mercoledì 24 giugno 2009

VALUTAZIONE DEI DOCENTI: SÌ, MA NON "ALLA BERCHET"

Il "Corriere della Sera" dà notizia delle "pagelle" che gli studenti del liceo "Berchet" di Milano hanno dato agli insegnanti. Il Preside, vi si legge, ha acconsentito ad affiggere i "voti" in bacheca. Ma nel programma di radio 3 Fahrenheit viene fuori che il “progetto” era stato addirittura inserito nel Pof. Una scuola che non riesce ancora ad assumersi di fronte alle nuove generazioni la responsabilità di decidere come, quando e perché valutare gli insegnanti (con rigore ed equità), consente però “democraticamente” agli studenti di ergersi a giudici dei “prof” (addirittura di valutarne “la competenza”), istituzionalizzando una loro iniziativa fra il serio e il goliardico, ma inevitabilmente intrisa di spirito di rivalsa sui docenti meno popolari (e si sa che a essere popolari non sono sempre i migliori). È lo stesso atteggiamento indulgente e demagogico con cui da decenni si avallano le occupazioni e la loro forma “benigna”, le autogestioni. Ma si può ridurre la valutazione degli insegnanti a una questione di pura e semplice “customer satisfaction”, per di più affidandone in toto la gestione agli stessi “clienti”? Senza dire che così facendo si finisce per incentivare quella “cultura della supponenza” di cui Claudio Magris denunciava già anni fa il dilagare.
Alla valutazione dei docenti, ai metodi da usare e agli obbiettivi da porsi abbiamo più volte dedicato riflessioni o riportato contributi di altri. Dovremo tornarci. Sarà bene però, anche alla luce di questo episodio, che gli insegnanti si rendano conto che la non-valutazione è un privilegio indifendibile e si decidano a rivendicare il diritto di dire la loro in proposito, in particolare sull'efficacia dei metodi e sull'appropriatezza degli obbiettivi.

Leggi anche il commento di Isabella Bossi Fedrigotti.

3 commenti:

Alisa73 ha detto...

Sono anch'io un insegnante e non condivido il modo in cui il D.S. del Bachelet ha gestito la cosa, cioè consentire agli studenti di "valutare" il lavoro dei loro docenti, soprattutto nel modo in cui è avvenuto. Il D.S ha dimostrato in tal modo di avere scarsa considerazione e altrettanto scarsa fiduca nei suoi collaboratori diretti: i docenta, appunto, confermando che tale categoria di lavoratori sia sempre più spesso attaccata e bistrattata, talvolta in modo ingiustio e superficiale. La scuola si sta sempre di più svuotando di significato e di valori, apparendo sempre più spesso solo come un vuoto contenitore, bello all'apparenza, ma privo di significato!!La cosa che però maggiormente non mi va giù è la più totale mancanza di rispetto per la nostra professione e professionalità da parte degli studenti, delle famiglie e spesso anche dei Dirigenti!!!
Non dimentichiamo infondo che la scuola italiana esiste e vive proprio grazie alla passione e all'impegno di molti docenti convinti dell'importanza della loro azione educativa e didattica.

Papik.f ha detto...

Alla notizia è stato affiancato un forum cui ha partecipato anche uno studente del CDI del Berchet, apparentemente serio e responsabile, che ha anche sostenuto che lo spirito dell'iniziativa non sarebbe esattamente quello riferito dai giornalisti. In ogni modo, da criticare non mi sembrano tanto gli studenti quanto il Dirigente. Ma il segnale più allarmante è il sondaggio secondo il quale circa il 60% dei lettori trova giusta l'iniziativa. Ora, che i docenti debbano essere valutati non c'è dubbio; a mio parere è giusto anche sentire il parere degli studenti; ma affiancare quest'ultimo ai voti degli scrutini significa porre sullo stesso piano due categorie di valutazione che sono essenzialmente diverse, minando alla radice il concetto stesso di istituzione scolastica (o quello che ne resta). Che una larga maggioranza entro un campione dei lettori di un giornale "istituzionale" come il Corsera non si renda conto di questo fatto, o che l'antipatia diffusa verso la categoria dei docenti sia tale da farlo passare in secondo piano; in entrambi i casi, mi sembra davvero un dato preoccupante.

Anonimo ha detto...

15 ottobre 2009

I professori cattivi sono cattivi professori


Beppe Severgnini,

Scrive Luca Dimunno (lucadim@libero.it): "Ciao Beppe, vorrei un parere sull'abbandono dei licei, di cui s'è occupato anche il 'Corriere'. Il record è del Berchet di Milano: in sette anni hanno lasciato 700 studenti. Anche il sottoscritto è passato in via Commenda, e dopo un anno e mezzo di stenti ha optato per un dignitoso e meno impegnativo liceo linguistico, diplomandosi in cinque anni".
Settecento studenti, cento l'anno?! Troppi. Non conosco abbastanza il Berchet, per esprimere un giudizio su quella scuola - ci sono stato, ho incontrato i ragazzi, mi è sembrato un luogo vivace. Posso dire questo, però: l'abbandono è un fallimento multiplo (della scuola, della famiglia e dell'interessato - scegliete voi l'ordine). Certo, alcuni studenti farebbero perdere la pazienda a un santo. Leggete, a proposito, l'esilarante "Perle ai porci" (Rizzoli) del fantomatico prof. Perboni, che santo non è.
Ma le cose non sono così semplici. L'analisi di Carlo Pedretti, preside del liceo classico "Parini" di Milano (citato nell'articolo di Annachiara Sacchi), sembra corretta: "Cause dell'abbandono: primo, le famiglia valutano in modo inesatto le inclinazioni dei figli. Secondo, alcuni professori bastonano troppo. Terzo, elementari e medie non preparano ai licei".
Il punto 1 è innegabile: spesso noi genitori riversiamo sui figli ricordi, sogni e desideri, dimenticando che i tempi sono cambiati, le scuole pure, i ragazzi anche. Il punto 3 è, purtroppo, corretto: troppi ragazzi hanno problemi di grammatica, di analisi logica e del periodo. Ma vorrei soffermarmi sul punto 2: l'eccessiva severità dei professori.
Ho la sensazione, girando e ascoltando, che alcuni insegnanti si compiacciano della reputazione di "cattivi". Ma caricare un quindicenne di compiti, e tenerlo impegnato quattro/cinque ore ogni pomeriggio, è facile e sbagliato. Questi professori andrebbero (moralmente) sculacciati. E' vero, sono passati tanti anni, ma io ricordo un liceo felice: studiavo, facevo sport, discutevo di politica, mi divertivo e m'innamoravo: come tutti. Oggi vedo uscire certe facce, da scuola: mettono tristezza.
Sbaglierò, ma un bravo insegnante riesce a cavare oro da qualunque sasso. Ho avuto la fortuna di imbattermi in una persona così, al ginnasio e al liceo: si chiamava Paola Cazzaniga Milani, è scomparsa da poco. A lei dobbiamo molto, in tanti. Aveva capito come tutti, nella classe, fossimo diversi. Non aveva un programma, la signora Milani; ne aveva venticinque, quanti eravamo. Sapeva che la l'università, il lavoro e i casi della vita ci avrebbero selezionato. Lei voleva farci crescere. I professori cattivi, caro Luca, sono quasi sempre cattivi professori.

http://www.corriere.it/solferino/severgnini/