domenica 3 aprile 2011

IL CASO DEL PARINI CONFERMA CHE...

Il caso della professoressa del liceo Parini di Milano, che qualche giorno fa dichiarò di essere costretta a chiedere il trasferimento per le continue contestazioni dei genitori, è stato ripreso ieri nella cronaca milanese del “Corriere della Sera”. Nell’articolo si apprende che gli ispettori inviati per chiarire la situazione hanno dichiarato attendibili le dichiarazioni dei ragazzi, già apparse nei giorni scorsi sul giornale e che si possono così sintetizzare: l’insegnante spiega male e in più offende gli studenti. Il provveditore di Milano (o meglio il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale) ha fatto balenare, in una dichiarazione alquanto sibillina, l’ipotesi di tre possibili provvedimenti (sospensione, trasferimento per incompatibilità e addirittura licenziamento), “se dovesse emergere che la professoressa seppur momentaneamente non può svolgere l’insegnamento” (leggi tutto l’articolo).
Non ci sogniamo neppure di entrare nel merito della vicenda. La quale però costituisce una prova palmare di quanto abbiamo scritto e riscritto a proposito di valutazione, da ultimo il 18 marzo scorso. E cioè: invece di avventurarsi prioritariamente su terreni poco praticabili o poco produttivi come l’individuazione dei migliori insegnanti o la misurazione degli apprendimenti ai fini della valutazione dei singoli docenti, è indispensabile riattrezzare la scuola italiana con un corpo di ispettori in grado di mettere periodicamente sotto osservazione tutte le scuole, per assicurarsi che la loro qualità sia almeno accettabile rispetto ad alcuni fondamentali parametri, tra cui indubbiamente c’è l’adeguatezza minima di tutti i docenti e del dirigente; un accertamento che non richiede certo sofisticatissime tecniche valutative. Non è da paese serio che si affronti un singolo caso perché ha fatto notizia, mentre ce ne sono tanti altri di cui nessuno si occupa. Manca il personale, mancano norme che consentano di prendere senza indugio i necessari provvedimenti, pur mantenendo la giuste garanzie (compresa quella di non finire subito sui giornali) per chi è messo sotto osservazione.

GR)

14 commenti:

nessuno ha detto...

mi sembra che il provveditore di milano abbia parlato troppo presto e mentre il procedimento non è ancora concluso.

comunicato stampa ha detto...

da scuolaoggi.org 1.4.2011

Il nuovo Provveditore agli studi di Milano dr. Petralia, è arrivato a Milano attraverso Bergamo e Mantova , mantenendo tutti gli incarichi che gli sono stati assegnati:
- Capogruppo del PDL nel consiglio comunale di Bergamo,
- Provveditore reggente a Mantova e, dal 1° Marzo, Provveditore anche a Milano.
A giornali e tv dice di non ritenersi incompatibile e che sarà “equidistante” – malgrado Brunetta – ben distinguendo cariche politiche da quelle della dirigenza statale, e che sicuramente saprà ottemperare a tutte le necessità affidategli nei due provveditorati.

Dai suoi primi atti ne ricaviamo una conferma:
- scrive ai dirigenti scolastici di star cauti ad accogliere le richieste delle famiglie su lingua straniera , tempo prolungato e tempo pieno perché sono modelli che costano troppo e, come dice un autorevole ministro “con la cultura non si mangia”;
- ai sindacati scrive di girare alla larga, anzi decide che le porte dell’ufficio ai sindacati si aprano soltanto al venerdì mattina;
- a CGIL e CISL che gli chiedono di essere ricevuti sui tagli agli organici della primaria, previsti per il prossimo anno scolastico, risponde che non ha tempo, che la “concomitanza di altri incarichi che lo scrivente deve comunque onorare, hanno causato una congestione della propria agenda…”. Sarà sua premura decidere come e quando ascoltare le proposte e le preoccupazioni dei rappresentanti dei lavoratori della scuola.

