mercoledì 18 settembre 2019

TRECCINE BLU E LIBERTÀ INDIVIDUALE

È un attentato alla libertà individuale imporre a un allievo di non venire a scuola con un fascio di treccine blu elettrico in testa? La risposta è affermativa per la mamma del ragazzo di Scampia che ha dovuto tagliarsele per rientrare in classe, ma anche per il sottosegretario De Cristofaro, che chiederà all’Ufficio scolastico regionale “di intervenire per ripristinare un principio di libertà”.
Si sa però che le libertà in qualsiasi campo trovano qualche inevitabile limite; e anche la crescita esponenziale dell’informalità dopo il ’68 non ha reso raccomandabile andare a messa in bikini, con infradito e bermuda dal presidente di un’azienda o a torso nudo a un colloquio di lavoro. Su questo punto la scuola ha il duplice compito di contrastare l’esibizionismo, cioè il "guardate qua! guardatemi, vi supplico!" (Michele Serra), e quello di far capire che crescere significa anche saper adattare linguaggio, atteggiamenti e abbigliamento alle diverse situazioni. Far rispettare queste e altre regole a Scampia è poi, com’è intuibile, doppiamente importante.
Ma chi lo decide – si obbietta – che le treccine colorate, le mutande in vista e le natiche che occhieggiano sopra i jeans non vanno bene a scuola? La risposta è che spetta alla scuola stessa, come a chiunque abbia un ruolo educativo, applicare a casi concreti dei principi generali condivisi (cioè discussi). Nella media dove ho insegnato per dieci anni il regolamento di disciplina prescriveva semplicemente: “L’abbigliamento con il quale i ragazzi si presentano a scuola deve essere sempre decoroso e adatto al lavoro scolastico”. Punto. Ne avevano discusso una commissione, poi il Collegio dei docenti e infine il Consiglio di Istituto, evitando di elencare una casistica e affidando agli insegnanti il compito di applicare la norma con buonsenso e fermezza. E ha funzionato benissimo.
Giorgio Ragazzini

7 commenti:

chiara ha detto...

Bravissimo, condivido totalmente😊. Il rispetto, anche esteriore, è sempre importante. Questo dovrebbe essere richiesto anche a certi insegnanti. Sereno giorno

GR ha detto...

Vero, qualche collega c'è.

"il diabolico V.P." ha detto...

Treccine blu: l'inutile bravata della preside vs un 13enne

1) "andare a messa in bikini, con infradito e bermuda dal presidente di un’azienda o a torso nudo a un colloquio di lavoro": paragone paradossale e improprio;

2) “L’abbigliamento con il quale i ragazzi si presentano a scuola deve essere sempre decoroso e adatto al lavoro scolastico”: la pettinatura non è abbigliamento;

3) la sanzione è cmq eccessiva e applicata a bruciapelo, senza gradualità e senza nessun riferimento a una qualsiasi tabella infrazione-sanzione o casistica;

4) "spetta alla scuola stessa": la preside non è la scuola, non è giudice monocratico inappellabile (risulta che c'è qualche preside condannato in 1° grado al carcere che pure continua a dirigere scuola);

5) la scuola media citata affidava "agli insegnanti il compito di applicare la norma con buonsenso e fermezza";

6) nessuna considerazione per l'impatto che la "bravata della preside" poteva avere nei confronti dl ragazzo o bambino;

7) il sottosegretario De Cristofaro ha richiesto (tardivo o postumo) l'intervento dell'USR;

8) sono sempre convinto che ALCUNI presidi interpretano il loro ruolo in modo improprio, eccessivo, autoritario, quasi che la scuola fosse una caserma o un carcere.

https://www.facebook.com/groups/453279178119491/

Anonimo ha detto...

Treccine blu: l'inutile bravata della preside vs un 13enne

1) "andare a messa in bikini, con infradito e bermuda dal presidente di un’azienda o a torso nudo a un colloquio di lavoro": paragone paradossale e improprio;

2) “L’abbigliamento con il quale i ragazzi si presentano a scuola deve essere sempre decoroso e adatto al lavoro scolastico”: la pettinatura non è abbigliamento;

3) la sanzione è cmq eccessiva e applicata a bruciapelo, senza gradualità e senza nessun riferimento a una qualsiasi tabella infrazione-sanzione o casistica;

4) "spetta alla scuola stessa": la preside non è la scuola, non è giudice monocratico inappellabile (risulta che c'è qualche preside condannato in 1° grado al carcere che pure continua a dirigere scuola);

5) la scuola media citata affidava "agli insegnanti il compito di applicare la norma con buonsenso e fermezza";

6) nessuna considerazione per l'impatto che la "bravata della preside" poteva avere nei confronti dl ragazzo o bambino;

7) il sottosegretario De Cristofaro ha richiesto (tardivo o postumo) l'intervento dell'USR;

8) sono sempre convinto che ALCUNI presidi interpretano il loro ruolo in modo improprio, eccessivo, autoritario, quasi che la scuola fosse una caserma o un carcere.

https://www.facebook.com/groups/453279178119491/

Giovanni Falaschi ha detto...

Scusate, ma sopra leggo un commento anonimo. E io sono d'accordo col fatto che i commenti vanno rifutati se sono anonimi o sotto pseudonimo. Perché usare uno pseudonimo significa non assumere delle responsabilità, e quindi gli irresponsabili non possono essere pubblicati. Io sono d'accordo con la preside di Scampia. Il dibattito doveva avvenire sulla sua decisione e su come è stata impostata nell'articolo; poi qualcuno s'è messo a deviare parlando dell'autoritarismo di alcuni presidi, senza accorgersi che questo è un problema diverso. Al De Cristofaro, o come si chiama il sottosegretario, dovete mandare una lettera di protesta come Gruppo della Scuola, non inviare questo dibattito. Giovanni Falaschi

Unknown ha detto...

Il decoro a scuola, come all'Università è indispensabile. Alcuni non ne conoscono il significato ed è difficile spiegarlo a chi non ha la sensibilità. L'esempio è il primo insegnamento, ma quali esempi abbiamo?
Patrizia Serafin

Gruppo di Firenze ha detto...

Il commento anonimo non è stato eliminato un po' per distrazione, ma soprattutto perché identico a quello sopra di VP. Sarebbe in effetti meglio che tutti si qualificassero con il loro nome e cognome, ma l'usanza è questa e almeno lo pseudonimo evita che ci sia più di un anonimo. Giorgio Ragazzini