Per fare un bilancio
della didattica a distanza, anche per programmare gli interventi necessari per
il futuro, abbiamo solo qualche percentuale dell’Istat sugli alunni che avrebbero
avuto la possibilità di fruirne, essendo le loro famiglie in possesso di un
computer o di un tablet. Ma sarebbe stato importante sapere quante classi e
quanti insegnanti ha impegnato, qual è stato il numero di ore medio per allievo,
quali le principali difficoltà anche in relazione all’età: invece niente.
Da quasi due mesi è
stato firmato l’accordo tra Ministero e Rai per mettere a disposizione della
scuola una grande quantità di materiali utili alla didattica: film,
documentari, programmi culturali televisivi e radiofonici, lezioni. Non si sa
nulla però sull’uso che se ne è fatto. Quanti studenti hanno approfittato di
questa possibilità? Quali programmi sono stati più seguiti? Gli insegnanti
hanno dato indicazioni ai propri allievi? L’offerta didattica è catalogata in
modo da consentire ai docenti di scegliere in funzione dei loro piani di
lavoro?
Terzo
e ultimo esempio, col quale andiamo un po’ più indietro nel tempo. Nel 2017 un
appello di 770 docenti universitari ricordava che anche durante gli ultimi anni
del percorso scolastico e persino in quelli universitari “troppi ragazzi
scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente”;
tanto che “alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero in
italiano”. Il grande interesse suscitato dall’iniziativa spinse la ministra
Fedeli a insediare una commissione presieduta dal professor Luca Serianni, che
individuò alcune modifiche alle prove di italiano degli esami di terza media e
di maturità, con l’intenzione di favorire retroattivamente una più efficace
didattica dell’italiano scritto. Non venne invece preso in considerazione il
suggerimento più importante dell’appello, “l’introduzione
di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo:
dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico,
analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano”. Si poteva però sperare
che venisse programmata almeno un’indagine a campione per capire se le proposte
della commissione hanno avuto qualche effetto migliorativo. Ma siamo nel Paese del pressappoco, come
opportunamente lo ha definito Raffaele Simone nell’omonimo saggio; e la cultura
del controllo e della verifica, specialmente nelle politiche pubbliche, è
largamente ignorata. Il Ministero si comporta come un allenatore che la
domenica non andasse a seguire la partita. Lui, però, verrebbe sùbito licenziato
in tronco.
Giorgio Ragazzini
5 commenti:
Genr.mo Ragazzini, leggo con grande interesse le tue sacrasante considerazioni sul fatto che purtroppo, come è stato definito da Raffaele Simone siamo il Paese del pressapoco.Purtroppo il capostipite di questo pensiero fu , dal mio punto di vista, come ho scritto in questo periodo ad un collega con il quale ci siamo conosciuti a Perugia durante l'esame, sperimentale Sullo, di Maturità ( anno 1978/79 ) Luigi Berlinquer. Dicevo, prima di Berlinquèr ci furono le sperimentazioni proposte dalla Falcucci, ma sopratutto quelle di Brocca. Parecchie delle quali erano considerate molto positive. E il tutto avveniva sempre nell’alveo della legge Gentile . Si facevano corsi di formazione sulla interdisciplinarietà al fine di rafforzare quelle competenze trasversali che hanno consentito , in quelle realtà in cui vi erano bravi docenti, ai nostri alunni usciti dalle università italiane di primeggiare nel mondo. La faccenda del Coronavirus , mi ha permesso di conoscere , ciò che la nostra informaziione non ha saputo mai fare, precisare che nel mondo vi sono moltissimi scienziati italiani responsabili di centri di ricerca, in America, Francia, Germania Inghilterra ecc.
Berlinquèr avrebbe dovuto indire una Conferenza Nazionale sulla Scuola dove si sarebbero dovute affrontare ed analizzare le varie sperimentazioni attuate , compreso il tipo di Esame di maturità . Tu sai benissimo che il metodo scientifico , cioè la misurazione incessante dei risultati delle proprie azioni , e la convalida o smentita delle ipotesi sono l’anima di una vera democrazia.purtroppo in Italia la nostra classe politica non è abituata all’applicazione di detto pricincio, e, Berlinquèr ha voluto fare da solo e ci siamo ritrovati sia la Gelmini che la Buona Scuola. Ecco perchè concordo in pieno con le tue sacrosante considerazioni. Purtroppo ancora oggi si continua con gli stessi metodi .Giuseppe Moncada
Caro Moncada, l'ideale sarebbe una struttura indipendente dal governo, che risponda al Parlamento un po' come l'Ofsted britannico (Office for Standards in Education). Oltre che di controllo e di valutazione dovrebbe fare le approfondite indagini sull'andamento generale della scuola. Il Ministero appare irredimibile.
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