Non importa al dr.Petralia conoscere per tempo le preoccupazioni dei sindacati, lui non ne sente il bisogno, sa già tutto, ha soltanto un’ agenda troppo piena per riceverli,per chiedere la loro collaborazione, per ascoltarli.

Non è un buon inizio, forse è bene che decida quale mestiere intenda fare, se il politico o il dirigente dell’amministrazione scolastica.
Non creda che a Milano si possa mettere la sordina alle legittime richieste dell’utenza ,dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali
A Milano non serve un Commissario straordinario per normalizzare le scuole.
O cambia musica o nelle prossime ore ascolterà la nostra.

La Gazzetta diMantova ha detto...

"Un provveditore con tre incarichi"

Al di là di qualsiasi valutazione di professionalità, è pensabile che un unico dirigente possa contemporaneamente dirigere una realtà complessa come l'Ust di Milano per 3 giorni la settimana, l'Ust di Mantova, ove è assegnato da meno di un anno, per un giorno la settimana? E conciliare l'impegno politico come capogruppo del PdL in consiglio comunale a Bergamo?

Teo ha detto...

Io però sono piuttosto perplesso rispetto alla vostra insistenza sul tema della penalizzazione del cosiddetto demerito piuttosto che sull'idea di valorizzare il merito. A parte il fatto che gli insegnanti meritevoli non vivono solo di soddisfazioni professionali, come pure ho letto in alcuni vostri interventi (dato lo stato spesso penoso delle biblioteche italiane, molti insegnanti meritevoli saluterebbero con soddisfazione incentivi economici che consentissero loro di acquistare qualche libro in più), non ho riscontrato da parte vostra nessuna protesta rispetto alla penalizzazione che alcuni provvedimenti governativi hanno introdotto sulla possibilità di frequentare il dottorato di ricerca per i docenti a tempo indeterminato e determinato. Infatti, la legge 240/2010 (cosiddetta legge Gelmini) vieta il congedo per il secondo dottorato (sia retribuito, sia non retribuito) e trasforma la concessione del congedo per il primo dottorato da diritto soggettivo in una graziosa concessione dell'amministrazione. La C.M. 15/2011 accentua il carattere di restrittività delle norme sui congedi, impedendo la conservazione dello stipendio ai docenti non di ruolo.
Ora, non è detto che i docenti muniti di dottorato o di altri titoli accademici post lauream siano necessariamente più meritevoli di altri docenti, ma senza dubbio la loro professionalità dovrebbe essere valorizzata; e i docenti che vogliano continuare a studiare e aggiornarsi dovrebbero essere opportunamente incentivati e non scoraggiati. Ma purtroppo attualmente i canali tra scuola e università sembrano chiusi o quasi: e l'osmosi tra i due mondi non sembra particolarmente favorita (fenomeno aggravato dalla chiusura delle SSIS, che con tutti i difetti che avevano costituivano in ogni caso un veicolo di intersezione tra i due mondi; e il TFA stenta a decollare). Insomma, io preferirei un discorso finalizzato a migliorare la professionalità dei docenti in servizio anziché a innescare meccanismi che potrebbero poi condurre a un'indesiderata messa in istato d'accusa della classe docente, sulla scorta di indebite generalizzazioni e sull'esempio dei provvedimenti del ministro Brunetta.

Prof. Teo Orlando - dottore di ricerca in filosofia - ex supervisore del tirocinio, SSIS Lazio

Andrea Ragazzini ha detto...

