Sul "Corriere Fiorentino" di ieri è apparsa una bella intervista ad una giovane studentessa che aveva sfilato in testa al corteo studentesco di sabato a Firenze. Nelle sue risposte la ragazza esprime alcune riflessioni insieme alla contrarietà alle occupazioni come metodo, analogamente a molti miei studenti quando ho presentato loro la lettera di noi 18 presidi.
Anch’io, come Elena e i miei studenti, esprimo il mio “dissenso a questa Italia, che non ci piace e che non crede nella generazione futura” e confermo che io e i miei colleghi abbiamo preso quell’iniziativa perché pensiamo invece al loro futuro e facciamo di tutto affinché sia diverso rispetto a quello che gli si prospetta. Tuttavia i giovani, e in particolar modo i giovanissimi che sembrano essere anche stavolta i protagonisti della protesta, devono essere consapevoli che anche il nostro futuro, quello di chi come me lo ha già in gran parte vissuto, non è stato roseo, come invece alcuni nostalgici vorrebbero loro far credere, e che dietro il mito del ’68 vi sono tragedie e ferite ancora lontane dall’essere cancellate e sanate. Forse, roseo, lo è stato per quelli che, grazie all’appartenenza a caste familistiche e politiche, hanno avuto la strada spianata per sistemarsi per tutta la vita, magari permettendosi poi di darci anche lezioni di carattere morale. Ma per molti della mia generazione la vita non è stata sempre facile, e se in parte abbiamo migliorato le nostre condizioni, soprattutto culturali, di partenza,è perché abbiamo avuto anche la fortuna di incontrare insegnanti che non hanno assecondato i nostri errori. Noi, come presidi, ci siamo preoccupati di ricordare agli studenti che l’interesse e l’impegno per la politica è basilare per la loro formazione. Far passare come impegno le occupazioni delle scuole ci è sembrato alla fine inaccettabile. Vedere ogni anno, da almeno oltre un decennio, le scuole diventate a volte bivacchi, piccole discoteche, persino orinatoi, con muri pieni di frasi fatte, ci è sembrato indecoroso anche per il loro futuro; e non ci sentiamo di fare finta di nulla. Continuiamo, invece, a credere, che dalla scuola debba passare il rispetto per le regole e vi si insegni il valore del merito, perché anche nel futuro dei ragazzi di oggi non continuino a vincere i soliti raccomandati o chi ha la fortuna di far già parte del “giro”.
Insieme ad Elena, anche molti altri studenti hanno ragioni da vendere quando criticano i mali della scuola, che sono da decenni sotto gli occhi di tutti e le cui conseguenze le pagano principalmente proprio i ragazzi. Ma finalmente Elena, insieme ad altri numerosi suoi coetanei, sembra avvertire che la protesta migliore non passa più dalle occupazioni. Forse, da parte degli studenti, si sta prendendo consapevolezza che la situazione è talmente seria da richiedere un impegno nuovo, che sia costruttivo, propositivo e soprattutto dimostri di non durare lo spazio di una settimana, esaurendosi poi, dopo le occupazioni, nel trito rientro a scuola, con la mestizia dei ragazzini che sanno di averla combinata grossa e col rischio di essersi bruciati per sempre l’esperienza della politica.
Valerio Vagnoli
lunedì 10 ottobre 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
30 commenti:
E' ora che si cominci a dire chiaramente di che lagrime grondi e di che sangue la pseudo-rivoluzione del sessantotto. E quanti dei nostri mali attuali ne derivino (uno per tutti: la "fuga dei cervelli", frutto diretto della lotta contro la meritocrazia di quegli anni. E gli innumerevoli "Trota" che impestano ogni settore del pubblico e del privato).
Dispiace, veramente, che i giovani di oggi, giustamente indignati perché è stato loro rubato il futuro, sembrino non trovare di meglio, per protestare, che replicare comportamenti e slogan di quell'epoca.
Ma così non faranno altro che aprire la strada della politica ai capetti di oggi e futuri maitre-à-penser di domani. Proprio com'è accaduto allora.
