mercoledì 15 maggio 2013
CORRETTEZZA DEGLI ESAMI: NON È SOLO QUESTIONE DI TECNOLOGIA
Della lettera dell’Anp al Ministro con cui Giorgio Rembado chiede in
sostanza di fare tutto il possibile per evitare che gli esami di Stato siano
una barzelletta, i giornali e i siti web mettono soprattutto in evidenza,
specie nei titoli, la proposta di utilizzare i rilevatori di cellulari e quella
di vietare ai siti la pubblicazione in tempo reale di traduzioni e soluzioni
dei problemi. Continua a leggere.
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64 commenti:
Nessun appunto da fare alla lodevole iniziativa di Rembado e dell'ANP; anzi, fa piacere constatare che esistono ancora persone sostenute da importanti valori come l'onestà e la professionalità.
Purtroppo le copiature con i cellulari sono diventate una vera piaga della scuola italiana, e non solo all'esame di Stato, ma anche durante i normali compiti in classe; del problema sono ben consapevole io che insegno latino e greco, per i quali esistono siti gestiti da veri e propri criminali che offrono agli studenti, anche gratuitamente, i testi degli autori già tradotti. Basta nascondere un cellulare, collegarsi e il gioco è fatto.
Io stesso, dal mio blog, ho più volte sostenuto quello che Rembado e il "Gruppo di Firenze" sta chiedendo ora al nuovo ministro, cioè l'acquisto dei rilevatori di cellulari (meglio sarebbero i disturbatori di frequenze che però, non so perché, sono considerati illegali), perché la tecnologia si combatte solo con altrettanta tecnologia.
Ma quel che dice l'ANP è sacrosanto anche sotto un altro aspetto: il problema dell'esame, infatti, non è soltanto l'uso dei cellulari da parte degli studenti, ma anche il comportamento di certi docenti, specie membri interni, che aiutano sfacciatamente i loro alunni arrivando persino a dire loro in anticipo le domande della terza prova o del colloquio. Io stesso, come presidente di commissione, ho avuto la netta sensazione, in un esame di qualche anno fa, che gli alunni conoscessero in anticipo tutte le domande del colloquio delle materie dei membri interni. Ovviamente non potei far nulla perché non avevo le prove, ma la cosa era alquanto palese. Con ciò voglio dire che, al di là dell'agire degli studenti, dobbiamo cominciare NOI per primi a essere persone serie e professionali, altrimenti è inutile fare l'esame, anzi è fortemente dannoso, perché si trasmette ai giovani un messaggio morale indecoroso, quello cioè che per riuscire nella vita bisogna ingannare, frodare, fare i "furbi" evitando le proprie responsabilità. A me questo messaggio pare devastante, quasi come mettere una pistola nelle mani di qualcuno disposto a sparare.
Purtroppo molti docenti si comportano così per un malinteso senso di protezione e di "amor materno" verso i loro alunni, o anche (peggio!) perché ritengono che un buon risultato dei loro studenti all'esame equivalga ad una valorizzazione del loro insegnamento. Aiutare gli alunni all'esame diventa quindi una forma di egoismo, di autoesaltazione,quasi che i voti ottenuti da una classe all'esame siano lo specchio esatto del valore degli insegnanti che li hanno avuti durante l'anno scolastico. Nulla di più falso, e nulla di più meschino da parte di chi dovrebbe trasmettere ai propri discenti il senso del dovere, dell'onestà, la soddisfazione di aver ottenuto risultati (anche modesti) con le proprie forze.
Tra gli articoli di oggi, quelli su “Libero” e
“La Sicilia”
Mi permetto di porre un problema etico che sta diventando abbastanza rognoso.
Mi piacerebbe se rispondesse direttamente anche Valerio Vagnoli, che ho sempre apprezzato per la sua determinazione sull'argomento, e che ho avuto occasione di conoscere di persona l'anno scorso, proprio durante gli esami.
Allora, buttandola proprio sul cinico: viste le vergognose sentenze che ci sono state di recente, in cui tribunali vari e Consiglio di Stato, con motivazioni incredibili, hanno dato RAGIONE a studenti beccati platealmente a copiare e che avevano fatto ricorso contro l'esclusione dagli esami (e che saranno utilizzate a loro volta come precedenti per eventuali processi successivi)...
...quanti saranno i presidenti e i commissari che si prenderanno realmente la responsabilità di far rispettare le norme in maniera rigida, non potendo nemmeno più sentirsi sicuri di stare davvero agendo nello spirito del rispetto della legge, perché evidentemenete esistono anche interpretazioni della legge che dicono il contrario?
In pratica, c'è stata oggettivamente una sentenza che dice che il copiare dal cellulare durante gli esami di stato, (oltretutto facendosi beccare sul fatto e confessando esplicitamente), è un atto scorretto e censurabile, sì, ma "non tanto grave" da meritare una punizione così severa come l'esclusione totale dall'esame.
Non parlo necessariamente di ignavia e di opportunismo del "chi me lo fa fare di cercare rogne", eh: parlo proprio di coerenza delle posizioni di principio.
Finora, almeno, un commissario rigoroso che decidesse di applicare la normativa alla lettera, era confortato dal fatto che la legge stesse davvero dalla sua parte: è previsto che se ti becco a copiare ti sospendo l'esame, e se ti becco lo faccio davvero.
Ma adesso che esiste anche il precedente che "chi fa ricorso lo vince" (implicando quindi che il commissario ha SBAGLIATO ad allontanarlo dall'esame e che in realtà non doveva farlo), come se ne esce?
Non è una provocazione, è una domanda serissima, purtroppo!
Lisa
Quello che dice Lisa/Paniscus è verissimo, mi ero posto la stessa questione anch'io.
Ripensandoci: una soluzione potrebbe annullare QUELLA prova: cioè,se ti becco a copiare al compito di matematica, te lo ritiro e te lo annullo e nel punteggio finale lo valuto con zero. Sarebbe meno giusto dell'unica soluzione degna di un Paese civile, che è semplicemente: chi copia, ritorna l'anno prossimo. Ma questa richiederebbe ormai uno specifico provvedimento legislativo, dato che, come dice Lisa, la decisione di quel giudice ha reso un simile comportamento impossibile.
E non parliamo delle eccezioni di costituzionalità se (in linea del tutto teorica) il legislatore dovesse assumere un provvedimento di tal fatta.
Anche nell'ipotesi sopra avanzata, però, già mi vedo i ricorrenti a sostenere che la parte di prova svolta doveva comunque essere valutata e i giudici dar loro ragione; se no, in che Italia saremmo?
Allora sarebbe forse meglio dare comunque a quel compito una valutazione minima, tanto nel merito del giudizio un eventuale giudice non può entrare. Ma questa sarebbe già una soluzione non del tutto corretta in linea di principio, all'italiana, appunto. La parte svolta del compito, probabilmente ma indimostrabilmente già copiata, potrebbe infatti valere ben più del minimo.
P.S. avete notato, nei commenti degli organi di stampa che avete linkato, il tono usato da vari giornalisti? non pochi sono del tenore "si è sempre copiato, anche noi nascondevamo foglietti di qua e di là, ecc., ecc."
Gentilissima Lisa, concordo pienamente e posso fornire testimonianze a iosa su come la magistratura intenda il rispetto della legge a senso unico: da una parte il potere colpevole in quanto tale, dall'altra le vittime, tali in quanto subalterne al potere. Non c'è dubbio: occorre che le norme siano più chiare( onde evitare la subalternità della legge a chi la interpreta, talvolta a propria totale discrezione); perché questo avvenga, è necessario che tutti coloro che hanno competenze in materia si prendano le loro responsabilità. E' quanto chiediamo nel secondo punto della lettera al ministro, sperando che almeno lei, a differenza di Profumo, sia consapevole che la grande "rivoluzione" italiana deve ancora arrivare passando, come conviene che sia, attraverso l'acquisizione da parte dei cittadini che le regole( quelle naturalmente giuste)devono essere rispettate. E rispettandole diventeremo un paese moderno, cioè finalmente civile.
Per quanto riguarda la condivisione delle informazioni con noi gruppodifirenze.blogspot.ru.
Definire "ormai impossibile" l'esclusione dall'esame mi pare eccessivo, sia perché le sentenze, benché autorevoli, in Italia non sono vincolanti come nei paesi di "common law", sia perché il consiglio di Stato, alla cui sentenza N. 06199/2012 penso che si riferissero Lisa e Papik, aveva basato la sua decisione non solo sull’"assenza di una normativa di rango primario, che esplicitamente preveda la sanzione di cui trattasi", ma anche sul brillante curriculum e sullo stato d'ansia della candidata. Motivazioni aberranti, d'accordo, ma che evidentemente servivano a rinforzare quella di carattere giuridico. Ma anche sostituendo "più difficile" a "impossibile", il problema resta; ed è per questo che sarebbe di estrema importanza un intervento su più fronti del ministro Carrozza. La quale, se non si rendesse conto dell'importanza di una sua presa di posizione anche in ordine alla cultura civica di tutta la società, e non solo della scuola, darebbe davvero un segnale deludente.
La storia dello "stato di ansia", francamente, è stato il dettaglio più ridicolo di tutti.
A quella ragazza (peraltro descritta come una stdentessa sempre stata brillante, e che quindi non avrebbe nemmeno avuto BISOGNO di copiare), all'inizio dell'esame, come succede sempre a tutti, era stato esplicitamente ricordato che non era consentito l'uso dei cellulari, ed era stata esortata a consegnarlo come tutti gli altri, e non l'aveva fatto, quindi i casi sono due:
- o aveva dichiarato di non avercelo, mentendo consapevolmente, già in partenza prima dell'inizio della prova;
- oppure, peggio ancora, aveva deliberatamente pianificato di portarsene dietro due, uno per fare la sceneggiata di consegnarlo regolarmente, e un altro per sbirciarlo comunque.
Come si concilia la tesi dell'improvviso sopravvenire di una crisi di ansia devastante e imprevedibile... con questa evidente premeditazione organizzata lucidamente in anticipo?
