mercoledì 20 aprile 2016

I PROBLEMI TRA SCUOLA E FAMIGLIA NON SI RISOLVONO SUI GIORNALI

I recenti fatti di cronaca, che hanno visto un ragazzo e una ragazza autistici esclusi da una gita in due diverse  scuole, hanno avuto una larga eco mediatica. Per entrare nel merito di questi episodi sarebbe necessario saperne di più, ma le cronache sono spesso lacunose. Quando si tratta di fare i conti con le problematiche legate ai ragazzi disabili occorre essere sempre prudenti, anche se mai ipocriti. E purtroppo c’è spesso fretta di dare dei giudizi e di individuare i buoni e i cattivi. Come dice in un’intervista a “La Repubblica” una docente di sostegno, “non esiste un autistico uguale all’altro. C’è chi riesce a relazionarsi, chi non parla, molti hanno bisogni di farmaci, c’è chi riesce a venire in gita, chi ha genitori che non se la sentono conoscendo la gravità della situazione e chi invece viene per dormire con i figli”. Dunque, in mancanza di informazioni più complete, non possiamo parlare subito di discriminazione o di scarsa disponibilità da parte dei compagni, se non se la sentono di condividere una camera a due letti con un allievo autistico. E per evitare confusi processi mediatici, che possono rendere insanabili i conflitti a tutto danno dei ragazzi, bisognerebbe che gli uffici scolastici provinciali e regionali predisponessero un pronto intervento di mediazione in caso di problemi tra scuola e famiglia e invitassero i genitori a  rivolgersi a loro invece che ai giornali.
Detto questo, bisogna aggiungere che la situazione dell’integrazione in Italia non è tutta rose e fiori. Come molti sanno, il nostro Paese è stato il primo al mondo ad aver fatto la giustissima scelta di inserire nelle scuole i ragazzi disabili. Tutto è avvenuto, però, demandando alle scuole il compito di arrangiarsi rispetto alle difficoltà innegabili che una scelta del genere avrebbe comportato. Purtroppo la situazione nei decenni è cambiata di poco: ancora oggi la stragrande maggioranza degli edifici scolastici non ha gli spazi idonei a una didattica personalizzata o per piccoli gruppi, né è dotata di laboratori adeguati, primi fra tutti quelli per i ragazzi autistici che, in molti casi, hanno necessità di spazi silenziosi, essendo molto sensibili ai rumori. Ma ancora più grave è la situazione dei docenti di sostegno, una parte dei quali non è dotata dei titoli di specializzazione. Capita sempre più spesso che dei ragazzi difficilissimi, sia sul piano caratteriale che su quello motorio, siano affidati a supplenti alle loro prime esperienze. Capita anche che il contributo dei neuropsichiatri non risulti adeguato, sia perché non sempre sono abbastanza competenti in materia, sia perché sono troppo pochi rispetto alle necessità. Infine un discorso a parte lo si deve fare per i ragazzi disabili che frequentano le superiori. Quasi sempre vengono indirizzati negli istituti professionali, anche quando potrebbero seguire altri indirizzi. Riunirli in gran numero nelle medesime scuole comporta il rischio che certi istituti ritornino a essere “speciali”, una sorta di ghetto istituzionalizzato. Per risolvere i problemi non è sufficiente la “disponibilità ad accogliere”, come alcuni pensano (“l’amore non basta”, direbbe Bettelheim). C’è bisogno di competenze, spazi, mezzi idonei. Insomma, più concretezza e meno retorica. 
Valerio Vagnoli, Giorgio Ragazzini

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto su La Stampa che c'è una grossa divisione tra i genitori della classe di Legnano. La ragazzina autistica sarebbe andata alla gita al campo di concentramento e avrebbe dormito con la docente di sostegno. Ai suoi genitori questo non andava bene e pretendevano che dormisse con le sue compagne. Questa frattura avrà ricadute pesanti anche sui ragazzi della classe. Un bel casino e a rimetterci saranno i ragazzi tutti, a partire dalla più sfortunata.

GR ha detto...

In aggiunta a quanto detto nell'articolo, e sempre senza entrare nel caso specifico, va detto che i bambini della primaria sono molto disponibili con i compagni disabili, ma nell'adolescenza questa disponibilità spesso è minore in relazione all'evoluzione psichica (nuovi desideri, fortissimo legame con il gruppo, eccetera).

Papik.f ha detto...

