Giorgio Ragazzini, ilSussidiario.net, 31 gennaio 2024
In uno dei suoi intelligenti e spiritosi libretti, Di bene in
peggio (Istruzioni per un successo catastrofico), lo psicologo e
psicoterapeuta Paul Watzlawick ci racconta la piccola ma istruttiva esperienza
del tredicenne austriaco Franzl Wokurka. Il quale, passeggiando in un parco,
arrivò davanti a una grande aiuola piena di fiori, dove un cartello
diceva: È vietato calpestare le aiuole. I trasgressori saranno puniti a
norma di legge. Questo riattivò in lui un tipo di dilemma in cui si
era imbattuto altre volte: rifiutare quell’imposizione “autoritaria”
passeggiando sull’aiuola, col rischio di essere multato, o conformarsi al
divieto per poi sentirsi un vigliacco?
«Si soffermò a lungo, indeciso sul da farsi, finché
inaspettatamente – giacché non gli era mai capitato di fermarsi a osservare i
fiori – gli venne un’idea completamente diversa: I fiori sono
meravigliosi!»
Franzl si era reso conto della
possibilità di un’alternativa al conflitto sottomissione-ribellione. Divieto o non divieto, era lui a
volere che l’aiuola restasse com’era, lui a voler proteggere la sua
bellezza, lui a prescriversi il comportamento conseguente.
Come sappiamo, obblighi e divieti
hanno patito una larghissima impopolarità – non sempre immeritata – negli anni
della “contestazione giovanile”, o perché visti, in una prospettiva
rivoluzionaria, come strumenti di adeguamento ai valori delle classi dominanti,
o perché oggetto di una ribellione libertaria a un’educazione e a una morale
vissute come oppressive. Gli apporti positivi di quella stagione all’evoluzione
del costume sono indubbi. Ma lo sono anche i suoi effetti negativi
sull’educazione, sulla scuola e sull’atteggiamento di molte istituzioni, i cui
rappresentanti hanno in genere perso la convinzione e la determinazione
necessarie a far rispettare le regole che garantiscono la convivenza civile.
Nonostante questo handicap
culturale, l’apologo di Watzlawick offre agli educatori un punto di partenza
per riflettere sulla cosiddetta “interiorizzazione” delle regole, cioè il farle
proprie dopo averle rispettate, diciamo così, “per amore o per forza”. Franzl
ci arriva per una sorta di improvvisa illuminazione; nella realtà si tratta di
una conquista graduale, spesso non priva di regressioni. I genitori sono
chiamati a esercitare la virtù della fermezza (quella che nella tradizione
cristiana si chiama “fortezza”), che è radicata nella consapevolezza di perseguire
il bene educativo dei figli e conferisce credibilità ai loro no e alle loro
richieste. Col tempo si creano le condizioni perché in famiglia e a scuola si
possano far riflettere figli e allievi sulle ragioni che rendono giusta una
regola. E di fronte alle ribellioni dell’adolescenza si può in genere contare
sulla cosiddetta “obbedienza ritardata” di cui parla Konrad Lorenz, quando non
pochi figli finiscono per interiorizzare in buona parte i valori della
generazione precedente, magari con gli aggiornamenti che una nuova epoca ha
ritenuto necessari.
Dopo un percorso educativo
sostanzialmente riuscito ci si allacciano le cinture di sicurezza perché (o
soprattutto perché) si pensa che sia una misura ragionevole, più che per paura
delle multe; e si coopera con convinzione alla raccolta differenziata dei
rifiuti, pur sapendo che difficilmente saremmo scoperti in caso contrario. Si
può anche arrivare a livelli di assoluta eccellenza, come una mia amica che in
Sicilia, una volta salita su un autobus, si rese conto di non avere il
biglietto e per di più non era previsto l’acquisto dal guidatore. Allora gli si
rivolse impegnandosi a comprarlo appena scesa. E così fece, dopo di che lo
strappò.
1 commento:
Il racconto mi sembra un po' ingenuo. Dà per scontato che la regola sia giusta a prescindere. Non lo è, e lo dimostra il fatto che il protagonista cambia idea, ovvero: la regola, è giusta prima o dopo l'illuminazione?
Probabilmente, quello che sto scrivendo lo ha già detto qualcuno prima di me, ma il fatto è che le regole sono necessarie per poter convivere serenamente. Il problema è un altro: chi le decide? Autorità superiori, che comunque devono essere accettate. E chi sono queste ultime? La risposta è nel sistema Democratico che purtroppo ha numerose falle, funziona solo se la gente partecipa e si interessa. E poi: Le regole dovrebbero essere semplici, chiare, comprensibili e soprattutto divulgate capillarmente, in modo che tutti possano facilmente e liberamente comprenderne le ragioni. In questo modo possono non essere condivise ma almeno legittimate ad esistere. Penso spesso ad una frase che mi viene in mente: "Non esiste legge più ingiusta di quella che non viene fatta rispettare" perché è seguita solo dalle persone corrette, gli altri la infrangono abitualmente e se ne avvantaggiano.
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