Ovviamente i guasti prodotti dal discredito della fermezza e dalla pedagogia del dialogo e della contrattazione permanente fra genitori e figli sono molto vari per tipologia e intensità; e per fortuna sono rari i casi di questa gravità. Ma è una fortuna relativa, se si pensa soltanto a quanto costa alla scuola, e in particolare agli insegnanti, l’arrivo di bambini non sufficientemente educati, cioè introdotti alla realtà del limite e della frustrazione. E a quanto costa in seguito, per molte vie, all’intera società. Leggi.
lunedì 27 maggio 2013
L’EDUCAZIONE MANCATA ALLE RADICI DELLA VIOLENZA OMICIDA
Un “no” ha scatenato il raptus omicida nella
tragedia di Corigliano: una ragazza pugnalata e poi bruciata ancora viva dal
ragazzo che aveva respinto. In molti casi di questo genere, scrive Alessandra
Graziottin, è mancato l’allenamento a un graduale controllo degli impulsi, come
confermano anche le indagini delle neuroscienze.
Ovviamente i guasti prodotti dal discredito della fermezza e dalla pedagogia del dialogo e della contrattazione permanente fra genitori e figli sono molto vari per tipologia e intensità; e per fortuna sono rari i casi di questa gravità. Ma è una fortuna relativa, se si pensa soltanto a quanto costa alla scuola, e in particolare agli insegnanti, l’arrivo di bambini non sufficientemente educati, cioè introdotti alla realtà del limite e della frustrazione. E a quanto costa in seguito, per molte vie, all’intera società. Leggi.
Ovviamente i guasti prodotti dal discredito della fermezza e dalla pedagogia del dialogo e della contrattazione permanente fra genitori e figli sono molto vari per tipologia e intensità; e per fortuna sono rari i casi di questa gravità. Ma è una fortuna relativa, se si pensa soltanto a quanto costa alla scuola, e in particolare agli insegnanti, l’arrivo di bambini non sufficientemente educati, cioè introdotti alla realtà del limite e della frustrazione. E a quanto costa in seguito, per molte vie, all’intera società. Leggi.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Scusate, ma a me sembra che stavolta l'esperta psicosessuologa l'abbia fatta un po' troppo semplice. A mio avviso, si tratta di un delitto maturato in un contesto sociale e culturale tanto abissalmente diverso da qulli a cui siamo abituati noi, che non riusciamo nemmeno a rendercene conto.
Non dico che le osservazioni su *come era stato educato quel ragazzo* siano sbagliate, ma francamente mi sconcerta di più la mancanza assoluta di qualsiasi riflessione su che razza di famiglia avesse anche lei, e su quanto sia rimasta vittima, prima ancora che del fidanzato violento e di chi l'ha educato così... anche dell'inazione assoluta dei PROPRI genitori, che arriva a sconfinare in una vera e propria connivenza.
Quando si tratta di donne adulte, non escludo che entrino in gioco dei meccanismi delicatissimi e imprevedibili che impediscono di staccarsi dal compagno che le maltratta, senza aver enessuno a cui appoggiarsi... ma qua si tratta una minorenne, che aveva il diritto di essere sorvegliata e protetta, in generale, e in primis dalla propria famiglia!!!!
Che ci stava a fare una sedicenne ancora insieme a uno che l'aveva già spedita al pronto soccorso con la faccia sanguinante, pochi mesi prima? Perché questo ragazzo non era stato denunciato molto prima?
Fosse stato un delitto d'impulso totalmente imprevedibile, poteva essere diverso, ma nessuno fa cenno al fatto che quella ragazza era stata già picchiata brutalmente dallo stesso ragazzo, e che evidentemente la famiglia di lei non aveva mosso un dito per allontanarla dal bullo? Che era stata convinta ad allontanarsi da casa per diversi giorni, praticamente rapita, sempre da lui, un anno prima, e che tuttavia continuava a frequentarlo? Che i genitori di lei ADESSO lamentano che lui avesse più volte fatto il prepotente anche con loro, e che loro gliel'avevano lasciato fare?
Ma boh...
Osservazioni giustissime quelle di Lisa sul caso specifico. L'articolo può suscitare questo tipo di obbiezioni, tuttavia la Graziottin parla di uno dei fattori presenti in molti casi di ragazzi violenti, senza pretendere, mi pare, di dare risposte sicure su questo in particolare. Quindi i due punti di vista possono senz'altro convivere.
Anche a me pare che la Graziottin l'abbia fatta un po' troppo semplice e abbia creato un mezzo corto circuito. Sia per le ragioni addotte da Lisa, sia perché tutto il discorso della Graziottin ha senso solo se parliamo di un aumento statistico reale di questi casi.
Assodato che un caso è già di troppo e che bisogna fare opera di prevenzione quand'anche si trattasse di eventi rarissimi, questi crimini non sono in crescita.
Quest'articolo è molto utile:
http://noisefromamerika.org/articolo/femminicidio
Con questo non voglio dire che i nostri modelli educativi siano tutti sani e pimpanti. Sicuramente stiamo vivendo una riorganizzazione della nostra vita e quindi dei nostri valori e attitudini senza sapere bene dove andare a parare, però questa difficoltà non va affrontata cedendo al catastrofismo (anche se queste tragedie lasciano il segno, è indubbio) o alla nostalgia.
Su questo blog abbiamo scritto e moltissimo su quanto sia ancora sottovalutato il problema educativo; direi anzi che lo consideriamo il tema centrale della scuola italiana. L'articolo della Graziottin andrebbe benissimo per le piccole pesti o i tiranni che dominano molte famiglie, per molti tipi di difficoltà scolastiche a cominciare dal comportamento e per la conseguente e gravissima crisi dell'insegnamento in quanto tale. Che abbia applicato questa chiave di lettura a un caso del genere, non vuol dire che ci sia solo questo, altrimenti i delitti sarebbe decine al giorno.
Detto questo, l'ultimo capoverso di FR mi sembra davvero... troppo poco catastrofista
Per quanto sia d'accordo con l'ultimo post di Giorgio Ragazzini, mi sembra però che una relazione tra il caso - certamente estremo - di Corigliano e le osservazioni sull'educazione mancata possa esserci, nonostante il fatto che sarebbe certamente semplicistico ricondurre un gesto simile a tale causa.
Le sconcertanti (almeno per me) affermazioni della mamma della ragazza, secondo la quale anche l'assassino sarebbe una vittima, se non dipendono da particolarità del contesto sociale specifico che io non riesco neppure a immaginare (dato che non ho conoscenza alcuna di quell'ambiente), sembrano riconducibili alla tendenza alla deresponsabilizzazione che ha caratterizzato il contesto culturale degli ultimi decenni.
A mio parere, in tale periodo molti hanno voluto deliberatamente ignorare due realtà: la prima, che ciascuno è in definitiva responsabile degli atti che compie perché qualunque contesto sociale e culturale può influenzarlo ma non costringerlo; la seconda, che la possibilità del male è dentro ciascuno di noi, in ogni singolo momento della nostra vita, e non proviene solo da fattori condizionanti esterni, eliminando i quali si otterrebbe un essere che opera sempre il bene.
Da questo punto di vista sono profondamente legato alla concezione cattolica del peccato originale e, come altri che la pensano come me, ritengo che il mito del buon selvaggio di Rousseau sia la causa di molte tra le peggiori sciagure degli ultimi due secoli. E' chiaro che espongo qui una mia opinione ben sapendo che molti non la condivideranno; tuttavia, di ciò che ho affermato sono profondamente convinto.
Posta un commento