L.
scrive paniscus-lisa: «In pratica, c'è stata oggettivamente una sentenza che dice che il copiare dal cellulare durante gli esami di stato, (oltretutto facendosi beccare sul fatto e confessando esplicitamente), è un atto scorretto e censurabile, sì, ma "non tanto grave" da meritare una punizione così severa come l'esclusione totale dall'esame.»
1) questa sentenza vale per quel caso e per quella persona.
2) il giudice si presume abbia valutato i dettagli disponibili.
3) non possiamo sostituirci al giudice che ha sentenziato la eccessiva severità della punizione.
4) se alcuni adottano o si innamorano di provvedimenti più drastici e penalizzanti, poi non possono però pretendere di imporli ad altri: non hanno il presupposto per farlo.
In linea di principio quanto dice Giorgio Ragazzini è verissimo: in Italia la giurisprudenza non crea il diritto.
Tuttavia, consideriamo le motivazioni dei giudici in quel caso:
1. non c'era "una normativa di rango primario, che esplicitamente preveda la sanzione di cui trattasi";
2. il curriculum della candidata era brillante;
3. la candidata era in stato d'ansia.
Ora, è evidente che il punto 1 continua a valere fino a nuovi provvedimenti normativi. E' altrettanto evidente che il punto 3 vale per qualsiasi candidato che non sia un androide; anzi, secondo molti scrittori e sceneggiatori cinematografici, vale anche per gli androidi.
Resta il punto 2. Ma quale avvocato non potrebbe sostenere che il curriculum del suo cliente, magari non proprio brillante, non era comunque tale da far considerare probabile una bocciatura?
La conseguenza mi sembra evidente: escludere un candidato dall'esame perché copia, a meno che la famiglia del medesimo non decida di sostenere l'esclusione considerandola come un contributo alla sua educazione, significa, con probabilità elevatissima, vedersi annullare la decisione in sede giudiziaria.
Per quanto riguarda gli eventuali provvedimenti normativi introdotti in futuro, che prevedano esplicitamente l'esclusione dall'esame, prevedo - come già dicevo sopra - che qualcuno avanzerebbe eccezioni fino alla Consulta (il che non significa necessariamente che questa gli darebbe ragione).
Ciò non vuol dire che non sia una battaglia da combattere, perché è una battaglia di civiltà. Se infatti si accetta l'idea che si possa imbrogliare in uno dei passaggi fondamentali della vita, in una prova prevista addirittura dalla Costituzione Più Bella Del Mondo, si dà evidentemente un segnale chiaro e inequivocabile del fatto che in Italia si può imbrogliare sempre e comunque.
Quindi, non è che qui ci si innamori di provvedimenti drastici: ci si innamora semplicemente dell'idea che l'Italia possa diventare, o ridiventare, un Paese civile abitato da una popolazione civile.
Si tratta però di individuare i modi migliori per affrontare questa battaglia, ed è di questo che qui si discute.
Papik.f ha detto... «La conseguenza mi sembra evidente: escludere un candidato dall'esame perché copia, a meno che la famiglia del medesimo non decida di sostenere l'esclusione considerandola come un contributo alla sua educazione, significa, con probabilità elevatissima, vedersi annullare la decisione in sede giudiziaria.»
L’esclusione è stata giudicata esagerata. Forse si potrebbe pensare a una penalizzazione nel punteggio o alla ripetizione dell’esame a settembre nei casi più gravi. Comunque già il dover ricorrere al giudice è una punizione.
Papik.f ha detto... «Ciò non vuol dire che non sia una battaglia da combattere, perché è una battaglia di civiltà. Se infatti si accetta l'idea che si possa imbrogliare in uno dei passaggi fondamentali della vita, in una prova prevista addirittura dalla Costituzione Più Bella Del Mondo, si dà evidentemente un segnale chiaro e inequivocabile del fatto che in Italia si può imbrogliare sempre e comunque.»
L’”imbroglio” non è un fungo che spunta all’improvviso in "uno dei passaggi fondamentali” ma è una pianta infestante che si comincia a coltivare e curare a partire da i cdc che promuovono con voto a maggioranza. Ormai siamo a una situazione simile a una turbina a regime che per frenare, evitando il colpo di ariete, ha bisogno del tegolo e della spina. E poi questa situazione ha messo in penombra il menù didattico che risulta obsoleto nei contenuti e nelle modalità.
Papik.f ha detto... «Quindi, non è che qui ci si innamori di provvedimenti drastici: ci si innamora semplicemente dell'idea che l'Italia possa diventare, o ridiventare, un Paese civile abitato da una popolazione civile. Si tratta però di individuare i modi migliori per affrontare questa battaglia, ed è di questo che qui si discute.»
D’accordo. Però bisogna conoscere davvero la situazione, cercare le tutte le cause e non applicarsi solo ad alcune o ai sintomi. Aiuterebbe anche l'operare con consenso abbastanza vasto e durevole e magari con il supporto del Miur e del ministro ....
Il problema di fondo è solo in minima parte di carattere tecnologico. Se la commissione vuole vigilare seriamente, le possibilità di riuscire a comunicare con l'esterno copiando il compito sono molto ridotte. Nella mia esperienza, la quasi totalità delle copiature erano da ricondurre a dinamiche del tutto interne alla classe: ossia il classico aiuto tra alunni e, molto spesso, l'aiuto degli insegnanti stessi, più o meno plateale.
Con una vigilanza seria, nonostante i dispositivi di comunicazione, le possibilità di copiatura sarebbero remote e di trascurabile impatti.
Occorrerebbe dunque chiedersi quali siano le cause reali, di fondo, che fanno sì che dei pubblici ufficiali incaricati di vigilare sul corretto andamento delle prove, anziché il proprio compito, preferiscano chiudere uno o entrambi gli occhi, ed anzi in molti casi siano attivamente impegnati ad aiutare l'alunno falsando l'esito della valutazione stessa. Si potrebbero fare molte evidenti considerazioni riguardo l'etica pubblica, il valore educativo degli esami, etc., ma a me pare che il punto cruciale sia essenzialmente uno: vale a dire l'autonomia scolastica.
Mi spiego: se è vero, come è vero, che le diverse scuole non sono più le manifestazioni locali di un'unica istituzione retrostante ad esse (la cui pluralità dunque obbedisce ad una semplice ripartizione di compiti all'interno di un'unica organizzazione), ma, al contrario, esse sono entità autonome, tra di loro in concorrenza, condotte da dirigenti reclutati e formati secondo gli stilemi della cultura manageriale, valutate in una logica tendenzialmente comparativa e competitiva (con complementare e cooperativa), una concorrenza che si esercita prima di tutto nell'attrazione di un numero sempre crescente di alunni. Lo stesso Sistema Nazionale di Valutazione imperniato sulle prove Invalsi conferma in pieno questo impianto di fondo.
Se è vero tutto questo, vi è poco da stupirsi che le valutazioni in uscita degli studenti siano percepite dai docenti e dai dirigenti come uno degli elementi chiave per determinare il prestigio e l'appeal di una data scuola in rapporto alle altre e dunque incrementarne il numero di iscritti. Poche cose appaiono più attraenti a studenti e famiglie della possibilità di beneficiare con estrema facilità di voti di diploma molto elevati, magari dopo un percorso non particolarmente selettivo o faticoso.
Ma allora, quando il docente è posto strutturalmente nella condizione di essere parte in causa e non semplicemente giudice terzo, è quasi inevitabile che, almeno sul piano statistico, l'incentivo a tenere un comportamento di attenta vigilanza viene meno. Al contrario: chi lo fa rischia perfino di passare per piantagrane tra i colleghi.
La via d'uscita è piuttosto semplice: se le scuole sono autonome e tra loro in competizione, le commissioni d'esame debbono essere interamente esterne. Vi è un grave errore concettuale, foriero di contraddizioni e distorsioni, nel fatto che i docenti stessi che hanno preparato gli studenti debbano ricoprire poi anche i panni di giudici terzi in un esame di Stato (un esame che dovrebbe accertare il raggiungimento o meno degli obiettivi comuni previsti a livello nazionale), quando i medesimi docenti, almeno in una certa parte, tenderanno viceversa a percepire se stessi come compartecipi e corresponsabili sia del conseguimento sia del mancato raggiungimento di tali obiettivi.
Occorre in primo luogo rendere credibile alla base il processo valutativo sotteso all'esame, in modo da circoscrivere i comportamenti fraudolenti o indulgenti, che al momento sono dilaganti, altrimenti è come svuotare il mare con un cucchiaio.
No, Francini, sono in totale disaccordo. Se un alunno chiede di andare al bagno e di lì si connette con uno smartphone a un sito che dà la soluzione del compito, dopo aver depositato un primo cellulare sul tavolo, non c'è serietà della Commissione che tenga, perché un simile comportamento non può attualmente essere impedito in alcun modo legale. E possono bastare pochi minuti di connessione a risolvere un dubbio o un punto cruciale.
Del resto, tra i link segnalati dal Gruppo, ce n'è uno che segnala come lo stesso problema sia stato affrontato nelle scuole tedesche, cioè di un Paese non certamente noto per scarsa serietà e lassismo.
Che poi, a volte, la serietà della Commissione manchi sono d'accordo e potrei esserlo, in linea di principio, anche sul fatto che una Commissione interamente esterna sarebbe preferibile. In pratica, però, la mia concreta esperienza sul campo mi porta a temere che non pochi commissari si trasformerebbero in vere e proprie mine vaganti. Quello che tu proponi presupporrebbe una ben diversa selezione "a monte" del personale docente.
