venerdì 6 gennaio 2012

CITAZIONI - DA "A COSA SERVE LA POLITICA?", DI PIERO ANGELA


La de-meritocrazia
La questione del merito va ben al di là del giusto riconoscimento dei valori individuali e della qualità del lavoro svolto: perché quando si passa dal livello singolo a quello collettivo, il merito cambia natura, esce dalla dimensione etica ed entra in quella economica.
In altre parole, se un paese premia il merito a tutti i livelli, crea le condizioni per migliorare il funzionamento della società e questo aiuta anche a migliorare la sua competitività. [...] L'European House dello studio Ambrosetti di Milano ha pubblicato uno studio proprio sul merito [continua a leggere]

3 commenti:

V.P. ha detto...

Qualità, merito e demerito

di Eva Zenith - 26/11/2011

Perchè un giovane dovrebbe impegnarsi nello studio, ottenere i massimi voti, specializzarsi ? Un tempo girava la favola (mai verificata) che tutto ciò sarebbe servito per avere un lavoro soddisfacente e ben retribuito, e fare carriera. Oggi, nemmeno questa favola circola più. Anzi, se sei uno studente scadente ottieni il plauso popolare, e una buona accoglienza televisiva, altrimenti sei un "secchione". Tutti sanno che pochissimi troveranno un lavoro coerente con le competenze scolastiche, e se capiterà, non sarà certo per il valore ma per le conoscenze familiari, la fedeltà politica o certe prestazioni "extralavorative".

Perchè un insegnante o un bidello, un medico ospedaliero o una infermiera, un metalmeccanico o un netturbino, un impiegato di banca o un bibliotecario dovrebbero sforzarsi di dare il massimo sul lavoro e di qualificarsi sempre di più? Lo stipendio è uguale per tutti i lavoratori della stessa categoria. La carriera non ha alcun legame con la qualità delle prestazioni o dei risultati, nè nelle organizzazioni pubbliche nè nelle imprese private. Non è prevista alcuna punizione nei casi di minore produttività, e nelle organizzazioni pubbliche nemmeno un reato è sufficiente per perdere il lavoro.

Perchè un capo o un dirigente o un amministratore dovrebbero qualificarsi e dare il massimo? Solo le grandi corporazioni offrono bonus o azioni in premio, ma raramente in collegamento coi risultati. Nelle organizzazioni tradizionali esisteva il principio della responsabilità oggettiva dei capi per le unità che dirigevano. Oggi questo principio è sparito e non di rado vediamo dirigenti che dopo un fallimento, vengono addirittura promossi. I risultati, come metro di valutazione, sono stati sostituiti dalla fedeltà e complicità verso la "casta", dall'appartenenza alla "cordata" vincente, dai legami "dinastici". Se qualcosa non funziona in un reparto o settore (magari per un disastro, un incidente o numerosi furti) il capo apre un'inchiesta o fa una denuncia, e con ciò la sua responsabilità è salva. Nessuno si chiede se il capo non fosse pagato anche per prevenire gli eventi dannosi.

Perchè un capo di un'organizzazione dovrebbe premiare il merito, e soprattutto cosa è il merito per un capo? Quando una società punta alla qualità, il merito è "saper fare bene il proprio mestiere" in modo che tutta l'organizzazione possa qualificare la sua produzione. Oggi, questo resta vero solo in pochissime organizzazioni private, operanti nei settori tecnologici e del lusso. La società industriale di massa ha abbandonato il "valore della qualità", fin da quando ha sposato il principio della "obsolescenza programmata". La globalizzazione ha dato un colpo mortale alla qualità, con la riduzione verso il basso dei costi di produzione. Una società che non ha interesse per la qualità spinge i capi a definire merito la fedeltà, la subalternità, la omologazione.

Non esistono premi per la qualità in organizzazioni pubbliche come gli ospedali, dove quelli che uccidono i pazienti prendono gli stessi finanziamenti di quelli che li guariscono. Non esistono premi per la qualità nelle imprese che possono delocalizzarsi in Romania o assumere immigrati clandestini. Non esistono premi per la qualità in tutte le organizzazioni legate agli appalti pubblici, nei quali gli unici valori sono il prezzo o l'appartenenza clientelare.

Il lato positivo (per molti) è che non esistendo qualità o merito, è sparito anche il demerito. Un lavoratore che lavora malissimo non subisce alcuna ritorsione. Un dirigente che manda a rotoli un reparto o un settore non mette a rischio la sua possibilità di corriera. Un amministratore che fa fallire un'impresa trova sempre qualche "amico" che lo lancia in un'altra avventura. Un politico che perde, ha sempre una presidenza che lo aspetta.

http://www.miogiornale.com

V.P. ha detto...

