giovedì 22 settembre 2016

LOTTA DI CLASSE CONTRO IL MERITO

È proprio di ieri la notizia che il Ministero della pubblica istruzione toglierà di mezzo i voti alle elementari e alle medie, sostituendoli (grande novità) con le lettere, e che verranno resi più facili gli esami finali di terza media e di maturità. Sarà inoltre vietato bocciare nella primaria e reso eccezionalissimo alle medie. La notizia girava da tempo tra gli addetti ai lavori, a conferma che ad ogni cambio di governo nella scuola si deve sempre cambiare qualcosa nel senso di scoraggiare la serietà. Certi mutamenti vengono anche da lontano, da certo egualitarismo sessantottino, che da noi, al contrario di altri Paesi, è eterno e sempre verde.
Questa ideologia è ben sintetizzata in un articolo apparso a firma di Giuseppe Caliceti sul “Manifesto” di ieri e nel quale l'autore, sotto forma di dialogo con la propria figlia, si lascia andare a una inesorabile requisitoria contro il merito, visto come trionfo dell'ingiustizia perché privilegio delle classi sociali più avvantaggiate e perché coltivare il merito a scuola significherebbe addirittura riconoscersi in una visione della società simile a quella nazista e fascista. Per questo giornalista-insegnante, il concetto di merito si traduce sempre in quello di meritocrazia in senso negativo, che per lui ha sempre “la funzione principale e strategica di stroncare sul nascere ogni tipo di naturale invidia e rivincita sociale...”. Ove l'invidia per Caliceti è naturalmente “un'aspirazione sana e naturale” come, mi verrebbe da dire, ci insegnavano certi film muti sovietici degli anni Venti del secolo scorso.
Purtroppo da decenni la parola merito trova sempre minor considerazione proprio nel luogo deputato a farlo trionfare: la scuola, appunto. Svillaneggiato e ritenuto diseducativo, per non dire demonizzato, sta facendo proprio per questo sprofondare, non solo nei test invalsi, il ruolo essenziale della nostra scuola. Che non è più quello degli anni cinquanta e sessanta che era  finalizzato a creare e a selezionare una classe dirigente destinata a perpetuarsi poiché i capaci e i meritevoli di famiglie povere erano tutelati solo a parole in qualche principio della nostra Costituzione ben lontano dall’essere attuato: se volevano studiare, per loro non c'era che il seminario o qualche triste collegio. Da quando la scuola si è finalmente aperta a classi sociali fino ad allora escluse e destinate a replicare la loro bassa condizione economica e culturale, si è innestato una sorta di cancro pedagogico che bandisce istanze come merito e responsabilità, senza peraltro curarsi troppo della qualità culturale della scuola; e finisce proprio per privilegiare la trasmissione dei poteri, delle professioni, delle cadreghe a livello familistico, nel senso mafioso del termine. Mai come in questi anni a scuola è stata così timida nel mettere i suoi studenti in condizione di trarre fuori il meglio di loro stessi, delle loro attese, delle loro curiosità e delle loro vocazioni. Inoltre, davvero non c’è nessuna differenza tra chi fa il proprio dovere e chi no, tra chi studia e chi non lo fa, tra chi copia e chi imbroglia, tra chi rispetta i compagni e chi fa il bullo? Ora che la gran parte dei nostri ragazzi, per fortuna, potrebbe veramente aspirare a una mobilità sociale e culturale un tempo impossibile, mettere al bando il merito, l'impegno e la serietà negli studi serve invece a garantire il trionfo dei più furbi, dei più potenti e infine proprio dei privilegiati. (“Corriere Fiorentino, 21 settembre 2016)

Valerio Vagnoli

34 commenti:

Papik.f ha detto...

Standing ovation!

Papik.f ha detto...

... ovviamente per Valerio Vagnoli, non per il Miur e l'articolo del Manifesto ...

Ezio Scaramuzzino ha detto...

Non so se valga ancora la pena di parlare della nostra scuola. Essa ormai non esiste più, perché così si è voluto che finisse. Quello che resta è una specie di asilo dove i genitori parcheggiano i figli in attesa che diventino grandi. Se poi uno vuole imparare davvero qualcosa, si rivolgerà altrove, non certo alla scuola statale. E' triste doverlo ammettere, ma è così.