Francini e Papik hanno ragione entrambi. Come dice Papik, la possibilità di connettersi è una parte rilevante del problema, ma di fondo è l'etica professionale che manca, anche per le cause descritte da Francini. Il problema dell'Esame di Stato non si risolve in modo univoco, ma affrontandolo da più punti di vista. A mio parere la scarsa serietà di molti insegnanti è il problema più rilevante. Chi h superato gli scritti copiando viene facilmente smascherato con una seria prova orale, tranne nel caso di allievi particolarmente astuti e che possono comunque vantare una preparazione che consente loro di barare senza essere scoperti all'orale; ma questi ultimi sono rari. E' molto più frequente il caso di chi, arrivato in quinta non si sa come, fa affidamento sulla complicità degli insegnanti e sulla tecnologia per sfangarsela. E qui il problema di fondo è: come hanno fatto ad arrivare in quinta? Se solo tutto il sistema fosse più serio le quinte classi sarebbero semplicemente costituite da studenti che hanno dimostrato di possedere conoscenze almeno sufficienti negli anni precedenti. Ma non è così. Colpa dell'autonomia scolastica? In parte si. Ma io continuo a pensare che noi docenti abbiamo un ruolo, e dovremmo svolgerlo senza la paura di perdere una manciata di ore da completare in un altro istituto per carenza di iscritti. Tutto questo facilitare è un boomerang che ci sta venendo addosso tramite la perdita di credibilità agli occhi della società. E poi ci lamentiamo degli stipendi e della scarsa considerazione sociale?
L'idea di una sanzione meno drastica, cioè l'annullamento della singola prova, proposta da Papik.f ha una logica, non solo e non tanto per evitare ricorsi vincenti, visto che occorre comunque, come scrive Valerio Vagnoli, una normativa più chiara in proposito, ma anche perché i commissari trovino più facilmente il coraggio di applicarla. Di fronte alla prospettiva del puro e semplice "föra di ball" il Buon Commissario preferisce probabilmente girarsi dall'altra parte quando vede lo studente estrarre lo smartphone dagli slip, o passare un papello al compagno vicino. In ogni caso, qualunque sia la sanzione, è prima di tutto necessario che il Ministro affermi con chiarezza e una volta per tutte il principio della tolleranza zero.
La soluzione di ruotare i professori agli Esami di Stato perché lo Stato stesso non può aspettarsi che un prof. sia onesto se esamina i propri studenti può sembrare di buon senso, ma non lo è.
Chi propone questa soluzione sta per l'appunto tentando di cavare comportamenti onesti da chi evidentemente onesto non è. E' una pia illusione.
Puoi complicare la vita al disonesto quanto ti pare, ma alla fine quello resta disonesto, e a barcamenarsi con le complicazioni resta solo l'onesto (tanto il disonesto fa come gli pare, che debba infrangere una regola o dieci).
Fateci caso: tutta la macchina amministrativa italiana, non solo quella scolastica, è basata su una sfiducia strutturale nei propri dipendenti, e la sua efficienza direi che è sotto gli occhi di tutti.
Meglio avere un sistema semplice, lineare in cui ognuno si prende le proprie responsabilità. Per la scuola questo vuol dire scrutini finali con esami interni o senza esami del tutto, come per gli altri anni scolastici. Meglio ancora, con un semplice giudizio ragionato, non numerico.
Altro punto:
(scusate ho inviato il messaggio incompleto per sbaglio).
Dispiace dover ritornare sempre sull'Invalsi, però è veramente gratuito attribuirgli la condiscendenza dei prof. interni agli esami (ammesso e non concesso che agli esterni importi di più non far copiare).
In Italia si copia e stracopia da molto prima che l'Invalsi venisse anche soltanto concepito, e da molto prima che esistesse l'autonomia scolastica, quindi per cortesia, risparmiamoci queste bassezze argomentative.
Anche perché la ragione a spingere per un rialzo dei voti e per una facilitazione delle promozioni non viene certo dall'Invalsi. Però siamo sempre là...gli spettri...
Poi concordo con Regazzini delle 17.03: se la sanzione si trasforma in una bomba atomica con conseguenze apocalittiche, il commissario interno o esterno che sia sarà riluttante ad applicarla. Meglio una sanzione meno grave, ma facilmente applicabile.
Una cosa però la voglio dire: stante che copiare è sempre sbagliato e condannabile, secondo me il fenomeno è tanto diffuso anche perché si è perso il senso di queste valutazioni.
Se al classico dovessimo valutare davvero la conoscenza del greco, ci accorgeremmo che due terzi degli studenti dovrebbero tornare al ginnasio (ricordatevi le reazioni all'ultima prova...). Non essendo questo possibile, si finisce per fare le cose tanto per fare. Ma così è più difficile richiedere onestà da parte degli studenti, perché non se ne vede il senso.
FR ha detto... «Se al classico dovessimo valutare davvero la conoscenza del greco, ci accorgeremmo che due terzi degli studenti dovrebbero tornare al ginnasio (ricordatevi le reazioni all'ultima prova...). Non essendo questo possibile, si finisce per fare le cose tanto per fare. Ma così è più difficile richiedere onestà da parte degli studenti, perché non se ne vede il senso.» 18 maggio 2013 18:26
Ciò conferma la mia esperienza (diretta, indiretta e de relato). Esami di Stato senza aiuti e senza copiature porterebbero le bocciature almeno al 20-25%. Le scuole verrebbero – giustamente - assaltate. Tutti a partire da ministri, provveditori, presidi, commissari, docenti, studenti e famiglie hanno contribuito alla situazione attuale sia pure in modi e con responsabilità diverse (ovviamente decrescenti a partire dall’alto della gerarchia). Tutti ora contribuiscono a negare e mistificare.
Da qui la mia ipotesi di abolire le bocciature (lasciando la ripetenza alla scelta opzionale delle famiglie) ma tornare a mettere i VOTI VERI di ciascuna materia e di ciascun docente.
Faccio fatica a capire il ragionamento di VP e le sue conclusioni. A me interessa che tanto l'iter scolastico che gli esami finali siano una cosa seria, il che significa che tutti gli attori (studenti, insegnanti, dirigenti ) facciano con responsabilità la propria parte. Non mi interessa invece la logica per cui siccome tutti hanno le loro colpe nel degrado della scuola, l'unica possibilità è sbracare in via definitiva, perché l'abolizione delle bocciature questo sarebbe. A meno che non si stia parlando di una scuola per livelli, come in alcuni paesi europei, dove però si boccia nelle singole materie e si devono recuperare l'anno successivo. Ed è un modello interessante da studiare, se non altro per eliminare le manipolazioni di certi consigli di classe. Ma anche in questo caso occorrerebbe comunque una piena responsabilizzazione professionale di docenti e dirigenti per far sì che i buonisti in servizio permanente diano effettivamente i "voti veri".
Oltretutto, scusate, ma mi pare che negli esempi che fate ci sia un fortissimo "bias" strutturale, visto che si continua a parlare solo di licei classici :)
In altri tipi di scuole, quelli che ARRIVANO agli esami, sono già stati falcidiati negli anni precedenti in misura complessivamente assai maggiore che il 20%, e non mi risulta che si scandalizzi nessuno.
Quando sono stata per parecchi anni in un istituto tecnico dalle richieste (evidentemente) più alte rispetto all'immeritata fama di "scuola facile" che attraeva irresistibilmente tante iscrizioni...
...ho sempre visto come normalità assoluta percentuali di 25 o 30 % di bocciati in prima (in TUTTE le prime, eh, non è che ci fossero le sezioni più disperate delle altre) qualche bocciatura sporadica in seconda su classi già scremate, e poi nuovamente stragi a tappeto in terza.
Poi ovviamente le classi si riaccorpano, si fondono, si articolano, e quant'altro, per cui i gruppi compatti non ci sono più comunque. Ma quando ho provato a farmi un calcolo a spanne sui ragazzi che avevo conosciuto io, su 30 che partivano in prima, solo quattro o cinque si diplomavano regolarmente cinque anni dopo, cinque o sei si diplomavano con un anno di ritardo o eventualmente anche due, e tutti gli altri non si diplomavano affatto o forse erano andati a diplomarsi in altre scuole.
E normalmente si trattava di bocciature assolutamente autoevidenti, in cui non c'era NULLA da discutere se salvare o no... si parla di persone che non facevano assolutamente nulla, con quadri con sette o otto materie insufficienti gravi!
Per cui, tutta questa "mancanza di selezione" non è così universale, oggettivamente!
Ho scritto il primo commento di questa serie, ma nessuno mi ha considerato. Forse il commento è invisibile? Oppure, a quanto pare, devo aver scritto grosse cavolate, visto che nessuno ha risposto.
Comunque qui ribadisco quello che dicevo prima: la mala tecnologia (che è quella che usano gli studenti che copiano con il cellulare) si combatte solo con la tecnologia stessa, non c'è altro da fare. Perciò l'ANP, il Gruppo di Firenze o altri che sia debbono richiedere al Ministero l'acquisto dei disturbatori di frequenze, che impediscono ai cellulari di collegarsi e comunicare con l'esterno. Altra soluzione non c'è, sono tutte chiacchiere.
Un'altra cosa voglio dire: è sbagliato ed eccessivo disporre per chi copia l'esclusione dall'esame e quindi la bocciatura; i Presidenti di commissione, infatti, non se la sentono di applicare una misura così severa,e quindi preferiscono chiudere gli occhi, anche per paura degli immancabili ricorsi e dello spauracchio di dover tornare a riunire la commissione, magari nel mese di agosto. Sarebbe sufficiente annullare la prova in cui è avvenuta l'irregolarità, valutandola 1/15, ma dando ugualmente all'alunno la possibilità di superare l'esame, ovviamente con un voto basso. Se no accade come nelle gride manzoniane: più erano severe e più erano trascurate.
Del problema ho parlato anche nel mio blog, all'url: http://profrossi.wordpress.com
@Massimo Rossi. Posso rispondere solo per me stesso: non è che non ti ho considerato, è che ero d'accordo e quindi non avevo nulla da dire.
Sono d'accordo nella sostanza anche sulla tua ultima proposta, pur se in linea di principio riterrei più educativo il "föra di ball".