La frustrazione dei vincitori nell’Italia del demerito - 1ª parte

di Silos Ignance - 28 ottobre 2011

Alcuni giorni fa, sono andato a un corso di formazione alle prove scritte per il concorso da Dirigente Scolastico, presso un grande centro di formazione di Milano. Vi erano un’ottantina di insegnanti che avevano superato i test e che volevano prepararsi per gli scritti. Il clima però non era festoso, ma di mesta malinconia, di malcelata stanchezza.
Nella pausa caffè, raccolgo gli umori dei compagni di viaggio.
Paola racconta la sua esperienza. Dice di non aver imparato nulla dai test avendoli memorizzati attraverso strane tecniche di memorizzazione per parole chiave. Dice di aver studiato all’inverosimile, di giorno e di notte. Dice di averlo fatto in un periodo difficile dell’anno, con le lezioni già iniziate e nel proliferante dilagare degli organi collegiali. Dice che, per non sottrarre il tempo allo studio, non ha ancora effettuato una TAC alle anche in cui le era comparsa una macchia da indagare. Dice di aver studiato con i dolori alle ossa, ma con cieca determinazione. Stando alle sua minuta avrebbe azzeccato il 93% delle domande.
Francesca, collega giovane e con due figli di quattro e sei anni, dice di avere imparato tanto dai test. Il suo studio non è stato mnemonico, ma di approfondimento delle tematiche. Dice che sua madre e suo padre sono giunti a Milano da Potenza il 3 settembre, per aiutarla. Mentre sua madre cucinava, lavava e stirava, suo padre, complice il bel tempo, le portava i bambini nel parco dalle 8,30 del mattino alle 18,30. Ora anche lei è straziata dalle fatica e teme di non avere le energie sufficienti per continuare.
La beffa che alcuni temono è che, per via dei ricorsi, chi si è impegnato dovrà competere con persone più fresche. Alcuni che a settembre non hanno compiuto sforzi contano di arrivare agli scritti grazie all’immancabile, italico ricorso che punisce chi si è impegnato rispettando le prescrizioni del bando. Paradossalmente chi non si è impegnato potrebbe avere le energie, mentali e fisiche, per reggere meglio lo studio in questo tremendo mese di novembre. Tutti sentono l’amarezza di vivere in un paese dove le regole non hanno alcuna certezza e dove con un cavillo giuridico, una furbata, una millanteria si può arrivare ovunque a dispetto delle regole e di chi le rispetta. Tutti sanno che le ragioni per ricorrere sono inesistenti “Non ho avuto abbastanza tempo”, “Le domande non erano oggettive”, “Il librone era uno strumento demenziale”.
In realtà questo è il concorso più trasparente che ci sia stato. Le domande erano conosciute in anticipo e TUTTI avevano la possibilità di studiarle, approfondirle o memorizzarle. Questa è la vera oggettività. Certo nessuna domanda può avere il sigillo della assoluta oggettività, se c’è malafede. Persino se chiedessi “Chi ha scoperto l’America?” qualcuno potrebbe obiettare che la domanda non è oggettiva perché alcuni storici parlano di Vichinghi islandesi giunti in America nel 980 d.C.
Se chiedessi “Quanto fa 2+2?” anche questa domanda, per quelli in malafede, sarebbe non oggettiva perché nel sistema quaternario 2+2=10, in quello ternario 11 e così via. Per questi furbi italiani, allergici alle regole e all’idea del merito, non basta che il ministero abbia fornito le domande in anticipo. Essi credono che “Cristoforo Colombo scoprì l’America” se hanno raggiunto il fatidico 80%, mentre l’hanno scoperta i Vichinghi se non hanno raggiunto l’80%.

Silos Ignance
Pubblicato da Atuttascuola a venerdì, ottobre 28, 2011

V.P. ha detto...

La frustrazione dei vincitori nell’Italia del demerito - 2ª parte

di Silos Ignance

Mostri il TAR un po’ di civiltà e di orgoglio. Dica con chiarezza una cosa chiara a chi, forzando le regole, vuole fare a tutti i costi gli scritti, senza avere superato la preselezione. Dica a costoro: “STUDIATE”. Per arrivare occorre studiare, studiare e studiare. Senza scorciatoie, ricorsi e bunga-bunga. Gli approdi siano diversi per ciascuno, ma partendo tutti dallo stesso punto di partenza, dagli stessi 100 quesiti: brutti, stupidi e insolenti quanto si vuole, ma UGUALI per tutti.
Gli uomini seri, che ancora credono che possa esserci in Italia uno stato di diritto, facciano giungere la loro voce al TAR affinché legalità e merito possano andare avanti. Furbizia e malafede indietro.

Silos Ignance
Pubblicato da Atuttascuola a venerdì, ottobre 28, 2011
http://atuttascuoladuepuntozero.blogspot.com