Il 17 marzo (Giornata dell’Unità nazionale), il 4 novembre, il 25 aprile e il 2 giugno sono le date fondamentali della
nostra storia. Le prime due segnano la conclusione del processo risorgimentale
con l’affermazione dell’Unità e dell’Indipendenza dell’Italia, le altre due la
riconquista della libertà del nostro Paese e la sua trasformazione in
repubblica democratica, sancita dal voto popolare.
Celebrare queste ricorrenze permette di perpetuare i valori e
gli ideali del Risorgimento e della Resistenza consegnandoli ai giovani
cittadini di oggi, ma rafforza anche la nostra identità nazionale e la coesione
sociale. Tanto più questo è necessario in un periodo di smarrimento degli
italiani, dovuto alla vicenda tragica della pandemia, allo shock del ritorno
della guerra in Europa per l’aggressione della Russia all’Ucraina, alle
contrapposizioni ideologiche spesso prive di vera attenzione all’interesse
generale, alla crisi dell’etica pubblica. Sono, insomma, date costitutive di
quella religione civile che in tutto l’occidente democratico salvaguarda la
memoria storica e l’identità politico-culturale di ogni paese, come il 14
luglio in Francia o il 4 luglio negli Stati Uniti.
Dal 2013 con una Circolare della Presidenza del Consiglio dei
ministri è stata istituita come solennità civile la data del 17 marzo – “Giornata dell’Unità nazionale,
della Costituzione, dell’inno e della bandiera” da
celebrare in ogni città italiana, nei quartieri, nei luoghi istituzionali e
soprattutto nelle aule scolastiche. Nei fatti, dopo i festeggiamenti del 2011
per i 150 anni dell’Unità nazionale e nonostante che le scuole siano invitate a
programmare momenti di riflessione in proposito, l’attenzione sul significato
di questa data progressivamente si è persa tra gli italiani di ogni età.
Per le nuove generazioni la scuola è il luogo non solo della
formazione culturale, ma anche di una prima maturazione politica, con l’acquisizione
degli strumenti di comprensione critica della realtà sociale in cui vivono, a
partire da un’adeguata conoscenza storica del loro Paese.
Dovrebbe essere compito quindi delle scuole ricordare agli
studenti che il 17 marzo 1861 nacque l’Italia, a conclusione di alcuni decenni
di ideali e di sacrifici tendenti a questo scopo. Anche perché è una storia di
cui i giovani furono più volte protagonisti: basti pensare al Battaglione dei
Volontari toscani a Curtatone e Montanara nel 1848, alle Camicie rosse guidate
da Garibaldi, ai “Ragazzi del ‘99”
che si sacrificarono sulla linea del Piave fino alla riscossa di Vittorio
Veneto e agli scugnizzi napoletani che parteciparono all'insurrezione
popolare con la quale, tra il 27 e il 30 settembre 1943, Napoli fu liberata
dall’occupazione nazista.
Il
Risorgimento italiano è stato un lungo processo storico arrivato in un certo
senso fino a metà novecento; e le date importanti come il 17 marzo servono da
occasione per conoscere e comprendere meglio il passato da cui veniamo. Anche
la lotta eroica del popolo ucraino contro l’aggressione russa può – se non
altro – farci meglio “realizzare” (cioè percepire vividamente) la durezza delle
lotte risorgimentali contro “lo straniero” e della resistenza alla distruttiva
e spesso spietata invasione hitleriana.
Oggi
le manifestazioni studentesche sembrano di rado all’altezza dei problemi
attuali, in gran parte perché risentono di un’insufficiente preparazione
culturale e soprattutto di quella storica, senza la quale non si può
comprendere la complessità del mondo.
Certo è stata utile l’iniziativa ambientalista di Greta Thunberg, oggi
rimpiazzata nelle cronache dagli imbrattamenti “nonviolenti” di “Ultima
generazione”, con i quali però si costruisce ben poco. Per il resto, il mondo
studentesco si esprime quasi solo con le ripetitive occupazioni scolastiche di minoranze faziose e ideologizzate, che conducono sgangherate battaglie contro il governo di turno e,
quel che è peggio, contro il diritto allo studio della maggioranza dei loro
compagni, mentre le istituzioni, prive di coerenza democratica e di fermezza,
si guardano bene dal tutelarli.
Ricordare oggi il 17 marzo sia a livello istituzionale che nelle
scuole e nella società civile significa quindi tenere aperto il fronte basilare
delle battaglie per la libertà, la democrazia e la solidarietà umana.
Sergio Casprini
2 commenti:
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Lovely ppost
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