Tra l'altro segnalo che esistono smartphone camuffati da orologio che ritornano rapidamente a mostrare l'ora a un semplice tocco, vorrei vedere quale serietà dei commissari potrebbe evitarne l'uso. E anche se si smaschera il candidato all'orale, il voto dello scritto ormai è messo e verbalizzato.
Con il che non voglio dire che il problema della serietà dei commissari non esista, anzi è proprio per questo che sarei contrario a commissioni solo di esterni. Ai tempi di Gentile le commissioni ruotavano teoricamente su tutto il territorio nazionale, con la quadriglia ora vigente si scatenerebbero faide. Ho sentito con le mie orecchie un collega esclamare: "quella lì ha rovinato i miei alunni, ma aspetta che tocchi a me di esaminare i suoi ...". Su questo sono d'accordo con FR: non si può sperare di ottenere comportamenti onesti da un disonesto, semplicemente cambierà il tipo di comportamento disonesto da un caso all'altro.
Nei due interventi Massimo Rossi dice in realtà cose piuttosto diverse: nel primo sottolinea soprattutto l'importanza dell'etica professionale ("il problema dell'esame, infatti, non è soltanto l'uso dei cellulari da parte degli studenti, ma anche il comportamento di certi docenti, specie membri interni, che aiutano sfacciatamente i loro alunni arrivando persino a dire loro in anticipo le domande della terza prova o del colloquio"), nel secondo sostiene che "la mala tecnologia (che è quella che usano gli studenti che copiano con il cellulare) si combatte solo con la tecnologia stessa, non c'è altro da fare".
mi riprometto di rispondere puntualmente ad andrea ragazzini.
intanto copi-incollo il seguente scritto di claudio beretta.
Basta con le bocciature
di Claudio Berretta - 19.05.2013
Valutare è importante, ma non si può valutare una scuola deprivata sotto ogni punto di vista.
OGNI ORGANIZZAZIONE HA BISOGNO DI personale qualificato, edifici adeguati, materiali e strumenti di lavoro. I tagli lineari hanno tolto tutto ciò ...alla scuola: zero fondi per acquisti di materiali e strumenti, soffitti che ci cadono in testa, precariato che inficia ogni tentativo di progettazione a lungo termine e spezza relazioni tra docenti e studenti, fondamentali per l'apprendimento. Inoltre riduzione dei fondi per la progettazione interna e per l'aggiornamento.
Occorre porre rimedio a tutto ciò, così come occorre favorire UNA MIGLIOR FORMAZIONE METODOLOGICA DEGLI INSEGNANTI E LA CAPACITÀ DI FARE PROGETTAZIONE COMUNE, in particolare nelle scuole secondarie (come spiega il Rapporto sulla Scuola 2011 della Fondazione Agnelli), per superare modelli di lezione esclusivamente frontale evidentemente inefficaci (rimando al mio libro Professore... lei è felice? e a un mio articolo comparso su Scuolainsieme di gennaio/febbraio 2013).
Infine un piccolo-grande cambiamento: BASTA CON LE BOCCIATURE nella scuola del primo ciclo. Una bocciatura quasi mai produce buoni risultati e spesso rovina le classi che ricevono allievi più grandi e demotivati. Spesso così non si boccia chi ha molte insufficiente e si comporta male, per evitare problemi ad altre classi, inducendo a pensare che impegno e buona educazione siano inutili. Inoltre il sei obbligatorio nella scuola media per essere promossi produce solo enormi quantità di finte sufficienze che nascondono incompetenze anche gravissime, favorendo così la dispersione occulta.
Sarebbe più efficace sostituire le bocciature con:
- attività di due ore settimanali di recupero obbligatorie per chi ha delle insufficienze
- certificazione effettiva delle competenze raggiunte
- in caso di competenza scarsa in una o più materie, rilascio di un attestato di frequenza al posto del diploma di licenza media e possibilità di recupero negli anni successivi sostenendo l'esame solo per le materie insufficienti
- se gli insegnanti davvero ritengono utile la ripetenza lo comunicano alla famiglia e poi decidono insieme, ma deve essere un servizio, non una punizione sempre minacciata e quasi mai portata a termine che fa perdere credibilità alla scuola.
http://www.pavonerisorse.it/riforma/valutazione/basta_bocciature.htm
La bocciatura? E' inutile e per questo bocciare sarà vietato
Dal prossimo anno, bocciare potrebbe essere vietato. Secondo gli esperti in pedagogia infatti far ripetere l'anno non sarebbe per niente educativo, anzi genererebbe effetti contrari
di Valentina Vacca - 18 marzo 2013
BOCCIATURA DEVE ESSERE ECCEZIONALE. “Nel quadro dell’acquisizione di conoscenze, competenze e metodi prevista alla fine del ciclo e non più dell’anno scolastico, far ripetere un anno deve essere eccezionale”: così ha riportato il quotidiano la Stampa qualche giorno fa in riferimento a quanto sta accadendo nel mondo della scuola francese in questi ultimi giorni. L'ala socialista del governo francese infatti, vorrebbe appunto che bocciare diventasse un'eccezione alla regola e in linea di massima sarebbe d'accordo per vietare agli insegnanti di far ripetere l'anno ai loro studenti. In particolare questa idea davvero rivoluzionaria è venuta al responsabile dell'Educazione Nazionale Vincent Peillon, filosofo socialista e ministro dalle mille idee.
I MOTIVI. Le ragioni? Gli esperti anche in passato hanno più volte sostenuto come ai fini educativi, bocciare sarebbe pressoché inutile. Inoltre già dal 2009 è stato riscontrato come far ripetere l'anno scolastico sia un grande costo per gli stati. Infatti sarebbero ben due i milioni di euro spesi in più proprio per le bocciature. La riforma in questione partirebbe dalle scuole elementari, specialmente verso coloro che per status sociale sarebbero più svantaggiati.
LA PERCENTUALE DI BOCCIATI. La Francia detiene il record di bocciature tra i paesi dell'Ocse: è sorprendente infatti come ben il 57% degli studenti francesi (quindi più della metà) collezioni almeno una bocciatura durante la sua carriera scolastica. In pratica ogni anno in Francia, 1 studente su 3 viene bocciato. Una media ben al di sopra di quella mondiale che equivale invece a meno di 1 su 7.
E IN ITALIA? Come riportato sulla Stampa, nel nostro paese a essere penalizzati sarebbero gli extracomunitari. Il direttore della Fondazione Agnelli ha dichiarato al quotidiano che: “È dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi bocciare non aiuta. Chi aveva un percorso difficile continua ad averlo anche dopo essere stato bocciato, e spesso viene bocciato di nuovo. A volte, se può, abbandona del tutto. C’è stata una presa di posizione molto netta su questo punto anche da parte dell’Ocse: non è questo lo strumento migliore per evitare lo spreco di risorse umane”.
BOCCIARE, UN FALLIMENTO DELLA SCUOLA. Continua il Direttore: “In Italia il tasso di bocciature è insignificante alle elementari, è intorno al 4% alle medie e sale invece al 10% alle superiori ma con tassi anche del 17% per chi frequenta i primi anni delle superiori”. In Italia dunque più che bocciare poco, “si bocciano soprattutto gli immigrati. Il loro rischio di non farcela può essere fino a 19 volte più elevato di quello che corre uno studente italiano. L’obbligo è esteso fino a 16 anni, però, dunque si devono frequentare almeno uno o due anni di superiori. Bocciare è un fallimento della scuola, un arrendersi di fronte a un problema che non si è stati in grado di risolvere”.
http://www.studenti.it/superiori/scuola/vietato-bocciare.php
Il divieto di bocciare fa parte della categoria "spazzatura sotto il tappeto" e nel contesto italiano incrementerebbe l'educazione all'irresponsabilità. Molto più utile sarebbe la deportazione degli esperti in qualche campo di lavoro della Cina centrale.
Enrico D. dixit!
@Paniscus
"...ho sempre visto come normalità assoluta percentuali di 25 o 30 % di bocciati in prima"
Beh, un dato del genere a me sembra tutto tranne che normale.
Trovo agghiacciante come si possa considerare accettabile che un terzo o un quarto degli studenti di una scuola non riescano a raggiungere dei livelli di apprendimento sufficienti.
Una scuola e docenti che non riescono ad aiutare i propri studenti a darsi una cultura nonostante le difficoltà ambientali, economiche e cognitive e pensano di poter bocciare a destra e sinistra, avallando l'idea che sia sempre e comunque colpa dello studente secondo me sono degli sconsiderati.
Rifiuto l'idea di certificare conoscenze e abilità che non ci sono, ma fregarsene allegramente quando ci sono fasce di studenti che puntualmente vengono sbattuti fuori dal sistema d'istruzione, questo proprio no.
Andrea Ragazzini ha detto... «Faccio fatica a capire il ragionamento di VP e le sue conclusioni. A me interessa che tanto l'iter scolastico che gli esami finali siano una cosa seria [1], il che significa che tutti gli attori (studenti, insegnanti, dirigenti ) facciano con responsabilità la propria parte [2]. Non mi interessa invece la logica per cui siccome tutti hanno le loro colpe nel degrado della scuola, l'unica possibilità è sbracare in via definitiva, perché l'abolizione delle bocciature questo sarebbe [3]. A meno che non si stia parlando di una scuola per livelli [4], come in alcuni paesi europei, dove però si boccia nelle singole materie e si devono recuperare l'anno successivo [5]. Ed è un modello interessante da studiare, se non altro per eliminare le manipolazioni di certi consigli di classe [6]. Ma anche in questo caso occorrerebbe comunque una piena responsabilizzazione professionale di docenti e dirigenti per far sì che i buonisti [7] in servizio permanente [8] diano effettivamente i "voti veri" [9]».
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[1] Anche a me, nel senso che la rappresentazione (voto, promozione, diploma) sia fedele e corrisponda al reale contenuto. Occorre anche verificare se l’iter scolastico attuale è idoneo, congruente, attuale e valido. Nel senso di vederne eventuali difetti, sovraccarichi, assurdità che magari vengono sottaciuti mediante bocciature o promozioni regalate.