Sempre senza entrare nello specifico, di cui non so nulla, come tutti i colleghi ho ormai una certa esperienza di classi comprendenti ragazzi con serie disabilità mentali e comportamentali.
In genere sono benvoluti e protetti da tutti, talvolta coccolati, e i compagni accettano anche comportamenti improvvisi e imprevedibili, prendendosi graffi o morsi o lanci improvvisi di oggetti con un sorriso o una battuta, come ho visto accadere più di una volta.
E questo è un fatto positivo, io alla loro età vedevo queste persone (esempio fratelli di amici) in modo molto diverso, anche con una certa ripugnanza, devo ammetterlo. Basterebbe questo per giudicare positivamente l'inserimento dei disabili nella scuola.
Ma nell'istituto scolastico, in gruppo. In gita, magari in due o tre in una camera da letto, nello svolgimento di un'attività che è attesa per mesi come momento di svago e divertimento, la questione è un po' diversa. Anche in relazione a quanto detto da GR, che è giustissimo.
Inviterei, se potessi (ma non stanno certo a sentire me), tutti gli spacciatori di opinioni mediatiche a un tanto al chilo a rifletterci su, a mettersi nei panni di quei ragazzi e a considerare seriamente da quale parte stia in realtà l'ipocrisia e se loro ne siano del tutto immuni.
Sempre parlando in generale, perché la specifica situazione potrebbe essere diversa da come possiamo immaginarla.

Io Non Sto con Oriana ha detto...

Una presa di posizione piuttosto sorprendente: in questa sede nessuno si è sognato di mettere in dubbio autorevolezza, obiettività e utilità delle gazzette, purché caldeggiassero giridivite e tolleranzezzèro.

Ludovica ha detto...

Buonasera a tutti. Io sono sempre stata dell'opinione di sopprimere l'usanza delle gite di istruzione. Troppi problemi, troppe polemiche, troppe responsabilità per i docenti, nessuna ricompensa per essi che devono sempre accompagnare a costo zero, grandi sacrifici, enormi rischi. La scuola la si fa in classe.
Se proprio si vuole continuare a farle sopravvivere chiedere che vi sia almeno un genitore per alunno (disabile o meno) disponibile ad accompagnare.
Anche quest'anno mi sono rifiutata di essere disponibile per le gite d'istruzione anche di un giorno. Vedo che tanti colleghi stanno iniziando a seguire il mio esempio.

Papik.f ha detto...

Anch'io ormai da anni non sono disponibile per le gite con pernottamento e cerco di evitare anche quelle di un giorno, per i motivi esposti da Ludovica.
Non sono però d'accordo sull'affermazione apodittica "la scuola la si fa in classe". Dipende da che scuola. Ci sono attività che richiederebbero l'uscita e il viaggio e che sarebbero assai utili.
La classe di un istituto professionale che va a uno stage o a un salone / fiera relativo al proprio ambito lavorativo compie un'esperienza assai utile e formativa. Lo stesso la classe di un Liceo artistico che va alla Biennale. O quella di un classico che va al Teatro greco di Siracusa. E gli esempi potrebbero essere molti altri.
Purtroppo queste utili attività andranno progressivamente a sparire, per tutti i motivi esposti, per questo sopra ho usato il condizionale.
Prima di tutto per i rischi. Chi accetta ancora di andare, secondo me non si rende ben conto del rischio che affronta: quello di rovinarsi la vita completamente e definitivamente, e di rovinarla anche ai propri familiari. E' ben vero che questo rischio, date le condizioni delle nostre scuole, lo si corre comunque quotidianamente (vedasi il caso di Rivoli Torinese), ma perché accettare di accrescerlo in cambio di nessuna retribuzione?
E qui subentra il secondo motivo di rifiuto, perché un senso di dignità professionale dovrebbe, a mio parere, imporre di non accollarsi i rischi che lo Stato ci impone per la retribuzione nulla che lo stesso Stato ci riconosce.
A un datore di lavoro che si comporta così, si dovrebbe solo rispondere: no, grazie, non mi interessa. Trovati qualcun altro. Magari tra i politici, i funzionari, i magistrati.

Anonimo ha detto...

Ora vorrei dire al ministro che se si sbandiera tanto una educazione personalizzata, perché se la si mette in atto tenendo conto di quello che una allieva disabile può o non può fare fibrilla l'intero ministero? Che ci vadano loro in gita: loro, i tanti imboscati negli uffici e graziati dalle raccomandazioni. Si facessero un bel concorso e poi se ne potrebbe parlare.