D'altra parte, Elena e quanti la pensano come lei sembrano offrire una speranza di un modo di protestare diverso. Mi unisco ala vostra speranza che riescano a prevalere, non solo tra i coetanei, ma soprattutto sui non pochi cattivi consiglieri che circolano nella scuola e dintorni.
Ricordiamoci che il sessantotto è finito da un pezzo e che questa Italia è figlia di diciassette anni di malgoverno berlusconiano che invece della meritocrazia ha introdotto la mignottocrazia, come giustamente dicono i ragazzi di Pontedera.
Berlusconi è stato presidente del Consiglio dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995 (8 mesi), poi dall'11 giugno 2001 al 23 maggio 2006 (5 anni scarsi), poi dall'8 maggio 2008 a oggi (3 anni e 5 mesi). In caso di dubbi, controllare sul sito della presidenza del Consiglio o anche su Wikipedia. A casa mia sono poco più di nove anni, che sempre a casa mia sono poco più della metà dei diciassette di cui parla Anonimo.
Oppure secondo Anonimo facevano parte del governo berlusconiano anche gli anni nei quali, per dire, era ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer? Se ci riferiamo alla sostanziale continuità dei risultati, potrei anche dargli ragione.
Io però ricordo molti colleghi che oggi si indignano, spesso giustamente, per alcune scelte del governo ma a quei tempi, davanti a scelte analoghe o anche peggiori (vogliamo parlare della riforma universitaria Berlinguer-Zecchino, delle conseguenze del 3+2 o della scelta di valutare la qualità della docenza e attribuire i finanziamenti sulla base del numero di laureati?), si distinguevano solo per lo sbattere dei loro tacchi nel mettersi sull'attenti.
Nove su diciassette e con maggioranze enormi e con tre televisioni, bastano per cambiare qualcosa, si è promessa la meritocrazia e si è data la mignottocrazia..dove sta il merito della consigliera regionale Minetti o del Trota
Anonimo ha una grande fiducia nelle capacità critiche degli italiani. quando vince la sinistra le televisioni non valgono più? e quando i partiti di sinistra mandano i governi a farsi friggere, è naturalment colpa delle televisioni di berlusconi. Sul fatto poi che il sessantotto sia morto e sepolto anonimo è esempio di quanto invece sia in buona salute, ovviamente malgrado quel grande pretesto della sinistra che si chiama berlusconi.
Papik.f è tra coloro che ancora si ostinano a pensare che le questioni andrebbero affrontate analizzandole nel merito e senza pregiudizi,possibilmente sui dati reali e non su quelli immaginari, e che,laicamente,si dovrebbe cercare di trarre delle conclusioni non preconfezionate. Ci sono però anime semplici che hanno bisogno di vedere il mondo chiaramente diviso tra buoni e cattivi e sono molto infastiditi quando qualcuno li invita a prendere atto che la realtà è un po' più complessa di quanto a loro piace pensare.