Per quanto riguarda la questione specifica posta dal prof. Orlando, i congedi per i dottorati di ricerca, non ci siamo espressi semplicemente perché non ne abbiamo gli elementi minimi di conoscenza e non siamo quindi in grado di esprimere opinioni in proposito.
Sul tema di fondo restiamo convinti che rendere possibile mettere nelle condizioni di non nuocere gli insegnanti inadeguati o scorretti sia la questione assolutamente prioritaria, in quanto ( per autocitarci dal post del 18 marzo) “..la loro presenza è senza dubbio dannosa per l’immagine della scuola pubblica e per quei ragazzi che costringiamo a subirli”. È giusto essere contro le “indebite generalizzazioni”, a patto però di schierarsi anche contro l’indebita difesa degli indifendibili.

Cirano ha detto...

No gli ispettori no....non torniamo indietro; lavoriamo invece sulla motivazione dei docenti giovani e educhiamo le famiglie al rispetto dei ruoli.

Valerio Vagnoli ha detto...

Gent.mo Prof. Orlando,anche il dottorato di ricerca, insieme a tanti altri titoli e incarichi ricoperti dai docenti è senz'altro un merito ma che rischia, se scelto come elemento di diversificazione della carriera, di diventare ingiusto per quei docenti, la maggior parte, che senza impegnarsi all'università o dedicarsi comunque alla ricerca, diciamo così " certificata"( pubblicazioni, conferenze, aggiornatori etc)si dedicano unicamente al loro mestiere facendolo al meglio anche in virtù di quella loro scelta esclusiva. Che effetto avrebbe, per docenti del genere, fra i quali mi sarei senz'altro annoverato anch'io, vedersi superato, nella carriera e negli incentivi economici, da altri bravi colleghi premiati però per i loro titoli extrascolastici? Mentre sono senz'altro facili da individuare gli inetti, i folli, i neghittosi che tanti danni fanno ai loro allievi e alle loro famiglie, soprattutto se povere e prive di mezzi culturali adeguati a far recuperare ai loro figli le carenze legate al non aver avuto docenti degni di questo nome. Sono però d'accordo con lei nel ritenere gli attuali stipendi dei docenti e del personale scolastico in generale, indecorosi e tali da metterli in condizione di riguardarsi prima di comprare un libro.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Caro Cirano, è verissimo che dobbiamo lavorare sulla motivazione dei docenti, cominciando dal riconoscere e valorizzare la loro esperienza e le competenze acquisite sul campo e con lo studio, invece di considerarli come in passato quali otri da riempire via via delle magnifiche invenzioni e progressive dei rifondatori permanenti della didattica. Ma si tratta solo di "rimotivare"? Per far solo un esempio, lei si metterebbe a rimotivare un docente che sistematicamente ha invitato i suoi allievi a non venire il sabato, per potere a sua volta assentarsi e fare i propri comodi? E dovremmo anche rimotivare, anziché sanzionare, chi glielo ha permesso?
E possiamo continuare a spostare da una scuola all'altra chi combina disastri?
Forse prima o poi riusciremo fare una bella "antologia del demerito", in modo da far capire di cosa parliamo ed evitare che si pensi ad altri problemi, affrontabili appunto con i metodi da lei auspicati.
Gli ispettori ci sono in tutta Europa, spesso particolarmente qualificati proprio per aiutare chi è in difficoltà. Naturalmente possono essere affiancati da altre figure (come insegnanti in pensione) e da esperti consulenti, come accade nella citatissima scuola finlandese.

Anonimo ha detto...

Vorrei sfatare il mito del povero insegnante costretto a privarsi di comprare un libro poichè è risaputo che chi trova i canali giusti ormai riesce a raddoppiare lo stipendio e a portarsi sui parametri europei lavorando in progetti di formazione esterni per i quali si impegna buona parte del pomeriggi.Sono gli insegnanti migliori?.No.

è una grossa balla quello che Anonimo ha detto...

il 05 aprile 2011 00:47; cioè:

«Vorrei sfatare il mito del povero insegnante costretto a privarsi di comprare un libro poichè è risaputo che chi trova i canali giusti ormai riesce a raddoppiare lo stipendio e a portarsi sui parametri europei lavorando in progetti di formazione esterni per i quali si impegna buona parte del pomeriggi.Sono gli insegnanti migliori?.No.»

