Tra le 100 idee per cambiare l’Italia, uscite dal Big Bang della Leopolda di Firenze la numero 79 in maniera concisa propone: Diritto di voto a 16 anni per immettere circa un milione di giovani elettori nel processo politico ed abbassare così l’età media del corpo elettorale più anziano del mondo. La proposta non è nuova: è stata fatta tempo fa dal partito socialista di Nencini e già da quest’anno si vota a 16 anni in Austria ed in alcune province della Svizzera e della Germania.
A prima vista potrebbe apparire una iniziativa demagogica per ingraziarsi i giovani, una scorciatoia per lo svecchiamento degli apparati burocratici dei partiti, il frutto di un interesse politico per l’allargamento del mercato elettorale o semplicemente un cedimento alla moda del giovanilismo imperante. Purtroppo invece è l’affermazione di una visione sociologica e pedagogica, nata anni fa nei paesi anglosassoni, per cui la distinzione antropologica delle diverse fasce d’età (il bambino, l’adolescente, l’adulto) con i suoi naturali ritmi di crescita e formazione è saltata in nome di una precoce responsabilizzazione del giovane e del giovanissimo di fronte alla società in termini di coscienza civile ed ovviamente politica. Con questa logica per paradosso il neonato dovrebbe avere in una mano il biberon e nell’altra il testo della Costituzione italiana.
Ed infatti i giovani, nelle scuole soprattutto, hanno da tempo recepito nei loro comportamenti questa apertura di credito e anche l’annullarsi progressivo dei ruoli (l’adulto versus l’adolescente) per cui in alcune situazioni si mettono sullo stesso piano dei docenti: quando lottano e protestano, per esempio (scioperi, occupazioni,autogestioni), hanno la presunzione di dire la loro su tutto, dalle riforme scolastiche alle questioni sociali e politiche; e nei licei artistici si sentono già Picasso o Cattelan e vogliono pubbliche mostre delle loro creatività senza pagare il pegno di un doveroso apprendistato.
Un doveroso apprendistato con regole ben definite (tempi, modalità, strumenti) è invece necessario per la formazione politica e civile dei giovani, come già avviene nell’ambito della formazione scolastica e professionale, senza indulgere a superficiali e improprie forme di protesta, che spesso - eterogenesi dei fini - li allontanano negli anni successivi dall’impegno e dalla partecipazione politica. La scuola, se andasse in porto l’anticipazione del voto a sedici anni, sarebbe il luogo privilegiato di questo apprendistato, dato che in quella fascia di età i giovani sono tutti scolarizzati con poche eccezioni.
La lettera aperta dei 18 dirigenti scolastici toscani, letta da molti in maniera impropria e superficiale come fosse una prevaricazione nei confronti degli studenti e delle loro lotte, va invece nella direzione di una proposta di sperimentazione nella scuola di possibili forme di apprendistato serio alla politica, ovviamente dentro il curriculum didattico, e anzi è la risposta più appropriata a tutti coloro che vogliono far assumere a giovani responsabilità di cittadini consapevoli con il diritto di voto a 16 anni.
(Sergio Casprini)
mercoledì 2 novembre 2011
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1 commento:
Il voto a 16 anni? Una grossa sciocchezza. Chi lo propone ha chiaro il panorama del mondo giovanile? Vi sono certo eccezioni, ma molto spesso si vedono ragazzi superficiali, demotivati, senza idee, facile preda di qualsiasi demagogo che dia loro ragione a prescindere. Chi dovrebbe farli crescere? La scuola? Suvvia! La nostra scuola, purtroppo, si è trasformata in un luogo incolore, dove si tende sempre più a blandire gli studenti, piuttosto che a formarli.
Elio
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