e poi ci sono i dati: non facciano finta questi di non essere stati al governo ci sono stati eccome:
http://www.repubblica.it/economia/2011/10/11/news/con_i_governi_guidati_da_berlusconi_il_debito_pubblico_corre_a_velocit_doppia-23051032/?ref=HREA-1
grafico illuminante dal link nel post precedente:
IL DEBITO PUBBLICO E I GOVERNI (1994-2011)
Elena ha capito che i mali della scuola hanno radici antiche e che addebitarli ad una sola persona può confortare chi non si riconosce nello schieramento politico a cui appartiene il ministro ma non serve a risolvere i problemi per i quali occorre ripartire da capo e azzerare i danni incalcolabili che le tante consorterie che hanno ruotato e ruotano intorno alla scuola le hanno fatto. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
«La mia piazza, a 14 anni» (1/2)
Elena è la nuova icona della protesta studentesca fiorentina. Venerdì è stata la sua prima manifestazione. Ma dice no all'occupazione
di Gaetano Cervone - 10 ottobre 2011
«La piazza è il modo più attivo e diretto per mettere in luce i nostri disagi ed i nostri ideali. Sono pronta a partecipare a tutti gli altri cortei, ma non si occupino le scuole. È una forma di protesta passata che crea solo altri disagi». Elena, 14 anni, è la nuova icona della protesta studentesca fiorentina: frequenta la 1 F del Liceo Capponi a Firenze, che raggiunge ogni mattina da San Casciano. Venerdì è stata la sua prima manifestazione. Ma non si è lasciata frenare dall’emozione della prima volta in piazza, per giunta con almeno quattromila studenti. Era infatti l’unica ragazza a tenere lo striscione in testa al corteo. Camicia in testa a mo’ di bandana, «prima per ripararmi dal sole, poi dalla pioggia», non si aspettava di diventare il volto della protesta studentesca. Agguerrita, ma schiva nell’apparire. Comunque soddisfatta del messaggio che la sua presenza - alla guida del corteo tra altri undici ragazzi - è riuscita a far passare: «Che le donne non sono tagliate fuori dalla protesta, che non appartiene solo agli uomini. Perché noi siamo forti quanto loro».
Sei diventata il simbolo della protesta studentesca di venerdì a Firenze. Un corteo di giovanissimi, svoltosi in maniera pacifica, che ha sfidato anche la pioggia. Come ti senti?
Appena familiari ed amici mi hanno detto che la mia foto era su molti giornali mi sono impaurita (sorride). Anche perché non sono una leader, è stata anche la mia prima manifestazione. Sono però contenta del messaggio che è passato: le ragazze non devono essere tagliate fuori dalla protesta, siamo forti quanto gli uomini.
Soddisfatta di essere scesa in piazza venerdì?
Certo, perché sono convinta che le manifestazioni siano il modo più attivo e diretto per mettere in luce i nostri disagi e testimoniare i nostri ideali.
A volerli elencare i disagi?
I tagli alla scuola pubblica, prima di tutto. Perché per noi significa anche cambiare tre professori in un anno, con conseguente variazione sulle modalità d’insegnamento. Noi chiediamo anche maggiore sicurezza per i docenti, ma allo stesso tempo che cambino anche un certo approccio verso gli studenti, spesso carente nel dialogo. Riconosco l’autorità dei docenti, ma sappiano che spesso provocano un’ostilità degli studenti verso la scuola. E questo è rischioso: perché chi non crede nella scuola, butta all’aria il proprio futuro
E gli ideali?
Quelli sono tanti, ognuno ne ha diversi. E nel mio caso sono diversi anche da parte della mia famiglia
Non sarà stato facile allora accettare il tuo viso come il nuovi simbolo della protesta studentesca…
No, ma mi fa piacere. Anche perché - ad esempio i miei nonni - dicono sempre a me e ai miei cugini, anche loro in piazza venerdì, che bisogna differenziarsi dalla massa. Io l’ho fatto, mettendo la mia faccia come simbolo delle donne capaci anche di lottare
Le contestazioni continueranno la prossima settimana. Si comincia a parlare di nuove ondate di occupazioni. Sei d’accordo?
Spero non si arrivi a questo, perché ritengo le occupazioni un rito superato che crea solo ulteriori disagi. Penso invece che scendere in piazza sia sempre la formula migliore per farsi sentire.
Secondo te la politica vi ascolta?
Se smettessero di litigare forse si. E magari penserebbero anche al bene del Paese e alla nostra generazione che chiede una sola cosa: un futuro
Mario Draghi, prossimo presidente della Bce, lo ha detto chiaramente: "L’Italia non può crescere senza puntare sui giovani"
Noi ci siamo, ma qualcuno ci ascolti. E smettano di vederci come un manipolo di nullafacenti, il cui unico obiettivo è non andare a scuola
(segue)
http://corrierefiorentino.corriere.it
«La mia piazza, a 14 anni» (2/2)
Elena è la nuova icona della protesta studentesca fiorentina. Venerdì è stata la sua prima manifestazione. Ma dice no all'occupazione
di Gaetano Cervone - 10 ottobre 2011
(seguito)
Cosa pensi di Berlusconi?