Teo ha detto...

La risposta di Andrea Ragazzini, per cui il gruppo di Firenze non si è espresso sulla questione dei congedi per i dottorati di ricerca, in quanto non ne ha gli elementi minimi di conoscenza e non è quindi in grado di esprimere opinioni in proposito, è sicuramente espressione di onestà intellettuale e di giusta intenzione di parlare solo con cognizione di causa, ma mi lascia ugualmente perplesso.
Infatti, mi sembrerebbe opportuno che un'associazione che ha come propria insegna "per la scuola del merito e della responsabilità" si occupasse e si interessasse di quello che è il massimo titolo di studio rilasciato dall'Università italiana e che molti docenti delle scuole secondarie (e anche primarie) hanno conseguito spesso al prezzo di notevoli sacrifici, in alcuni casi perfino rinunciando al congedo. E benché sia vero che non sempre esso abbia delle ricadute sulla pratica didattica, rimane incontestabile che si tratta comunque di un elemento che contribuisce in modo determinante ad accrescere il livello della professionalità docente, e quindi il cosiddetto "merito", qualunque significato si voglia attribuire a tale espressione.
Sul fatto che sia una questione assolutamente prioritaria "rendere possibile mettere nelle condizioni di non nuocere gli insegnanti inadeguati o scorretti" non sono del tutto d'accordo. Che possa essere una questione importante è vero, ma erigerla a problema fondamentale della scuola italiana rischia di creare un clima di veleni e di farla degenerare in una sorta di "caccia alle streghe" di cui non mi sembra che oggi ci sia il bisogno. Sarebbe più sensato, a mio modesto parere, pensare a modalità di formazione (sia in ingresso sia in servizio) e di reclutamento più rigorose e meno casuali che in passato (anche se una SSIS migliorata e dei concorsi con commissioni più competenti avrebbero potuto cambiare davvero le cose). Anche perché un conto è individuare la patologia di docenti palesemente inadeguati, un altro verificare fino a che punto un docente possa svolgere il suo compito adeguatamente in certi contesti. Ad esempio, un docente che ha problemi a mantenere la disciplina con classi particolarmente difficili non per questo sarà necessariamente un docente inadeguato: magari potrebbe essere, se insegna italiano, un fine dantista che, alle prese con studenti ancora quasi da alfabetizzare, non riesce a farli appassionare alla Divina Commedia. Viceversa, un docente che in una classe di istituto professionale riesce a mantenere perfettamente la disciplina, magari veicolando contenuti non particolarmente raffinati, potrebbe trovarsi in difficoltà in una buona classe di liceo classico dove ci siano studenti particolarmente esigenti che pretendono un'accurata esegesi dei testi della tradizione letteraria.

Teo ha detto...