[2] Aggiungiamo tra gli attori anche il Miur e il ministro. E purché le parti siano effettivamente recitabili. E ci siano le condizioni strutturali (no classi-pollaio, ecc. v. anche Claudio Beretta) e tecnologiche (compresi i disturbatori di frequenze, se del caso) per operare. In altre parole, Miur, società, famiglie non possono pretendere il risultato finale se negano o mancano gli ingredienti necessari adatti.
[3] No. Non condivido. Non necessariamente dovrebbe succedere. Non sono il solo a ipotizzarlo. È già così in altre nazioni.
[4] Qualcosa del genere.
[5] In alternativa, rimane certificato il non avvenuto recupero.
[6] E ti pare poco!
[7] Di sicuro io NON sono, non mi ritengo un buonista, anche se a volte devo riconoscere la mancanza di alternative a certi comportamenti buonisti. Penso che la situazione sia gradualmente sfuggita di mano: un pizzico di buonismo può essere utile e necessario. Ma è successo – negli anni - che il buonismo come punto di arrivo eccezionale per alcuni è diventato punto di partenza per tutti o troppi e la situazione si è avvitata su se stessa. Comunque l’etichetta buonista non mi piace perché alcune volte viene attribuita con superficialità, a sproposito e a prescindere dalle argomentazioni altrui. Idem per altre etichette: benaltrista, ideologismo, sinistrismo, ecc.
[8] Questa è una scivolata inutile ed eccessiva, a mio parere.
[9] Ci sarebbero le condizioni per farlo.
[10] In ogni caso, si tratta/tratterebbe non di costruire un sistema scolastico ex novo ma di intervenire – se e come possibile – in un sistema già esistente ma che opera con alcuni o molti aspetti critici e insoddisfacenti. Ciò è ovvio, è noto, ma conviene ribadirlo.
<<"...ho sempre visto come normalità assoluta percentuali di 25 o 30 % di bocciati in prima"
Beh, un dato del genere a me sembra tutto tranne che normale.
Trovo agghiacciante come si possa considerare accettabile che un terzo o un quarto degli studenti di una scuola non riescano a raggiungere dei livelli di apprendimento sufficienti. >>
Hai mai lavorato in un professionale o in un certo tipo di tecnici?
Vedo che tu continui a parlare di ragazzi che "non sono riusciti a raggiungere" livelli sufficienti.
Ma VERAMENTE non ti è mai capitato di incontrare ragazzi che non fanno assolutamente nulla per raggiungerli? Che semplicemente vengono lì solo per parcheggio, solo per completare l'obbligo, ma che non hanno la più pallida idea di cosa significhi imparare? Parlo di ragazzi che non sono abituati a studiare, non hanno proprio idea di come si faccia, e che se anche volessero provarci non saprebbero da dove cominciare!
Solo che facevano così anche alle elementari e alle medie, ma li promuovevano lo stesso... e adesso non capiscono perché, invece, alle superiori li boccino!
E sia chiaro che non èparlo, in generale, di ragazzi provenienti da famiglie problematiche o da ambienti sociali a rischio: esistono anche quelli, ma non sono la maggioranza.
Per la maggior parte, nella mia esperienza concreta di diversi anni in quella scuola, sono figli da genitori assolutamente normali, che fanno lavori normali, che non vivono nel degrado, non commettono reati, non si drogano, ma che a loro volta sono assolutamente disinteressati a seguire l'andamento scolastico dei figli. Quei genitori che vengono a colloqui e dicono: "boh, io non so come prenderlo, professoressa, me lo dica lei".
Inoltre, visto che gli autori di questo blog sono molto sensibili alla rivalutazione della formazione professionale, aggiungo anche questo:
NON sono ragazzi disadattati, non sono ragazzi a rischio, non sono ragazzi depressi, viziosi, o tantomeno sofferenti di qualche disabilità specifica: sono semplicemente ragazzi che, nel mondo di 20 o 30 anni fa, alle superiori non ci sarebbero andati proprio, e sarebbero andati direttamente a imparare un'attività pratica, senza per questo essere considerati disadattati sociali.
Adesso invece devono essere considerati delle vittime di emarginazione "espulse dal sistema scolastico"?
Riflettiamo anche su questo, invece di parlare solo di versioni di latino e greco.
Lisa
bisogna risparmiare
si eviti il bocciare
le zucche vuote o piene
ciascuno se le tiene
le zucche piene o vuote
ciascuno se le scuote
al poeta delle zucche: la ripartizione vuote/piene è grossolana e deforma il problema.
ci sono - stando al gioco - zucche intermedie non del tutto vuote e nemmeno del tutto piene. attualmente molte delle intermedie vengono etichettate piene con voto a maggioranza dei cdc. si propone e ci si domanda se etichettare indicando quanto sono piene e quanto vuote possa essere utile principalmente per favorire il riempimento, poi per risparmiare e non disperdere capitale umano e anche per altri motivi.
Quanto alle note 7 e 8 di V.P. in relazione al mio commento, preciso che non mi riferivo a lui, anche se non mi sembra ci fosse motivo di pensarlo. E quanto al termine buonista può piacere o meno, ma ha il pregio di definire in modo che a me sembra efficace una certa tipologia di insegnanti.
Lisa/Paniscus
Sì, gli studenti spesso sono svogliati o insofferenti o anche semplicemente snervanti e stupidi. Superficiali, furbi di una furbizia ingenua. Tutto quello che vuoi.
Ma se non studiano, se si trovano male, se sembrano sfaticati, anzi, se lo sono, ci sono delle ragioni che vanno indagate.
Insomma, parrebbe che Don Milani ce lo siamo un po' scordato. Eppure fai riferimento a quelle scuole in cui il tasso di abbandono è particolarmente alto, e non di certo perché attirano gli sfaticati.
Ci sono delle ragioni che vanno indagate. Una potrebbe essere che lo studio non fa per loro. Il che non ne fa esseri umani di serie B. Una mia collega il cui marito è professore ordinario e la cui figlia maggiore ha conseguito un dottorato e iniziato una brillante carriera in un'Università estera, ebbe il secondo figlio che decise di fare l'autoriparatore dopo la terza media. Lo accettarono serenamente, perché lui era felice così. C'è qualcosa di male in questo?
Eppure fai riferimento a quelle scuole in cui il tasso di abbandono è particolarmente alto, e non di certo perché attirano gli sfaticati.
Scusa, come fai a essere sicuro di questo disclaimer? A me sembra che il problema (almeno UNO dei principali problemi) di certe scuole ad alto tasso di abbandono sia proprio quello, ossia che effettivamente "attirano gli sfaticati", magari non in maniera consapevole, ma l'effetto concreto è lo stesso.
Per la maggior parte, ci vanno quelli che già erano abituati a non fare quasi nulla anche alle medie, e però venivano promossi lo stesso, e che pensano (erroneamente) che siano scuole "facili", dove le richieste sono molto basse, e dove si può agevolmente sfangarsela non facendo niente.
Don Milani non vedo cosa c'entri, visto che in gran parte, quelli che ho conosciuto io, non sono ragazzi poveri o emarginati, che non hanno accesso all'informazione: salvo rare eccezioni, sono ragazzi che hanno quasi tutti il motorino, hanno quasi tutti l'ultimo modello di cellulare, che hanno massima disponibilità di computer e collegamenti a internet, che fanno sport (e magari è anche per quello che non studiano, perché preferiscono mettere al primo posto gli allenamenti),e che nella vita di tutti i giorni hanno una libertà personale che io alla loro età mi sognavo. Magari piuttosto impermeabili sul piano culturale, figli di genitori che a loro volta non attribuiscono alcuna importanza allo studio... ma tanto economicamente o socialmente svantaggiati, direi di no, siamo comunque nella media di tante altre scuole.
Don Milani li avrebbe invitati cortesemente ad andare a zappare la terra, insieme ai suoi alunni contadini veri.
Lisa
Vabbè Lisa, mi rimane sempre da chiedermi a quanti studenti hai fatto torto bollandoli come sfaticati senza cercare di capire il perché e il percome.
Poi diciamo chiaro che il 18,8% di abbandoni scolastici non sono poi un problema...erano sfaticati.
Be', se si deve andare sulle insinuazioni e sull'insulto personale, allora vuol dire che è perfettamente inutile discutere.
Si era partiti dall'affermare che il 20-25% degli studenti che arrivano agli esami, se fossero giudicati con obiettività, dovrebbero essere bocciati.
Io ho semplicemente fatto notare che, in moltissime scuole, questo avviene già, nel senso che agli esami non ci arrivano, oppure ci arrivano con un anno o due di ritardo.
Ma chi ha sempre visto solo licei classici, fa fatica a capirlo.
Lisa
Andrea Ragazzini ha detto... «Quanto alle note 7 e 8 di V.P. in relazione al mio commento, preciso che non mi riferivo a lui, anche se non mi sembra ci fosse motivo di pensarlo. E quanto al termine buonista può piacere o meno, ma ha il pregio di definire in modo che a me sembra efficace una certa tipologia di insegnanti.» 20 maggio 2013 18:41
non mi sono sentito chiamato in causa come "buonista" né sarebbe cambiasto qualcosa se lo fossi stato. ho solo voluto precisare per me e in generale. "buonista", per me, rimane scorciatoia dialettica a volte abusata e che prescinde dalla situazione, dalle cause e dalle responsabilta del c.d. "buonista". in altre parole, si può dire che esista una situazione endemica di buonismo in cui i buonisti (e i non) sono invischiati loro malgrado.
le responsabilità del buonismo sono storiche e del sistema scuola il quale però non ne è consapevole. i test invalsi sono anche un espediente del miur per accollare ad altri queste responsabilità che sono anche sue.