Che parla soltanto, e non governa
E dell’opposizione?
Che parlano soltanto, e troppo di Berlusconi. Senza pensare a soluzioni per riprendere il potere
In testa al corteo venerdì c’erano i Collettivi Studenteschi. Politicamente inquadrabili nella sinistra estrema.
Non lo sapevo che ci fossero loro. E soprattutto non sapevo, e non mi interessa, la loro convinzione politica. Ero in piazza, ed in testa al corteo, per esprimere semplicemente il mio dissenso a questa Italia, che non ci piace e che non crede nella sua generazione futura. Cioè noi. Non credo che questo abbia un colore politico.
http://corrierefiorentino.corriere.it
Intelligente la ragazza, fazioso l'intervistatore; inquadrare i collettivi nella sinistra estrema é una falsità detta in malafede. Lasciate parlare i giovani non hanno bisogno dei vostri inquadramenti falsi e obsoleti. (Marco)
Grazie a V.P. per l'articolo su Elena. Noi non l'avevamo trovato.
"che tristezza. I giornalisti prendono la foto di qualcuno, e dicono che è l'"icona" della protesta o del movimento. E' così che si manipola la realtà.
Lo dico con tutto il rispetto della persona di questa ragazza di 14 anni, perché lei non c'entra niente."
così commenta in una mail un mio collega che ha letto l'articolo.
A suo tempo si prese per simbolo una pantera che neanche parlava e non si sapeva neanche che età avesse e senz'altro non era di Goro.
Mario
" Ci sono dei poveri di spirito che confondono la severità con la cattiveria"
Aldo Grasso, Corriere della sera del 14 ottobre
Beati i ricchi in spirito
ci sono dei furbetti che camuffano la cattiveria da severità e ci sono dei fessacchiotti che ci credono.
LORENZO MONDO
Non sappiamo quanti fossero i mascalzoni e gli imbecilli (insieme agli aspiranti criminali) che hanno messo Roma a ferro e fuoco. Certo erano tanti e il fatto che soltanto nove di loro siano finiti in carcere dimostra che la repressione è stata inadeguata o di mano leggera. Anche troppo. Non la pensano così i genitori dei dimostranti finiti a Rebibbia, dei quali si stanno accertando le effettive responsabilità. Sono i campioni del familismo italico, da non confondere con il senso della famiglia, che non disgiunge dall’affetto la severità e l’educazione al rispetto di certi principi elementari. L’espressione più radicale di questo sentimento deviato si trova nelle donne di mafia che inveiscono a difesa dei congiunti in manette; ma si manifesta per mille rivoli in più quiete e domestiche circostanze della vita associata.
Non c’è punizione, anche tenue, ventilata tra i banchi di scuola o nei commissariati di polizia che non veda la reazione di genitori che giurano sulla correttezza e sull’innocenza dei figli, vittime di intenti persecutori. A Roma si sta recitando lo stesso, insopportabile spettacolo. I loro ragazzi, figuriamoci, non si occupano di politica (come se questo fosse di per sé un crimine), sono perfino impegnati nel «sociale», non farebbero del male a una mosca e, semmai, si sono lasciati trascinare dalla foga della protesta e dal cattivo esempio. Parole assolutorie anche per chi è inchiodato dalle telecamere, per l’energumeno che affrontava i poliziotti armato di un estintore (richiamando alla memoria, con un brivido, l’analogo episodio, risoltosi in modo funesto al G8 di Genova).
Quanta commiserazione per i figli detenuti in celle sovraffollate e umide, col rischio di prendersi malanni a causa del freddo, quanta sollecitudine per la cattiva nomea che comprometterebbe una onorata carriera di studio e di lavoro. Non uno che abbia esalato contro il figlio la parola cretino, che abbia dichiarato «gli sta bene», minacciando un «a casa faremo i conti»: in aggiunta al disagio della detenzione che, stante l’andamento della giustizia e in mancanza di gravi, personali addebiti, promette di essere temporaneo. Certo non suscita comprensione l’atteggiamento vigliacco dei dimostranti che, dismesso il piglio bellicoso, negano l’evidenza accampando ridicole giustificazioni e professando un candido pacifismo. Ma più indifendibili sono questi genitori fasulli, protettivi oltre misura nei confronti di rampolli che mostrano, quanto meno, di non conoscere neppure. Sintomo, anche loro, dell’offuscamento morale e civile che affligge questo Paese.