Antonio ha detto...

Renzi da democristiano in carriera pensa solo a rilanciare le scuole private. Il boy scout ha riempito i ministeri di baciapile servi e destrorsi peggio dei berlusconiani.

"il diabolico V.P." ha detto...

"Standing ovation!"

pura curiosità: dove hai letto l'articolo? hai comprato il Manifesto oppure ...?

vittorio ha detto...

Evitiamo la rassegnazione e proponiamo con forza che la gestione dell'esame di maturità sia affidato ad una commissione composta tutta da membri esterni. Solo così tutti gli insegnanti saranno incentivati a lavorare e valutare correttamente. In molte scuole durante le prove INVALSI alcuni colleghi aiutano gli studenti appositamente per mascherare la loro incapacità.

Busiride ha detto...

Antonio: magari fosse vero che Renzi pensa a rilanciare le scuole private. Ma purtroppo non può essere vero, per due motivi: 1) Renzi, da buon cattocomunista, è statalista, basti vedere come ha ritrasformato la scuola in carrozzone con le inutili assunzioni in fase C dopo gli opportuni risparmi avviati a suo tempo dalla Gelmini; 2) forse Lei non se n'è accorto, ma dopo quasi 60 anni di governi di centrosinistra la gran parte delle scuole private ha chiuso. Inoltre, dove sarebbero i "baciapile" e i "destrorsi peggio dei berlusconiani" al ministero? La Giannini e Faraone sarebbero baciapile e destrorsi? La prima sarebbe arrivata a essere ordinario e rettore tra Toscana e Umbria essendo destrorsa? Ma per favore!

"Il diabolico VP" ha detto...

vittorio ha detto...

“proponiamo con forza” che vuol dire e chi è il soggetto?

“che la gestione dell'esame di maturità sia affidato ad una commissione composta tutta da membri esterni” sarebbe bello poterlo fare, ma 1) occorre volontà politica che non c’è o non vedo; 2) c’è aspetto economico che è improponibile e ci verrebbe sbattuto in faccia; 3) ormai c’è un andazzo perverso che dovrebbe essere recuperato gradualmente: bocciare anche solo il 10% alla maturità (o esame di stato) causerebbe rivolte popolari, assalto alle scuole.

“Solo così tutti gli insegnanti saranno incentivati a lavorare e valutare correttamente” gli insegnanti già lo fanno per quel che possono, ma sono condizionati dai DS, dalle famiglie, dall’andazzo perverso appena citato.

“In molte scuole durante le prove INVALSI alcuni colleghi aiutano gli studenti appositamente per mascherare la loro incapacità” 1) i quiz invalsi non sono una cosa didatticamente seria e valida; 2) succede anche agli esami di stato (ex maturità).

Anonimo ha detto...

Se esistesse il reato di stupidità, quelli del Manifesto starebbero in galera da un pezzo: in quarant'anni non hanno mai capito il loro fondamentale contributo alla distruzione della scuola pubblica italiana.

Se gli italiani protestassero con il MIUR con la veemenza che usano contro il Fertility Day saremmo un paese di scienziati.

RR

Anonimo ha detto...

Per Busiride: è vero, adesso interessa meno la scuola privata cattolica, ma tira la scuola internazionale per pochissimi. I ricchi dopo il diploma manderanno i figli in anglolandia, gli altri faranno i camerieri pagati con i voucher.
RR

"Il diabolico VP" ha detto...

"Se esistesse il reato di stupidità, quelli del Manifesto starebbero in galera da un pezzo: in quarant'anni non hanno mai capito il loro fondamentale contributo alla distruzione della scuola pubblica italiana."

ma è una battuta paradossale o un vaneggiamento?!

infatti prima Gelmini-Tremonti e ora Renzi-Giannini si sono ispirati al Manifesto !! ah ah ah

Anonimo ha detto...

Sì: collaborano. Gli uni con il pretesto dell'inclusione, gli altri con quello della meritocrazia. Il risultato è sorprendentemente uguale: la morte della scuola. Perché quando il potere si accorge che il contropotere mira allo stesso obiettivo, ne sfrutta le idee anche se poi viene inscenata la caciara della lotta di classe.
RR

paniscus ha detto...