Papik.f ha detto... «Ci sono delle ragioni che vanno indagate. Una potrebbe essere che lo studio non fa per loro. Il che non ne fa esseri umani di serie B. Una mia collega il cui marito è professore ordinario e la cui figlia maggiore ha conseguito un dottorato e iniziato una brillante carriera in un'Università estera, ebbe il secondo figlio che decise di fare l'autoriparatore dopo la terza media. Lo accettarono serenamente, perché lui era felice così. C'è qualcosa di male in questo?» 20 maggio 2013 19:47
"Una potrebbe essere che lo studio non fa per loro". potrebbe anche essere che questo tipo di studio non fa per loro. per inerzia si dà per scontato che il tipo di studio proposto sia l'unico possibile e proponibile. io non sono d'accordo.
Volevo rispondere brevemente alla precisazione di Giorgio Ragazzini del 19 maggio alle ore 23,41. E' vero che nei miei due interventi ho parlato di due cose diverse, ma non mi sembrano affatto in contraddizione, perché gli esiti degli esami sono condizionati e falsati da entrambi i problemi da me sollevati: da un lato il fatto che gli studenti copiano con il cellulare, dall'altro la scarsa professionalità di certi colleghi membri interni che, per fare bella figura essi stessi, aiutano vergognosamente i loro alunni. Su entrambe le cose occorre intervenire: con la tecnologia (i disturbatori di frequenze) e con un maggior senso di responsabilità di ciascuno di noi.
La discussione poi, che verteva sulle copiature all'esame, non so perché è finita a parlare delle bocciature in genere, con l'intervento dei soliti buonisti nostalgici del '68 che vorrebbero abolirle. Tanti alunni già non studiano adesso, figuriamoci se togliessimo loro il deterrente di una possibile bocciatura: nessuno o quasi si impegnerebbe più nello studio. Tanto vale allora chiudere le scuole, licenziare tutti i docenti (che risparmio per lo Stato!) e lasciare che ognuno si istruisca come vuole sul web. Vedrete che piano piano ci arriviamo a qualcosa di simile.
"Una potrebbe essere che lo studio non fa per loro". potrebbe anche essere che questo tipo di studio non fa per loro. per inerzia si dà per scontato che il tipo di studio proposto sia l'unico possibile e proponibile. io non sono d'accordo.
Ma infatti la maggior parte di questi, dopo una bocciatura, o anche due, non è che vada a ciondolare per strada, ma semplicemente passa ai corsi di formazione professionale: ossia, va APPUNTO a dedicarsi all'apprendimento di altre attività che gli interessano di più e per le quali si sente più portato.
Magari una cosa che fa tristezza è che, se consigliati meglio, e non "costretti" da aspettative esterne, avrebbero potuto andarci subito, a dedicarsi ad "altri tipi di studio", invece di aspettare due o tre anni oggettivamente persi!
Lisa
paniscus ha detto... «Magari una cosa che fa tristezza è che, se consigliati meglio, e non "costretti" da aspettative esterne, avrebbero potuto andarci subito, a dedicarsi ad "altri tipi di studio", invece di aspettare due o tre anni oggettivamente persi!» Lisa 20 maggio 2013 23:36
mi sembra che non si riesca nemmeno a scalfire l’idea della presunta perfezione, la primogenitura del sistema scolastico fondato sul ginnasio, sui licei, su tecnici e professionali modellati e ispirati ai licei. Gli “altri tipi di studio” sono considerati di 2ª scelta, residuali. Perché bisogna fallire la 1ª scelta per poi – dopo due o tre anni persi (e li perde anche la società!) - rassegnarsi alla 2ª?
Massimo Rossi ha detto...«Tanti alunni già non studiano adesso, figuriamoci se togliessimo loro il deterrente di una possibile bocciatura: nessuno o quasi si impegnerebbe più nello studio.» 20 maggio 2013 22:53
Non condivido. Esistono sistemi scolastici in altre nazioni che non prevedono le bocciature.
Non bocciare non vuol dire regalare sufficienze e promuovere tutti.
Potrebbe voler dire attribuire le valutazioni, i voti VERI materia per materia (cosa che ora viene spesso impedita dal voto di consiglio).
Potrebbe voler dire pagelle e diplomi con gli esiti reali.
Sottoscrivo in pieno VP delle 8.25!
E pure delle 8.38
per VP: scusami, ma non capisco se sei d'accordo con me, o se al contrario stai accusando me di sostenere la "superiorità" dei licei e dei corsi di studio tradizionali su altri tipi di formazione.
Perché qua il discorso è partito dal fatto che io mi sono beccata accuse di essere una cinica, insensibile, indifferente agli abbandoni scolastici, al fatto che tanti ragazzi siano crudelmente sbattuti fuori dalla scuola per essere destinati a chissà quale torvo avvenire da emarginati sociali... quando invece io avevo in mente ragazzi che hanno abbandonato la scuola semplicemente perché non erano mai stati interessati a quella scuola, e avrebbero preferito fin dall'inizio di andare a fare altro, finché alla fine non l'hanno fatto realmente, e con maggiore soddisfazione.
L.
Sul fatto che possano esserci altri tipi di studio sono d'accordo anch'io.
Sul fatto che ci possano essere altre soluzioni oltre alla tradizionale alternativa promozione/bocciatura anche.
Che il modello del Liceo classico e scientifico non sia l'unico mi sembra del tutto ovvio.
Del resto su questo blog si sta discutendo da tempo su questi punti e certe opinioni mi sembrano largamente condivise.
E' chiaro a mio parere che il modello, che personalmente definisco sessantottino, dell'estensione a tutti della formazione a carattere liceale e del successo formativo garantito, è fallito.
Un operaio della Volkswagen ha fatto una scuola tecnica e guadagna oltre il doppio di noi che stiamo qui a discutere. E non è detto che abbia meno soddisfazioni.
In Italia ci sono molte cose da cambiare e rivedere certe errate convinzioni nel settore della formazione è una delle prime.
Sono totalmente d'accordo con Paniscus (Lisa). Mi è capitato di insegnare in istituti tecnici come quelli descritti dalla collega. Molti alunni arrivavano a scuola con le auto che si guidano senza bisogno di patente, nuovissime, molto più costose della mia, acquistata non nuova ma usata. I genitori erano nella maggior parte dei casi proprietari terrieri che sfruttavano la manodopera degli stranieri a basso costo, ovviamente in nero (immaginate che esempio di integrazione avevano in famiglia, e noi insegnanti a parlare di commercio equo e solidale, diritti umani, legalità, ecc...). Oppure le famiglie di questi ragazzi avevano attività commerciali avviate, dove un giorno, dopo il diploma, sarebbero andati a lavorare senza preoccuparsi di cercare un'occupazione. Ragazzi spensierati, supersportivi (molti superavano con successo le gare sportive anche ad alti livelli), provvisti di ogni gadget e abituati a spendere per costosisssime vacanze, anche durante l'anno. Non ho mai visto un tale abbinamento di agiatezza e ignoranza. I genitori sono arrivati a ringraziarci perchè eravamo "capaci di tenerli in classe". Loro non riuscivano a tenerli in casa; era evidente che la famiglia li aveva molto deresponsabilizzati sin da piccoli. Ma il clima oltremodo anarchico di quella scuola era anche dovuto al fatto che si bocciava molto meno di quello che si sarebbe dovuto fare principalmente perché i mie colleghi avevano paura di diventare perdenti posto per carenza di iscritti. Purtroppo, dicevano, il bacino di utenza era quello e bisognava tenerseli. I ragazzi percepivano il lassismo implicito nella politica dell'istituto e se ne approfittavano. Molti ipocriti colleghi caldeggiavano le promozioni in nome di disagi inesistenti dei ragazzi (ma chi, da adolescente, non ha mai avuto problemi sentimentali o familiari??), ma in realtà facevano il proprio tornaconto. I corsi di recupero erano un vero e proprio spreco in quanto non servivano a NULLA in un contesto simile. Anzi, i ragazzi e le famiglie pretendevano la promozione per il solo fatto che figli erano stati costretti a rinunciare agli allenamenti per seguire i corsi.
Poi c'erano i veri disadattati, gli extracomunitari, ma erano una minoranza. Per loro non si faceva nulla: corsi di italiano, interventi di recupero mirati, presenza di mediatori culturali... Nulla di nulla, con il motivo che non c'erano soldi. Soldi allegramente spesi per progetti inutili, e per corsi di recupero altrettanto inutili.
Concludendo:
- in certe scuole superiori ci si trova dei bacini di utenza inimmaginabili per chi non ha una esperienza specifica in queste realtà, e nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di alunni provenienti da famiglie normali che però non hanno a cuore la formazione culturale dei propri figli non avvertendone la necessità.
- l'orientamento in uscita dalla scuola media è di cattiva qualità e, eccetto regioni come il Trentino e poche altre, le scuole regionali di formazione professionali sono parcheggi ancora peggiori, l'anticamera dell'inferno dal punto di vista dei problemi disciplinari. I ragazzi non fanno nulla, si sentono ancora più demotivati, percepiscono che sia la formazione professionale che l'istruzione tecnica non sono credibili: nessuno offre loro una formazione valida e regole serie da rispettare. Lascio a voi le conseguenze di tale consapevolezza.
- questo è possibile anche grazie al fatto che tali allievi hanno trascorso elementari e medie senza fare nulla e senza alcun tipo di sanzione per comportamenti sbagliati. Per un docente è difficile recuperare anni di scolarizzazione trascurata o inesistente, non siamo onnipotenti, e chi dice di poterlo fare o è un leader carismatico eccezionale (sinora non ne ho conosciuti) o è un'ipocrita (ne ho conosciuti tanti);
- parte del problema è costituito dal fatto che molti insegnanti, trovandosi in contesti del genere, a un certo punto gettano la spugna per non inimicarsi parte del corpo docente che trae vantaggi personali da queste situazioni difficili (non sto qui a specificarli, ma ci sono e sono molti) e per non inimicarsi il dirigente stesso, che spesso è il primo a non rendersi conto (o fa finta) della gravità del problema.
- manca una seria politica di risorse, rigore e formazione a livello centrale: laboratori ben attrezzati, insegnanti formati per gestire classi difficili, scuole aperte il pomeriggio per seri interventi di recupero, corsi di lingua per stranieri, sanzioni serie (ma queste hanno senso in un contesto altrettanto serio, non in presenza di docenti complici del sistema).