Quando ero bambino, profonda campagna toscana, la gran parte di noi ragazzi biasimava con riluttanza quei nostri compagni( pochissimi, in verità) che venivano difesi dai loro genitori rispetto alle sgridate, per esempio, del severo( mai crudele) maestro Gaggio o in virtù del loro essere stati coinvolti in litigi che riguardavano noi bambini perché, come canta Jannacci, la legge l’era de dài via,
ma l’era anca quella de ciapànn!
Insomma, li consideravamo dei viziatelli( e avevamo delle ragioni a pensarlo perché di norma i genitori partigiani dei loro figli erano i pochi piccoli, ma piccoli, borghesucci di provincia che volevano, anche in questo, differenziarsi da quei genitori ( i miei)che, a prescindere, davano torto a noi, senza sentir ragione. Era, quello dei genitori come i miei, a pensarci bene, un comportamento non proprio politicamente corretto; ma nella loro semplicità, dovendo scegliere tra una educazione che ci abituasse a non renderci tutto quanto oro colato( dicevano proprio così)e l'altra che, secondo loro, era destinata a viziarci( dicevano proprio così), preferivano senza tanti discorsi( dicevano proprio così)metterci davanti alle nostre responsabilità. Noi, d'altra parte, eravamo orgogliosi di non avere difensori d'ufficio, perché questo ci faceva sentire grandi e diversi da quei mocciosetti che ad ogni bischerata( si diceva proprio così)frignavano attaccati alle gonne delle loro mamme.
Il primo che si prova a dire che mio padre e mia madre non volevano il mio bene, si presenti, il giorno dopo avermelo fatto sapere, a mezzanotte, sotto il muro del convento dei carmelitani scalzi per un chiarimento.
M'è piaciuto un Mondo l'articolo postato da Pippo. L'equazione severità = cattiveria è stata assimilata per via orale, endovena e per venefiche supposte da legioni di benpensanti, incapaci di "fare i collegamenti" (come si dice a scuola) fra l'illegalità,il condono d'ogni porcheria, la corruzione e la mancata educazione alle regole in famiglia e a scuola(causa pavidità, ideologismi e smarrimento di bussola etica). Continuate pure a sentirvi buoni, datevi la zappa sui piedi!
Buttiamo a mare gli articoli della Costituzione italiana fatta anche di regole severe e perciò cattive?
'Vado male a scuola', a 14 anni si lancia da ponte, salvo
Impatto attutito da acqua torrente. E' in prognosi riservata
24 ottobre, 19:40
(ANSA) - TORINO, 24 OTT - Si e' lanciato da un ponte alto 30 metri per i voti negativi presi al primo anno di scuola superiore, ma l'acqua del torrente Fandaglia, a Corio (Torino), ha attutito il colpo e lo ha salvato. Protagonista un ragazzo di 14 anni, ora in prognosi riservata al Cto di Torino per una serie di fratture. Prima di lanciarsi il ragazzo ha inviato un sms al padre per scusarsi del gesto. ''La scuola - ha scritto - va troppo male e io non lo posso accettare''. A trovarlo, ferito, nel letto del fiume e' stato proprio il padre. (ANSA).
Pietà per la disperazione di questo ragazzo e pietà per una società che non abitua i ragazzi alle "sconfitte".