Busiride: "Inoltre, dove sarebbero i "baciapile" e i "destrorsi peggio dei berlusconiani" al ministero? La Giannini e Faraone sarebbero baciapile e destrorsi?"
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Dimentichi che esiste anche un altro sottosegretario all'istruzione oltre a Faraone, che non compare quasi mai sui titoloni strillati, e che ha sempre lavorato nell'ombra.

Si chiama Gabriele Toccafondi e viene PROPRIO da quegli ambienti di destra berlusconiana MOLTO contigui a quelli dei baciapile di cui si parlava (o meglio, al contrario: da quegli ambienti di baciapile che non hanno avuto problemi a schierarsi con la destra berlusconiana anche quando questa non era particolarmente cattolica).

Da quando si occupa di istruzione, e lo faceva già con il governo precedente di Letta, l'UNICA cosa che ha fatto è lavorare a favore dei finanziamenti alle scuole private (ed essendo molto più intelligente di Faraone, e quindi più pericoloso dal punto di vista dell'agenda politica, l'ha sempre fatto in sordina, senza avere nessun interesse a mettersi in mostra facendo spacconate mediatiche).

Mi pare evidente che l'abbiano messo lì apposta, e che abbia buon gioco a tenere un profilo basso lavorando molto concretamente nella propria specifica direzione...

...tanto, a distrarre l'opinione pubblica dalle cose più serie e gravi, ci pensa il suo collega, quello che riveste appunto il ruolo del buffone superficiale e che serve a fare un po' di scena.

Inoltre: è vero che il peso delle scuole paritarie cattoliche è in calo, ma il problema principale NON SONO quelle. E' il giro enorme dei diplomifici laici dal carattere puramente aziendale, che negli anni passati (soprattutto con il ministero Moratti, ma anche in seguito) hanno ottenuto in massa la parificazione con criteri discutibilissimi, e in qualche caso scandalosi. La vera azione di lobbying che condiziona pesantemente le scelte del ministero viene da quegli ambienti, PIU' che dalle scuole religiose, e francamente non mi pare che la Giannini si sia mai mostrata particolarmente critica su questi, anzi, al contrario, li ha sempre caldeggiati e protetti.

"Il diabolico VP" ha detto...

"Perché quando il potere si accorge che il contropotere mira allo stesso obiettivo, ne sfrutta le idee anche se poi viene inscenata la caciara della lotta di classe"

e le responsabilità non sono MAI del potere ma SEMPRE del c.d. vero o presunto contropotere, usato come alibi.

"Il diabolico VP" ha detto...

cmq l'inclusione NON è un pretesto. il potere appronta un'inclusione nominale e stracciona ...

Anonimo ha detto...

Diplomifici e scuole di elites laiche in crescita senza pietà.

paniscus ha detto...

Mi fate un esempio di quali sarebbero, in Italia, le "scuole di elite laiche" che abbiano davvero qualche rilevanza?

E in tal caso, comunque, sono scuole "di elite" anche in senso didattico (ossia scuole impegnative e selettive in cui il livello della didattica è davvero alto, in cui è richiesto di farsi un mazzo così a studiare, e si impara veramente TANTO)...

...oppure sono scuole di elite solo nel senso che sono frequentate dai figli delle famiglie delle elite, e l'unica discriminante per essere ammessi all'elite è quella di potersi permettere di pagare la retta e avere qualche amicizia che conta?

Perché, se si sta parlando del secondo caso, non è affatto detto che si tratti di scuole di livello migliore della pubblica. Ci andrebbero anche i figli ottusi, nullafacenti e viziati di genitori ricchi, che pretenderebbero di diritto il trattamento scolastico di favore, e che quindi avrebbero enorme potere di influenzare (in peggio) il livello della didattica, esattamente come succede nelle scuole private di livello più basso.

francini ha detto...