A Valerio Vagnoli: lei ritiene che scegliere il dottorato di ricerca, insieme a tanti altri titoli e incarichi ricoperti dai docenti, come elemento di diversificazione della carriera, rischi "di diventare ingiusto per quei docenti, la maggior parte, che senza impegnarsi all'università o dedicarsi comunque alla ricerca" si dedicano unicamente alla loro professione, facendola "al meglio anche in virtù di quella loro scelta esclusiva". Questo è vero, nel senso che ho conosciuto anche alcuni docenti con dottorato e pubblicazioni varie (tra cui pure pregevoli manuali scolastici) che, frustrati per non essere riusciti ad accedere a un posto di ruolo all'università, non hanno riversato le loro competenze accademiche nella pratica scolastica o hanno cercato di "fuggire" dalla scuola con incarichi accademici vari. Ma si tratta di eccezioni, mentre, a quanto ho potuto osservare, la preparazione dei docenti con titoli superiori si riflette con riflessi positivi anche sui discenti, che non hanno di fronte i soliti docenti "babbioni" (magari preparatissimi sulla loro disciplina e sui libri di testo) che ripetono pedissequamente il manuale e che addirittura diffidano degli studenti che vogliono leggere qualcosa di diverso. Ho conosciuto spesso docenti di biennio che fanno leggere solo I promessi sposi pensando che non esistano altri romanzi validi semplicemente perché non hanno idea della narrativa straniera (e pur ritenendo io che il romanzo di Manzoni sia un capolavoro, penso che privare gli studenti della possibilità di leggere Dostoevskij, Thomas Mann, Joyce, Kafka, Proust e più di recente McEwan ed Eco non sia una buona scelta didattica). O docenti di filosofia che ritengono che leggere i testi dei filosofi sia troppo difficile per i diciottenni (io però ho uno studente che a 17 anni ha letto il Parmenide, il Sofista e il Cratilo di Platone). Ora, il docente che si attiene strettamente al programma e ripete scrupolosamente il manuale non è certo da annoverare tra quelli con demerito, anzi nella scuola spesso gode di una stima e di una considerazione superiore a quella di chi, come spesso si sente dire, "pensa di stare all'università" e "fa leggere agli studenti cose che esulano dal programma e dalla formazione di base". In questo caso abbiamo, diciamo così, due "meriti" differenti: quello di chi svolge scrupolosamente il proprio compito senza uscire dal seminato e quello di chi invece coltiva delle stimolanti pratiche un pochino "sperimentali". Ma dato che arrivare a stabilire con parametri oggettivi quali siano i docenti realmente più efficaci risulta aleatorio, forse valutare i titoli culturali ed accademici risulta la soluzione meno iniqua.

Valerio Vagnoli ha detto...

Sono senz'altro d'accordo con molte delle riflessioni di Teo che converrà con me nel ritenere, anche in virtù di quello che egli scrive, comunque assai difficile riuscire ad identificare i docenti degni di essere premiati per il loro merito. Vorrei invece chiarire cosa io intenda, alla stesso modo dell'amico Andrea Ragazzini, per demerito. Certamente non si intende cacciare dalla scuola o diversificare nello stipendio, quei docenti che per demotivazione professionale e culturale non vanno oltre l'analisi dei Promessi sposi( anche per me da sempre un capolavoro assoluto malgrado in passato tanti colleghi si sentissero più bravi perché non lo facevano leggere in nome della modernità) o che hanno difficoltà a gestire la classe. Per i primi sarebbe auspicabile che in qualche misura si rendesse obbligatoria qualche forma di aggiornamento; per i secondi sarebbe invece auspicabile che la scuola potesse intervenire con attività di sostegno( psicologico, metodologico e altro) per aiutarli e recuperarli ad una professionalità in grado di dar loro dignità e ai ragazzi l'opportunità di poter imparare qualcosa di buono. Invece occorre mettere in condizione di non nuocere quella minima parte di docenti che pur dominati dalla follia, dall'incapacità assoluta a misurasi con un qualsiasi rapporto di carattere educativo, restano a vita nella scuola a rovinare, letteralmente, generazioni di studenti. Ma alla fine si salvano e restano a vita ad insegnare perché solitamente il peggio che possa loro capitare è lo spostamento di tre anni in tre anni( tanto di solito dura un iter di carattere disciplinare serio)da una provincia all'altra. Ma di solito non accade neanche questo, perché le sanzioni disciplinari nella scuola hanno un iter che se meglio conosciuto dall'opinione pubblica renderebbe ancora meno credibile la nostra categoria. penso proprio che prima o poi occorra raccontare davvero qualcosa su quello che accade, per colpa di pochi, nelle scuole italiane.

nessuno ha detto...

.... prima o poi occorra raccontare davvero qualcosa su quello che accade, per colpa di pochi, nelle scuole italiane.....

invece quello che sta accadendo per "merito" (?) della Gelmini è sotto gli occhi di tutti!