" ... pietà per una società che non abitua i ragazzi alle "sconfitte".
mi sembra un po' semplicistico e riduttivo.
alle "sconfitte" bisogna essere abituati?! lo devono fare gli adulti e la scuola già per i ragazzi di 14 anni?!
sia chiaro: la scuola NON dovrebbe promuovere tutti e ad ogni costo ma indirizzare, assistere, supportare, recuperare,...
siamo ancora a una visione teorica, o a parole, "severa" e punitiva della scuola (che questo gruppo esplicitamente rivendica, sostiene, persegue e di cui ha forte nostalgia) mentre la realtà vera contempla la contraddizione di troppe promozioni regalate in barba alla normativa,
nonostante ciò, abbiamo bocciature e ripetenze intorno al 15%, abbandoni o dispersione al 20%, tecnici e professionali ghettizzati.
insomma tutti i mali ben noti e denunciati della scuola e che NON sono stati affatto alleviati dalla ministra dei tagli e dei neutrini.
Sfido V.P. a trovare in un nostro articolo, intervento, commento o quant'altro la rivendicazione di una scuola "severa e punitiva". Quello di distorcere le opinioni altrui per dare forza alle proprie è un espediente a cui V.P. non riesce proprio a rinunciare.
Pietà anche per V.P
Il 25.10.2011, Andrea Ragazzini ha detto... «Sfido (1) V.P. a trovare in un nostro articolo (2), intervento, commento o quant'altro la rivendicazione di una scuola "severa e punitiva" (3). Quello di distorcere le opinioni altrui per dare forza(4) alle proprie è un espediente a cui V.P. non riesce proprio a rinunciare.»
Provo a rispondere ai quattro punti indicati.
(1)Parliamo – più tranquillamente – non di sfida ma di chiarimento o approfondimento, magari reciproco.
(2)Affermazione da tener presente per il futuro (o per rivedere tutti i topic e i post del blog). Per il presente faccio due riferimenti.
2.1)su questo blog il 12 settembre 2011, con riferimento a un articolo di Mariapia Veladiano, GR scriveva: « … una pedagogia che mitizza il dialogo e la comprensione, certamente necessari, ma che esperienza e psicologia consigliano di accompagnare con la fermezza educativa (e se necessario con sanzioni adeguate).» e poi ancora: «All’articolo della Veladiano risponde su “ilsussidiario.net” Marcello D’Orta, che vi vede una cultura che ha prodotto “sfaceli”».
2.2) anche la lettera dei 18 presidi, datata 21 settembre 2011, riflette il vostro orientamento e suona larvatamente e gratuitamente minacciosa: « … come dirigenti scolastici abbiamo il dovere di garantire il rispetto delle regole che governano la comunità scolastica … ». Sul contenuto di questa lettera ho evitato – almeno finora - di esprimermi, però la ritengo inopportuna e strumentale.
(3) Chiarisco dapprima che per scuola “severa e punitiva” non si intende una scuola che punisce fisicamente (bacchettate) ma la scuola dei grembiuli obbligatori, rigida su ritardi e assenze, che minaccia di bocciare per voto di condotta e numero di assenze, che rimanda a settembre, rigida e aspetti formali.
Di conseguenza, dell’orientamento del vostro gruppo (per come appare dal blog, compresi i post allineati) mi sono fatto alcune idee principali (distorte?):
3.1) esiste una reiterata esecrazione del ’68 (cioè 42 anni e due generazioni fa!) come causa originale, permanente ed esaustiva di tutti (ma proprio tutti!) i mali della scuola che nemmeno gli ultimi tre ministri (Moratti, Fioroni, Gelmini) sono riusciti a recuperare, rimediare, ridurre;
3.2) ricorre un riferimento nostalgico e sofferto alla scuola, perfetta e mitizzata, ante ’68;
3.3) si riscontra l’omissione quasi completa di notizie e considerazioni su quanto sta avvenendo dal 2008 per opera dell'attuale ministro Gelmini.
(4) Quanto da me espresso nel post precedente era del tutto incidentale e marginale infatti era riportato tra parentesi.
I grembiuli obbligatori? magari! è tutto uno sfoggiare vestitini firmati e magliette alla moda che tra le altre cose impediscono ai bambini di muoversi liberamente soprattutto nelle attività di laboratorio.
Posta un commento