Prendersela, nel 2016, ancora con la cultura sessantottina mi pare francamente fuori tempo massimo. Ostinarsi a ritenere che la pulsione antieriticratica tragga origine nella cultura sessantottina (e che dunque sarebbe la persistenza e l'egemonia di essa a condurre, sistematicamente, al misconoscimento dei meriti) è illuosrio quanto fuorviante. Può anche esserci stata, assai più limitatamente di quanto se ne favoleggi, la velleità di un apparente livellamento egualitario, sebbene più che altro invocato quale pretesto: ormai è uno di quei refrain buoni più o meno in ogni occasione, tipo "i politici rubano tutti", "tutta colpa dei sindacati", "tutta colpa del sessantotto", etc. Ma chi ritiene che a guidare il processo di misconosciento dei meriti in atto nella scuola italiana dell'ultimo ventennio sia una pulsione egualitaria è completamente fuori strada. Al contrario, l'ambiente studentesco non è stato mai come oggi nevroticamente competitivo, sia tra gli alunni, tra i genitori e tra le scuole stesse. No, non c'è nessun intento egualitario, nessuno.

L'egemonia a cui abbiamo assistito nell'ultimo ventennio, ancora non scalfita, non è quella sessantottina, ma quella dell'omologazione e della mercificazione neoliberista. In questa ideologia, anche l'istruzione è una merce, un servizio da acquistare, particolare ma non assimilabile a olti altri (la palestra, il corso di Yoga, il dietologo, etc.). Gli alunni e le famiglie sono i clienti, i committenti (ultimamente si dice "gli stakeholder"). Il cliente ha sempre ragione.

Le scuole competono per guadagnare quei clienti. Le scuole migliori sono quelle che ne acquisiscono di più. La concorrenza premia la qualità. E' il paradigma neo liberale, nel quale l'unico modello virtuoso è quello del mercato (solo che, piccolo dettaglio, il sapere è un bene talmente particolare che quel paradigma in questo caso non funziona affatto così bene). E' il cliente, il consumatore a decidere, il cliente desidera per lo più un'immediata gratificazione, immerso egli stesso nell'ideologia del godimento immediato. In questo quadro, concetti come sacrificio, impegno, o come il possibile fallimento sono inconcepibili. Sono inconciliabili con questo modello di scuola basato sul consumo e il godimento, sulla soddisfazione del cliente. Il consumatore acquista e, appunto, consuma. La parola sacra di questa scuola è "successo", successo formativo.

La tendenza alla facilitazione e alla progressiva eliminazione di ogni ostacolo nel cammino del "successo", alla conseguente banalizzazione dei contenuti, è quindi strutturale ed inevitabile in questo modello di scuola, non è frutto di quest o quel provvedimento amministrativo o decreto. E' un dato di fondo. Se stai su un piano inclinato, scivoli giù. Per non scivolare devi opporre una costante resistenza, e la resistenza prima o poi si allenta. Ci sarà sempre un'occasione (decreto, riforma, legge finanziaria, etc.), dove le cose precipitano. E, a meno di interventi particolari, precipitano spontaneamente in quella direzione.

francini ha detto...

L'accumulo di provvedimenti, di volta in volta presentati sotto l'esigenza della semplificazione e del risparmio, o dell'esigenza di efficienza ("l'insuccesso dell'alunno è l'insuccesso della scuola") o sotto la patina più suadente e policamente corretta dell'inclusione e della lotta alla dispersione, o ancora della libertà educativa delle famiglie, sommandosi, si muove tutto in quella direzione è impressionante e del tutto coerente, con poche isolate eccezioni (nell'ultimo ventennio, solo alcuni provvedimenti di Fioroni andarono in direzione opposta a questa).

Si tratta di una logica intrinsecamente privatistica, avversa all'impostazione organicistica della tradizione scolastica italiana, tesa a costruire una comunità nazionale attorno ad un sapere condiviso ed una cultura condivisa. Non a caso, il bersaglio della polemica dei riformatori recenti è sempre stato il retroterra in qualche misura "tedesco-hegeliano" del modello scolastico italiano, al quale si è voluto contrapporre un modello liberale, anglosassone, sempre più centrato verso la libertà di scelta dell'utente-consumatore e sempre più orientato verso il paradigma del mercato. La scuola dei consumatori è à la carte, tagliata su misura sulle momentanee esigenze ed aspirazioni di ciascun individuo. ((piccola nota: è buffo che i dati degli ultimi test PISA ci mostrino come le scuole asiatiche, basate su paradigmi ancora più organicistici di quanto non fossero i nostri di 50 anni fa, ottengano risultati che letteralmente fanno a pezzi, surclassano il modello anglosassone, incluse le sue varianti virtuose e stucchevolmente celebrate quale quella recente finlandese; ma su questo aspetto è calato il silenzio))