Concludendo: un docente può essere davvero impotente in certi contesti, ma ciò è anche dovuto al fatto che il sistema scolastico statale (e ancora di più la formazione professionale regionale, vera valida alternativa per molti ragazzi) non ha credibilità per le cattive politiche sia a livello centrale che a livello della singola scuola. E anche il docente più competente prima o poi si arrenderà. Per cui è vero che la bocciatura è, IN UN CERTO SENSO, il fallimento della scuola, ma non dei singoli docenti, che operano in un contesto destrutturato, scardinato e ormai privo di senso, invaso da logiche opportunistiche che nulla hanno a che fare con il vero significato del fare scuola.
Io ce l'ho messa tutta, e non mi sento responsabile delle bocciature così come, da medico, non mi sentirei responsabile del decesso di un malato trascurato o mal curato da altri medici per anni e anni.
l'orientamento in uscita dalla scuola media è di cattiva qualità e, eccetto regioni come il Trentino e poche altre, le scuole regionali di formazione professionali sono parcheggi ancora peggiori, l'anticamera dell'inferno dal punto di vista dei problemi disciplinari
Ecco, parliamo anche di questo: il "rituale" inevitabile dei due o tre anni persi peregrinando tra un istituto tecnico e l'altro prima di approdare alla formazione professionale, anche laddove non era previsto, diventa una inevitabile "profezia che si autoavvera".
Ossia, se nessuno pensa che si possa andare al CFP per scelta, ma solo per ripiego, e se l'orientamento delle emdie non consiglia mai il CFP a nessuno se non ai casi sociali veramente disperati... allora il CFP, anche se non era un ghetto, lo diventa.
Perché, onestamente, quale famiglia seria e attenta, avendo un figlio quattordicenne del tutto disinteressato allo studio speculativo ma portatissimo per le attività pratiche (e magari anche bravissimo ragazzino sensibile ed educato, ancora abbastanza infantile nei modi, e abituato a vivere in un ambiente protetto)...
...lo butterebbe allo sbaraglio a cuor leggero in un ambiente in cui tutti hanno tre o quattro anni più di lui, e molti di loro vengono da storie di vita durissime che li hanno costretti a maturare anche più in fretta del normale?
Per forza, va a finire che gli dicono: "Ma dai, almeno per un anno, prova a iscriverti al tecnico industriale o all'agrario, e poi eventualmente se non ti piace cambierai dopo!". E come si fa a dargli torto?
E ovviamente il poveretto andrà a ingrassare quelle schiere spaventose di bocciati al primo anno di cui si parlava sopra.
Poi, al secondo tentativo, arriverà a farsi promuovere sulla parola purché giuri di passare al professionale, in seconda si farà bocciare anche al professionale, e finalmente approderà a 17 anni allo stesso corso di formazione pratica che avrebbe voluto iniziare a 14.
Ma non perché la scuola l'abbia cacciato via e costretto all'abbbandono... semplicemente perché a lui non interessava nulla fin dall'inizio, di stare in quella scuola, e avrebbe preferito fare altro.
E i motivi per cui non l'ha fatto non sono affatto di ordine scolastico, ma di tutt'altro genere.
Lisa
Trovo molto sbagliato il risentimento di Teresa per l'agiatezza economica dei propri studenti. Non è su queste basi che si valuta un ragazzo.
Né d'altra parte qui nessuno ha caldeggiato forme di lassismo o di faciloneria.
Sono invece d'accordo sullo scarso o nullo orientamento che si fa in uscita dalle medie; come anche sono d'accordo sul fatto che ci sono ampi settori dell'istruzione pubblica che finiscono per essere un binario morto destinato agli studenti considerati fallimentari.
Questi cominciano però ad essere degli elementi importanti per capire come mai gli studenti sono svogliati, maleducati ed insofferenti: sanno di essere in una trappola e non hanno autostima. Né il sistema mostra di voler fare nulla per loro.
A quel punto non è importante brontolare contro quegli studenti, ma modificare la struttura del sistema d'istruzione. Forse la mia non è un'opzione spendibile ai prossimi scrutini, ma sul medio lungo periodo non ci sono altre possibilità.
In altri sistemi scolastici, dove queste considerazioni diventano pratica didattica quotidiana e non rimangono a livello di pure enunciazioni di principio, i tassi di abbandono sono molto più bassi.
E questo ha anche a che fare con la questione della legalità: l'autorità morale per pretendere onestà dagli studenti (anche se in teoria uno dovrebbe rispettare sempre le regole) la si ha se si è credibili agli occhi dei propri studenti.
Per FR: ma quale risentimento???? Trovo offensiva questa interpretazione del mio intervento, pur se espressa in buona fede.
Ho sottolineato l'agiatezza economica di gran parte degli studenti problematici e lavativi per non cadere nel solito clichè dello studente disadattato perchè versa in condizioni familiari, economiche, sociali, difficili.
Detto questo, da adolescente non li avrei invidiati, pur non potendomi permettere l'auto a 16 anni. Semplicemente fa molta tristezza il fatto che l'agiatezza economica non si accompagni ad una certa "agiatezza" culturale. Si finisce per avere gente agiata e ignorante, altro che borghesia illuminata, motore di sviluppo in altre epoche!!!
dice FR: << La soluzione di ruotare i professori agli Esami di Stato perché lo Stato stesso non può aspettarsi che un prof. sia onesto se esamina i propri studenti può sembrare di buon senso, ma non lo è.
Chi propone questa soluzione sta per l'appunto tentando di cavare comportamenti onesti da chi evidentemente onesto non è. E' una pia illusione.>>
Fai una serie di asserti troppo manichei. Gli insegnanti, come molte altre categorie di lavoratori, non sono né particolarmente onesti né particolarmente disonesti. Ce ne sono di vario genere. Il punto è che il sistema attuale tende a rendere convenienti, specialmente per i peggiori, taluni comportamenti poco commendevoli. Specie nel quadro dell'autonomia e della concorrenza tra scuole, all'etica del funzionario pubblico fatalmente è andata sostituendosi l'etica della "ditta", della propria organizzazione in concorrenza con le altre. Il DS non è forse stato chiamato a gestire la sua scuola come un manager, che bada soprattutto all'affermazione della propria ditta?
Perlomeno, questo è il messaggio che si è fatto passare e che via via prende forza.
Il principio del controllo esterno ed incrociato è valido non solo come parziale antidoto alla "disonestà". E' valido metodologicamente e concettualmente: se so che i miei alunni avranno una valutazione finale esterna, cercherò di dare loro una preparazione realmente valida e riconoscibile. E' uno stimolo potente. Inoltre, anche in buona fede, l'insegnante tenderà a riconfermare per i propri alunni i giudizi già formulati, mentre la valenza di un esame di Stato dovrebbe essere proprio quella di fornire una certificazione terza, capace eventualmente di cogliere i limiti della preparazione che l'insegnante stesso potrebbe non rilevare (specie se tali limiti derivano in parte proprio dall'insegnamento impartito).
Che la scuola italiana, oggi, non sia in grado di certificare in modo attendibile praticamente nulla, fatta salva la presenza, è un dato di fatto.
Un esame esterno tende, se non altro, a rendere svantaggioso, non conveniente, un insegnamento di bassa qualità e porta spontaneamente gli alunni e le famiglie a preferire insegnanti preparati anziché insegnanti benevoli (ed è nell'interesse generale che le famiglie e gli studenti esercitino le proprie pressioni nella direzione di avere insegnanti più preparati anziché più benevoli).
Ancora FR: <>
Più o meno come fanno le università, che fanno tutto in proprio. Infatti il voto di laurea ha perso ogni parvenza di significato. E' un numero incapace di rendere conto di nulla e del tutto incapace di rendere possibile una comparazione del livello dei diversi laureati.
francini
NOn rispondo punto per punto, però faccio una domanda: lei sta proponendo non di modificare qualcosa, bensì di mantenere il sistema che già esiste.
In base al suo ragionamento il sistema, con i contrappesi che lei evidenzia, dovrebbe funzionare e produrre certi risultati.
E invece no.
Quindi c'è qualche cosa che non torna.
E SE ABOLISSIMO LA BOCCIATURA?
di Giuseppe Tesorio – Corriere della Sera / Milano – 24 maggio 2013 – pag. 8
Siamo in dirittura d'arrivo, in un turbinio di adempimenti e chiacchiere. Tanti parlano di scuola: è l'unico campo dove tutti sono esperti e dove tutti, ma proprio tutti, possono contribuire a migliorarla (ogni teoria in pedagogia è valida, come è valido il suo contrario). Nel chiacchiericcio educativo (?) in pole position troviamo le riflessioni sull'Invalsi, le liturgie della maturità, gli arrovellamenti dello scrutinio finale (gli do l'aiutino, il debituccio a settembre, í compitini balneari o lo boccio secco?). Già, bocciare, come se fosse facile. Ma in fondo, il prof non vorrebbe davvero bocciare nessuno, anzi, raccoglie sempre più consensi la proposta (suggerita da molti studiosi) di certificare la frequenza dello studente, í corsi seguiti e i risultati ottenuti. Fine. Pierino ha seguito per 5 anni, in matematica ha due, in filosofia ha nove: porte chiuse al Politecnico, aperte da un'altra parte. Dopotutto - hanno sentenziato gli economisti - bocciare costa troppo. C'è crisi.
CASCINA CUCCAGNA
Una giornata dedicata alla «biodiversità alimentare», in Cascina Cuccagna,all'angolo di via Muratori, venerdì 31 maggio. Quasi un piccolo assaggio di Expo 2015, per gli alunni milanesi sempre in debito di verde. Felice idea, della Regione e di Fare Rete Natura 2000: otto laboratori per toccare con mano ciò che produce la terra. Così, gli alunni di otto scuole impareranno in quale stagione si raccolgono frutta ed ortaggi, costruiranno un calendario dell'orto da portare a casa, incontreranno la natura, anche se solo in uno spicchio di città, però in una vera cascina (fine 1600), suggestiva e vivace ancora oggi. Partecipazione gratuita, prenotare al numero 02 67654530.
