Sul "Corriere fiorentino" di sabato scorso, il direttore Paolo Ermini è ha commentato la replica di un gruppo di studenti alla lettera aperta dei 18 prèsidi sulle occupazioni.
Nei suoi «Quaderni» ieri Antonella Landi ha elogiato gli studenti del Collettivo di Pontedera che hanno inviato via stampa una dura risposta ai 18 presidi dopo l'appello contro le occupazioni in cambio di spazi di mobilitazione e discussione dentro gli istituti. La nostra «Profe» non ha avallato il contenuto del documento, ma ne ha apprezzato lo spirito battagliero, la determinazione nel tener testa agli adulti, la capacità di stilare un discorso filato per farsi le proprie ragioni. Confesso che su di me quella specie di libello ha esercitato un fascino assai minore. Il documento è un condensato dell'ideologismo d'altri tempi e del conformismo che attanaglia i giorni nostri, senza distinzioni anagrafiche (e spesso anche politiche). Era ben scritto? Non basta. Le parole non sono mai belle di per sé. A volte possono colpire, elegantemente, come se fossero pietre. Dove eravate voi mentre distruggevano la scuola italiana? chiedono retoricamente gli studenti. Credo che i presidi fossero a fare esattamente quello che in questi anni, anche prima della Gelmini, hanno fatto anche tanti insegnanti: resistere come potevano alla progressiva dequalificazione dell'istruzione (e del loro ruolo sociale), cercando di salvare la dignità della scuola pubblica. Con una passione superiore a riconoscimenti e stipendi. E non per qualche settimana, come le occupazioni prenatalizie, ma giorno dopo giorno. Quanto al paragone con i presidi che nel 1938 subirono la vergogna delle leggi razziali, a quei ragazzi va ricordato che sì, tanti italiani subirono allora per paura quella vergogna, magari arrovellandosi nella crisi delle loro coscienze, ma non erano peggiori di tanti intrepidi che cambiarono casacca in extremis, come niente fosse. Senza dimenticare che il regime di Mussolini si reggeva sui manganelli degli squadristi, mentre questa Italia della «mignottocrazia», come loro la chiamano (e che anche a noi non piace per nulla), sta in piedi grazie al libero voto degli italiani. C'è una bella differenza.
La lettera degli studenti di Pontedera.
lunedì 3 ottobre 2011
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20 commenti:
"Senza dimenticare che il regime di Mussolini si reggeva sui manganelli degli squadristi, mentre questa Italia della «mignottocrazia», come loro la chiamano (e che anche a noi non piace per nulla), sta in piedi grazie al libero voto degli italiani. C'è una bella differenza."
- nelle elezioni del 1924 mussolini con listone e con la lista bis ottenne il 64,9% del voti;
- certo nel 2008 berlusconi vinse le elezioni, ma ora? chi lo voterebbe ora? "il libero voto degli italiani", nessuno lo nega ma non può essere citato pilatescamente per avallare ed approvare incondizionatamente l'operato (e le omissioni) del governo attuale né la DIGNITA' (chiamiamola così) dell'uomo berlusconi.
Proprio libere elezioni quelle del '24! Un visionario quel Matteotti Giacomo!
Proprio libere elezioni quando si controllano le televisioni e i giornali...proprio libere elezioni quando basta un oppositore per scatenargli contro la macchina del fango...si proprio libere elezioni
niente da aggiungere, non ho parole
<>
il primo post NON dice quanto aggiunto da pippo ma si limita a:
<<- nelle elezioni del 1924 mussolini con listone e con la lista bis ottenne il 64,9% del voti;>>
che dice pippo salla situazione attuale, sulla dignità del .... bungasconi, sugli amici che si è scelto in italia (previti, mangano, dellutri, ....) e all'estero: gheddafi, mubarak, ben alì, putin, lukascenko ....
tutto il male possibile ma ciò non mi spiega tutto il male. insomma, Pippo non ha formule che squadrano da ogni lato.....
Anche nel piccolo del nostro forum sarebbe bene che la libera espressione delle opinioni non includesse la plateale distorsione delle opinioni altrui, in questo caso del direttore del Corriere Fiorentino. Il quale non ha affatto "avallato e approvato incondizionatamente l'operato del governo attuale", come curiosamente sostiene l'Anonimo,ma ha solo fatto presente che nel 1938 opporsi era un po' meno semplice di oggi.
PUNTI DI VISTA
Paolo Ermini conclude il suo scritto "Senza dimenticare che il regime di Mussolini si reggeva sui manganelli degli squadristi, mentre questa Italia della «mignottocrazia», come loro la chiamano (e che anche a noi non piace per nulla), sta in piedi grazie al libero voto degli italiani. C'è una bella differenza."
L'ultima frase "C'è una bella differenza" è - o può sembrare - una assoluzione per l'attuale governo.
Infatti c'è anche chi ha già parlato di un prossimo terzo dopoguerra.
Nell'economia reale del Paese sta per arrivare uno tsunami e il problema è che non molti ne sono consapevoli. La responsabilità di questa ignavia ce l'ha soprattutto il governo che per tre anni non ha fatto altro che negare la gravità della situazione.