La presenza dei vecchi esami di Stato stride ovviamente con il paradigma vigente. Si tratta chiaramente di un residuo del vecchio paradigma, ormai fossile. Se non è stato possibile soppiantarli del tutto sul piano formale è solo per l'espresso vincolo costituzionale che ne impone la presenza a fine ciclo (ci si è però premurati di smantellare tutti gli altri esami intermedi, che in passato erano ogni 2-3 anni, incluso l'esame finale della scuola elementare (si noti l'apparente paradosso: mentre, in una sorta di parossismo valutativo, ci si preoccupa di istituire i test Invalsi che dovrebbero misurare oggettivamente le competenze degli alunni con cadenza quasi frenetica, fin dalla seconda elementare, parallelamente si toglie di mezzo quasi ogni esame scolastico di verifica degli apprendimenti)).

Sebbene formalmente ancora in piedi, degli esai si è però via via erosa la valenza e disinnescata la portata di potenziale rischio, di sfida in qualche misura incerta.

Se i provvedimenti che si prospettano sembrano spingere ulteriormente in questa direzione, non vi è motivo di stupore.

Fino a che non si esce dal piano inclinato, prima o poi, poco alla volta, si scivola giù, per quanto ci si affanni di resistere e per quanto ci si illuda, saltuariamente, di essere un poco risaliti.

vittorio ha detto...

"2) c’è aspetto economico che è improponibile e ci verrebbe sbattuto in faccia;". Già ora sono pagati (poco) anche i commissari interni. Il problema economico non esiste per rendere interamente esterna la commissione d'esame senza costi aggiuntivi. Di fronte a questa umiliazione della meritocrazia, almeno provare a rilanciare e afre proposte. Quando era stata paventata la possibilità della commissione interamente interna, la cosa è stata stoppata perché l'opinione pubblica (alimentata anche da questo blog)si è fatta sentire.

Massimo Rossi ha detto...

Mi sono piaciuti moltissimo gli interventi di Francini, ben scritti, ben documentati e condotti con una forte carica argomentativa. Solo due punti vorrei precisare.
Quando lui dice che il '68 è ormai lontano e che quindi altre sono le cause della massificazione e del disimpegno, e ne trova le radici nella mentalità aziendalistica e di mercato attuale, io sono d'accordo in parte ma non del tutto; ricordo infatti che il processo di degenerazione degli studi, la distruzione della disciplina scolastica, la faciloneria delle promozioni generalizzate cominciarono proprio con la stagione sessantottina, quando si sproloquiava dicendo che "bocciare è fascista". E' certamente vero che in seguito il neoliberismo sfrenato ci ha messo del suo, ma l'origine è quella del '68. Del resto dire che un processo storico è ormai lontano è fuorviante, secondo me: sappiamo che la Rivoluzione francese è del 1789, ma i suoi principi vivono ancora nelle democrazie moderne.
Seconda osservazione. Dalla mia esperienza pratica noto che questo condizionamento del mercato e dei "poteri forti", come si suol dire, esiste certamente, ma la colpa è anche nostra che lo accettiamo senza reagire. Quando assistiamo alla sciatteria dei 100 e lode regalati a iosa, quando vediamo commissari interni ed esterni che passano la versione di greco o gli esercizi di matematica ai ragazzi, quando agli scrutini una serie di insufficienze portano miracolosamente ad una promozione, in tutto ciò non possiamo invocare il condizionamento del liberalismo sfrenato, del '68 o di qualunque altra ideologia. Siamo noi docenti che per faciloneria, interessi personali e per non avere fastidi veniamo meno alla nostra professionalità. E in questa società superficiale e materialistica non c'è neanche sa stupirsi tanto di fenomeni come questo.

"Il diabolico VP" ha detto...

Bombardiamo il sessantotto.

Su questo blog il loop o il ping-pong sul ’68 è ricorrente. Chi lo ritiene all’origine e responsabile di quasi tutti i mali della scuola, poi non sa che ripetere INVANO “merito e responsabilità”. INVANO perché non indica chi, come e quando dovrebbe provvedere a una sana restaurazione, a una impossibile retro-marcia nel tempo.

