Che la sintonia tra scuola e famiglia sia di grande importanza e
possa influire positivamente sul rendimento e sul comportamento degli allievi
sembrerebbe pacifico. Tuttavia il come coltivare questo rapporto solo raramente
entra a far parte della formazione e dell’aggiornamento degli insegnanti.
Eppure non da oggi una sollecitazione in questo senso viene dagli episodi di
aggressione fisica o verbale nei loro confronti da parte di madri e padri
scalmanati: un numero di casi relativamente basso, ma indicativo di un peggioramento
della considerazione in cui è tenuta la scuola. E il modo in cui i rapporti con
le famiglie vengono concretamente realizzati può senz’altro contribuire
all’apprezzamento della qualità professionale dei docenti, nonché al prestigio
di un istituto.
Ci sono in primo luogo gli aspetti organizzativi. La riuscita di
un incontro dipende anche dal luogo in cui si svolge. Protezione della
riservatezza, tranquillità, un ambiente curato evitano distrazioni e comunicano
cortesia e rispetto, possibilmente una stanza ad hoc. I genitori non dovrebbero
aspettare il proprio turno in piedi nei corridoi, ma avere almeno la
possibilità di sedersi. Nei limiti del possibile, sarebbe giusto che il
ricevimento avvenisse su appuntamento, come già avviene in alcune scuole. Disporre,
a un’ora certa, di un tempo sufficiente per parlarsi, invece di aspettare in
coda, per poi magari doversi accontentare di un incontro frettoloso, genera
senza dubbio un senso di maggior considerazione. In questo modo, inoltre, chi
lavora può sapere in anticipo per quanto tempo dovrà assentarsi.
Al ricevimento mattutino si aggiunge in genere quello
pomeridiano, soprattutto in considerazione delle difficolta di chi lavora. In
genere si tratta di due soli pomeriggi all’anno, con l’inevitabile sovraffollamento
e un vero e proprio tour de force per
i docenti con più classi e per i genitori costretti a lunghe attese.
Una parte di questi problemi, quella del tempo limitato messo a
disposizione dei genitori per i colloqui, è originata da una normativa
insufficiente. Il contratto della scuola, infatti, prevede che sia il Consiglio
d’Istituto, su proposta del Collegio dei docenti, a definire le modalità, la
frequenza e il tempo “per assicurare un rapporto efficace con le famiglie”,
mentre l’ora di ricevimento è in realtà solo una prassi consolidata. Su questa
base, e nonostante la grande disponibilità di moltissimi docenti, è difficile
per la singola scuola assicurare qualcosa di più del minimo indispensabile. È
doveroso quindi che questo impegno così necessario venga meglio definito e
riconosciuto, anche economicamente.
Detto della necessità di un’organizzazione più vicina a quella
che tutti consideriamo doverosa quando andiamo da un professionista di
qualsiasi genere, è certamente il piano del rapporto personale con le madri e i
padri degli allievi quello decisivo. Una maggiore preparazione per gestirlo e
utilizzarlo favorisce la costruzione di una buona
sintonia sul piano educativo, fondamentale per far sì che all’allievo-figlio
arrivino messaggi coerenti dalla scuola e dalla famiglia. Inoltre, se si crea
un clima di fiducia reciproca, i genitori possono essere fonte di informazioni
utili ai docenti per conoscere meglio i propri allievi, con l’avvertenza che
anche il tipo di domande e il modo di porgerle dovrebbe essere oggetto di una
riflessione, al pari di come nell’ascolto si può trasmettere interesse e
rispetto. Si dovrebbe anche tenere conto di quelle
che la pedagogista Vittoria Cesari Lussu ha definito “le componenti sommerse
della relazione”, tra cui quella probabilmente più diffusa è la paura di essere giudicati genitori non adeguati in base ai risultati e ai
comportamenti dei figli.
E come ci si comporta di fronte a eventuali critiche, a modi
scortesi, a sconfinamenti dell’interlocutore nel campo della didattica? Un
docente dovrebbe essere preparato a evitare il tipo di reazioni che, nel
linguaggio corrente, si indicano con l’espressione “farne una questione
personale”, sforzandosi di mantenere l’autocontrollo. Del resto, il fatto stesso di pensare
al colloquio come a un momento che comporta una specifica competenza
professionale, facendone oggetto di confronto e di aggiornamento, già di per sé
avvia una salutare presa di distanza dal coinvolgimento emotivo.
Se poi un genitore dimostra un’evidente incapacità di dialogare
e diventa irrispettoso, bisogna evitare di farsi trascinare in un crescendo di
botte e risposte, facendo presente che non ci sono le condizioni per proseguire
in modo costruttivo.
In conclusione, anche se credo che siano molti i docenti in grado di condurre il ricevimento in modo appropriato basandosi sull’esperienza e sulle proprie attitudini relazionali, è però vero che la perdita di autorità di maestri e docenti e il diffondersi via social della presunzione di poter discutere con competenza su tutto hanno creato un terreno fertile per tensioni e conflitti prima rarissimi. Di qui il fatto che sia oggi necessario, ma anche interessante, dedicare la giusta attenzione a questo aspetto della professionalità di chi insegna.
Giorgio Ragazzini
Pubblicato sul “Sussidiario.net” il 30 novembre 2022
2 commenti:
Purtroppo il problema si sta estendendo ulteriormente, da quando si sta diffondendo la moda di mantenere i colloqui online, anche se l'emergenza sanitaria è passata.
In base a un malinteso senso di praticità personale, la maggior parte dei genitori (e anche la maggior parte dei docenti) si sta allineando a questa modalità, che sembra pure "tanto più comoda!...", ma che inevitabilmente scoraggia ancora di più la discussione partecipativa, e rende più difficile l'approfondimento dei punti importanti,
oltre a introdurre maggior rischio di fraintendimento (e incoraggiare il malcostume di alcune famiglie che danno per scontata la disponibilità illimitata del docente a essere sempre a disposizione a qualsiasi orario, magari sul numero di cellulare personale o su qualche stramaledetta chat privata...
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