martedì 9 aprile 2013

L'ADI: ABOLIRE GLI ISTITUTI PROFESSIONALI

L'Associazione Docenti Italiani, da sempre in prima fila per la valorizzazione dell'istruzione e formazione professionale, rilancia: facciamo come a Trento e a Bolzano, dove si sono aboliti gli istituti professionali - da ormai vent'anni "licealizzati", con gravi conseguenze sull'insuccesso scolastico - convertendoli in parte in istituti tecnici, in parte in istituti per la formazione professionale gestiti dalle regioni (come vorrebbe la Costituzione). Leggi.

15 commenti:

paniscus ha detto...

Non sono assolutamente d'accordo su un punto, ossia l'esaltazione del liceo delle scienze applicate come "liceo scientifico VERO", contrapposto a quello tradizionale che invece sarebbe un confuso "calderone".

Oltretutto, mi pare veramente contraddittorio e ingenuo sostenere una cosa del genere nel contesto di un articolo, per il resto condivisibile, che appunto critica fortemente la moda delle "licealizzazioni facili".

Attualmente, chiunque ci lavori può constatare come sia esattamente il contrario... ossia sono le sezioni di scienze applicate ad essere, appunto, un vago calderone che fa parte IN PIENO della "moda di licealizzazione facile", e che attrae iscrizioni di studenti dal livello di preparazione di partenza nettamente più basso di quelli delle sezioni tradizionali.

Se poi tra qualche anno assumerà veramente un'identità propria e diventerà una cosa seria, se ne riparlerà, ma adesso è esattamente così: al liceo delle scienze applicate si iscrivono mediamente ragazzi meno preparati e meno motivati, che sono attratti da quell'indirizzo solo perché pensano che, non essendoci il latino, sia "più facile" e che ci sia da studiare meno.

Esattamente come era successo con la trasformazione dei vecchi magistrali in due corsi distinti, lo psicopedagogico (considerato più impegnativo) e quello di scienze sociali (considerato "facile", che finì per attrarre un'utenza del tutto confrontabile con quella dei professionali).

Parliamoci chiaro, attualmente i ragazzi che scelgono il liceo delle scienze applicate, non è che ci vadano perché sono eccezionalmente motivati nelle materie scientifiche o perché lo considerino una forma di eccellenza di liceo scientifico "vero": per la maggior parte di vanno perchè sono meno motivati, in generale, in quasi tutte le materie, e perché pensano che le richieste di impegno siano più basse.

Lisa

Teresa ha detto...

Quello che dice Lisa è generalmente vero, a parte alcune eccezioni. Ma se gli studenti credono che l'assenza del latino renda il liceo più facile, la colpa è da attribuirsi soprattutto agli insegnanti di materie scientifiche. Se in questo liceo le scienze "dure" fossero insegnate in un certo modo e maggiormente approfondite, credo che si arriverebbe a preferire il latino del liceo scientifico tradizionale. Purtroppo i programmi di matematica sono grosso modo gli stessi, la fisica è insegnata in modo obsoleto; non parliamo della chimica, che in un liceo delle scienze applicate dovrebbe essere una delle materie fondamentali ma è insegnata nel calderone "scienze" in modo del tutto inadeguato, senza che sia neanche prevista una valutazione a parte!

Unknown ha detto...

Concordo pienamente con Lisa. Chi sostiene che il liceo scientifico con scienze applicate sia meglio del liceo scientifico con il latino evidentemente non ci lavora. Anna

Papik.f ha detto...

Il fatto è che l'articolo, per quando sostenga cose condivisibili sull'istruzione professionale, è viziato da un pregiudizio di fondo, evidente anche da quanto si dice dal liceo classico. Quello per il quale la formazione umanistica sarebbe ormai utile solo a chi si avvia a studi antichistici, glottologici o archeologici, e non più come di palestra di base per l'allenamento allo studio autonomo e per l'esercizio del pensiero critico come era un tempo.
Questo a mio parere non è affatto vero e, del resto, se non mi sbaglio di molto, nei Paesi anglosassoni si sta di recente riscoprendo il valore delle lingue classiche nella formazione liceale.

valerio vagnoli ha detto...

Penso che non esista una scuola migliore rispetto alle altre: esiste, o dovrebbe esistere, una scuola adatta alle attitudini di ciascun ragazzo. E dovrebbe esistere una mentalità in grado di evitare che i ragazzi e la società la gerarchizzino. Conosco docenti e dirigenti che si ritengono, lo dico sul serio, più bravi perché insegnano e dirigono licei e tecnici. E conosco ragazzi che guardano dall'alto in basso i loro coetanei che frequentano i professionali. Allo stesso modo è estremamente infantile o superficiale ritenere i licei sorpassati e inadeguati alla modernità. Possibile che chi si occupa di scuola sia spesso accecato dai pregiudizi, dalle mode o dall'amore per le pianificazioni culturali? Si arriverà a far respirare ai nostri ragazzi che l'importante è impegnarsi per delle motivazioni e per delle attese, nessuna delle quali li rende superiori o inferiori agli altri che ne hanno di diverse?

Papik.f ha detto...

Per quanto mi riguarda, credo di aver già avuto modo di dire in un altro post come consideri il periodo più felice delle mia carriera di insegnante quello in cui ho insegnato in un professionale per la grafica pubblicitaria. Soprattutto per la capacità professionale e la creatività dei colleghi, ma anche perché con la maggior parte di quei ragazzi mi trovavo veramente bene.
Peraltro, è innegabile che esistano e debbano esistere alcuni tipi di scuola più adatti a chi intende proseguire gli studi e altri più adatti ad accedere ad attività lavorative.
Il punto è che non si deve gerarchizzare tra scuole perché non si deve gerarchizzare sulla base dell'attività lavorativa che uno svolge. Perché mai uno che fa bene il barista o l'autoriparatore dovrebbe essere considerato di meno di uno che fa il ricercatore?
La cosa paradossale è che simili discriminazioni si tende a farle soprattutto a sinistra, sicché è proprio a sinistra che più facilmente ci si scandalizza all'idea che un giovane possa essere avviato a un'attività manuale; e in tanti anni che ci penso, non sono ancora riuscito a capire fino in fondo il perché (anche se qualche idea me la sono fatta).

paniscus ha detto...