Ludovica ha detto...

E' vero che i rischi di essere denunciati i proff li si corrono anche in classe (vedi Liceo Darwin di Rivoli Torinese), perrò in questo caso ci si può difendere inviando PER PROFORMA ed ABITUDINE ad inizio anno una bella lettera protocollata al D.S informandolo che in base alla legge sulla sicurezza TUSL 81/2008 ci sono nella classe o scuola determinati arredi (banchi e sedie) oppure tetti, pavimenti, etc. che sono di forte rischio per docenti e alunni. In questo modo in caso di disastri o semplici fratture di arti ad essere considerato responsabile sarà solo il Dirigente Scolastico.
Naturalmente se si sopravvive...

Papik.f ha detto...

Mi dispiace, gentile Ludovica, ma in tutti i corsi sulla sicurezza cui ho partecipato (tra i quali anche uno per RLS, incarico che per fortuna non mi è poi stato assegnato) mi hanno spiegato che le cose non stanno affatto così.
La segnalazione a chi di dovere non esime in alcun modo il docente che è con la classe dall'obbligo di adottare OGNI VOLTA CHE SI TROVA NELL'AULA TUTTI I POSSIBILI COMPORTAMENTI finalizzati a minimizzare il rischio.
Esempio: in un'aula ci sono le finestre a battente che sporgono internamente, il che è del tutto fuori norma. I docenti che usano l'aula segnalano il rischio al Dirigente, al responsabile della sicurezza, al preposto. L'alunno Pierino, un brutto giorno, sbatte la testa contro un'anta aperta mentre la classe è con il docente Bianchi. Il docente Bianchi ne risponde penalmente e civilmente, anche se è tra i firmatari della lettera di cui sopra, a meno che non possa dimostrare di avere adottato, proprio durante quella specifica ora di lezione e non una sola volta all'inizio dell'anno, i provvedimenti necessari. Che possono essere ad esempio: essersi assicurato che tutte le file di banchi non si trovassero neanche in parte al di sotto della linea di apertura delle finestre, avere ammonito gli alunni e proibito loro di spostarsi o di maneggiare autonomamente le finestre, averli prontamente ripresi ogni volta che li abbia visti trasgredire tale ammonizione, aver cercato di impedire l'azione potenzialmente pericolosa dell'alunno Pierino a meno che questa non sia stata del tutto improvvisa e imprevedibile, oltre, naturalmente, a non essersi allontanato neanche per un istante anche se, poniamo, era in corso l'intervallo.
Poi, magari, il docente Bianchi pagherà insieme a Dirigente, preposto, responsabile della sicurezza, capo ufficio tecnico dell'Ente locale e così via. Ma pagherà comunque.

Sandra ha detto...

Ogni giorno è un miracolo se ne usciamo senza conseguenze. Andarsele a cercare è proprio da stupidi. La nostra Ds si arrabbia se non portiamo i ragazzi in gita e a nulla vale il fatto che tempo fa sia morto un ragazzo sulla neve. I Ds non rischiano, o rischiano meno di noi che siamo sul campo.

paniscus ha detto...

Per Sandra: e se si arrabbia cosa succede?
Vi può obbligare?

Non mi risulta.

Vi può obbligare (entro certi limiti) solo se i consigli di classe hanno allegramente programmato la gita e hanno messo per iscritto tale delibera nel documento di programmazione di classe, SENZA preoccuparsi di stabilire subito se ci fossero gli accompagnatori disponibili o no.

Se non c'è nessuno che se la sente di dare la disponibilità con certezza, basta scrivere sul documento di programmazione che non si ritiene di programmare alcuna gita perchè non ve ne sono le condizioni opportune, dopo di che nessuno può obbligarvi.

Sandra ha detto...

Non ci obbliga ma fa la sostenuta per un bel po'.

Ludovica ha detto...

Grazie Papik per le sue informazioni preziose. Però penso che la mia segnalazione funzioni come prova della mia buona fede, cura ed accortezza e che mi possa servire potentemente per scagionarmi qualora accada qualcosa. Rispondendo a Sandra dico che io in quanto coordinatrice di classe nella mia programmazione coordinata di inizio anno ometto di citare le visite di istruzione Nei primi Consigli di classe dell'anno ho anche l'abitudine di far verbalizzare che io non sono disponibile ad essere accompagnatrice per qualsiasi visita di istruzione e chiedo ai miei colleghi di indicare la loro disponibilità o indisponibilità.