Neanche i disastri spesso
servono a cambiare la natura dell’uomo: tutt’al più ci permettono di
identificarla, nel bene e nel male, con maggiore evidenza di sempre. Ciascuno
di noi è tale anche per come hanno contribuito a determinarci le storie
familiari, le compagnie o i maestri incontrati durante il percorso di
formazione: siano quelli scolastici o del mondo del lavoro. Lo sanno bene gli
adulti che da bambini, da ragazzi o da giovani hanno avuto la fortuna
d’incontrarli e di rendersi conto di quanta passione, preparazione e
disponibilità a trasmetterle ai propri allievi fosse stato animato il loro
compito. E i veri maestri sono tali anche perché consapevoli che la prima forma
di trasmissione del sapere è il buon esempio. Ed è attraverso questo che si può
contribuire, prima di qualunque altra attività, ad una buona formazione civile
e civica dei propri allievi insegnando loro che oltre ai diritti competono
anche i doveri.
A tutto ciò si è
«naturalmente» ispirata Francesca, la maestra di Prato, che non appena è stato
possibile ha deciso di incontrare i suoi piccolissimi allievi in un parco
pubblico pur di non rinunciare alla loro educazione. Ed a questo si sono ispirati
tutti quei docenti e dirigenti che, come Francesca, a dispetto di alcuni
sindacati evidentemente refrattari a qualsiasi apprezzamento della buona
volontà, si sono immediatamente adoperati, grazie alla passione per il proprio
lavoro, affinché non si interrompesse fin dal primo giorno dell’isolamento di
massa, il rapporto educativo con i propri allievi.
I disastri non servono a
cambiare la natura dell’uomo: tutt’al più servono a stimolare la classe
dirigente, se degna ovviamente di questa funzione, a trovare una risposta che
possa permettere di porre riparo, almeno per l’immediato futuro, ai danni
subiti. Per la scuola non è accaduto ad oggi niente di tutto ciò e ancora non
sappiamo cosa accadrà a settembre: nessuna ipotesi su come potrebbe essere
organizzata a seconda di quello che sarà fra tre mesi l’andamento del
coronavirus. I sindacati del personale scolastico, un numero quest’ultimo degno
di un esercito napoleonico, reclamano una impressionante quantità di nuove
assunzioni. Naturalmente ope legis, perché qualsiasi forma di verifica in
merito alla reale preparazione e attitudine al compito che attende i nuovi
assunti è, per consolidata tradizione, quasi da escludere.
Inoltre a pochi sembra
interessare, tantomeno al Ministero, ricordare che tutte le scuole godono di
margini di autonomia didattica e organizzativa non indifferenti, che
permetterebbero almeno di gestire una buona parte dell’orario scolastico
autonomamente. Si potrebbero per esempio, privilegiare alcune materie, quelle
di base e d’indirizzo, rispetto ad altre e facilitare la divisione delle
classi, anche alle elementari, per l’organizzazione di orari più gestibili e
fluidi onde evitare che possa ripetersi la totale esclusione dei ragazzi dalla
vera vita scolastica. Infine, proprio perché si insegna innanzitutto attraverso
l’esempio, sarebbe stata una bellissima occasione per dimostrare tutto il
sostegno possibile ai nostri studenti che gli insegnanti, in massa, si fossero
candidati come presidenti di commissione. Invece, ad oggi, oltre mille commissioni
ne sono prive. E nemmeno c’è stata purtroppo una battaglia per chiedere che
anche gli esami di terza media avvenissero, come per le superiori, in presenza.
Onestamente, i ragazzi avrebbero avuto diritto ad una maggiore considerazione.
Valerio Vagnoli
(“Corriere
Fiorentino”, 10 giugno 2020)
2 commenti:
Tutta la vicenda covid ha dimostrato una assoluta diserzione dalla responsabilità, che si vorrebbe continuare anche a settembre, con l'ipocrisia della DaD che assolutamente non ha coinvolto in egual modo tutti i docenti. Mentre il paese si sforza di riprendere, cosa aspetta no gli insegnanti a tornare in cattedra senza sollevare obiezioni insormontabili? Cosa sarebbe successo se gli operatori della sanità e della grande distribuzione avessero assunto un atteggiamento analogo? Con che faccia ci presentiamo ai genitori che sono dovuti tornare a lavorare affidando i figli a nonni a rischio? Ma è così difficile concepire un minimo di reciprocità e condivisione?
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