DIPLOMA 1
L'anno scorso, il 98,8% degli studenti (del 94,2 ammesso) si è diplomato: bingo, in pratica l'esame non seleziona nessuno. Il voto finale continua a scendere (da almeno quattro anni): la parte più consistente degli studenti si attesta tra 61 e 70 su cento (31,7%), solo il 17,4% raggiunge un voto tra 81 e 9o, lo zero virgola qualcosa ottiene la lode.
DIPLOMA 2
Il diploma è una tappa importante, ma anche un foglio di carta da stampare. La nota ministeriale n° 2440, del 9 maggio, avrà lasciato indifferenti i maturandi ma non la Zecca: «Il modello di diploma, dal corrente anno, sarà stampato con nuove dimensioni, corrispondenti a mm 297 x mm 420 (formato A3 standard)». Il famoso «pezzo di carta» in filigrana.
http://rstampa.pubblica.istruzione.it/utility/imgrs.asp?numart=1Y94XC&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1
paniscus ha detto... «per VP: scusami, ma non capisco se sei d'accordo con me, o se al contrario stai accusando me di sostenere la "superiorità" dei licei e dei corsi di studio tradizionali su altri tipi di formazione.»
no. non era nelle intenzioni, né nei pensieri. devo rileggere tutti gli interventi per verificare se può apparire come dici. mi riferivo al sistema scuola e - in paricolare - ai suoi vertici decisionali. non ritengo abbia molto senso accusare questo o quello a livello docenti: conviene confrontarsi sulle questioni poste.
Ecco, personalmente non sono mai riuscita a capire il senso dell'argomentazione secondo cui l'utilità dell'esame si dovrebbe misurare da quanta gente boccia. Tutti gli anni, regolarmente, si ripropone questo identico ritornello: "all'esame vengono promossi quasi tutti, quindi l'esame non serve a niente, aboliamolo del tutto".
Curiosamente, questo misterioso potere solennizzante della bocciatura (e questo auspicio che si bocci di più) viene attribuito solo quando si parla di esame finale, mentre a qualsiasi altro stadio del percorso di studi la bocciatura viene considerata un'usanza barbara e anacronistica da scongiurare a qualsiasi costo. Come si spiega 'sta cosa?
Addirittura, nel periodo della sciagurata parentesi morattiana con le commissioni tutte interne, nei primissimi anni si rilevò un lievissimo aumento dei bocciati agli esami... e ci fu qualcuno che arrivò a sostenere che l'esame con quelle modalità era più selettivo, e quindi più serio, perché bocciava di più.
Poi si accorsero che il lieve aumento di bocciati si spiegava banalmente col fatto che era stato abolito lo sbarramento allo scrutinio precedente, e che quei bocciati non rappresentavano altro che il gruppetto di quelli che prima (oppure anche oggi) non sarebbero stati ammessi agli esami. A parte quello, per un bel pezzo andò avanti la tesi secondo cui comunque non era vero che gli esami esterni fossero più selettvi, e qunidi non valesse la pena farli.
Ma qualcuno ha confrontato il livello di preparazione di chi usciva promosso da quei vergognosi esami tutti casalinghi? Tanto è vero che poi, dopo qualche anno la legge fu cambiata di nuovo, e non certo per ragioni economiche né ideologiche, ma per un unico banalissimo motivo: che TUTTI si erano accorti che l'analfabetismo delle generazioni prodotte da anni di esami interni (per non parlare delle promozioni con debito mai recuperato) aveva raggiunto livelli indegni.
Non dico che adesso con i commissari esterni il livello sia eccelso, ma un minimo di differenza si è vista. E non nel numero di bocciati, ma nella preparazione dei promossi, che è molto più importante.
E qualcuno, DOPO che ci siamo già passati, ha veramente il coraggio di dire che con gli esami interni, o senza esami del tutto, il livello MIGLIOREREBBE????
L'efficacia degli esami non è nel bocciare il più possibile, è nel di fare in modo che la gente si prepari un po' più seriamente per essere promossa...
Ripeto, sono consapevole che qua tutti stiamo lamentando che gli esami sono barzellette comunque, e che finiamo ugualmente con il diplomare delle capre... ma togliendo anche quelli, il problema si risolverebbe????
Lisa
Non difendo affatto l'attuale sistema di commissione per metà interna e metà esterna. Che i lavori della commissione si traducano, nella pratica, in una sorta di negoziazione tra due controparti è un pessimo modo di svolgere un esame serio e realmente mirante a certificare qualcosa.
La commissione dovrebbe essere tutta esterna, con al più un membro interno in funzione più testimoniale che valutativa in senso stretto. Come è stato fino al 1998. Chi valutava erano gli esterni, il membro interno lo sapeva ed il suo ruolo era solo di vigilare ed aiutare l'esterno a svolgere bene il suo compito. Quel tipo di composizione della commissione funzionava ottimamente.
Per inciso, resto convinto che quel tipo d'esame con due soli scritti e due soli orali fosse più serio dell'attuale, ed anche più formativo vero la forma mentis dello studio per gli esami universitari: meglio 4 materie in profondità che un'infarinatura in 10, con la devastante tesina introduttiva; il difetto era solo una certa opacità dei punteggi che non venivano pubblicamente dettagliati nelle singole componenti, ma a questo si poteva porre rimedio senza modificare la composizione della commissione e la fisionomia dell'esame.
In ogni caso, specie nel quadro dell'autonomia, sostengo che un esame di Stato dovrebbe essere quanto più esterno possibile, senza interferenze nella valutazione delle prove d'esame da fonti interne all'Istituto. Addirittura, vedrei con favore l'imbustamento delle prove e la correzione in forma anonima da parte di commissioni giudicatrici assegnate casualmente sul territorio nazionale, come avviene in Francia.
"Ma qualcuno ha confrontato il livello di preparazione di chi usciva promosso da quei vergognosi esami tutti casalinghi? Tanto è vero che poi, dopo qualche anno la legge fu cambiata di nuovo, e non certo per ragioni economiche né ideologiche, ma per un unico banalissimo motivo: che TUTTI si erano accorti che l'analfabetismo delle generazioni prodotte da anni di esami interni (per non parlare delle promozioni con debito mai recuperato) aveva raggiunto livelli indegni."
No, nessuno ha confrontato nessun livello di preparazione: per farlo serve un istituto indipendente che faccia delle valutazioni standard in modo da ottenere dati comparabili nel tempo e nello spazio. Ricordiamocene quando spariamo ad alzo zero sull' Invalsi.
Poi la didattica della paura (studia sennò ti boccio) direi che l'abbiamo sperimentata abbastanza (è l'unica che la scuola conosce), e non mi pare abbia funzionato granché.
paniscus ha detto...«Ecco, personalmente non sono mai riuscita a capire il senso dell'argomentazione secondo cui l'utilità dell'esame si dovrebbe misurare da quanta gente boccia. Tutti gli anni, regolarmente, si ripropone questo identico ritornello: "all'esame vengono promossi quasi tutti, quindi l'esame non serve a niente, aboliamolo del tutto". Curiosamente, questo misterioso potere solennizzante della bocciatura (e questo auspicio che si bocci di più) viene attribuito solo quando si parla di esame finale, mentre a qualsiasi altro stadio del percorso di studi la bocciatura viene considerata un'usanza barbara e anacronistica da scongiurare a qualsiasi costo. Come si spiega 'sta cosa? » Lisa 24 maggio 2013 17:41
Vedo la situazione in un modo che – SECONDO ME – è diverso.
Gli esami di maturità sono sostanzialmente inutili perché le commissioni sono costrette a promuovere quasi tutti, cioè circa il 98%. La costrizione, gli esiti scontati derivano, sono conseguenza inevitabile dell’andazzo ormai instaurato per cui durante otto anni (medie e superiori) si hanno valutazioni improprie, addomesticate e promozioni regalate non al 2-3% ma a una percentuale anche dieci volte superiore. Come si fa ad essere severi (ma bisognerebbe dire obiettivi e veritieri) solo alla fine? L’esame è così ridotto a una cerimonia, a una coreografia dall’esito scontato, una specie di “scambiatevi un segno di pace”.
Il compito di fermare il 2% di impreparati totali potrebbe essere tranquillamente affidato a uno scrutinio interno, evitando anche di bloccare, per tre settimane tra giugno e luglio, 500mila persone con le loro famiglie.
Avevo già espresso il mio pdv il 29 aprile 2013 22:28 commentando, su questo blog, la notizia "Usa: falsificati i risultati dei test per avere gli aumenti" ricevendo anche il consenso di “Lorenza”.
Ultima nota. L’appello alla “correttezza degli esami, ecc." lanciato per il terzo anno, e che sarà sottoscritto da alcune centinaia di docenti, presidi, commissari di buona volontà, mi sembra un po’ ingenuo, pilatesco, e purtroppo praticamente inutile.
Francamente, che il modello di commissione con un solo membro interno funzionasse ottimamente non mi sembra proprio. Sarebbe molto meglio, allora, senza nessun membro interno.
Per almeno due ordini di ragioni. Innanzitutto il membro interno si trovava in una situazione sgradevolissima ed era del tutto impotente davanti a eventuali comportamenti scorretti degli esterni. Io l'ho fatto una sola volta e lo ricordo come un incubo, ma già ne ho parlato in precedenza e non voglio ripetermi.
Ne seguiva che il membro interno non voleva farlo nessuno, tranne alcuni (rari) docenti che lo facevano sempre. Perché serviva loro a tenere gli alunni sotto scopa davanti ai propri comportamenti scorretti e/o alla propria ignoranza. Anche qui ho già raccontato un caso e non vorrei ripeterlo (stavolta si tratta di quando sostenni io l'esame; che a me andò bene, quindi non parlo per risentimento personale).
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