollywood
Mi correggo: più che il cognome è stato un articolo di un giornale locale a farmi credere che fosse straniero. resta il fatto che i suoi allievi sono giapponesi e aggiungo che starnieri sono anche le allieve che approfittano, talvolta, dell'insegnamento di un mio amico. Lauro Pepiciello, straordianario maestro doratore( le sue cornici abbelliscono capolavori dei maggiori musei italiani)che probabilmente quando andrà in pensione chiuderà bottega e, come dicono in Via del Campuccio, chi si è visto si è visto.
VV
Mi permetto di ricordare qui una straordinaria persona, Maria Ciccotti, che negli anni 50 a Pieve Bovigliana (meraviglioso centro in provincia di Macerata meglio noto per la distilleria che produce un pubblicizzato mistrà) riscoprì la tecnica del telaio a liccetti.
Notizie qui: http://www.iltelaio.info/Storia/ciccotti.htm
Come è indicato nella terza pagina delle note biografiche di cui al link, fondò un Istituto professionale che fu chiuso dopo pochi anni.
Chiuso per carenza di iscritti, aggiungo io: ben ricordo (ero un bambino quando l'andavamo a trovare ogni volta che tornavamo a quella che per me è la terra dei Padri) le sue sconfortate considerazioni sul fatto che, nonostante ogni volta, anche in esposizioni internazionali a Parigi e New York, i suoi tessuti riscontrassero un grande successo e lei non riuscisse a soddisfare le potenziali ordinazioni, pochissime ragazze volessero imparare quel mestiere, preferendo diplomarsi dattilografe o segretarie d'azienda, titoli che apparivano più prestigiosi anche se portavano spesso alla disoccupazione.
D’altro canto, nello Stivale, se la passano male anche i giovani che si incamminano sulla strada della formazione professionale: fra il 2008 e il 2010, il numero medio annuo di occupati con contratto di apprendistato si è ridotto di oltre 100.000 unità.
leggi tutto:
Gli Stati Ue investono sull’alta formazione l’Italia fa il contrario e affonda la competitività
Nell'articolo mi sembra si confermino le conseguenze disastrose della scelta, da parte di molte regioni, di non voler seriamente affrontare il problema della formazione professionale. Nel limbo in cui essa è collocata si vieta ai ragazzi che aspirano essenzialmente ad imparare un mestiere di poterlo fare. Nello stesso tempo coloro che potrebbero aspirare ad una alta formazione post-scolastica sono costretti a dover, come diceva un vecchio artigiano fiorentino, ponzare per anni in attesa finalmente che le classi possano diventare alla fine, ma proprio alla fine, aule degne di questo nome.
Lo stesso artigiano diceva anche che i mestieri si imparano all'età in cui si impara con facilità. Pretendere di diventare bravi artigiani dotati di competenze specifiche e veramente professionali, significa far "ponzare" il meno possibile i nostri ragazzi e magari ispirarsi a quello che avviene, oltre al sempre citato Trentino, in quel paese che si chiama Germania, che non mi sembra il più arretrato tra quelli europei sia sul piano economico che su quello sociale e culturale.
Ho dimenticato di dire che in Germania i ragazzi che a 14-15 anni si iscrivono in un percorso professionale sono obbligati a trovarsi, da soli, una struttura ove da subito fare esperienza pratica. Senza questa contratto di tipo privatistico tra il ragazzo e l'impresa, la scuola non accetta l'iscrizione. Di solito il primo anno non ricevono alcun contributo da parte del "datore di lavoro". ma al secondo anno, solitamente, i ragazzi cominciano a ricevere degli incentivi economici che diventano progressivamente sempre più robusti. Quasi sempre alla fine del tirocinio molti di loro vengono assunti nella stessa struttura ove hanno maturato l'esperienza pratica che è, come sappiamo, di gran lunga prevelente rispetto a quella scolastica.
Leggo sul giornale di oggi che gli istituti alberghieri fiorentini non riescono a far fronte alla grande richiesta di iscrizioni. Anche in provincia accade la stessa cosa e mi complimento con i Dirigenti scolastici come Vagnoli che si spendono con competenza, rigore ed energia affinchè i ragazzi dei professionalisiano valorizzati nella loro scelta.Mi trovo daccordissimo sul fatto che si insista sullo studio delle lingue straniere poichè vi è la linea di demarcazione che fa dei ragazzi veri professionisti .Mi permetto di dire che il fatto di aver dilazionato nella mia scuola gli fhp lo trovo coerente con una ottica di maggior qualificazione.Ci siamo presi un pò di tempo per stare a guardare ma penso sia la strada giusta
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