Il nostro terzo dopoguerra
Nel secondo dopoguerra, i nostri padri si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato. L'Italia per alcuni anni sembrava persino avviata a diventare un paese civile.
Le manifestazioni di piazza hanno imperato soprattutto nel primo dopoguerra e non mi pare che sia andata a finire troppo bene.
Se veramente siamo avviati a un terzo dopoguerra, non ho molti dubbi su quale dei due precedenti costituisca il modello migliore.
In ogni caso, ammettiamo pure (non ci vuole molto) che molti comportamenti degli esponenti politici pià in vista siano condannabili e che essi (presidenti del consiglio e ministri) dimostrino spesso la loro inadeguatezza anche attraverso affermazioni estemporanee, ma soprattutto attraverso un'azione di governo sbagliata e dannosa. Ammettiamo pure che se la maggioranza si ripresentasse alle elezioni perderebbe e, inoltre, che sarebbe bene per l'Italia se si dimettesse.
Non vedo come tutto ciò possa autorizzare a porre i loro pur discutibili provvedimenti sul piano delle leggi razziali del '38. Ma per favore ...
Probabilmente non è un paragone ma una domanda che dice più o meno così: che si fa se una legge è moralmente ingiusta? La si continua ad applicare senza nessuna forma di protesta o cerchiamo di opporci? Antigone docet.
Il fruttuoso dibattito innescato dal collettivo di Pontedera ci ha portato dalle occupazioni a Antigone.
Non credo si tratti di una questione risolvibile sul piano teorico e in generale. Parlando in astratto, davanti all'obbligo di applicare una legge moralmente iniqua, la risposta migliore per un funzionario sarebbe una pubblica protesta e/o le dimissioni. Ma è ovvio che se i vari Palatucci, De Fiore e chissà quanti altri che hanno salvato centinaia di ebrei anche rimettendoci la propria pelle (Palatucci, appunto) avessero fatto così, sarebbero stati sostituiti da fanatici che avrebbero applicato le leggi razziali con entusiasmo.
Sotto una dittatura, quindi, la soluzione migliore potrebbe essere il boicottaggio silenzioso che (a quanto mi risulta) per le leggi razziali fu attuato anche da una quantità di gerarchi ai diversi livelli (il che non rende certo tali leggi meno spregevoli).
In altri casi, però, un comportamento simile potrebbe essere solo frutto di ipocrisia.
E' chiaro, quindi, che bisogna specificare di quali leggi si tratta, in cosa consista la loro immoralità e quale ne sia il grado.
Un provvedimento, pur discutibile o non condivisibile, non diventa certo eticamente ingiusto al punto di giustificare una ribellione, per il solo fatto che il presidente del consiglio è dedito a divertimenti moralmente condannabili.
"Un provvedimento, pur discutibile o non condivisibile, non diventa certo eticamente ingiusto al punto di giustificare una ribellione, per il solo fatto che il presidente del consiglio è dedito a divertimenti moralmente condannabili."
esatto, ma è proprio al limite e con sforzo.
e se i divertimenti fossero condannabili penalmente?
e se ci fosse (come c'è) questo dubbio, dal punto di vista politico come la mettiamo? quale è la credibilità di costui? quanto tempo deve dedicare ai suoi problemi personali? mi pare che ha detto che governa a tempo perso, o no?
però siamo usciti dal discorso presidi e occupazioni studentesche. da notare che i 18 sono rimasti 18, nessuno si è aggiunto al gruppo.
Anonimo-4 nota, con evidente soddisfazione, che nessuno ha aggiunto il suo nome a quello dei 18 firmatari della lettera. In realtà così doveva essere, perché il documento non intendeva avviare una raccolta di firme, ma è stato sottoscritto solo dal gruppo di dirigenti che lo ha elaborato, dopo un lavoro di approfondimento iniziato nella scorsa primavera.
...Quindi per scrbacchiare una cosetta ad uso del Corriere in cui, tanto per variare, si minacciano sfracelli e galere occorre non soltanto mettersi in venti, ma anche un "lavoro di approfondimento"?
Va bene, prendiamone atto.
Per discutere non c’è la patente né un diploma, è ovvio. Questo non vuol dire che non si possa e non si debba imparare a farlo. Carl Rogers una volta disse di provare a fare un esperimento, che può sembrare facile, ma non lo è: durante una discussione, si stabilisce che, prima di replicare agli argomenti dell’interlocutore, chi vuole rispondere deve riassumere con parole sue quello che ha detto l’altro e poi chiedergli se la sua esposizione è corretta. Solo dopo potrà dire la sua. È una metodologia che è stata ripresa tra l’altro nei corsi in cui si studia la risoluzione dei conflitti, ma che converrebbe avere quanto meno presente quando ci si rivolge agli altri. Se si fa dire agli altri, come nel precedente commento, quello che non hanno detto o lo si deforma e stravolge, non si partecipa ad alcuna discussione, ma a una forma di soliloquio del tutto inutile.
Forse sarebbe bene rileggere con più attenzione la lettera dei prèsidi.
Preside Salvatore Indelicato ha detto...
bufera autunnale
Oggi è molto bello l'articolo sulla prima pagina del Manifesto...ma perché non avviate davvero un dibattito tra presidi, studenti, docenti e genitori...fosse anche per occupare insieme..(marco)
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