venerdì 19 giugno 2009

"REPUBBLICA" DEI BOCCIATI

Il quotidiano su cui Mario Pirani si è battuto in questi anni per una scuola più esigente gioca oggi senza mezze misure la carta della "strage degli innocenti", dopo i primi dati che segnalano un aumento delle bocciature. Poteva essere un'occasione di utile giornalismo d'inchiesta; ne viene fuori uno grido d'allarme a suon di luoghi comuni. Completamente dimenticato il fatto che è stato un ministro del PD, Giuseppe Fioroni, a suonare per primo la fine della ricreazione, cosa che del resto lo stesso ex ministro "si scorda" purtroppo di rivendicare e con lui il PD.
L'occhiello del richiamo in prima pagina recita: "Aumentano i respinti e i non ammessi agli esami. L'Ocse critica l'istruzione italiana". In questo modo si suggerisce che lo faccia per questo inizio di maggiore severità, mentre si tratta di tutt'altro, come si scopre nell'interno: "I livelli di apprendimento degli studenti sono tra i più bassi, troppi gli insegnanti, demotivati e mai valutati. Le strutture scolastiche sono vecchie e non dispongono di laboratori moderni. Anche la valutazione degli studenti lascia a desiderare". Delle bocciature non si occupa, né "Repubblica" è sfiorata dal sospetto che i bassi livelli di apprendimento possano avere a che fare
con le promozioni facili dispensate in questi anni (ma anche in questi giorni, purtroppo).
Quasi tutti negativi i commenti raccolti, con tutto il repertorio della colpevolizzazione ultradecennale di quegli insegnanti che non ritengono giusto trattare allo stesso modo chi studia e chi no. Leggi l'articolo di Maria Novella De Luca.

Da aggiungere, infine, alla lista degli interventi contrari anche un pezzo di Ilvo Diamanti su Repubblica.it, in cui si mescola di tutto e di più.

2 commenti:

Maria Ester Mastrogiovanni ha detto...

La scuola italiana è una realtà complessa e multiforme, e riflette una società altrettanto complessa.
La 'passione'contagiosa dell'insegnanete non dipende certo solo dallo stipendio, nè è un elemento solo vocazionale: questo termine nasconde i contenuti di una specifica professionalità che dovrebbe essere fondata sui saperi disciplinari e sulla capacità di gestire le relazioni. Elemento che viene demandato a una presunta vocazione o attitudine ai rapporti interpersonali, peraltro non richiesta fra i requisiti professionali. E' solo un aspetto tra i tanti. Non ci sono ricette o risposte immediate. Ma fino a quando la formazione delle e dei docenti non curerà anche questo aspetto, le risposte al disagio della scuola da parte delle/dei nostri studenti, saranno comunque parziali.Il rigore ha un valore formativo solo se l'allievo/a(da allevare, non dimentichiamolo) percepisce la nostra attenzione, la nostra cura, il desiderio dell'insegnante di sostenerlo nella sua crescita. Questo Non è mammismo!E' elemento costitutivo della nostra professionalità.Ed è quello che ho imparato dopo tanti anni di insegnamento.
Maria Ester Mastrogiovanni, Docente di Lettere, ITC A.Volta di Bagno a Ripoli, Firenze

rosannacetta ha detto...

L'idillio scuola-società è finito. La società italiana oramai reputa la scuola un mero servizio burocratico che rilascia diplomi agli utenti con tanto di voti buoni, e poco importa che essi non corrispondano a qualità e a competenze.
Siamo alle prese con il delicatissimo compito della valutazione finale e nella scuola c'è nervosismo tra i ragazzi, la maggior parte dei quali si sta giocando l'ultima carta, l'interrogazione finale, che lo scagiona da tutte le mancanze dell'anno scolastico. C'è nervosismo e stanchezza anche tra i docenti, in special modo tra quelli che correggono i compiti scritti che non finiscono mai e portano via tanto tempo a casa, tra le mura domestiche, ben oltre l'orario scolastico. A proposito, quando e chi farà finalmente una distinzione netta e precisa tra chi lavora tanto e chi invece poco (e male) nella scuola?? Scusatemi, ma non si può più tollerare questa difformità nel lavoro dell'insegnante! Sarebbe d'uopo compensare adeguatamente i docenti impegnati nel difficile compito della valutazione mediante l'uso di strumenti obbligatori, come i compiti scritti. Senza nulla togliere alle altre discipline, accetto di buon grado che esse nella stessa misura concorrano alla formazione culturale dello studente, ma non è forse vero che la preparazione e la correzione dei compiti di italiano, matematica, latino, inglese richiedono ore e ore di lavoro in pù non retribuito? E' accettabile che uno che insegna due materie scritte in più classi e deve perciò fare svolgere 4 compiti al mese, che richiedono in media un tempo di 4 ore solo per la correzione ed altrettante per la preparazione, debba poi percepire uno stipendio analogo a chi insegna Religione o Educazione fisica? Io francamente ritengo di no, e aggiungo pure che sarebbe necessaria una classificazione,in ordine di importanza, delle discipline, ma quest'idea, convengo, non è popolare...
Torno all'argomento di cui volevo parlare: Questo (il momento della valutazione) è il momento della spannung, della massima tensione di una storia che ha avuto un inizio, uno svolgimento ed una fine. I protagonisti della storia, come in tutte le storie che si rispettano, sono collocati nella vicenda secondo un sistema canonico: l'alunno funge da protagonista, il docente da antagonista o viceversa, dipende dai punti di vista. La famiglia di solito è l'aiutante del protagonista, il preside è invece solitamente l'oppositore (del docente, sia nella veste del protagonista che in quella dell'antagonista). Nello scrutinio finale ogni personaggio si scatena a difesa della propria azione e con tutti i mezzi, comprese le famigerate "pressioni" che entrano in gioco quando meno te le aspetti, alterando soluzioni e prospettive...

...E così, la tensione si scioglie, l'austerità del momento viene meno, tutto il lavoro snervante della valutazione, del giudizio motivato, dello scrupoloso report sull'andamento di un intero anno viene azzerato: tutti promossi! Un altro anno è passato, andiamo avanti!
E' superfluo dire che la valutazione è l'aspetto fondamentale della attività didattica e, soprattutto alle superiori, implica una necessaria quanto doverosa selezione, per non consentire alle persone impreparate di accedere alle professioni o ad un lavoro, a discapito dell'intera collettività??