È passato mezzo secolo, abbiamo avuto governi di tutti i colori politici (che ne hanno fatte di tutti i colori!), una riforma a ogni governo.

Ora, per fortuna - hallelujah! hallelujah! – la Buona Scuola di questo governo HA RISOLTO tutti i problemi tanto che ….

Ezio Scaramuzzino ha detto...
Non so se valga ancora la pena di parlare della nostra scuola. Essa ormai non esiste più, perché così si è voluto che finisse. Quello che resta è una specie di asilo dove i genitori parcheggiano i figli in attesa che diventino grandi. Se poi uno vuole imparare davvero qualcosa, si rivolgerà altrove, non certo alla scuola statale. E' triste doverlo ammettere, ma è così.
22 settembre 2016 14:25

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AMARCORD

“Può darsi che non siate responsabili per i danni del sessantotto, ma lo diventate se non fate nulla per rimediare.”
23 MAGGIO 2014 20:46

http://gruppodifirenze.blogspot.it/2014/05/le-prove-invalsi-e-la-responsabilita.html

oppure

http://aldodomenicoficara.blogspot.it/2014/05/etichette-dialettiche-sessantottismo-e.html

"Il diabolico VP" ha detto...

sempre a proposito di merito ....

Favori agli amici e concorsi truccati. In cattedra finiscono i figli dei prof

La corruzione negli atenei e la denuncia di Cantone: subissati di segnalazioni, è la causa della fuga dei cervelli. Da cinque anni una legge vieta ai parenti di insegnare nella stessa facoltà

http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_24/favori-amici-concorsi-truccati-universita-professori-6ad74316-81cd-11e6-bb54-ccc86a7805dc.shtml

GR ha detto...

Per VP: In genere ci arrangiamo con le rassegne stampa, ma in quel caso il Manifesto l'abbiamo acquistato perché l'articolo, segnalatoci dal direttore del Corriere Fiorentino, non era in rete.

A Francini vorrei precisare che quando ce la prendiamo col '68 intendiamo solo indicare il momento in cui, partendo da una contestazione dell'autorità che in qualche misura era comprensibile, si è andata sviluppando una forma mentis permissiva (cioè ignara del principio di realtà) che, complici numerosi pedagogisti e psicologi, ha continuato a innervare in modo egemonico la riflessione sull'educazione e sulla scuola fino a oggi, altro che superato. Un modo di pensare che è stato certo messo in discussione a partire dai secondi anni '90, ma che ha continuato a caratterizzare quasi tutta la classe dirigente di sinistra e in misura praticamente unanime ed estremistica Rifondazione, Sel e simili. In campo educativo, parole come disciplina, sanzione, punire, bocciare sono ancora tabù, a parte eccezioni come Recalcati e poche altri. Essendo questa sinistra impegnatissima a denunciare a ogni piè sospinto i guasti del neoliberismo, come si può sostenere che ne mette in pratica l'ideologia buonista? E' comunque vero che il buonismo è ormai trasversale e che neppure la destra è immune dal virus dell' eccessiva tolleranza in vari campi. Va riconosciuto però al ministero Gelmini (e, come ricorda giustamente Francini, Fioroni) di aver cercato di far qualcosa in direzione contraria, come la rivalutazione della condotta e il famigerato 5 che può far perdere l'anno.

"Il diabolico VP" ha detto...

"Va riconosciuto però al ministero Gelmini (e, come ricorda giustamente Francini, Fioroni) di aver cercato di far qualcosa in direzione contraria, come la rivalutazione della condotta e il famigerato 5 che può far perdere l'anno."

GELMINI, SOLO SULLA CARTA E PER FORTUNA.

siamo in una situazione in cui non sono le normative a determinare quello che accade, ma quello che accade è conseguenza del buon senso - vero o presunto - di docenti e DS e viene poi confezionato per rispettare formalmente le normative.

"Il diabolico VP" ha detto...

"il Manifesto l'abbiamo acquistato"

ok e ovviamente. ma la mia curiosità era di sapere se la standing ovation di papik.f era all'articolo di valerio vagnoli senza aver letto "la meritocrazia spiegata a mia figlia", oppure se lo stesso articolo era stato letto.

Anonimo ha detto...

