venerdì 29 maggio 2020

TORNANO I GIUDIZI, FRA TANTA RETORICA


È mortificante che esponenti della classe dirigente, in momenti cruciali e drammatici per la vita del Paese, anziché preoccuparsi di farvi fronte con realismo si lascino tentare dalla retorica, forse pensando di raccogliere facili consensi (quando non si tratta di nascondere omissioni e incapacità).
E la retorica non è mancata in questi mesi anche a proposito di scuola. Per esempio con l’esaltazione fuor di misura della didattica a distanza, uno strumento adatto quasi esclusivamente a far fronte alle emergenze, che invece secondo alcuni spalancherebbe praterie di entusiasmante rinnovamento. È poi di questi giorni la «battaglia» del sindaco Nardella per consentire ai bambini e ai ragazzi di festeggiare la fine dell’anno scolastico nelle loro aule, a compensare almeno in parte, il fatto, guarda un po’, di «essere stati messi all’ultimo posto dell’agenda politica» durante il confinamento a casa (e un invito analogo è arrivato da Luigi di Maio). Chi non crede alla sacralità dell’ultimo giorno dell’anno scolastico ha giustamente fatto notare che se le scuole sono idonee a far incontrare intere classi terminali con i loro docenti tanto valeva averle già utilizzate o utilizzarle fin da ora per fare lezione. Il sindaco si è rapidamente convinto che in alternativa, parziale o totale, gli incontri si potranno svolgere eventualmente negli spazi all’aperto e, chissà con quanto rispetto della solennità dell’evento (e delle distanze), perfino nei giardini pubblici. L’importante è farlo.
A chi scrive sarebbe apparso più giusto che tanta foga e determinazione fossero stati spesi per dirci cosa si sta facendo per premunirsi rispetto a quanto potrebbe accadere a settembre con l’apertura del nuovo anno scolastico. E l’importanza delle decisioni in proposito non permette assolutamente di perdersi in questioni del tutto secondarie. È certo che, tra tanto altro, ci sia necessità di trovare per tutte le scuole numerosi nuovi spazi. Che peraltro la Città metropolitana, presieduta dallo stesso Nardella, si è da anni quasi del tutto dimenticata di costruire, malgrado le pressanti richieste delle scuole stesse. Un esempio è un nuovo edificio per ampliare l’istituto alberghiero «Saffi», che doveva, secondo i progetti, essere già stato ultimato tre anni fa e che invece non è stato neanche avviato.
Nel quadro dei gravi problemi della nostra scuola, arriva la notizia di un emendamento presentato dal Pd e approvato dalla Commissione scuola del Senato, grazie al quale si aboliscono i voti nella scuola elementare, che verranno sostituiti da giudizi. La senatrice Vanna Iori ha così potuto dichiarare che «l’emendamento prevede che nella scuola primaria i bambini non possano essere considerati dei numeri». Osservazione un tantino offensiva per le maestre; e comunque priva di logica, dato che i voti non si riferiscono agli alunni, ma alla loro preparazione. Premesso che già ora ai voti viene affiancato un giudizio, anche questo provvedimento è frutto di una retorica molto diffusa, quella per cui il bambino va protetto dai «traumi»; e può essere trauma ogni sia pur piccola frustrazione, ogni incontro con la realtà delle cose. Anche il voto, all’interno di una positiva relazione con l’insegnante, viene in genere accettato senza problemi. La «rivoluzione» che i senatori hanno approvato è quindi inutile nel migliore dei casi, più probabilmente dannosa rispetto alla chiarezza della comunicazione. E poco ha a che fare con i cambiamenti, non tutti popolari, di cui la scuola ha urgente bisogno e di cui sono in pochi a parlare. Quasi per nulla gli addetti ai lavori, sindaci compresi.
Valerio Vagnoli
(“Corriere Fiorentino”, 29 maggio 2020)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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