Ci sono cose che si possono facilmente misurare, altre
meno o magari per niente, almeno in senso proprio e cioè basandosi su unità di
misura condivise. Come ha scritto tempo fa il matematico Giorgio Israel,“quando attribuisco un voto al
compito di uno studente non misuro un bel nulla: non faccio altro che usare
numeri per rappresentare in modo sintetico il mio giudizio soggettivo che mai
potrà essere «oggettivo» come lo è invece misurare la lunghezza di un tavolo
con un metro. Posso al più tentare di essere «equanime»”. Lo stesso Israel
torna oggi a metterci in guardia, in un articolo
sul “Messaggero”, sui limiti dei test di valutazione, i quali, anche quando ben
fatti, possono essere applicati a rilevare conoscenze e capacità elementari e non
certo la complessità di una formazione culturale che si rispetti.
La cieca fiducia
negli studi statistici non è meno dannosa delle valutazioni impressionistiche
non supportate da alcun dato, anzi forse è più insidiosa perché tende a
presentarsi come assolutamente oggettiva. Si diffondono così dei veri e propri dogmi e
pochi hanno la libertà interiore e la competenza necessarie per metterli in
discussione. Uno di questi contrappone l’eccellenza della nostra scuola
elementare al “buco nero” che sarebbe costituito dalla medie, oggetto di un
recente rapporto della fondazione Agnelli. A suo tempo segnalammo un intervento
in proposito di Luca Ricolfi (Il mito della scuola
elementare). E qualche settimana fa due studiosi, Enrico Gori e Raffaella
Marin, hanno messo in dubbio sul “Sussidiario.it" la validità dei dati su cui si basa il rapporto Agnelli (con replica di Gavosto
e loro controreplica), sostenendo tra l’altro che l’analisi dei dati “non può essere scissa dalla
considerazione dei tassi di scolarizzazione alle diverse età: se i giovani con
competenze peggiori non si iscrivono al grado successivo, o sono espulsi dal
sistema scolastico, vengono automaticamente esclusi; l’effetto che ne consegue,
con tutta probabilità, è che il livello medio di competenze cresce grazie alla
loro esclusione”. (GR)
3 commenti:
“quando attribuisco un voto al compito di uno studente non misuro un bel nulla: non faccio altro che usare numeri per rappresentare in modo sintetico il mio giudizio soggettivo che mai potrà essere «oggettivo»"
"La cieca fiducia negli studi statistici non è meno dannosa delle valutazioni impressionistiche non supportate da alcun dato, anzi forse è più insidiosa perché tende a presentarsi come assolutamente oggettiva."
CONDIVIDO IN PIENO!
CONTINUO A DOMANDARMI PERCHE' C'E' CHI ANCORA INSISTE OSTINATAMENTE A PERSEGUIRE QUESTE ILLUSORIE E MENDACI VALUTAZIONI SEDICENTI "OGGETTIVE" SENZA CONSIDERARE E TANTO MENO REPLICARE ALLE NUMEROSE OBIEZIONI FORMULATE ORMAI DA ANNI.
Perché sono rassicuranti per chi le propone e per i creduloni che vi credono. I primi hanno talvolta l'aggravante di essere in malafede propugnando cose in cui neanche loro credono. I secondi, come tutte le persone che hanno tanta fede, trovano sicurezza nelle banalità e nelle formulette banali(.... ah l'uomo che se ne va sicuro agli altri e a se stesso amico e l'ombra sua non cura....)
V.V ha detto...
«Perché sono rassicuranti per chi le propone...»
questa osservazione è giusta (o almeno condivisa) ma è un po' la sintesi, l'inviluppo o il contenitore di altro che va indagato.
ci sono anche interessi materiali, di prestigio, di immagine, ideologici ...
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