Ho letto con attenzione le proposte di legge, uscite oggi sul fatto quotidiano.
Che stiano sferrando colpi distruttivi alla nostra scuola, mi pare indubbio.
Sarà il caso che continuiate a rompere le scatole, perché ci stiamo avviando a grandi passi verso uno stato totalitario, computerdiretto, spersonalizzante, privo di qualsiasi tradizione storica e sorprendentemente prodigo nel premiare chi non studia e nel frustrare gli insegnanti.
Il tutto da un governo mai eletto dal popolo.
RR

Papik.f ha detto...

No, non l'ho letto e mi riferivo solo alle frasi riportate o parafrasate nell'articolo di Vagnoli, supponendo che quest'ultimo non se le sia inventate. Quando incontro l'affermazione che il merito sarebbe un privilegio delle classi sociali più avvantaggiate mi passa la voglia di leggere il resto. Perché è così ovvio che chi nasce in una situazione svantaggiata ha l'unica possibilità di farsi strada con il merito, è così ovvio che se non c'è selezione in base al merito, l'unica selezione che ci sarà avverrà in base alle conoscenze e agli scambi di favori tra potenti, che solo un accecamento ideologico può portare a sostenere il contrario. E io di accecamenti ideologici ne ho abbastanza, essendo cresciuto, ahimé, negli "anni formidabili" e avendo partecipato, allora, a una quantità tale di assemblee studentesche da saziarmene per la vita.
Su merito e meritocrazia si è già discusso varie volte; ritengo che il secondo termine, come noto coniato in un romanzo distopico di Michael Young, indichi un rischio reale, ma ritengo anche che, nell'intento o con il pretesto di combattere questo rischio, si sia buttato il bambino con l'acqua sporca, tra l'altro, appunto, non distinguendo tra le due cose.
Gli interventi di Francini sono acuti e ben argomentati e li ho apprezzati moltissimo. Ma, come Massimo Rossi, non vedo alcuna contraddizione tra il sostenere che il degrado sia iniziato dal sessantotto e il criticare le concezioni neoliberiste.
Basta pensare a quanti personaggi si sono affermati come intellettuali, professionisti, accademici, giornalisti, capeggiando le contestazioni di quegli anni (come aveva previsto Pasolini con una chiaroveggenza impressionante) e sono poi passati a formare la spina dorsale della classe politica e della stampa mainstream che sostiene, appunto, quelle posizioni, per ritenere che quello di oggi non sia un altro piano inclinato rispetto al sessantotto: è lo stesso piano, che ha iniziato a inclinarsi allora.

Anonimo ha detto...

Il governo sputa in faccia ai professori. Cupo

paniscus ha detto...

domanda seria, senza provocazione:

ma se una come me (grande curiosità umanistica-antropologica, ma formazione professionale decisamente impostata sulle scienze esatte) volesse studiarsi un po' di documentazione storica e critica fatta bene, proprio sulla storia della scuola italiana e soprattutto sulla storia dell'evoluzione delle correnti pedagogiche dominanti, da dove dovrebbe cominciare?

Ho già letto un po' di materiale sulla storia della scuola in generale (qualcosa di Santoni Rugiu, di Santamaita, e roba del genere), ma la maggior parte di questi lavori si concentra su epoche più lontane, e si ferma agli anni settanta e ottanta.

A me piacerebbe approfondire che cosa è successo negli ultimi 40 anni, possibilmente da un punto di vista critico che abbracci anche i cambiamenti nell'economia e nelle comunicazioni di massa, e il loro influsso diretto o indiretto sulla scuola...

Qualcuno ha qualche suggerimento?

grazie
L.

"Il diabolico VP" ha detto...

boh!

vedi un po':

https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27istruzione_in_Italia

Anonimo ha detto...

Lettera a una professoressa

paniscus ha detto...

"Lettera a una professoressa"
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Seeeeeehh, buonanotte.

L'ho letto 30 anni fa, ed era già completamente superato allora.

E comunque parlavo di saggi di ricerca sulla storia dell'istruzione, non di pamphlet sociali, di diari di testimonianza personale o di editoriali giornalistici.

Anonimo ha detto...

Legga qualcosa di Lucio Russo. Poi guardi il film la Cinese di Godard, per capire come quella generazione di sessantottini, preso il potere nell'istruzione, ha iniettato veleno nella scuola europea.
RR