Saranno 32.110 i
ragazzi toscani che nel prossimo anno scolastico cominceranno a frequentare le
scuole superiori secondo i dati dell’Ufficio scolastico regionale. Non c’è
molto di nuovo rispetto al passato. Si spera solo che i prossimi rilevamenti
sugli insuccessi e sui «pentimenti» indichino che qualcosa in merito
all’orientamento nella scuola media cominci a funzionare. Fra i licei continua
a primeggiare quello Scientifico, scelto da quasi 45 su 100. Guadagna quasi un
punto il liceo delle Scienze Umane, ne perde circa due quello Linguistico. Il
liceo Artistico sfiora l’11%. Generalmente buona e costante la tenuta dei
tecnici, in particolare nell’indirizzo «Amministrazione, finanza e marketing»
mentre, salvo per i soliti Alberghieri, calano i professionali. I quali,
tuttavia, hanno da pochi anni un «concorrente» assai interessante nei percorsi
triennali di formazione professionale a cui ci si può iscrivere fin dal primo
anno della scuola superiore e che ora sono gestiti finalmente, oltre che dagli
istituti professionali statali, anche dalle agenzie formative accreditate dalla
Regione. Tutto ciò è anche il frutto di un percorso decennale di revisione
degli orientamenti della Regione Toscana, che in precedenza aveva considerato
la formazione professionale un canale ghettizzante da riservare come extrema ratio ai ragazzi particolarmente
demotivati e solo dopo ripetute bocciature o abbandono scolastico. Non è un
caso che a questo risultato finale si sia arrivati con l’assessore Cristina
Grieco: nel 2010 fu infatti tra gli 85 presidi firmatari della lettera-appello
promossa dal Gruppo di Firenze che chiedeva alla Regione di permettere
l’assolvimento dell’obbligo scolastico anche nei percorsi di formazione
professionale. Una coerenza che deriva dalla consapevolezza di quanto sia
fondamentale recuperare il valore educativo della formazione professionale a
vantaggio di ragazzi del tutto simili ai loro compagni iscritti in altri
percorsi, ma destinati a sentirsi prigionieri di una scuola non in grado di
valorizzare i talenti legati alla concretezza e al desiderio di entrare quanto
prima nel mondo del lavoro. Cosa che non è e non deve essere motivo di
vergogna. A vergognarsi dovrebbero casomai essere quelli che con le loro
fermezze «pedagogiche» hanno purtroppo contribuito a raggiungere percentuali
enormi di insuccesso, di abbandono della scuola e di Neet: non a caso questi
ultimi in Toscana da qualche anno in confortante calo.
Infine, una
riflessione sulla scelta di molti istituti tecnici, professionali e perfino
degli indirizzi liceali che hanno molte ore, di comprimere in cinque giorni le
lezioni in modo che, anche se non sempre lo si dice chiaramente, studenti,
docenti e il personale non insegnante abbiano il sabato libero. Purtroppo gli
orari di certe scuole sono pesantissimi, mentre le ripetute richieste di
diminuire il numero delle ore e delle materie sono per ora cadute nel vuoto.
Ciò comporta per i ragazzi rimanere a scuola anche per sette-otto ore: un tempo
a cui si aggiunge quello del viaggio di andata e di ritorno per i molti che
abitano in provincia.
I pedagogisti seri,
quelli che sanno quali siano i tempi appropriati a un reale apprendimento,
dovrebbero pur dire qualcosa su questa trasformazione degli studenti in polli
da imbeccare.
Valerio
Vagnoli
“Corriere Fiorentino”,
20 febbraio 2020
2 commenti:
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