La cosa paradossale è che simili discriminazioni si tende a farle soprattutto a sinistra, sicché è proprio a sinistra che più facilmente ci si scandalizza all'idea che un giovane possa essere avviato a un'attività manuale; e in tanti anni che ci penso, non sono ancora riuscito a capire fino in fondo il perché (anche se qualche idea me la sono fatta).

Mah, presumo che 30 o 40 anni fa la motivazione stesse nella visione della *fabbrica* come unico luogo possibile di produzione e unico possibile motore dell'economia... per cui, l'idea del "lavoro manuale" era associata inseparabilmente alla figura dell'operaio tradizionale, non qualificato, obbligato a un lavoro ripetitivo e infinitamente sostituibile, e sfruttato al servizio del capitalista industriale.

Ma adesso questo schema non esiste più... e anzi, è diventato ancora più probabile essere sfruttati, sottopagati e vessati in lavori apparentemente "concettuali" e per i quali si richiedono titoli di studio più elevati!

paniscus ha detto...

Come volevasi dimostrare:

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/04/09/news/concorsi_lavoro_gratis_pa-55858335/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2013%2F04%2F09%2Fnews%2Flavoro_si_ma_gratis-56291580%2F

Papik.f ha detto...

Quanto dice Paniscus è vero, ma secondo me c’è una causa più ampia e più profonda, legata alla radice marxista della sinistra italiana. Marx aveva fatto una profezia, ritenendo che le cose si sarebbero ineluttabilmente sviluppate in un certo modo e che questo avrebbe altrettanto ineluttabilmente portato all’affermazione del comunismo. Essere di sinistra, dunque, ha lungamente voluto dire essere a conoscenza di come le cose sarebbero andate; negare che così sarebbero andate voleva dire essere ignoranti e non sapere da che parte fosse la Storia, oppure essere intimamente corrotti.
Ne derivava una identificazione dell’ignorante con il nemico politico e viceversa, unita alla convinzione di una propria superiorità antropologica: idee che, entrambe, non si sono ancora esaurite oggi che alle profezie di Marx non crede più quasi nessuno (per capire perché dico “quasi” basta parlare con certi colleghi, soprattutto di Storia e Filosofia).
Con un giretto in rete ci si può facilmente rendere conto, infatti, di quanto l’idea di una superiorità antropologica di chi è di sinistra sia a tutt’oggi diffusa e sostenuta da intellettuali e collettivi culturali (che, beata ignoranza, non sono neanche sfiorati dal dubbio di dimostrarsi, in tal modo, razzisti). Oppure basta considerare come la sinistra italiana, per ben vent’anni, non sia riuscita a rendersi conto dei motivi veri del successo politico di Berlusconi e a individuare strategie e tattiche per contrastarlo, negando la realtà, trincerandosi dietro l’illusione che gli Italiani sbagliassero perché abbrutiti da soap-operas e reality-shows e illudendosi di poterlo “far fuori” per vie legali (con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti).
In conclusione: poiché diffondere la cultura significa diffondere il Verbo, privare i giovani di certe materie di insegnamento significa, appunto, privarli della conoscenza della Verità. Non solo, quindi, chi esercita un’attività manuale in forma dipendente è visto come uno schiavo assoggettato al Potere, ma se la esercita in modo autonomo (come un artigiano, un commerciante, ecc.) è ritenuto con larga probabilità un pervertito.

pippo ha detto...




















































































































































































































































































































































































































Una sinistra nata in sacrestia, casa del popolo o chiesa che sia. La certezza della verità assoluta
e Berlusconi ringrazia e saluta.







pippo ha detto...

una sinistra nata in sacrestia
casa del popolo o chiesa che sia.
La supponenza della certezza assoluta
così il berlusca ringrazia e saluta

paniscus ha detto...

per papik:

scusami, ma la tua ricostruzione mi sembra totalmente fuori dalla realtà, se trasportata di peso nella situazione politica e culturale di oggi.

Probabilmente le tue osservazioni sarebbero state fondatissime facendo riferimento ai marxisti di 40 anni fa, ma non trovo minimamente plausibile che gli esponenti della sinistra di oggi facciano ancora riferimento a quelle idee.

Faccio presente che molti di loro (compresi i più pericolosi, come Francesca Puglisi o affini) 40 anni fa erano ancora all'asilo o alle elementari, e sicuramente non si sono formati alle scuole di partito delle Frattocchie...

PIPPO ha detto...

Non mi sembra, se si guarda anche a livello locale, che gran parte dei militanti e chi ha il potericchio siano della generazione della Puglisi.

paniscus ha detto...

però a me non sembra nemmeno che siano marxisti, tutt'altro...

Papik.f ha detto...

Chi ha mai detto che la sinistra di oggi è marxista? ho detto solo che ha mantenuto, dell'originaria impostazione marxista, la presunzione di essere sempre nel vero.
Poi i duri e puri ci sono, e sono quelli che non solo schifano Renzi ritenendolo decisamente di destra, ma considerano anche Bersani un traditore della causa. Non sono certo in maggioranza in politica; ma non sono sicuro che nella scuola siano poi così pochi. Certo, non nella generazione di Francesca Puglisi. Ma nella mia, purtroppo ...